Da qualche mese è uscito Città in miniatura di Alessio Brandolini, un’antologia poetica di opere scritte dal 2004 al 2020, che trovo veramente sorprendente.
Sono un ammiratore della poesia di Brandolini e, ad eccezione degli inediti riuniti nella sezione finale Il lato oscuro della purezza, le poesie contenute nel libro avevo già avuto modo di amarle nelle prime edizioni; ma grazie alla selezione fatta dall’Autore quelle stesse composizioni adesso appaiono diverse, nuove, soprattutto perché mostrano in maniera chiara quanto ogni parola sia legata alle altre indipendentemente dal tempo. Trovo illuminanti le parole di Daniel Samoilovich che in «Dentro la città in miniatura», testo che introduce il libro, afferma che l’antologia è «uno dei possibili percorsi all’interno dell’opera dell’autore» (p. 6): leggendo il libro scopro nel “vecchio” nuove strade di lettura e al contempo sento che ne esistono tantissime altre che forse non riesco a vedere. Ad esempio, la raccolta mi permette di fare una riflessione sincera sui titoli che Brandolini ha dato nel corso degli anni ai suoi libri: Poesie della terra, Il male inconsapevole, Mappe colombiane, Tevere in fiamme, Il fiume nel mare, Nello sguardo del lupo, Il volto e il viaggio; sono titoli mai scontati, sempre profondi ed eleganti, di una grande bellezza. E in questa antologia sono tipograficamente uniti altri due elementi che considero commuoventi perché dicono molto di che persona sia Alessio Brandolini: citazioni meravigliose che ci trasmettono la sua vocazione per la letteratura e le onnipresenti dediche alla famiglia, che conferisco al libro un’atmosfera di amore.
Un’antologia di per sé è qualcosa di non perfettamente omogeneo, ma qui il percorso di cui parla Samoilovich è veramente privo di ostacoli e grazie a una particolare sensibilità si oltrepassano stili e tematiche, evidenziando come la «polarità aperto-chiuso, fuori-dentro, sia il vero motore della poetica dello scrittore», come afferma Marco Testi nella sua recensione al libro intitolata «Il nuovo sguardo d’occidente».
Un motore che trova nella vita quotidiana la scintilla per la combustione poetica e che si appoggia a elementi forti, uno su tutti la terra, da sempre cardine delle composizioni di Brandolini: avere un rapporto con essa, sia per accarezzarla con fatica o con dolore divorarla solo con gli occhi (vedi «I fichi hanno le dita larghe…», p. 20), esserne parte, significa poter raggiungere ricchezze perdute; e lo scopo delle poesie di Città in miniatura è proprio quello di ritrovare quei tesori nascosti.
Intrisi di immagini meravigliose, richiami e metafore, i componimenti però sono spesso avvolti da un lato oscuro in cui i momenti di apparente calma sono in realtà attimi di tregua di un conflitto non ancora terminato. In quest’ottica la costante presenza della notte e del buio è una strategia fondamentale per comprendere il senso della poetica dell’Autore: una “notturnità” che da un lato annulla ma dall’altro genera il desiderio di scrivere («e il buio rigenera i petali delle rose», p. 32); è proprio dall’oscurità, dalla consapevolezza della sua esistenza e importanza, che nasce la poesia di Brandolini, fatta di voglia di “evadere”, andare lontano, muoversi. Non tanto per fuggire, quanto per avere la possibilità di vedere da un’altra angolazione e poter vivere quel lato oscuro che l’ha generata in maniera diversa.
La poesia era (e resta) qualcosa di necessario per poi tornare alla realtà di tutti i giorni con una concezione più ampia sulla realtà quotidiana, sull’esistenza, sui propri sentimenti. Si accorciano le distanze tra l’interno e l’esterno, tra il cielo e la terra. I versi consolano e consumano il dolore, infondono coraggio perché spingono a esplorare (quando leggo, scrivo o traduco poesia) zone sconosciute, misteriose e questo arricchisce, esalta e spesso inquieta.{1}
Un “andare via per ritornare”, il cui istinto è mosso proprio dalla speranza: ora di riallacciare rapporti affettivi, ora di incontrare ancora una volta i cari perduti, ora di trovare finalmente la terra promessa. Per intraprendere questo viaggio esplorativo è necessario che la poesia si faccia una luce così forte da allontanare il buio, da mostrare le mappe, da disegnare «isolati villaggi / sentieri impervi sulle Ande» (p. 43). E la poesia di Alessio Brandolini ha questa forza; non è un caso che è rappresentata dall’immagine del fuoco («Le parole accendono il fuoco», p. 110), un elemento poetico così importante per l’Autore da far parte anche del titolo di uno dei suoi più bei libri: Tevere in fiamme.
La selezione di poesie che compongono questa antologia coinvolgono i sensi del lettore e, in maniera diretta e toccante, ci mostrano di cosa avremmo davvero bisogno per essere felici: «un luogo dove rilassarti, un bicchiere di vino buono e ritrovare il vicolo che sbuca nella piazza» (p. 103), una sorprendente Piazza della Speme, della speranza, di una Città in miniatura.
{1}Tratto dal testo finale «Sulla poesia (Una breve nota dell’autore)», p. 111.
Alessio Brandolini, Città in miniatura, Edizioni Fili d’Aquilone, 2021, 113 pagine, 15 euro. Con una prefazione di Daniel Samoilovich.
POESIE DI ALESSIO BRANDOLINI da Città in miniatura Edizioni Fili d’Aquilone, 2021
*
Hai un volto
dolce e tranquillo
forse per questo
a volte penso
di conoscerti
da sempre
di poter dialogare
con te, stando seduto
la schiena contro il legno
spianato del castagno
a ripararmi
dai rumori e dal sole.
Qui c’era un pozzo
decenni fa
al centro del terreno
su camion rossi
caricavamo l’uva.
Hai questo volto
dolce e tranquillo
che si ricostruisce da solo
quando provo a raschiarlo
dalle pareti
arcaiche della mente.
UN SORSO DI ACETO
Da mesi ritocco la tela che scuote
emozioni da secoli date per disperse
gli alberi dalle foglie dipinte di profilo
le guerre stellari che occultano le stelle.
Avevo sete e ho bevuto il tuo aceto
il peccato era immobile in un fosso
arso il fitto bosco di croci
attutito il sibilo devastante del rimorso.
Sulla notte non aggiungo altro.
Mi riconosco dall’odore umido
dal latte nero munto dal passato
dall’infanzia avuta o sognata
o quella dei figli che ti restano
accanto e scalzi ballano sul cuore:
lo scavano, lo riempiono di suoni.
Poi li ascolto corrermi dentro
frantumare il male con le mani e lo sguardo.
Per questo quando scrivo cancello le parole.
*
Non sono l’alba
né l’erba
alta che al vento
si piega
e assottiglia la luce.
Né il ramo che sfiora
l’acqua lenta
di un fiume sotterraneo
né l’ombra
segreta che unisce
e frantuma le stanze
della casa rimasta vuota.
La speranza tiene per mano
gli uomini e non li fa
sprofondare nell’oceano.
*
La città ci rovina addosso, non bastano le palafitte
né il verde della savana. Ai tropici fa freddo
e a volte cade persino la neve.
Sotto i ponti ho visto le tenebre, le croci,
il fiume tagliato in due dall’oceano dei liquami
un tatuaggio di nubi sulla pelle vellutata delle lucertole.
Crolla addosso la pioggia di settembre
i conflitti sul lavoro con le scimmie ammaestrate
i pugni allo stomaco dati e ricevuti
la manciata di chiodi che segnano il percorso
gli alberi strappati alla terra, le menti telecomandate.
La ripresa del sogno
perso al volo, in salita
bagna il becco nel nero delle strade
nella calma dei buoi che trascinano
le foglie dei platani, degli ulivi
persino dei banani dove sta scritta la vita.
Fulmini sul Tevere illuminano gli sfregi sul volto della Terra. Nel paesaggio saldo e assoluto delle rovine che ci rotolano addosso trovo un canto e ti vengo incontro (se me lo permetti, se posso). Nello sguardo la luce tagliente di Roma, sulle spalle i detriti delle case e questa voce che alla tua si affianca.
giugno 2008
FILI STELLARI
A terra e vorrei buttar via
le cose che non servono:
l’inutile, anche il superfluo.
Seduto al centro della stanza
ma ho sempre troppe cose
da sistemare e poi, per dirla
tutta, è proprio il superfluo
(l’esatta futilità di ogni cosa)
a donare la forza di alzarmi
uscire per strada, incontrare
altre persone e poi inseguire
un sogno dove ai fili stellari
si attorcigliano volti e versi.
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Alessio Brandolini vive a Roma dove si è laureato in Lettere. Ha pubblicato i libri di poesia: L’alba a piazza Navona (1992, Premio Montale - Inedito), Divisori orientali (2002, Premio Alfonso Gatto - Opera Prima), Poesie della terra (2004), Il male inconsapevole (2005), Mappe colombiane (2007; anche in spagnolo: Mapas colombianos, Colombia 2015), Tevere in fiamme (2008, Premio Sandro Penna), Il fiume nel mare (2010, Finalista Premio Camaiore), Nello sguardo del lupo (2014; anche in spagnolo: En la mirada del lobo, Messico 2018), Il futuro è un campo incolto (antologia, 2016), Il volto e il viaggio (2017, con disegni di Stefano Cardinali) e Città in miniatura (2021, antologia).
In Costa Rica sono usciti i libri En el ojo del lobo (2009) e Desde otro planeta (2014), in Colombia Llamo desde otro planeta (2016) e in Argentina El camino de regreso (2019). Nel 2013 ha pubblicato il libro di racconti Un bosco nel muro. Traduce dallo spagnolo e dal 2006 coordina Fili d’aquilone, rivista web di «immagini, idee e Poesia». Nel 2011 ha fondato la casa editrice Edizioni Fili d’Aquilone.
marco.benacci@live.com
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