FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 63
marzo 2023

Cadute

 

NON SI FINISCE MAI DI CADERE

di Jorge Ortega



LECCIÓN DE BIOLOGÍA

El pájaro es más leve
que la rama
en el jardín de la fragilidad.

Resbala, se desprende
una migaja
de agua,
ejerce
sobre la nervadura de la hoja
el peso vertical
de su abalorio.

Mas
el pájaro
se arraiga a las cornisas
como una marioneta
tirada por las hebras de la lluvia.

Nosotros, a la inversa,
no terminamos nunca
de caer,

igual que el cielo que se desmorona
bajo el hacha del trueno.

Terrícolas, el suelo nos reclama.

Y así, sólo nos queda
acatar la inercia del diluvio
y el ascenso del pájaro

desde un punto de mira que reitera
la imposibilidad
de nuestra hechura.


LEZIONE DI BIOLOGIA

L’uccello è più lieve
del ramo
nel giardino della fragilità.

Scivola, si distacca
un frammento
d’acqua,
esercita
sulla nervatura della foglia
il peso verticale
del suo gioiello

Ma
l’uccello
si attacca alle sporgenze
come una marionetta
tirata dai fili della pioggia.

Noi, al contrario,
non finiamo mai
di cadere,

proprio come il cielo che precipita
sotto l’ascia del tuono.

Terrestri, la superficie ci reclama.

E così non ci rimane
che rispettare l’inerzia del diluvio
e l’ascesa dell’uccello

da un punto di vista che ribadisce
l’impossibilità
della nostra natura.


CUENTA REGRESIVA

El tiempo es una forma de medir la vejez.
Nos vamos consumiendo ya desde que nacemos.
El corazón resguarda su clepsidra de sangre.
La piel es una brújula del cuerpo que declina.
El geranio del parto orienta las edades.
Dormita en la semilla el mosto del ocaso.
El camino de ida es el mismo de vuelta.
El camino de vuelta comienza en el principio.
La plenitud precede a la putrefacción.
La tumba es la placenta de los sueños futuros.
En lo que pestañeas surge y claudica un reino.
Una arruga, una cana, toma una eternidad.
Adentro de la fruta madura la inmundicia.
El vientre es la raíz del árbol de la muerte.


CONTO ALLA ROVESCIA

Il tempo è un modo per misurare la vecchiaia.
Ci consumiamo da quando veniamo al mondo.
Il cuore protegge la clessidra dal sangue.
La pelle è una bussola del corpo che declina.
Il geranio del parto orienta le età.
Dorme nel seme il mosto del tramonto.
Il percorso di andata è lo stesso del ritorno.
La via del ritorno inizia dal principio.
La pienezza precede la putrefazione.
La tomba è la placenta dei sogni futuri.
Quando sbatti le palpebre emerge e tentenna un regno.
Una ruga, una ciocca grigia, ci vuole un’eternità.
Dentro il frutto matura la sporcizia.
Lo stomaco è la radice dell’albero della morte.


CRUZAR LOS DEDOS

Necesitas un milagro.

Que lo que esperas
se haga en ti
con la aglomeración de la carencia,
con la rotundidad
de lo que no tienes.

Que al trozo de cantera
le broten alas,
que vuele
y regrese
al hueco
de tu asombro sin cura.

Si la suerte ha sido echada
todo puede ocurrir,
si la moneda aún no toca suelo
y en su caída libre
sigue irradiando probabilidades.

“El golpe avisa”
—solemos decir.
El tumbo, la primicia, los pespuntes,
signos de vida o muerte
para una conclusión.

Mientras no sepas algo
tuyo es lo posible, tuya
entera
la impronta
del fracaso y el tino.

Todo pronóstico está por cumplirse
a expensas de la incertidumbre.


INCROCIARE LE DITA

Hai bisogno di un miracolo.

Che quello che aspetti
si faccia in te
con l’agglomerazione della carenza,
con la chiarezza
di ciò che non hai.

Che al pezzo di cava
gli spuntino le ali,
che voli
e torni
al foro
del tuo stupore senza cura.

Se la sorte è stata lanciata
tutto può accadere,
se la moneta ancora non tocca il suolo
e nella sua libera caduta
continua a irradiare probabilità.

“Il botto avvisa”
– si usa dire.
Lo sbalzo, l’esclusiva, le impunture,
segni di vita o di morte
per una conclusione.

Finché non sai qualcosa
tua è il probabile, tua
intera
l’impronta
del fallimento e della mira.

Tutte le previsioni devono ancora essere soddisfatte
a scapito dell’incertezza.


PLACA ANATOLIA

La tierra abre la boca y traga mundo.
Caen los edificios como torres de azúcar.
En la nieve se funden los escombros,
polvo en el polvo blanco de un cielo demolido.

Las lágrimas de un hombre que perdió a su bebé
bajan por las entrañas del subsuelo
y humedecen el dorso de la roca profunda.

La tierra se estremece, el aire se doblega.

No hay palabra, no hay nombre que defina
la pérdida de un hijo. El diccionario
carece de ese término. Ahí dentro
la orfandad es huérfana
y el duelo, por lo tanto, suspensivo.

La manta del lenguaje
nos queda siempre corta,
jamás logra tapar todo el dolor.


PLACCA ANATOLICA

La terra apre la bocca e inghiotte il mondo.
Gli edifici cadono come torri di zucchero.
Nella neve si sciolgono i detriti,
polvere nella polvere bianca di un cielo demolito.

Le lacrime di un uomo che ha perso il suo bambino
scendono nelle viscere del sottosuolo
e inumidiscono il dorso della roccia sottostante.

La terra trema, l’aria vacilla.

Non c’è parola, nessun nome che definisca
la perdita di un figlio. Nel dizionario
quel termine è assente. Lì dentro
l’orfanezza è orfana
e il dolore, pertanto, sospensivo.

La coperta del linguaggio
rimane sempre corta,
non può mai coprire tutto il dolore.


RUINA DE LA INGENIERÍA

Aunque la mueva el terremoto
cae la piedra
porque es débil,
cae la atalaya
hecha de piedra,
el puente que reúne a los amantes
y a las familias
disgregadas, el arco
de medio punto,
la cúpula bulbosa,
el minarete, la
columna.

La gravedad devora el equilibrio.
Proporción y armonía, cimentación e historia
son principios inútiles
ahora y en la hora
del estrago:
si el peso vence a la gravedad,
el sismo vence al peso.

Brasero del amor, cocina de los sueños,
el universo de los condominios
anhela sublimarse
en los jardines del espacio etéreo.

Helo ahí vuelto polvo, polen del exterminio,
harina de los huesos comprimidos.

La tierra es la morada de los muertos.
El cielo está en el centro de la tierra.

Los edificios se derrumban
y alcanzan en el suelo
la antesala del cielo.


ROVINA DELL’INGEGNERIA

Anche se il terremoto la sposta
la pietra cade
perché è debole,
cade la torre di guardia
costruita con pietre,
il ponte che congiunge gli amanti
e le famiglie
disgregate, l’arco
a tutto sesto,
la cupola a bulbo,
il minareto, la
colonna.

La gravità divora l’equilibrio.
Proporzione e armonia, fondazioni e storia
sono principi inutili
ora e nell’ora
della devastazione:
se il peso supera la gravità,
il terremoto batte il peso.

Braciere dell’amore, cucina dei sogni,
l’universo dei condomini
desidera sublimarsi
nei giardini dello spazio etereo.

Ecco la polvere, il polline dello sterminio,
farina dalle ossa compresse.

La terra è la dimora dei morti.
Il cielo è al centro della terra.

Gli edifici cadono a pezzi
e a terra raggiungono
l’anticamera del cielo.


Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini

I primi tre testi sono stati pubblicati su rivista o libro, gli ultimi due sono inediti.


ajedrezdepolvo@gmail.com