FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 7
luglio/settembre 2007

Altre terre

ALTRE TERRE, ALTRE ISOLE
Su I viaggi di Penelope di Juana Rosa Pita

di Sara Pagnini


Ci sono incontri che a volte risultano fatali. E fatale è stato l'incontro tra Juana Rosa Pita e l'Odissea. La lettura di questo classico imprescindibile, che la poetessa cubana nata a L'Avana nel 1939 sperimenta per la prima volta nel 1979, coincide con una fase piena e ricca di stimoli della sua vita, forte di una maturità culturale che giocherà un ruolo decisivo nella conoscenza di tale opera e del personaggio di Penelope.
La scoperta, da parte di Juana Rosa Pita, del poema omerico troverà proprio in questo percorso la sua forza maggiore. E ne farà poesia. Da tempo la Pita aveva ormai lasciato Cuba, e con essa gli studi universitari che riprenderà e porterà a compimento solo dieci anni più tardi negli Stati Uniti, suo paese d'adozione. Viajes de Penélope nasce proprio dall'incontro dell'esperienza personale dell'autrice e la lettura, se vogliamo, tardiva ma pienamente matura dell'Odissea. Si tratta di un confronto tra Storia e Poesia, dove è proprio quest'ultima a dare un senso, una direzione alla vita.

Leggendo I viaggi di Penelope, pubblicato per la prima volta nel 1980 e ora proposto da Campanotto, a cura di Martha L. Canfield che lo ha tradotto assieme ad Alessio Brandolini, da subito si fa evidente il rapporto, puramente simbolico, tra due terre, anzi due isole distanti: Itaca e Cuba. Sia per l'esperienza di vita della poetessa (lontana come Ulisse dal suolo natìo), sia per l'idea mitica del paradiso (perduto) che l'immagine dell' "Isola" all'istante richiama.
Uno degli elementi, però, che maggiormente sembra emergere nell'opera è sicuramente quello temporale. Qui abbiamo a che fare con un tempo diverso, insolito: il tempo intimo e interiore di Penelope, voce accorata e potente al tempo stesso, che in qualche modo si sovrappone e talvolta si fonde a quella della stessa Juana Rosa Pita, che subito avverte:

    Mi è venuto di credermi Penelope
    bella e amata:
    tessitrice sì, lo sono, per far vivere
    coloro che devono morire
    e mio è il cuscino più bagnato
    in lacrime del secolo

    Se io fossi Penelope
    d'Itaca è il suolo che calpesterei
    e nel tornare Ulisse
    rimarrebbe

    pag. 19

I viaggi di Ulisse si svolgono in un tempo storicamente determinato, i viaggi di Penelope, al contrario, si sviluppano tutti su di un piano puramente interiore. Sono due tempi paralleli: Ulisse agisce nel tempo, Penelope invece lo crea e lo costruisce secondo il suo ritmo:

    Filo a prova di direzioni
    e di assenze
    con fibra di cereale sciolto...
    e mentre il tuo uomo dai fragili prodigi
    allontanava la sua ombra dall'isola
    tu - somma testimone - tramavi
    nella sua memoria consenziente
    di un'isola il prodigio silenzioso

    pag. 29

L'atto di creazione di Penelope non è un'azione scontata perché è proprio attraverso di esso che si renderà possibile il ritorno dell'uomo amato. Juana Rosa Pita ha la capacità di accordarsi al ritmo tutto particolare di Penelope: se Ulisse vive il trascorrere del tempo secondo l'evolversi delle avventure che compongono l'intera sua peripezia, Penelope è creatrice di quello stesso tempo che rende possibile lo sviluppo dell'opera esattamente così come la conosciamo.
Allora Penelope crea il tempo, tesse e disfa la sua tela, notte e giorno, senza spostarsi dalla sua Itaca. Compositrice infaticabile della partitura necessaria sulla quale Ulisse esegue le sue avventure e vicissitudini e, infine, ne tesse (e ne canta) il ritorno:

    Andremo ricamando le strade
    di solide canzoni:
                di luci senza fine
    perché l'eternità ci sovrasta

    E c'è in questo minuto tanto secolo
    di mare di fronte al silenzio
                 di baci sulla sabbia
    che tesso sillabe senza una rotta

    Brindo per quella che tu illumini
    passione di libertà che porta alle mie braccia:
                       il tuo sogno più distante
    affluisce nella mia poesia

    pag. 39

E ancora:

    Lei vegliava fino alla vetta
    dalle ombre e l'oscurità non lasciava
    nemmeno una nota in più
    della sua parte di chiarore

    L'infinito lo trascorreva
    dipanando la storia
    con il viso rivolto all'alba:
    e lui tornava sempre
    dispotico bambino
    spogliato del suo sogno

    pag. 45

È pensiero comune considerare Penelope come una figura passiva che subisce gli eventi e l'assenza dell'uomo amato. Una specie di attesa inerte e statica. La Penelope di Juana Rosa Pita ci appare come un'eroina appassionata e consapevole, scevra da ogni forzata trasgressione pseudo-femminista, che con la sua tenace fedeltà emerge da queste pagine a ricreare un'armonia del mito che tenga conto della sua persona, dei suoi pensieri, dei suoi sentimenti, dei suoi viaggi interiori:

    Tra tutte le donne
    la divina
    perché hai addomesticato il tempo
                 e lo possiedi cantando
    ingabbiato nella notte

    Divina tra gli dei del tuo tempo
    perché mentre ai tuoi piedi stanno
    gli uomini del mondo
                    tu soffri per l'assenza
    d'un solo uomo

    pag. 63

Una figura affatto inconsapevole quella che propone l'autrice, al contrario, fortemente cosciente del suo destino:

    Non ti chiamino ingenua
    Penelope
    soltanto perchè dedichi tutta la giornata
    a tessere e poi dimenticare l'assurda tela:
    conosci bene la sorte di quei fili
    che non accetti di perdere
    (...)

    pag. 107

Se il ruolo di Penelope, indubbiamente dotato di una forza straordinaria, è quello di creare la via per il ritorno di Ulisse, altrettanto forte è l'amore che l'eroina nutre per lui. Proprio tra le pagine finali sembra infatti prevalere tutta la dolce e impetuosa passione di Penelope per Ulisse, schiudendosi in versi dolcemente erotici:

    Non è Omero il cantore:
    è Dio che diede voce al nostro amplesso
    e per cantarlo si travestì da cieco

    In un momento dato all'infinito
    prima d'allontanarti dall'isola
    piantammo l'epopea:
    la semina decisiva
    fu celebrata a letto

    pag. 115

E, ancora:

    Il miglior copriletto è tessuto
    di te e di me a chiacchierare
               in ogni fine d' odissea
    tra l'amore e il sogno

    pag. 121

All'autrice de I viaggi di Penelope va senz'altro il merito di aver saputo ricreare e riproporre la mitica figura di Penelope. Juana Rosa Pita, attraverso una lucida e sapiente tecnica linguistica, ha dato nuovo slancio al personaggio omerico e ce lo dona in versi raffinati, dentro un'ampia visione che lega il passato al presente, la sua sensibilità a quella di Penelope. E due terre, due isole lontane: Itaca a Cuba.


Juana Rosa Pita, I viaggi di Penelope, a cura di Martha L. Canfield, traduzione di Martha L. Canfield e Alessio Brandolini, Campanotto Editore, Pasian di Prato (UD) 2007, pagg. 143, euro 11,00.




Sette poesie da I viaggi di Penelope
di Juana Rosa Pita



II

Pues en verdad si Ulises
no planta su voz frente a la aurora
y llena estas estancias
quiere decir que Itaca no ha sido
ni siquiera un deso:
Penélope no existe y todo lo tejido
es gracia de la muerte
a mayor historia de mi soledad


II

Se davvero Ulisse
muto rimane davanti all'aurora
e le stanze restano vuote
allora Itaca non è
nemmeno un desiderio:
Penelope non esiste e tutto il suo tessuto
è un dono della morte
ad esaltare la mia solitudine


VIII

No crean que te espero
porque sé que vendrás a alzar tu casa
de las aguas hambrientas
o de los pretendientes

Te espero porque estás:
nunca te has ido a los asuntos vanos
(las paredes te conocen la voz
en las estancias más calladas)
y todas las pisadas se someten
al ritmo de tus pasos
y hasta la soledad toma tu rostro
al borde de mi almohada


VIII

Non credano che ti aspetto
perché so che verrai a liberare la tua casa
dagli avidi torrenti
o dai miei pretendenti

Ti aspetto perché ci sei:
non sei mai andato via per stupidi doveri
(nelle stanze più silenziose
i muri conservano la tua voce)
e tutte le orme si sottomettono
al ritmo dei tuoi passi
persino la solitudine si mostra col tuo viso
accanto al mio cuscino


IX

Penélope en la rejas
de Itaca
come espiegas doblándose
al aire desatado de tus ojos:
domesticas al mar
(cachorro de tormenta)
y cuánto cíclope
no habrás ya desojado
sin divorciar tus plantas de le playa
que circunda los siglos!


IX

Penelope tra le grate
d'Itaca
piegate come spighe
all'aria libera dei tuoi occhi:
addomestichi il mare
(cucciolo di tormenta)
e quanti ciclopi non avrai
già accecato
senza staccare i piedi dalla spiaggia
che rotola nei secoli!


XII

Donde imponga la luz travesía
ni islas abandonadas
        ni tejedoras náuticas
burlando el desconcierto
a la velocidad del beso
habrá:
non más penélopes
tentándole los límites al cielo
(añilador silvestre de las playas)
        ni Ulises acallando
que de azul de alta mar responde abismo


XII

Non ci saranno isole abbandonate
         né nautiche tessitrici
a prendersi gioco dello stupore
alla velocità del bacio
lì dove la luce il suo cammino
imponga:
non più penelopi
a tentare di ridurre il cielo
(l'indaco silvestre delle spiagge)
         né Ulisse silenzioso
ché parla l'abisso al blu dell'oceano profondo


XXXI

No conviene que tu hijo
buscándote entre versos
piense que ha sido sueño nuestro abrazo

Hazte tangible
Ulises
este fin de poema


XXXI

Non va bene che tuo figlio
cercandoti nella poesia
pensi sia stato un sogno il nostro abbraccio

Fatti toccare
Ulisse
in fondo a questi versi


XLIII

Toda odisea
tiene un final feliz
si es que Penélope
sobrevive el terror
al silencio de Ulises


XLIII

Ogni odissea
ha un finale felice
se Penelope
sopravvive al terrore
del silenzio di Ulisse


LIV

Se necesita música para tanta leyenda:
esta absurda tarea me redime
del vicio de los números
y te redime a ti
aunque te arda ternarte con los dioses

Del unto al infinito
me bastaría Ulises
(dondequiera que le dé empleo a sus hombros)
para enlazar cada hilo del poema:
cualquiera de los que han de morir
me bastaría para no desatarlo
o tú mismo
que en un rincón de tiempo estás leyéndome


LIV

Ci vuole della musica per tanta leggenda:
questo compito assurdo mi redime
dal vizio dei numeri
e redime te
benché ti ecciti misurarti con gli dei

Da uno all'infinito
mi basterebbe Ulisse
(dovunque sia che egli impegni le spalle)
per legare ogni filo del poema:
uno solo tra quelli destinati a morire
sarebbe sufficiente perché io non li sleghi
o tu stesso
che in un angolo del tempo oggi mi leggi


Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini e Martha Canfield




INTERVISTA A JUANA ROSA PITA


Juana Rosa Pita a Roma, maggio 2007


Come nel caso de I viaggi di Penelope, anche l'autrice tedesca Christa Wolf ha parlato nel suo libro Cassandra, pubblicato nel 1983, di una figura femminile archetipica della mitologia greca e, quindi, della cultura occidentale. Cosa ne pensa di questa interessante analogia tematica?

La domanda è interessante per il tema che mette a fuoco, che non è esattamente quello delle influenze letterarie, ma forse più vero nel profondo: in un senso più ampio si tratta dell'influsso delle idee o dei pensieri che si trovano nell'aria del proprio tempo, per così dire, degli artisti, narratori e poeti che sono contemporanei tra di loro. Ovviamente io e Christa Wolf non ci siamo messe d'accordo per rendere protagoniste Cassandra e Penelope rispettivamente, ma è necessario sapere che la capacità di sentire-intuire i bisogni più vasti e complessi di quelli che il nostro intelletto razionale può spiegare, non vuol dire che questi non abbiano un forte nesso tra il particolare e l'universale. Accontentiamoci di dirlo scherzosamente, come faceva lo scrittore cubano Enrique Labrador Ruiz (che se fosse vivo avrebbe 105 anni), il quale durante una conversazione a Miami mi disse all'improvviso: "ci sono pensieri che volano e se uno non li prende in tempo, qualcun altro, più attento, li coglierà al volo". Per renderli poi semi originali della creazione ci vuole un certo modo di essere e anche un certo modo d' interpretare il tempo per poter farli eterni.

Quali terre hanno contribuito alla sua ispirazione di poeta?

L'Italia e la sua cultura, per esempio, sono state importantissime per me da quando scoprii la poesia o forse da quando lei mi scoprì nel lontano 1973, anno in cui venni per la prima volta in Italia e incominciai a conoscerla. Allora abitavo in Virginia vicino a Washington e i miei tre figli andavano già a scuola. Nella mia raccolta Florencia nuestra (Firenze nostra) che è stata pubblicata nel 1992 e scritta nel 1981, si trova un poesia che evoca il momento d'epifania mentre mi trovavo a Venezia, d'immediata sintonia con me stessa e l'universo: "Aprire una finestra che da sull'acqua: / prodezza gioiosa del vivere / attraverso i tempi. / Forse altre pareti ed altra età / ma gli stessi giochi della luce / lo stesso ponte...". E nel 1987 a Cagliari è stata pubblicata il libro, in edizione bilingue, Arie etrusche, tradotta dal poeta Pietro Civitareale, in cui la poesia Italia in me dice: "... ti sognavo all'Avana, / a Washington, Caracas e Miami / e ora ti penso a Boston / mentre mi stai sognando / e nutri la mia vita col tuo sguardo (...) non terra del nascere - che non si elegge / e comporta spogliamento o sottomissione / e persiste dolorosamente se lontana - / ma del compiuto rinascere / nell'andare tessendo tempo ed anima (...) Italia, / la sognata sognante, / come patria innocente ti reclamo". In questo preciso momento è diventata la mia terra.

Quali altre figure, oltre a Penelope, hanno influenzato la sua poetica?

Credo che certi miti antichi racchiudano in se verità preziose sull'essere umano e le sue esperienze e rapporti fondamentali. Solo attraverso la poesia possono giungere in un modo in cui ognuno, in ogni epoca, riesce a vedere le cose che già erano lì in attesa di essere svelate. Sono anche convinta che la poesia ha questa capacità e la funzione etica di contribuire alla realizzazione propriamente umana, in particolare in un tempo in cui si vuole imporre un'immagine mediatica, e lei (la poesia) è appunto la cenerentola tra le arti.
In un'epoca che tende a disumanizzare e avvelenare i rapporti, ci vuole la parola poetica per restituire Euridice alla vita. Infatti, un anno prima di scrivere Viajes de Penélope, pubblicai la raccolta Eurídice en la fuente (Euridice nella fontana), in cui mi identifico con l'amata d'Orfeo, e quindi con lui e la sua musica. Ma la fontana della prima parte del libro è quella del patio della mia casa d'infanzia all'Avana e solo nella parte centrale ci sono poesie che parlano direttamente del mito, tra le quali una intitolata Se Euridice parlasse.
Forse l'anno prossimo uscirà il saggio di una critica cubana, che insegna in Brasile, nel quale realizza un studio comparativo tra la Euridice di Margaret Atwood e quella della mia opera, pubblicata nel 1979.




Juana Rosa Pita JUANA ROSA PITA

È nata a L'Avana, Cuba, nel dicembre del 1939, ma da decenni vive negli Stati Uniti, attualmente risiede a Boston. Poeta e traduttrice, si è laureata all'Università di Washington. Dal 1976 al 1986 è stata co-direttrice della casa editrice Solar. Dal 1989 al 1992 ha insegnato Lingua e Letteratura Ispanoamericana alla Tulane University di New Orleans.
Ha pubblicato una ventina di libri di poesia.
I viaggi di Penelope (Viajes de Penélope) fu pubblicato la prima volta a Miami, nel 1980.

 


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