FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 66
marzo 2024

Inverno

 

ASCOLTARE, UNA RUBRICA
PER LE ORECCHIE 2.0

di Stefano Cardinali



Una inaspettata e inevitabile passione


Piove. L’autobus sul quale sono riuscito a salire mi ripara dall’acqua ma un eccessivo numero di persone e ombrelli bagnati rende l’aria appiccicaticcia e a tratti irrespirabile. Mi consolo con la meravigliosa canzone che le cuffiette diffondono nelle mie orecchie e il disagio fisico causato da un inverno che non vuole finire sembra quasi dimenticato.
Il brano termina e lo speaker di Radio Rock rammenta agli ascoltatori la sequenza delle ultime tre canzoni. Interessato, alzo il volume: … e infine avete ascoltato Roads dei Portishead dal loro nuovo primo lavoro Dummy…
Prenoto la fermata e scendo al volo.
La grande libreria mi accoglie asciutta e confortevole. Il reparto dei CD è al piano interrato. È lì che vado spedito a coronare il mio amore al primo ascolto.



Erano i primi mesi del 1995 e nella mia vita di appassionato di musica mi trovavo per la prima volta a rimanere così incantato: neanche nel periodo dell’adolescenza quando cominciai a scoprire un mondo parallelo alla Hit Parade di Lelio Luttazzi fatto di blues, rock e progressive, ero rimasto così affascinato da una canzone. Avevo fatto un salto indietro nel tempo, era stato come prendere una cotta all’inizio dell’anno scolastico per la biondina dagli occhi azzurri. Con la differenza che quello era un sentimento volatile, facilmente rimpiazzabile con una uguale emozione per la moretta col nasino all’insù o per quella della terza A (ma sì che la conosci! quella con le lentiggini). Invece, ancora oggi, l’amore per i Portishead è vivo e l’ascolto di Dummy mi provoca un piacere appassionato e Roads, come allora, mi spinge spesso ad ascoltarla più volte.

Nati dall’incontro artistico tra Geoff Barrow, polistrumentista che aveva all’attivo collaborazioni con Tricky e i Massive Attack, e Beth Gibbons, talentuosa cantante in attesa dell’occasione per mettersi in mostra, i Portishead concepiscono nel ‘94 il cortometraggio To Kill A Dead Man del quale sono protagonisti, scrivendone anche la colonna sonora. L’amore di Barrow per le storie di spionaggio è presente sin dalle prime immagini sottolineate dalle quattro note che altro non sono che il marchio di fabbrica dei film di James Bond. Il resto dello score rimanda invece a quello della serie televisiva The Persuaders, successo degli anni Settanta con protagonisti Roger Moore e Tony Curtis (in Italia diventerà noto col titolo “Attenti a quei due”), anch’esso scritto da John Barry. Sono citazioni volute, palesi omaggi a uno dei compositori più amati da Barrow. Sui titoli di coda del corto ascoltiamo finalmente la voce della Gibbons nel brano Sour Times che nel periodo immediatamente successivo all’uscita del breve film verrà pubblicato come singolo insieme a Numb. Si comincia così a delineare lo stile che caratterizzerà Dummy che alla sua pubblicazione entrerà di prepotenza nella scena trip hop.

Lo stile dell’album va però oltre i confini di quello originario di Bristol e perlustra territori nuovi e incontaminati con un approccio moderno (scratch, bassi dub, ritmi hip hop decelerati) ma dal retrogusto un po’ vintage (l’organo Hammond, le chitarre elettriche che ricordano le atmosfere dei film di spionaggio degli anni Settanta). E poi c’è la voce malinconica di Beth Gibbons, timbro dall’anima blues, apparentemente in contrasto con le sonorità dei brani che esegue ma che dona al mix un’originalità insolita in quegli anni. Alla sua uscita, il primo lavoro dei Portishead, vince l’ambito Mercury Music Prize come miglior album del 1994.

Nel 1997 esce “Portishead” – secondo lavoro del duo (ai quali, nel frattempo si è affiancato in pianta stabile Adrian Utley, chitarrista che aveva già collaborato al loro primo album partecipando a quasi tutti i brani di Dummy) – che, pur rimanendo ben al di sopra della qualità musicale media del periodo, non arriverà al grande successo come il precedente. Solo il passare del tempo renderà giustizia a questo lavoro, ambizioso e raffinato.
Dopo oltre dieci anni di attesa i Portishead pubblicano “Third”, terzo album in studio. Sarà un lavoro dimenticabile dove a fare da trait d’union con gli album precedenti rimane soltanto l’inquieta voce della Gibbons. Le caratteristiche peculiari vengono abbandonate per fare spazio ad arrangiamenti dissimili che in alcuni momenti rievocano più Out Of Season (album da solista della cantante) che non i lavori della band.

Finalmente ha smesso di piovere Ma abiti e ombrelli bagnati delle persone alla fermata dell’autobus mi convincono che sarà più salutare avviarmi a piedi verso la mia meta.
Radio Rock accompagna ancora i miei passi. Stavolta conosco benissimo la musica trasmessa: Radioactive Toy dei Porcupine Tree, anche per loro nutro un grande amore.
Ma questa è un’altra storia.


cardstefano@libero.it