FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero 2 aprile/giugno 2006 Cuore d'Africa |
LE RADICI AFRICANE NELLA CULTURA CUBANA: a cura di Martina Bandinelli |
Miguel Barnet (L'Avana, 1940) è una figura di primo piano della cultura cubana contemporanea. È poeta, narratore, saggista, etnologo, critico d'arte e musicale. Ha ottenuto importanti riconoscimenti a livello nazionale e internazionale; ricopre incarichi ufficiali di prestigio tra cui quello di ambasciatore e membro del Consiglio Esecutivo dell'UNESCO a Parigi in quanto rappresentante del governo cubano.
È importante sottolineare che Barnet, oltre che scrittore, è un autorevole studioso e ricercatore. È per questo che la sua natura di etnologo è sempre presente anche nella sua opera letteraria, in cui spesso si trovano digressioni nelle quali vengono descritti rituali religiosi di origine afrocubana o strumenti musicali e usanze legate al mondo africano. L'etnologo e lo scrittore convivono armoniosamente in Miguel Barnet che è così capace di creare opere a scopo scientifico o didattico, che tuttavia non rinunciano alla componente lirica ed emotiva, soprattutto per quel che riguarda l'opera poetica.
Ciò che comunque rende originale questo scrittore è il fatto di essere bianco, di appartenere alla borghesia bianca cubana e quindi a un settore della popolazione totalmente diverso da quello dei neri. Ciononostante il colore della sua pelle non ha mai rappresentato per Barnet un ostacolo al suo desiderio di conoscere e approfondire la cultura afrocubana in quanto mondo affascinante e degno di essere riscattato, rivalutato e infine valorizzato come componente di primo piano della cubanidad. Per questo Barnet può essere considerato, come egli stesso si considera, un blanco con una conciencia de mulatez (bianco consapevole della condizione mulatta) in quanto ha saputo liberarsi dei pregiudizi caratteristici della sua classe sociale per addentrarsi in una realtà sconosciuta, dalle radici così lontane, ma allo stesso tempo indissolubilmente legata al mondo cubano. Egli non rinnega la sua condizione di bianco, al contrario la vede come una possibilità in più: è un uomo bianco e quindi può essere maggiormente ascoltato dalla società e la sua parola può avere un impatto molto forte. Si fa quindi portavoce del malessere del popolo nero e cerca, attraverso la sua voce e soprattutto grazie alla sua condizione privilegiata di bianco, di cambiare le cose e di far sì che ci sia più giustizia e maggiore tutela dei diritti anche per gli uomini e le donne di colore. A colloquio con Miguel Barnet
Signor Barnet, potrebbe spiegarci l'importanza della sua poesia nel panorama generale della letteratura afrocubana?
Nelle mie poesie tratto il tema negro nel periodo successivo alla Rivoluzione. La mia prospettiva non è quella del nero e della sua angustia personale, ma il punto di vista di un bianco che riscatta e rivendica il tema negro in senso artistico, trova una trama, un contenuto, una cosmogonia importante che veniva negata o relegata. Perché Nicolás Guillén era un nero, Eloy Machado è un nero, invece io sono un bianco che si è dedicato al tema, ma un bianco con una coscienza da mulatto, con una coscienza d'integrazione, con una coscienza rivoluzionaria che mi ha permesso di capire che lì esisteva un valore fondamentale. Quando parlo di Yemayá non dico: «Sono figlio di Yemayá». Io parlo di Yemayá in quanto istanza estetica, poetica... La mia prospettiva è quella di un bianco che è cosciente di tale valore, che stima e valorizza questa presenza. Bisogna tener presente che io non dico influenza, ma presenza dell'eredità africana nella cultura cubana. Anche la prima persona che scrive Orikis, che sono i canti di lode del popolo yorubá, sono io perché la mia poesia si ispira agli orikis nigeriani, alla cultura yorubá.
Quando e per quale motivo si avvicinò alla cultura nera?
Ho cominciato ad avvicinarmi alla cultura nera da quando ero bambino, perché vivevo in un quartiere del Vedado dove questa presenza era viva e nei solares dell'Avana si trovavano la rumba, i santeros, le offerte a Yemayá, i babalaos. E questo io lo vedevo. Era una realtà che circondava la mia vita e io non le potevo rimanere indifferente come i miei antenati. Essi voltarono le spalle a tutto questo; al contrario io ho preso coscienza e credo che in gran parte è stato grazie alla stessa mentalità che sta costruendo un processo socialista, un processo rivoluzionario. Ho saputo spogliarmi di tutti i pregiudizi piccolo borghesi della mia classe sociale e sono entrato in questo mondo per scoprire un tesoro.
Come sono stati i suoi rapporti con Nicolás Guillén?
I miei rapporti con Nicolás Guillén furono straordinari. Ho lavorato molti anni con lui come redattore della rivista Unión della UNEAC della quale Nicolás Guillén era presidente. Ammirava la mia opera, la mia poesia, mi aiutava sempre e mi stimolò moltissimo. Lavorando insieme mi fermavo spesso con lui e andavamo a mangiare alla Bodeguita del Medio. Quindi ho avuto un rapporto magnifico con Nicolás fino alla sua morte. Nicolás Guillén era una persona che io stimavo e apprezzo molto la sua poesia. Era molto cordiale e ironico, era un uomo molto innamorato e un poeta sopraffino, molto sensibile. Sono grato a Nicolás Guillén per molte cose, soprattutto per ciò che riguarda l'attenzione costante per la parola, la scelta ponderata degli aggettivi, il non cadere mai nel cattivo gusto. Nicolás era un uomo molto raffinato e la sua poesia è influenzata da quella spagnola del Siglo de Oro e anche da quella francese. Leggeva molto le opere di Baudelaire, Mallarmé, Valèry, Rimbaud. Era il summum della mulatez.
Inizialmente le risultò difficile avvicinarsi alla cultura nera? Fu vittima di discriminazioni essendo un giovane bianco?
Al contrario. Ho sempre avuto rapporti affabili. Ovviamente è stato difficile perché le conseguenze che sopportano i neri a Cuba sono lo stigma della schiavitù. Per questo vedere un uomo bianco e giovane accingersi a investigare sulla loro vita non è stato facile. In primo luogo ci furono rifiuti e resistenze, ma alla fine mi sono integrato perfettamente e credo di aver lottato moltissimo e continuerò a lottare contro ogni tipo di razzismo, di pregiudizio razziale. Questo mi è valso anche premi che ho ricevuto per il lavoro che abbiamo fatto, in privato e anche qui nella Fundación "Fernando Ortiz", istituzione che lotta contro il razzismo e la discriminazione razziale che certamente sono radicati nella storia di Cuba.
Come sono i suoi rapporti con Eloy Machado, El Ambia?
El Ambia è mio fratello. Lo amo molto. El Ambia è un grande poeta. Qui ancora non è stato riconosciuto il valore della poesia spontanea e orale del Ambia. El Ambia è il nostro griot1, il griot cubano per eccellenza. Io lo difendo. Ho dato il titolo a uno dei suoi libri, Vagón de mezcla, e sono molto orgoglioso di questo. Gli voglio molto bene perché, oltre a essere un grande poeta, è un uomo di grande sensibilità, molto affettuoso. È un uomo che lotta in difesa dei generi musicali popolari cubani come la rumba. Io adoro El Ambia e la Peña del Ambia e qui mando un saluto a Eloy, al mio amico Eloy.
Come si è sviluppato il lavoro che la portò alla stesura di "Biografía de un cimarrón"?
Ebbene, stavo lavorando nella Academia de Ciencias negli anni '60 a un lavoro sul Barracón e incontrai molti anziani tra i quali Esteban Montejo che era stato cimarrón. Mi misi a indagare e a raccogliere informazioni fino a che finalmente ho elaborato il libro superando molte difficoltà, perché ci furono diverse resistenze da parte sua, ma alla fine ho instaurato un rapporto molto amabile e affettuoso con lui. E credo che egli sia uno spirito che sta al mio fianco, che mi accompagna, che mi dà forza. Io credo in questo. Non credo in nessuna religione; il mio credo è quello secondo cui i morti, gli eggun2, stanno con me, i miei morti, mia zia, mio padre che è morto da poco, Esteban Montejo. Credo in questo, credo che egli stia al mio fianco, che mi accompagni nei momenti difficili. Lo vedo col suo sorriso di un solo dente e questo mi dà energia. Conoscerlo è stata un'esperienza straordinaria che ha cambiato totalmente la mia vita e anche la sua perché è diventato famoso.
Che momento sta attraversando la cultura nera a Cuba?
La cultura nera si trova in un buon momento. C'è una polemica molto grande, ci troviamo nel bel mezzo di un grande dibattito riguardo a ogni tipo di razzismo, di reminiscenza del razzismo che ancora sopravvive a Cuba. E in questo senso la Rivoluzione è stata straordinaria. Tutte le prime leggi rivoluzionarie furono contro la discriminazione, ma il problema è che la discriminazione è radicata nel pregiudizio e nella storia; è ancorata e soggiacente nella storia di Cuba e finché non riusciremo a lasciarcela alle spalle non potremo capire che non esistono esseri superiori ad altri, che potenzialmente tutti abbiamo lo stesso quoziente d'intelligenza. Quindi discriminare è assurdo come censurare. Ci sono due cosa terribili nella vita: la discriminazione razziale e la censura. Sono terribili, criminali e assurde perché non portano a niente se non alle guerre e all'odio. Io difendo gli spazi di tutti, difendo gli spazi che spettano ai neri, agli omosessuali, ai religiosi nella società e credo che se si rispettassero questi spazi saremmo più felici, come lo erano nei tempi passati a Toledo gli ebrei, gli arabi e i cristiani, i neri e i bianchi. La Rivoluzione comunque sta lottando come nessun altro finora e come mai si è lottato a Cuba contro qualsiasi tipo di pregiudizio razziale.
1Griot è il termine con cui vengono chiamati i tradizionali cantastorie africani. |
Dieci poesie
EBBO PARA LOS ESCLAVOS
¡A leyo! Tres plumas de tu ala izquierda Tres palomas sobre mil hojas ¡A leyo! Eleggua cuida la puerta La misa ha terminado... los cuervos ya no tienen derecho a las Todos hemos sido testigos Está bueno de esperar sobre las noches Madre de Agua mueve con sus faldas las olas de todos los océanos Mis ojos tiemblan en el frescor de la aurora
¡A leyo! Tre piume della tua ala sinistra Tre colombe su mille foglie ¡A leyo! Eleggua bada la porta La messa è finita... ora i corvi non hanno diritto alle Tutti siamo stati testimoni È bene aspettare nelle notti Madre de Agua muove con le sue gonne le onde di tutti gli oceani I miei occhi tremano nel fresco dell'aurora 1Alberi caratteristici del paesaggio cubano. ***LA PIEDRAFINA Y EL PAVO REAL
El pavo real dispuso el torbellino Abre esa puerta dijo Ifá
Il pavone dispose il vortice Apri questa porta disse Ifá ***EN EL MONTE
En el monte los muertos Una mujer de ceniza en la cara La madera en el monte, En el monte, adentro,
Sul monte i morti Una donna dal volto di cenere Sul monte, dentro,
1Cubanismo che si riferisce a un piccolo uccello ***OCHOSÍ
Ochosí guerrea Tira contra cualquier animal Ochosí, por amor, no contengas tu furia
Ochosí guerreggia Tira a qualunque animale Ochosí, per amor del cielo, non contenere la tua furia ***EGGUN
Hay alguien aquí que busca La isla te rechaza Pájaro de todas las soledades, desterrado,
C'è qualcuno qui che cerca L'isola ti rifiuta Uccello di tutte le solitudini, esiliato,
1Termine di origine africana yorubá con cui vengono ***DICE IFÁ
Dice Ifá Y yo lo acepto como un fuego
Dice Ifá E io lo accetto come un fuoco ***NEGROES
Levantaron la proa de los galeones Fue la razón del alboroto Luego los cantos y las oraciones Y sin mirar atrás Así anduvieron El asombro y la locura Ahora están cansados Están tristes
Alzarono la prua dei galeoni Fu la ragione della rivolta Dopo i canti e le orazioni E senza guardare indietro Così avanzarono Lo stupore e la follia Sono tristi ***EL DUEÑO DE LOS CARACOLES
Cada vez que este hombre
Ogni volta che quest'uomo ***ORIKI PARA NICOLÁS GUILLÉN
Capitán nocturno. Náufrago de viejas travesías Cuando cantas, tu enorme canto funda En el fondo de la isla esta inscripción:
Capitano notturno. Naufrago di vecchie traversate Quando canti, il tuo immenso canto crea Nel profondo dell'isola questa iscrizione:
1Oriki sono i canti di lode che il popolo yorubá intona per i suoi ***ORISHAS
Los orishas danzan con máscaras de alambre Los orishas hablan por el oráculo Los orishas entran en el monte-ewe Los orishas sienten un terrible golpe en el estómago Los orishas pueden andar con un solo pie Los orishas cumplen con su destino invariable - ópalo o niebla - Hombre de esta época
Gli orisha1 danzano con maschere di fil di ferro Gli orisha parlano attraverso l'oracolo Gli orisha entrano nel monte-ewe Gli orisha sentono un terribile colpo nello stomaco Gli orisha possono camminare con un solo piede Uomo di quest'epoca
1Orisha è il termine con cui vengono chiamate le divinità in vari culti |
Traduzione di Martina Bandinelli | martina.bandinelli@tiscali.it |