*
Difficile aggrapparsi alle gonne delle stelle tenendo il diavolo per la coda.
*
Difficile dormire nel letto di ortiche
flagellarsi i polpacci con le stesse ortiche per temprarsi e bollirle e berne l’infuso.
Oppure no:
rovesciare la tazzina sulla gonna per imitare la pioggia che stavolta esagera. Esagera e lo sa.
*
Ma come posso ortica anch’io, – in orario di vita già superato – non ricordare che ti tenni per mano quegli anni bastevoli a farti parlare per dire ho vinto perché ho ceduto fino al tuo solitario morire.
*
(3 marzo. Sì. 3 marzo.)
Dicono gli psichiatri che i suicidi s’acquietano nell’ore prima
del grande gesto
e
così tu
aspettando il tuo diciottesimo
– io nel frattempo preparando la torta –
fabbricavi una corda stellata tecnica perfetta perfetta come corda perfetta nelle stelle. Perfetto il fabbricare cose atroci e
il gesto alquanto.
*
Le torte poi, con l’occhio nell’uovo. Felicità d’impastare con tunnel carpale ma a ritmo di musica. Il tuorlo non intuisce il guscio…
E come potrebbe?
*
Così camminavamo lungo il Rodano la sua schiena viola ubriaca di fango nel fruscio di menzogne, i nostri passi distraevano la neve – tentavano –
rumore soffuso di piedi su meringa.
*
Il giorno precedente l’infame giorno nel lampo di capelli rossi – occhi azzurri di nostra madre un po’ distratta che invertiva le parole
il gatto sul letto come un re esitante –
persino la tua risata arrivò in dono.
*
Andai nel cuore della tua densità.
Cantai nel denso del tuo arrenderti.
Urlai nel centro della tua estraneità della tua densità del tuo arrenderti.
Sorella, seppi farlo: piantai l’albero della sorellanza.
*
Allora l’albero fiorito in anticipo,
la sua beffa primaverile.
|