FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 62
novembre 2022

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COSE VISTE
(che il vento spoglia e ricopre con l’aria di un altro nome)

di Felipe García Quintero



DE NOCHE (1)

Corres, viento blanco, escapado del hueso huido.

Tu luz das al cuerpo desnudo.

En todo late la huella sin piel del aire.

Y donde abreva el costado a oscuras de los días, tu mirada, sin pausa, surca la tierra.

La ceniza siempre será nuestra:


DI NOTTE (1)

Corri, vento bianco, sfuggito all’osso in fuga.

La tua luce colpisce il corpo nudo.

Su tutto batte l’impronta senza pelle dell’aria.

E dove si abbevera il lato oscuro dei giorni, il tuo sguardo, senza sosta, fende la terra.

La cenere sempre sarà nostra:


DE NOCHE (4)

Los pasos por la sombra cercan el corazón del secreto.

Sin oraciones el clavo palpita sostenido al madero.

Cuando el amor invoca los sueños, de un cuerpo desnudo germina el misterio.

Con sus latidos la oscuridad colma los cielos:


DI NOTTE (4)

I passi nell’ombra accerchiano il cuore del segreto.

Senza preghiere il chiodo palpita sostenuto al legno.

Quando l’amore invoca i sogni, da un corpo nudo germoglia il mistero.

Con i suoi battiti l’oscurità riempie i cieli:


CAVADO (1)

Al párpado abierto, aún sobre la palma tendida, lo observa la sombra del latido.

Cavado el viento. Y tan cerca la mirada blanca de las pupilas.

Escucha todo silencio que habita adentro.

Desde esa distancia habla el cielo:


SCAVATO (1)

La palpebra aperta, ancora sul palmo disteso, la scruta l’ombra del battito.

Scavato il vento. E così vicino lo sguardo bianco delle pupille.

Ascolta tutto il silenzio che abita dentro.

Da quella distanza parla il cielo:


CAVADO (3)

El bosque te presagia, la solitaria hierba anuncia lo cavado con sus brotes y nudos; el río llega a ti, aun, sin sus aguas.

Si bien el cielo poco cambia, mientras la noche consume el fuego, al aire a oscuras da sus pasos el eco.

Palpita lo callado del corazón sediento:


SCAVATO (3)

Il bosco ti preannuncia, l’erba solitaria rivela ciò che fu scavato coi suoi germogli e nodi; il fiume arriva a te, anche senza la sua acqua.

Sebbene il cielo cambi ben poco, mentre la notte consuma il fuoco, nell’aria buia, l’eco distende i suoi passi.

Palpita il silenzio del cuore assetato:


UN DECIR (2)

Parpadea el fulgor de las manos vacías.

A cada paso la voz acorta la distancia de las cosas.

Incluso bajo el agua, la piedra es mirada que da sombra.

En torno suyo, la tierra erguida socava sus abismos.

Tras la carne, lo visto es la noche del hueso fugitivo:


UN DIRE (2)

Lampeggia il bagliore delle mani vuote.

Ad ogni passo la voce accorcia la distanza delle cose.

Anche sott’acqua, la pietra è sguardo che dona ombra.

Intorno a lui, la terra eretta mina i suoi abissi.

Dietro la carne, quel che si vede è la notte dell’osso in fuga:


UN DECIR (5)

Con el viento suele tropezar el camino de la tarde.

Y como un susurro late lo desierto del aire.

La distancia mira al sol cuando es voz el instante.


UN DIRE (5)

Con il vento di solito inciampa sulla strada della sera.

E come un sussurro batte il deserto dell’aria.

La distanza guarda il sole quando l’istante si fa voce.


ARADOR (1)

El bosque abriga la sombra del viento, acumula cumbres de paciencia.

Ahora, sin término, la magra cosecha da su cuerpo.

Lo visto, entonces, busca el rostro del cielo, o donde abreva la flor final del leño.

Como aquel clavo, cuando el grito acalla sus huellas, otea entre el camino la mano abierta.

Oscuro el fulgor del hierro en las estrellas:


ARATORE (1)

La foresta avvolge l’ombra del vento, ammassa vette di pazienza.

Ora, senza fine, il magro raccolto dà il suo corpo.

Ciò che si vede, allora, cerca il volto del cielo, o dove si abbevera l’ultimo fiore del legno.

Come quel chiodo, quando il grido zittisce le sue tracce, scruta tra la strada la mano aperta.

Buio il fulgore del ferro sulle stelle:


ARADOR (4)

Ventura el día cuando la luz lo arrasa, y su caída eleva una montaña que baña con aromas la sombra errante de todas las cosas.

Basta solo un parpadeo, y el corazón delatado ya es nube que arde al costado.

Y cuánto del cielo palpita en el vaho, si el mismo pulso del viento recorre otros instantes.

Más adentro vive cada piedra en un trozo de aire.

Como nace el silencio, es nuestra la voz prometida a nadie:


ARATORE (4)

Splende il giorno quando la luce lo spazza via, e la sua caduta solleva una montagna che bagna di essenze l’ombra errante di tutte le cose.

Basta un batter di ciglia, e il cuore tradito è già nuvola che accanto brucia.

E quanto dal cielo palpita nel vapore, se lo stesso battito del vento percorre altri istanti.

Più in profondità ogni pietra vive in un frammento di aria.

Come nasce il silenzio, è nostra la voce a nessuno promessa:


DEL HUERTO (1)

Cae de las manos o brota de los labios cerrados.

Donde el susurro despierta, ni las sombras acallan el sueño.

Y cuánto del cielo estremece el tañido en blanco de un secreto:


DELL’ORTO (1)

Cade dalle mani o sgorga dalle labbra serrate.

Dove il sussurro si risveglia, nemmeno le ombre soffocano il sogno.

E quanto dal cielo trema il suono in bianco di un segreto:


DEL HUERTO (4)

Lo lejano del cielo, que rondan los pájaros, fija el instante visto del relámpago.

Por la memoria que guarda su aroma, la misma flor, tantas veces, siempre es otra.

Aunque a veces solo la voz allana la distancia, el viento a solas recorre tantas miradas.

Tras el cristal, el vaho es la nube más cercana. Afuera la hierba del cosmos encamina sus pasos y el polvo canta:


DELL’ORTO (4)

Quel che è lontano dal cielo, che gli uccelli sorvolano, fissa l’istante visto del fulmine.

Per la memoria che conserva il proprio aroma, lo stesso fiore, tante volte ma è sempre una nuova.

Anche se talvolta soltanto la voce spiana la distanza, tanti sguardi il vento da solo oltrepassa.

Dietro il vetro, il vapore è la nuvola più vicina. Fuori l’erba del cosmo incammina i suoi passi e la polvere canta:


ORILLAS (1)

Me acodo a la orilla fugaz de este camino hondo, entre el viento y la alta hierba que deja lo perdido, donde acude el eco cuando inunda el patio con la borla gastada de sus largos pasos, para auscultar un tanto el horizonte, y ver lo poco o mucho que el cielo lleva, por lo abierto y callado, del bosque solitario.

Como si de pronto algo adentro iluminase cada rincón de los huesos, y su luz prolongara la sombra del cuerpo, me pregunto, ¿para quién el destello febril de las manos vacías que pulsa el aire con el temblor del aliento?:


SPONDE (1)

Mi puntello alla riva fugace di questa strada profonda, tra il vento e l’alta erba che lascia ciò che si è perso, dove l’eco giunge quando inonda il patio con la nappa consumata dei suoi lunghi passi, per auscultare un po’ l’orizzonte, e vedere quanto poco o tanto il cielo porta, per ciò che è aperto e silenzioso, della solitaria foresta.

Come se all’improvviso qualcosa dentro illuminasse ogni angolo delle ossa, e la sua luce prolungasse l’ombra del corpo, mi chiedo: per chi il bagliore febbrile delle mani vuote che preme l’aria col tremore del respiro?:


Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini


I testi provengono dal libro: Cosas vistas (que el viento desnuda y cubre con el aire de otro nombre) tutt’ora inedito in Colombia. Una prima versione è uscita con il titolo Animal de ayer in Cile nel 2018 (come inedito ha ricevuto il Premio Nacional de Poesía “Tomás Vargas Osorio” 2017).
La raccolta poetica verrà pubblicata in Italia nel corso del prossimo anno.


Felipe García Quintero

fgq1973@gmail.com