Il monte Athos ha affascinato e affascina ancora oggi una moltitudine che non è né quantificabile né parcellizzabile e divisibile in proporzioni algebriche, perché turisti, uomini di fede, atei, banditi, scrittori, saggisti, filosofi e tanti altri si sono avventurati, in secoli in cui il viaggio non era propriamente agevole, tra i monasteri della costellazione athonita. Ora è possibile dare uno sguardo a una scelta delle testimonianze scritte da questi viaggiatori grazie al bel libro di Armando Santarelli, Il faro monastico. Il Monte Athos attraverso gli occhi dei visitatori occidentali.
L’autore è uno che la Montagna Sacra – sia lecito a chi scrive gettare un ponte sulla fascinazione laica che l’essenza del monte, non solo l’Athos, esercita sulla letteratura occidentale, in questo caso Thomas Mann – la conosce bene, non solo in quanto vi si reca spesso, ma anche perché ha scritto su di essa pagine memorabili, soprattutto nel volume, edito da Rubbettino, La montagna di Dio. Un viaggio spirituale al Monte Athos (2009, prefazione di Giuseppe Sergio Balsamà).
Un libro preziosissimo questo edito da Fili d’Aquilone, perché ci offre una sintesi delle reazioni dei viaggiatori di fronte alla natura e alla pace della Monte (confortata da un utilissimo glossario e da una specifica bibliografia), e nel contempo ci mostra le differenze prospettiche dello sguardo dell’osservatore. Alcuni tentano di resistere alla deformazione delle prevenzioni d’occidente, come l’inglese Robert Byron, storico dell’arte e scrittore di viaggi, che dopo i due soggiorni del 1926 e del ’27 pubblica The station. Athos: treasures and men, che sarà tradotto da Bompiani con il titolo Monte Athos, che pur portatore di un raffinato razionalismo, deve ammettere onestamente che “è necessario abbandonare, sia pure temporaneamente, il veleno dei pregiudizi”. Il che è segno di intelligenza e profondità, soprattutto se lo mettiamo a confronto con un altro contributo che avrebbe dovuto aver maggior serenità e imparzialità di giudizio, trattandosi di un’indagine sociologica: quella di Michael Choukas, nato a Samos, Black angels of Athos, edita nel 1935, è che in realtà, afferma Santarelli, è il diario di un assistente di sociologia che “vede dovunque rozzezza e ignoranza”, con le sue pretese di superiorità intellettuale, notando ad esempio la presenza di “criminali” a suo avviso “travestiti da monaci” e d’altra parte giudicando gli esempi di assoluta dedizione alla preghiera e all’assenza di comodità da parte dei monaci come arretratezza, oscurantismo, “autoannichilimento”. Come chiosa giustamente l’autore de Il faro monastico, il vizio prospettico inquina comunque lo sguardo dell’osservatore, ma è davvero sorprendente constatarlo nello studio di un sociologo che dovrebbe esimersi da giudizi personali preconcetti.
Il problema nasce dal fatto che dopo periodi di essenziale irrazionalismo, ad esempio nel romanticismo e nel cosiddetto decadentismo (sui limiti di queste etichette chi scrive sta polemizzando da tempo) si configurano epoche di programmatico ritorno alla razionalità o ad un “sano” materialismo deterministico, che diventano vere e proprie ideologie onnivore, in grado di impedire la comprensione di tutto ciò che non coincida con quelle convinzioni. In questo modo sia se la scelta athonita sia dovuta al desiderio di abbandonare una società in cui i valori sono solo quelli del benessere materiale e della posizione sociale, o a una personale concezione del sacro, fatta di abbandono mistico alla volontà divina, o alla ricerca di un rifugio in seguito a una delusione o a un evento luttuoso, sia se si ricorra all’ascetismo o al cenobitismo per motivi contingenti, di bisogno, di mancanza di altri modi per vivere, Choukas trae conclusioni, davvero affrettate e poco scientifiche, di ignoranza e rifiuto del mondo.
Un libro, questo di Santarelli, che ci mette in guardia contro le deformazioni dello spirito del tempo e nel contempo ci permette di entrare in quello che per molti è il mistero della scelta di andarsene dal mondo per entrare nel silenzio e nella ricerca del contatto con l’Altro. Una scelta concentrata in quello spazio che sembra fuori dal tempo antropico e che con la sua bellezza in cui arte e natura sono collegate da un nesso inscindibile ci offre la possibilità di entrare nel mistero e nella complessità delle umane scelte. Non sempre rapportabili ai criteri di “ordine” e razionalità euclidea che alcuni vorrebbero trovarvi a tutti i costi.
Armando Santarelli, Il faro monastico (Il Monte Athos attraverso gli occhi dei visitatori occidentali), Edizioni Fili d’Aquilone, 2022, pagg, 233, euro 15. Con una prefazione di Giuseppe Sergio Balsamà, presidente dell’Associazione “Insieme per l’Athos”.
Armando Santarelli è nato a Cerreto Laziale nel 1956 e vive a Gerano (Roma).
Ha pubblicato Le cipolle e altri racconti (Sovera, 1998); Avifauna dei Monti Ruffi (in I Monti Ruffi, Provincia di Roma, Assessorato all’Ambiente, 1998); Fisionomia dell’irriverenza (La Voce del Tempo, 2001); Periferia della specie (Robin Edizioni, 2006); La Montagna di Dio (Rubbettino, 2009, tradotto in francese per i tipi di Parole et Silence); L’isola che sono diventato (Edizioni Fili d’Aquilone, 2015); Padre per errore (Robin Edizioni, 2015); Storia di Mirela (Rubbettino, 2020, pubblicato in Romania nel 2021 con il titolo Povestea Mirelei) e Il faro monastico (Edizioni Fili d’Aquilone, 2022).
Scrive per le riviste on-line Fili d’aquilone, Tendopoli, cultura-romena.it e Orizzonti culturali italo-romeni.
testimarco14@gmail.com
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