FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 56
settembre-dicembre 2020

Caos

 

LE CENERI DI UN IMPERO:
EL CÓDIGO INCA DI ALELÍ PEIRÓ AMBROSI

di Marco Benacci



Poco tempo fa mi è capitato tra le mani un curioso libro dal titolo El Código Inca [Il Codice Inca], scritto dalla giovane argentina Alelí Peiró Ambrosi e pubblicato lo scorso anno da Polo Ediciones (Córdoba, Argentina), opera dichiarata di «Interesse culturale» dalla Secretaria de Cultura de Córdoba, che ha inoltre ottenuto una discreta accoglienza della critica durante il VIII Congreso Internacional de la Lengua Española (C.I.L.E.).
Il breve romanzo narra la storia di Martín, un giovane di 17 anni, che per recuperare una placca proveniente dalla civiltà incaica che contiene un codice segreto, compie con l’archeologo Christian un fantastico viaggio nel tempo e nello spazio fino agli ultimi giorni di vita dell’impero preispanico più grande del Sudamerica.

Accompagnati da María e dalla principessa Quispe Sisa, che rappresentano l’anima femminile della cultura andina, il viaggio è anche un’occasione unica per i due per scoprire il fascino della cultura inca e, filo conduttore del testo, per tentare di decifrare il codice contenuto nella placca, una sorta di caccia a un tesoro magico che permettere ai protagonisti di scoprire molto della vita.
Un misto tra romanzo storico e fantastico, il tutto condito da un continua presenza delle montagne (costante nella narrativa dell’Autrice), il libro è un continuo intreccio tra ricostruzioni fantastiche ed eventi del passato, elementi magici e ritrovamenti archeologici, come quello importante delle mummie di Llullaillaco, il cui risultato è un testo che ci dà l’idea di quanto le ceneri di una grande civiltà siano ancora oggi fertilizzante per molti popoli dell’America del Sud.


Di seguito proponiamo un breve estratto dal libro, ossia la prima parte del Capitolo IV «Il presagio delle stelle e il codice segreto», con la speranza che a breve possa essere pubblicato nella sua interezza anche in italiano.


* * *


Le stelle come diamanti graffiavano il cielo profondo, e il vento gelido delle Ande obbligò tutti a barricarsi nei dormitori; Atahualpa invitò i suoi nuovi strani amici nel suo per saperne di più sul loro conto. Christian e Martín, mentre provavano la chicha, una bevanda fatta con il mais, gli raccontarono della placca e fu così che finalmente ne scoprirono l’origine. Atahualpa gli rivelò che quella placca fu consegnata a un suo antenato di nome Pachacute per vincere la battaglia contro i Chancas, direttamente da un Dio dalla forma mistica, dalla cui testa uscivano tre raggi risplendenti come se fossero appartenuti al sole, dalle braccia germogliavano serpenti attorcigliati, dalle spalle spuntava una testa di felino, mentre le orecchie erano grandi e piene di gioielli.

La placca d’oro quindi era stata creata da un’antica civiltà che ben conosceva tutti gli universi e le porte dimensionali.

«E lei sa come usare la placca?» chiese Martín.

«No» rispose Atahualpa, «ma so dove il codice è scritto». E mostrò loro un oggetto che sembrava un tessuto pieno di nodi.

Christian, mentre traduceva in spagnolo al giovane, aggiunse: «Generazioni di esperti non sono riusciti a decifrare questi oggetti dai mille colori, ma sappiamo che loro li usano per registrare dati importanti in una maniera peculiare, facendo uso di corde di cotone o, occasionalmente, di fibre animali come quelle dei lama o delle vigogne. Come vedi ci sono nodi di differenti forme e colori, legati a una corda principale. Tutto questo lo chiamano quipu, che significa appunto nodo. È l’unico modo preciso di trasmettere informazioni che ha il popolo Inca: censimenti, situazione delle riserve agricole, quantità di prodotti provenienti dalle miniere, numero di lavoratori, e così via. In altre parole, questi strumenti conservavano informazioni su dati storici, trattati di legge, documenti di pace o di guerra, e altro ancora. Sono trasportati da messaggeri che partono da punti specifici per percorrere una rete di sentieri organizzati in regioni su tutto il territorio imperiale.

Atahualpa mangiava un piatto di quinoa e osservava Christian minuziosamente perché non aveva mai sentito parlare della sua scienza.

«Cosa significa essere un archeologo» chiese.

«Per me l’archeologia è un qualcosa che appassiona. Il sapore dell’avventura della scoperta genera una specie di assuefazione. Non si tratta di trovare piramidi o mummie, bensì quei fili che ci mettono in contatto con le persone del passato, quei segnali che ti dicono che c’è dell’altro, che sei sulla strada giusta. Come questa placca: non è stata fatta a caso o per noia da un artigiano, contiene un messaggio criptato, parte di una storia che in un certo momento storico era conosciuta e che oggi ignoriamo. Ora ogni dettaglio di metallo sta fornendo informazioni, ma ne darà più dati quando verrà messa al suo posto, quando si potrà vedere il contesto, le cose con le quali era associata la placca. Tutto, tutto è importante, alla stessa maniera o forse più della placca stessa, è questo che le dà un senso. Ecco cosa significa essere archeologo: decodificare il passato attraverso gli oggetti e i luoghi, tentare di mettersi nella testa delle persone che hanno vissuto lì cento o mille anni prima, sentire l’aria scorrere sul viso e la terra tra le dita, respirare l’odore secco o umido di un paesaggio, ascoltare gli uccelli che rientrano al tramonto. Per poi continuare il lavoro di analisi in laboratorio o nei testi, per immergersi ancora di più nell’antichità che è così distante e diversa dal nostro presente, ma che ci aiuta a trovare tra quelle ceneri la nostra identità, la comprensione di noi stessi».

Da quella notte Atahualpa lo chiamò l’Inca bianco.


Traduzione dallo spagnolo di Marco Benacci




Alelí Peiró Ambrosi
è una giovane scrittrice argentina proveniente da una famiglia d’origine italiana e spagnola.
Ha pubblicato sei libri dai temi molto diversi: Yoga Trekking, El pequeño montañista. Aventura en el Champaquí, El Código Inca, Shiva, Italia es Arte e El infinito en un sonido. La civilización perdida de Ratnagiri.
Collabora con importanti quotidiani argentini, come Punto Segundo, e internazionali in lingua inglese.
alelipeiro8@gmail.com


marco.benacci@live.com