FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 45
gennaio/marzo 2017

Indizi

 

WITTGENSTEIN ALLA RICERCA DELLA SALVEZZA
In un recente volume di Valerio Merlo si approfondisce
il discorso della religiosità del filosofo austriaco

di Marco Testi



Ludwig Wittgenstein sembra conoscere una terza giovinezza, dopo quella del riconoscimento – un po’ interessato per i motivi che vedremo – di maestri come Bertrand Russell, dopo il ritorno di fiamma dovuto alle citazioni del best seller di Eco, Il nome della rosa e al dibattito che ne è seguito, e infine dopo il film di Derek Jarman del 1993. Il suo pensiero è stato assimilato quasi unicamente al Tractatus, l’unica opera edita essendo lui in vita, ma, come evidenzia questo libro di Valerio Merlo, In cerca di salvezza. Wittgenstein e la religione (Lindau, 2016) in altre opere postume si può osservare come la logica e la matematica fossero alcuni degli elementi di interesse per l’austriaco, non tutto il suo interesse. Anche per questo Wittgenstein, con una clamorosa scelta (altri avrebbero fatto a botte per ottenere la cattedra) abbandonò l’università e si mise ad insegnare nelle scuole elementari nei paesi delle montagne austriache.

Merlo afferma che l’interesse che davvero aveva un posto centrale nella mente dello scrittore era di tipo religioso. Già dai tempi della guerra (fu fatto prigioniero nel 1918 e portato a Cassino) si manifesta una sofferta riflessione sul divino, fatta di dubbi e di preghiere, di ripensamenti e di tentativi di abbandono a qualcosa che andasse oltre la mera materia. L’elemento religioso è, secondo Merlo, alla base della scelta dell’insegnamento elementare, lui che Russell considerava un autentico genio della logica, destinato alle vette dell’accademia: soprattutto la lettura di Tolstoj lo aveva convinto che essere cristiano non significasse disputare dogmaticamente, convincere, formarsi una cultura “di parte”, ma semplicemente essere. In questo caso agire come negli insegnamenti di Cristo, e quindi servirsi dell’essenziale: la sua stanza era spoglia, si vestiva poveramente, voleva essere insomma un esempio concreto della sua conversione.

Qui viene il punto più importante dello studio di Merlo: il Tractatus, che viene portato dagli aderenti al neo-positivismo viennese come il capolavoro di una idea laica e antimetafisica del mondo, in realtà viene visto dal suo autore come un momento transeunte in cui si cercava una corrispondenza tra il pensiero e la realtà. Ma il suo creatore si pone subito dopo, anzi, durante, altre questioni: che cosa c’è oltre la parvenza del mondo? Si può dire l’oltre del mondo? La risposta è no: non si può dire nulla di ciò che non si può provare con argomentazioni logiche, ed è per questo che Wittgenstein mostra notevoli simpatie verso i mistici, sant’Agostino, ad esempio, piuttosto che i razionalisti. Dei suoi dissapori con Russell, fa notare Merlo, non se ne è quasi mai parlato: eppure, qualora se ne fosse parlato, si sarebbe scoperto che il maestro rimproverava all’allievo, già ai tempi del Tractatus, soprattutto riguardo alla parte finale dell’opera, uno “scivolamento” verso qualcosa che Russell non poteva capire, perché andava toccando regni in cui i pomposi cavalli del maestro non pensavano minimamente di entrare: l’altrove, i perché della vita, il sacro. E se si fosse fatta più attenzione, puntualizza ancora l’autore del libro, si sarebbe notato come Wittgenstein rispondesse per le rime, giudicando “Russell troppo superficiale e immorale”, accusandolo “di divulgare idee immorali”.

In cerca di salvezza riapre il non abbastanza approfondito, anche per ragioni di parte, capitolo delle esperienze di Wittgenstein nei conventi, dei suoi dialoghi religiosi, della sua omosessualità che gli costò alcune incomprensioni, ma anche l’ammirazione della “Società degli apostoli” dell’università di Cambridge, che avevano come leader il grande economista Keynes.
Emerge soprattutto un pensatore assai diverso da quello che i suoi provvisori colleghi austriaci avrebbero voluto che fosse, e che tentarono di imbalsamare nei testi universitari: qui Wittgenstein appare come un uomo contraddittorio ma ostinato nella sua ricerca, che, dopo aver pagato il necessario obolo alla teoria pura, quella che attiene ai fatti del pensiero e della realtà effettuale, si dirige verso orizzonti per lui più affascinanti e più slegati da una cultura accademica e fine a se stessa.


Valerio Merlo, In cerca di salvezza. Wittgenstein e la religione, Lindau, 2016, pp.149, 18 euro.




Valerio Merlo
è nato nel 1947 in provincia di Treviso. Dopo aver conseguito la licenza presso la Pontificia Università Gregoriana, si è laureato alla Sapienza di Roma. Ha sempre svolto un’intensa attività di studio e ricerca, interessandosi principalmente all’influenza esercitata dalle idee religiose e morali sulla vita sociale.
È autore di numerosi saggi, tra cui La foresta come chiostro e Il miracolo dell'altruismo umano. È stato segretario generale dell’INSOR e docente nella Libera Università San Pio V di Roma. Vive tra Roma e Fara in Sabina.


testi.marco@alice.it