FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 67
luglio 2024

Primavera

 

DONATELLA DI PIETRANTONIO, L’ETÀ FRAGILE

di Armando Santarelli



[NdR: la recensione di Armando Santarelli su L'eta fragile è pervenuta alla redazione agli inizi di aprile 2024, ovvero prima della proclamazione dei finalisti del Premio Strega 2024.]

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L’età fragile di Donatella Di Pietrantonio (Einaudi, 2023) potrebbe assurgere a prototipo del romanzo che si fa leggere, che scorre veloce, troppo veloce a causa della fragile sostanza narrativa e l’assenza di profondità psicologica e di pensiero.
Un fatto di sangue sulle montagne d’Abruzzo ricalcato sul terribile omicidio dell’agosto 1997 di due ragazze modenesi sul Monte Morrone; una crisi coniugale; i disagi di una figlia adolescente; l’inevitabile, edificante concertino finale che “rompe il silenzio degli anni”: tutto abbastanza a buon mercato, editoriale ovviamente.

La protagonista del romanzo, Lucia, è una fisioterapista in gamba e una mamma responsabile e ambiziosa; ha sposato Dario, dipendente e futuro direttore “di una filiale importante”. Hanno una figlia, Amanda, che dopo la Maturità parte in tromba per Milano per studiare Scienze internazionali e istituzioni europee. Naturalmente, è a persone del genere che succedono i guai.
Prima ancora della figlia, è stato Dario ad allontanarsi dalla famiglia, privilegiando la carriera. Quanto ad Amanda, rimane vittima di un violento borseggio notturno, seguito dal disperato accanirsi ai citofoni dell’appartamento dove alloggia, dall’assurda freddezza della coinquilina e dulcis in fundo dalla decisione di Lucia di non raggiungere la figlia, “nel rispetto della sua libertà”. Ma arriva un’altra bella lezione: la brava mamma di una brava ragazza di una sana cittadina abruzzese non sa neppure se in un anno e mezzo di università la figlia abbia superato esami, né lo sa il separando marito, sempre perché i figli maggiorenni bisogna lasciarli liberi, ovviamente dietro sacrifici certi per pagare vitto e alloggio nella città più cara d’Italia.

Pur nella sua gravità, l’incidente è quasi niente rispetto a ciò che poteva capitare a mamma Lucia molti anni prima. La ragazza, allora ventenne, dovrebbe uscire insieme alla coetanea Doralice, figlia dei gestori del campeggio montano di Dente del Lupo, ma le due cambiano idea e Lucia, che si vergogna della rozzezza dell’amica, scende al mare da sola. Dunque, è solo Doralice a recarsi in escursione assieme a due sorelle della provincia di Modena presenti al campeggio. In montagna, però, c’è l’orco, un pastore straniero primitivo e solitario, Vasile, che muore dalla voglia di farsi una ragazza invece che una pecora; respinto, uccide le due sorelle e ferisce Doralice, che solo fingendosi morta e dandosi a una drammatica fuga attraverso i boschi riesce a sopravvivere.
Segue cattura del reo, processo con prove schiaccianti, scoperta che il ragazzo non ha perso la testa perché la testa proprio non ce l’ha, conseguente ergastolo. Ma intanto a Dente del Lupo le cose sono cambiate: il campeggio sorto nel posto sbagliato è stato abbandonato, e Lucia, cui il padre ha donato la proprietà del terreno, resiste al tentativo di acquisto da parte di un noto e cinico speculatore edilizio. La distruzione delle strutture del vecchio campeggio, che restituisce alla natura ciò che le era stato tolto, è la catarsi che unisce tutti, vecchio proprietario, nuova proprietaria e figlia (finalmente!), ex gestori, membri del C.A.I. e pure Samira, donna di lingua romanì che intona l’Ederlezi nel ripristino della necessaria inclusività.

Inevitabili alcune osservazioni:

  1. I motivi che portano al collasso la smunta famiglia piccolo borghese rimangono indistinti.
  2. I dialoghi si risolvono spesso in ovvie schermaglie verbali e stereotipia espressiva.
  3. Neppure il drammatico evento occorso alle due ragazze riesce a dare movimento alla bonaccia generale.
Come vedete, minimale è anche il nostro commento, né onestamente si avverte lo stimolo a dare di più dinanzi a un’opera che non riveste alcun interesse critico. Eppure, immaginiamo che L’età fragile diventerà un serio candidato al Premio Strega. Nessuno stupore, il problema del Premio Strega non riguarda più lo scarso spessore delle opere, l’influenza delle case editrici, il marketing editoriale, le false amicizie, le recite a cielo aperto, la mancanza di serietà letteraria: è tutto questo insieme, ovvero una patologia che si conosce e riconosce, ma che non preoccupa più di tanto perché tutti sono ammalati dello stesso morbo.




Donatella Di Pietrantonio
Nata in provincia di Teramo, si è dapprima trasferita per studio all’Aquila dove, nel 1986, si è laureata in Odontoiatria. Ha esordito nel 2011 con il romanzo Mia madre è un fiume, ambientato nella terra nativa. Nello stesso anno pubblica il racconto Lo sfregio sulla rivista Granta Italia. Nel 2013 pubblica il suo secondo romanzo, Bella mia, dedicato e ambientato all’Aquila. Il romanzo viene ristampato da Einaudi nel 2018. Nel 2017 pubblica per Einaudi il suo terzo romanzo, L’Arminuta, ambientato in Abruzzo; il titolo è un termine dialettale traducibile in «la ritornata», risultato vincitore del Premio Campiello e del Premio Napoli. Dal romanzo è stato tratto, nel 2019, uno spettacolo teatrale e, nel 2021, il film diretto da Giuseppe Bonito. Nel 2020 pubblica per Einaudi Borgo Sud, sempre ambientato in Abruzzo e considerato il seguito de L'Arminuta. Nel 2023 pubblica L’età fragile (Einaudi).


armando.santarelli@inwind.it