Parola e prima ancora oggetto di origine persiana ma con radici tanto arabe quanto bizantine, il talismano dovrebbe produrre miracoli, guarire ferite, portarci sorte benigna o quantomeno aiutarci a sapere quale destino la vita stia apparecchiando per noi.
La poetessa venezuelana Edda Armas fabbrica i propri, nel suo ultimo libro intitolato appunto Talismani per la fuga, e li predispone perché ci accompagnino nell’attraversamento di un mondo in disordine, feroce e spietato, a tratti disperato – e ancor più, per sorreggerci durante la fuga: che è fuga esistenziale, un movimento nello spazio che Homo sapiens ha intrapreso fin dall’origine e che non ha mai smesso; ma che è anche, più specificamente, la fuga dei venezuelani degli ultimi due decenni, l’esodo che come un continuo stillicidio ha portato sei milioni di persone a disperdersi per il continente sudamericano e verso l’Europa e gli Stati Uniti, e ha fatto sì che non vi sia forse nessuno, tra quanti siano rimasti nel loro paese, a non avere almeno un familiare o un affetto che ha abbandonato tutto e si è trasferito altrove.
E mai come oggi il concetto di fuga si rivolge a tutti, in un mondo sferzato da crisi e violenze, con il suo duplice significato, quello eterno, consustanziale all’essere umano, e quello contingente, da adattare dolorosamente a ciascuna delle ferite aperte sulla crosta terrestre.
La fuga imbeve letteralmente i versi e le poesie di Edda Armas e conduce il lettore in una sorta di cornice del Purgatorio, lungo le cui balze la poetessa è accompagnata da un ideale corteo di anime ispiratrici, per lo più poeti e artisti, spesso donne, ma non solo: la messicana Minerva Margarita Villareal (Montemorelos, 1957-Nuevo León, 2019), gli spagnoli Remedios Varo (Anglés, 1908-Città del Messico, 1963) e Antonio Colinas (La Bañeza, 1946), l’argentina Olga Orozco (Toay, 1920-Buenos Aires, 1999). Ci sono poi anche gli affetti più profondi e purtroppo perduti, come la sorella Patricia Armas Ponce e la scrittrice Victoria De Stefano; e i numi tutelari, quello universale, Jorge Luis Borges, e quello tutto venezuelano, Rafael Cadenas, premio Cervantes nel 2022.
Queste figure, presenti o ricreate nella memoria, congiurano con Edda Armas nella costruzione dei suoi talismani. Attorno a loro e a un mosaico di luoghi, sensazioni e memorie la poetessa costruisce un armamentario di monili astratti, fatti di parole magiche, talora non di immediata comprensione, che richiedono un complesso lavoro di smontaggio e ricomposizione di ogni verso, anche contro la logica apparente delle regole sintattiche:
Che questo tempo agro giri la testa e si faccia canto esposto
delle idee che ci narrano e scateni furie che feriscono con la lingua
bifida e i talismani che facciamo sotto lampade di ammonio
illuminino le palpebre e nel luogo in cui si apre la magnolia
bianca si disfaccia la paura per gli scomparsi i profu-
ghi i separati quelli che non hanno pace
§ § §
Sono anni che mi dedico alla letteratura venezuelana contemporanea, questo mostro meraviglioso e tuttora quasi sconosciuto, che cerco di comprenderla, che la traduco e promuovo in Italia e non solo; e man mano che lo faccio sono sempre più convinto che essa sia soprattutto poesia, e soprattutto poesia femminile. Le eccezioni naturalmente non mancano, e nel mondo della creazione artistica e intellettuale non c’è niente di assoluto, di immutabile e di rigidamente incasellabile, ma non c’è dubbio che una visione di insieme, panoramica, trasmetta oggi questo: un paesaggio dominato dalle voci femminili.
Quello di Edda Armas è in questo contesto un ruolo se non di guida certamente di accompagnamento autorevole anche e soprattutto delle ultime generazioni. Nata nel 1955 a Caracas, editrice e sociologa, Edda ha segnato con la sua presenza la cultura venezuelana negli ultimi decenni, animando la scena con iniziative brillanti, coinvolgendo un pubblico sempre più ampio e sempre più esteso anche ai non addetti ai lavori, e ancora, fondando collane e case editrici e promuovendo eventi di grande rilievo.
Talismani per la fuga, da cui sono tratte le cinque poesie, è in fondo anche questo: un manuale di sopravvivenza per il lettore e per i compagni di viaggio dell’autrice, per tutti coloro che producono o usufruiscono di letteratura o di arte in un paese che scivola come magma lavico, abbandonato a ogni curva e scossone da chi non riesce più a restare e fugge, si arrende, o cerca di resistere, o talora purtroppo semplicemente muore.
Ci resta un ditale di riso e la spina di tonno al sale
una bustina di zuppa di pollo e qualche punta di cipollina e aglio
dimmi allora come posso montare i ricci a queste giornate?
recita la poesia intitolata proprio Menu da sopravviventi, che nel libro si trova nella prima sezione, Paraggio I, il cui sottotitolo è In affollato spazio di reclusione: quante volte è capitato, a chi abbia frequentato negli ultimi tempi il Venezuela, sentirsi ripetere da amici e conoscenti «Questo paese è un’unica grande prigione»? All’interno di questo spazio a tratti claustrofobico ci si trova in tanti, si è parte di una folla, e allora occorre riprogrammare la propria esistenza, procedere «a passi brevi» e «sopravvivere a ogni sventura», come si legge in un altro verso della stessa poesia.
Ovunque nei testi che qui si propongono e in tutto il libro che li contiene prevale la coloritura dell’instabilità che governa le vite di ognuno. Ci si muove dunque per fuggire ma anche solo per aprire un varco dall’interno della crisalide nella quale siamo incrostati ed emergerne possibilmente cambiati, al termine di un processo di metamorfosi interiore:
Quando perfino la pelle disturba
tocca trovare un’altra corazzatura al corpo.
Oscuro mantello dissolto al vento.
spessore della notte che li ingoia.
§ § §
Nell’ultima poesia, Proiettili di fuga, versi e parole si fanno vieppiù rarefatti, come se si fossero volutamente rattrappiti, simili in questo a certe specie animali che scelgono una strategia difensiva basata sulla quasi invisibilità.
Questa metamorfosi evolutiva si realizza attraverso una lingua apparentemente semplice ma in realtà fatta di costruzioni polisemiche, nelle quali entrano lemmi di varie lingue, suoni, colori e stimoli olfattivi, neologismi, incastri o disaggregazioni, rimandi guidati da criteri prerazionali ed elementi attinti da filosofie meditative.
Non che tutto questo apparato possa d’incanto far sparire la crudeltà che ancora alligna fuori, a un passo da noi:
Risuona
rimbalza
s’incrosta
mutila
sempre
anticipa il dolore
in carne viva
morte
guerra
repressione.
Tuttavia i talismani fatti di creazione e affetto, parole e memoria non vengono fabbricati invano. Se la poesia e la bellezza non ci salveranno – perché è chiaro a tutti che non ci salveranno, e che forse al di là di ogni vieta retorica non è questo il loro compito – almeno sapranno accompagnarci restituendoci la capacità di comprendere, di liberare il campo da infingimenti e menzogne, e dunque di affermare la nostra presenza viva e cosciente nel mondo che ci è toccato in sorte.
POESIE DI EDDA ARMAS
da Talismani per la fuga
[Talismanes para la fuga, 2022, Vaso Roto, Messico-Spagna]
MENÚ DE SOBREVIVIENTES
Nos queda un dedal de arroz y el espinazo de atún salado
un sobre de sopa de pollo y alguna colilla de cebollín y ajo
dime entonces ¿cómo le puedo armar erizos a estos días?
colocar el rostro en la bandeja de la mañana y desear algo
que no sea la copa rebosada para el banquete del afligido
cuando Baco desnudo sigue danzando con sus pezuñas en
el mármol donde hizo juramentos de banal inmortalidad.
Pasos cortos. Sobrevivir toda desdicha.
Arreciar las tormentas del alma doble del siamés.
Anclar la boca con dientes de tiburón.
Flotar sin aletas entre tinieblas del maligno.
Pasos largos. Desmontar la carpa del circo.
Hacer fogata con la última cerilla.
Sin nombre amar hasta ser puramente ceniza.
MENÙ DA SOPRAVVIVENTI
Ci resta un ditale di riso e la spina di tonno al sale
una bustina di zuppa di pollo e qualche punta di cipollina e aglio
dimmi allora come posso montare i ricci a queste giornate?
Mettere la faccia sul vassoio del mattino e desiderare qualcosa
che non sia la coppa traboccante per il banchetto dell’afflitto
quando Bacco continua a danzare nudo con gli zoccoli sul
marmo dove ha fatto giuramento di banale immortalità.
Passi brevi. Sopravvivere a ogni sventura.
Rafforzare le tormente dell’anima doppia del siamese.
Ancorare la bocca con denti da squalo.
Galleggiare senza pinne tra le tenebre del maligno.
Passi lunghi. Smontare la tenda del circo.
Fare un falò con l’ultimo cerino.
Senza nome amare fino ad essere pura cenere.
DANZA EN EL TEMPLO
Las mujeres frotan las puntas armoniosas
de sus dedos templadores. Con la pelvis
replican el origen nuclear que es la danza.
Amanecen de lluvia con la cábala a favor.
Aquilatan y alinean su respiración aulladora.
Punto y coma aletean con la mariposa azul
que posa abierta en sus cuarteadas manos.
Torre del agua. Salitre del día. Pan de ángel.
Las mujeres tocan, rezan, son la levadura.
Abren ventanas del templo al desterrado.
La quietud corona luz sobre sus cabezas.
DANZA NEL TEMPIO
Le donne sfregano le punte armoniose
delle loro dita accordatrici. Con il bacino
replicano l’origine nucleare che è la danza.
Si risvegliano di pioggia con la cabala a favore.
Soppesano e allineano la respirazione ululante.
Punto e virgola svolazzano con la farfalla blu
che si posa aperta sulle loro frantumate mani.
Torre dell’acqua. Salnitro del giorno. Pane dell’angelo.
Le donne suonano, pregano, sono il lievito.
Aprono finestre del tempio all’esiliato.
La quiete corona luce sulle loro teste.
SOLO DE LABIOS
Elegimos la sensualidad de los labios
el silencio sella
los malos entendidos.
Nunca fue más cruel el abandono.
La raíz de la mandrágora
abre huecos a la opacidad del alma.
Comparecemos frágiles con el pellejo
tatuado de acumuladas calamidades.
No igualan el peso: suben la vista
hasta la apariencia de lo informe.
Sentimiento avizorado en el grito.
Cuando hasta la piel estorba
obliga hallarle otro herraje al cuerpo.
Oscuro manto disuelto al viento,
espesura de la noche que los traga.
Los desencuentros
son armas fatales.
SOLO DI LABBRA
Scegliemmo la sensualità delle labbra
il silenzio sigilla
le incomprensioni.
Non è mai stato più crudele l’abbandono.
La radice della mandragora
apre buchi bell’opacità dell’anima.
Risultiamo fragili con la pelle
tatuata di accumulate calamità.
Non pareggiano il peso: alzano lo sguardo
fino all’apparenza dell’informe.
Sentimento sogguardato nel grido.
Quando perfino la pelle disturba
tocca trovare un’altra corazzatura al corpo.
Oscuro mantello dissolto al vento.
spessore della notte che li ingoia.
I disincontri
sono armi fatali.
TALISMÁN PAÍS
Que este tiempo agrio gire la cabeza y se haga canto expuesto
de las ideas que nos narran y desate furias hirientes a la lengua
bífida y los talismanes que hagamos bajo lámparas de amonio
alumbren los párpados y en el lugar donde se abra la magnolia
blanca se deshaga el miedo para los desaparecidos los despla-
zados los separados los que no tienen paz
No cambian las palabras el eco de lo que zumba en el mundo
incomprensible ya lo sabemos pero ellas hacen nicho en lo
desértico cuando los sucesos aran aquello que perdurará con
su nacer extraño en la belleza de lo humano (la belleza despierta
los actos del alma, escribió Dante) y constancia deja del dolor
lo que aflige lo que roto sobrevuela nuestras cabezas si anclan
otra realididos hacia otro modos de la vida colectiva
únicamente lograda con la armonía del hombre con la natura-
leza y los otros
CrueldadBombaSonajeroDelAsesinoDeSuHermano
EnSuTierraDolorAborrecemosLaSangreDerramada
PadecemosLaIdaDelosNuestrosLaObligadaErrancia
DeLosHijosDeEstePaís
No leer la lírica Sobrellevarla anclarla en otra piel para otro
tiempo Calzado cansancio Intervenida la sintaxis acuna al
cuerpo exhibido como nunca antes con la coma mal puesta y el
punto final en cada historia Con golpes de tacón se desandan
los versos encabalgados al deseo de otras formas: rizomas que
aún no escritos ya cuelgan de las orejas, de la nuca en estallidos
Desatemos las trenzas rojas: hallemos blancos al tiro: la agonía
sobrevolando la página que nos acecha
Acá el lazarillo y ¿dónde la palabra que se quite de encima el desgaste?
Erizo sea en puntillas el verbo.
Desgarradura en quien no lo escuche todo con las dos orejas
Oreja de hacerse todas las preguntas en la horma del verbo otra vez fallida…
Dinos oráculo qué hacer…¿Qué forma dar al pan de estos díasimpensables?
Registro inútil o tal vez útil, sino es cáscara vacía que se borra al
colocar un punto: el punto y otro punto más al espeso cielo gris
con el sol cortando el texto imposible de los días
a Victoria de Stefano
TALISMANO PAESE
Che questo tempo agro giri la testa e si faccia canto esposto
delle idee che ci narrano e scateni furie che feriscono con la lingua
bifida e i talismani che facciamo sotto lampade di ammonio
illuminino le palpebre e nel luogo in cui si apre la magnolia
bianca si disfaccia la paura per gli scomparsi i profu-
ghi i separati quelli che non hanno pace
Non cambiano le parole l’eco di ciò che fischia nel mondo
incomprensibile già lo sappiamo ma esse fanno nicchia nel
desertico quando i fatti arano ciò che perdurerà con
il loro nascere strano nella bellezza dell’umano (la bellezza risveglia
gli atti dell’anima, scrisse Dante) e traccia lascia del dolore
ciò che affligge ciò che spezzato sorvola le nostre teste se ancorano
un’altra realtà spinti verso altri modi della vita collettiva
unicamente ottenuta con l’armonia dell’uomo con la natu-
ra e con gli altri
CrudeltàBombaSonaglioDell’AssassinoDiSuoFrate
lloNellaSuaTerraDoloreAborriamoIlSangueSparso
SoffriamoL’UscitaDeiNostriL’ObbligataErranza
DeiFigliDiQuestoPaese
Non leggere la lirica Farsene carico ancorarla ad un’altra pelle per un altro
Tempo Calzata stanchezza Intervenuta la sintassi culla il
corpo esibito come mai prima con la virgola messa male e il
punto e basta in ogni storia Con colpi di tacco si ripercorrono
i versi messi in metrica al desiderio di altre forme: rizomi che
anche non scritti pendono comunque dagli orecchi, dalla nuca in esplosioni
Sciogliamo le trecce rosse: troviamo bersagli per il tiro: l’agonia
sorvolando la pagina che ci perseguita
Qui il lazarillo (*) e dove la parola che si tolga di dosso all’usura?
Riccio sia in impunture il verbo
Lacerazione in chi non ascolti tutto con i due orecchi
Orecchio da farsi tutte le domande sulla forma del verbo altre volte fallita…
Dicci oracolo che cosa fare… Quale forma dare al pane in questi giorni impensabili?
Registro inutile o forse utile, ma è guscio vuoto che si cancella nel
collocare un punto: il punto e un altro punto più lo spesso cielo grigio
con il sole che taglia il testo impossibile dei giorni
a Victoria de Stefano (**)
(*) Lazarillo è un termine difficile da tradurre. Fa riferimento alla Vida de Lazarillo de Tormes y de sus fortunas y adversidades, opera anonima pubblicata per la priva volta a Burgos nel 1554 che narra le vicende tragicomiche di un giovane inizialmente accompagnatore di un cieco e che poi attraversa le più disparate avventure. Al libro si fa risalire anche la prima apparizione del termine pícaro, donde l’aggettivo picaresco.
(**) L’italovenezuelana Victoria o Vittoria de Stefano (Rimini, 1940-Caracas, 2023) è stata una delle più grandi scrittrici e filosofe latinoamericane.
BALAS DE FUGA
Qué hacer con las múltiples agresiones. MARÍA CLARA SALAS
La voz
resuena en nota más alta
después de la fuga.
∞
El detonante pudo ser
la tristeza al fondo
de la pupila del hijo.
∞
Ya no pisas como antes.
Enojoso como andas
henchido vas de pesares.
∞
La palabra revuelta
se parece
cada vez más a uno.
∞
Elige uno o dos,
digamos unos diez. No más.
Llevarás una sola maleta.
∞
Creía saber qué era la oscuridad.
Pero no. Al menos, no ésta.
∞
Padre: ahora sé que la memoria
se alimenta con las frutas
que en la infancia ponías
en nuestras manos.
∞
Ahora veo cómo se elevan
los pavores.
∞
Armar y desarmar la maleta
convertida en cofre único
de varias vidas.
∞
Borra y rehace.
Tal vez funcione
cuando lidias
con dolores
de los afectos
cada vez que
partes.
∞
Mira
qué ves
a través de la rendija
entre pecho y corazón
(donde se alojan) o
en la pantalla digital o
por el ojal
o en bisagras del paisaje.
Lo que ves
desliza.
∞
La sombra calza
en la ojiva del cuerpo
cada paso acorta
pero, uno por vez.
∞
Se impone la flexibilidad.
Gomas en los pies al andar
incertidumbres.
∞
Los pasos
no
se
cuentan
1x2
al trotar
la ciudad des-co-lo-ca-da
y
desconocida.
∞
Bramen.
Oyen el jalar del gatillo.
∞
Desarraigo. Otra bala en la sien.
∞
Resuena
rebota
se incrusta
mutila
siempre
anticipa el dolor
en carne viva
muerte
guerra
represión.
∞
Disparadas por la boca
ninguna salva,
la ilusión de paz
hoy es buscada orilla.
∞
El día parece inocente
pero lo quiebra la quietud.
PROIETTILI DI FUGA
Che cosa fare con le molteplici aggressioni. MARÍA CLARA SALAS (*)
La voce
risuona in nota più alta
dopo la fuga.
∞
Il detonante è potuto essere
la tristezza nel fondo
della pupilla del figlio.
∞
Non hai più lo stesso passo.
Irritato come sei
vai gonfio di rimpianti.
∞
La parola rivolta
ci assomiglia
ogni giorno di più.
∞
Scegline uno o due,
diciamo un dieci. Non di più.
Porterai una sola valigia.
∞
Credevo di sapere che cosa fosse il buio.
Ma no. Almeno, non questo.
∞
Padre: adesso so che la memoria
si nutre con la frutta
che nell’infanzia mettevi
nelle nostre mani.
∞
Adesso vedo come si alzano
i timori.
∞
Fare e disfare la valigia
trasformata in scrigno unico
di varie vite.
∞
Cancella e rifai.
Magari funziona
quando hai a che fare
con dolori
agli affetti
ogni volta che
parti.
∞
Guarda
che cosa vedi
attraverso la fenditura
tra petto e cuore
(dove alloggiano) o
sullo schermo digitale o
attraverso l’asola
o nei cardini del paesaggio.
Quello che vedi
scivola.
∞
L’ombra calza
nell’ogiva del corpo
ogni passo accorcia
ma uno per volta.
∞
S’impone la flessibilità.
Gomme ai piedi camminando
per incertezze.
∞
I passi
non
si
contano
1x2
correndo
per la città spo-sta-ta
e
sco-
no-
sciu-
ta.
∞
Bramite.
Ascoltate il tirare il grilletto.
∞
Esilio. Un’altra pallottola alla tempia.
∞
Risuona
rimbalza
s’incrosta
mutila
sempre
anticipa il dolore
in carne viva
morte
guerra
repressione.
∞
Sparate dalla bocca
nessuna salva,
l’illusione di pace
oggi è cercata sponda.
∞
Il giorno sembra innocente
ma lo spezza la quiete.
(*) María Clara Salas (Caracas, 1947) è una studiosa e poetessa venezuelana.
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Traduzione dallo spagnolo di Silvio Mignano
Edda Armas nata a Caracas, dove vive, nel 1955.
Psicologa, editrice e poeta. Tra il 1975 e il 2024 ha pubblicato una ventina di raccolte poetiche. Tra i lavori più recenti: Fruta hendida (2019), En el oído medio (2024), Talismanes para la fuga (Vaso Roto, Madrid, 2022).
Suoi testi appaiono in antologie di poesia venezuelana e ispanoamericana ed è stata tradotta e pubblicata all’estero.
silvitomignano@yahoo.com
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