FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 45
gennaio/marzo 2017

Indizi

 

EDUARDO CHIRINOS, NATURA MORTA CON MOSCHE

di Alessio Brandolini



Pubblicato postumo in Spagna nel settembre 2016 Naturaleza muerta con moscas è uno degli ultimi lavori messi a punto da Eduardo Chirinos (1960 – 2016) che in una nota all’edizione inglese pubblicata il mese successivo negli Stati Uniti (Still Life with Flies, a cura di G. J. Racz) spiega l’origine del libro. I primi testi furono scritti in Italia alla fine di luglio 2013 nel castello di Civitella Ranieri, sulle colline umbre, ospite dell’omonima Fondazione per sei settimane (da metà giugno ai primi di agosto 2013). In realtà Naturaleza muerta con moscas non faceva parte del progetto iniziale con il quale era stato ammesso alla Fondazione, il libro proposto era Tetramorfos di cui ho letto il Pdf inviatomi dall’autore ma è tuttora inedito.

Quel mese e mezzo estivo trascorso in Italia ha permesso a Eduardo di completare diversi lavori, di fare progetti per il futuro, nonostante i sintomi della malattia, un’operazione allo stomaco. Ha girato insieme alla moglie Jannine Montauban il centro Italia (i due si incontravano durante i fine settimana) e per questo in molti testi si fa riferimento a luoghi come il lago Trasimeno, Perugia, la Toscana e a poeti italiani (Sandro Penna), anche alla storia di Roma. Natura morta con mosche è un libro denso, pieno di ironia e saggezza, ben orchestrato come tutti i libri di Chirinos, ripartito in cinque parti con l’ultima (la più breve) che dà il titolo all’intera raccolta.



(foto di Camilo Rozo)


Cosa scrivere quando si ha un limite di tempo per farlo?
La poesia può essere gioco, o farsi giocosa (“Poesia con limite di tempo”) perché ha il potere di trasformare le ferite del corpo in “mappe stellari”, aprire spazi enormi all’immaginazione. L’autore può sdoppiarsi, trasformarsi in altre persone, nascondersi “per essere lo stesso”, staccarsi dalla propria ombra per un tratto di strada, abbandonarsi al flusso del linguaggio, lasciarsi scrivere dalla scrittura, dalla stessa poesia, seguire il ritmo della mano che scrive. Ci sono angeli erranti e l’Angelo della morte dal tocco orribilmente freddo. Così come nella vita si alternano luci e ombre nella poesia si alternano parole e silenzi perché occorre accettare “la luce senza respingere l’ombra”.

Nella “Lettera al padre” l’autore riprende un fitto dialogo, un filo conduttore presente anche in Rimedi per i malesseri del falco, uscito da poco anche in Italia. Saluta con passione grandi poeti morti recentemente (José Emilio Pacheco, Álvaro Mutis), cita altri poeti ugualmente ammirati (Charles Simic). Come di consuetudine nella sua poesia s’incontrano gli adorati animali: gatti sornioni e uccelli che “solcano i tramonti più rossi” e riempiono la stanza e cantano la stessa canzone eppure sempre bella, sempre nuova.

Esplorazioni di eterogenei e vasti territori: in tante poesie si parla del linguaggio, della poesia (“Breve storia della poesia”), dell’arte e intanto si ascolta il fiume che scorre sotto il tavolo, con allegria si pesca nelle sue acque, nella sua profondità. “Se raschiamo una parola ne incontriamo delle/ altre”, il linguaggio (la poesia) sono un pozzo infinito, con i suoi misteri e la sua bellezza, con i suoi corvi che aleggiano nella notte e uno sciame di mosche che ronza e volteggia intorno a dei rifiuti. Poi i corvi annidano tra le palpebre di chi li osserva, si è stanchi e si desidera il riposo, lo stacco da tutto:

                 Allora chiudo il libro,
      spengo la lampada e mi dico: un giorno
      scriverò “Natura morta con mosche”.





DIECI POESIE DI EDUARDO CHIRINOS
da Naturaleza muerta con moscas
(Pre-Textos, Spagna, 2016)



TARDE EN EL LAGO TRASIMENO

Aquí, donde tú y yo tomamos sol y nos
bañamos, hubo hace siglos una batalla
muy sangrienta. Aquí, donde los bañistas
se reponen de su jornada de trabajo y los
niños corretean desnudos sin que a nadie
le importe, pelearon y murieron cientos
de soldados por una causa que en verdad
ignoro. Hay una heladería muy buena
que se llama “Aníbal”, presumo entonces
que un lado fue cartaginés y el otro romano.
Pero Aníbal era cartaginés (y por lo tanto
el enemigo), ¿por qué el recuerdo de una
heladería? Nobleza italiana, supongo.
Frente a la costa hay dos islotes. En uno de
ellos (la guía no nos dice cuál) san Francisco
ayunó, rezó y conversó con el Señor y los
demonios. Aquí, donde hace siglos lucharon
y murieron cientos de soldados, Francisco
renunció a su sayal y nadó estilo mariposa
hasta el islote donde el Señor lo esperaba.
Aquí, donde tú y yo tomamos sol y nos
bañamos, hay un montón de historias. Y una
heladería muy buena que se llama “Aníbal”.


SERA AL LAGO TRASIMENO

Qui, dove tu ed io prendiamo il sole e
nuotiamo, ci fu, secoli fa, una battaglia
molto sanguinosa. Qui, dove i bagnanti
si rilassano dopo una giornata di lavoro e
i bambini corrono nudi senza che questo
importi a qualcuno, lottarono e morirono
centinaia di soldati per una causa che in
realtà ignoro. C’è una gelateria buonissima
dal nome “Annibale”, allora presumo:
da una parte cartaginesi, dall’altra romani.
Ma Annibale era cartaginese (e pertanto
il nemico), perché il suo ricordo in una
gelateria? Nobiltà italiana, suppongo.
Davanti ci sono due isolotti. In uno di essi
(la guida non dice quale) san Francesco
digiunò, pregò e parlò con il Signore e i
demoni. Qui, dove secoli fa lottarono
e morirono centinaia di soldati, Francesco
rinunciò al saio e nuotò in stile farfalla
fino all’isolotto dove l’aspettava il Signore.
Qui, dove tu ed io prendiamo il sole e
nuotiamo, ci sono un sacco di storie. E una
gelateria buonissima dal nome “Annibale”.


PARA CELEBRAR NUESTRO ANIVERSARIO DE BODAS

Hace veinte años que invento historias
para ti. Y siempre me has creído (o querido
creerme). No se supone que sea mentiroso.
La belleza nunca miente, la belleza no hace
daño. A diario escuchas las verdades de un
mundo cada vez más cruel y corrompido,
¿cómo oponerle un poco de belleza sin evitar
la herida?, ¿cómo hablar de este mundo
sin traicionar el dolor? La enfermedad,
por ejemplo, el paso del tiempo, la muerte
de aquellos que amamos. Hace veinte años
que vivimos juntos, te sabes de memoria mi
vida (y yo la tuya), pero saberla no significa
necesariamente conocernos más: basta un
mal sueño, un recuerdo infantil, un placer
inesperado para recuperar una historia y
contarla no importa si en las noches, a la
hora de dormir, o en las mañanas, mientras
tomamos desayuno. Es preciso mentir para
que la historia no sea la misma que te contaré
mañana, ya sabes que necesito sorprenderte.
Hace veinte años que soy varias personas
para ti, que me oculto para ser el mismo y
encontrarte a cada paso, siempre distinta
y siempre la misma. La rutina está hecha
de pequeñas felicidades, de invenciones
cuyo final desconocemos. Mañana te contaré
una historia, y será bella. Ojalá te guste.


PER CELEBRARE IL NOSTRO ANNIVERSARIO DI MATRIMONIO

Sono vent’anni che invento storie
per te. E sempre mi hai creduto (o voluto
credermi). Non si può dire che sia un bugiardo.
La bellezza non mente mai, la bellezza non fa
danni. Ogni giorno ascolti le verità di un
mondo sempre più crudele e corrotto,
come opporgli un po’ di bellezza evitando
la ferita?, come parlare di questo mondo
senza tradire il dolore? La malattia,
per esempio, il passaggio del tempo, la morte
di coloro che amiamo. Sono vent’anni
che viviamo assieme, tu sai a memoria la mia
vita (ed io la tua), ma questo non significa
necessariamente conoscersi di più: basta un
brutto sogno, un ricordo infantile, una gioia
inattesa per recuperare una storia e
raccontarla non importa se di notte, nel
momento di dormire, o al mattino, facendo
colazione. È necessario mentire affinché
la storia non sia la stessa che ti racconterò
domani, sai bene che mi piace sorprenderti.
Da vent’anni sono varie persone
per te, che mi nascondo per essere lo stesso e
ritrovarti a ogni passo, sempre diversa
e sempre la stessa. La routine è fatta
di piccole felicità, d’invenzioni
di cui ignoriamo il finale. Domani ti racconterò
una storia, e sarà bella. Chissà se ti piacerà.


EN UNA CALLE DE PERUGIA

El poeta Sandro Penna, de quien he leído
muy poco, vivió en esta casa. Aquí comió,
aquí bebió, aquí sufrió alergias y enfermó
de bronquitis los primeros veintitrés años
de su vida. No recuerdo el nombre de la
calle, pero sí que vivió al margen de todo,
que husmeaba urinarios públicos en busca
de amantes, que la suya fue una pobreza
aristocrática. La casa responde al decoro
burgués de su padre, a la discreta piedad
de su madre. La fachada es de ladrillos
rojos (como todas las casas en Perugia),
los postigos (verdes) cerrados como una
boca que se niega a revelar sus secretos.
Una escalera alfombrada por el musgo
conduce a la puerta principal (también
verde). En el dintel hay un escudo tallado
en piedra, en el muro lateral una familia
de helechos. Ningún poema suyo acudió
a visitarme (ya dije que lo he leído muy
poco), pero no resistí la tentación de subir
la escalera y leer en la placa estos versos
que me aprendí de memoria: Io vivere vorrei
addormentato / entro il dolce rumore della vita.


IN UNA STRADA DI PERUGIA

Il poeta Sandro Penna, del quale ho letto
ben poco, visse in questa casa. Qui mangiò,
bevve, qui soffrì di allergie e si ammalò
di bronchite nei primi ventitré anni
della sua vita. Non ricordo il nome della
strada ma so che visse al margine di tutto,
che annusava nei cessi pubblici in cerca
di amanti, che la sua fu una povertà
aristocratica. La casa risponde al decoro
borghese di suo padre, alla discreta pietà
della madre. La facciata è di mattoni
rossi (come tutte le case di Perugia),
le imposte (verdi) chiuse come una
bocca che si rifiuta di svelare i propri segreti.
Una scala tappezzata di muschio
conduce alla porta principale (anch’essa
verde). Sull’architrave c’è uno scudo scolpito
nella pietra, sul muro laterale una famiglia
di felci. Neanche una sua poesia è venuta
a visitarmi (sapete che l’ho letto ben poco),
ma non ho resistito alla tentazione di salire
la scala e leggere sulla lapide questi versi
che ho imparo a memoria: Io vivere vorrei
addormentato / entro il dolce rumore della vita.


HOY HA MUERTO ÁLVARO MUTIS

No fue mi amigo. Quiero decir, no lo traté
personalmente, no le escribí ninguna carta,
no lo llamé nunca por teléfono (dicen que
era muy amable por teléfono). Sólo una
vez, en Madrid, tuve la oportunidad de
escucharlo. Hablamos de cualquier cosa:
amigos comunes, el viento que danzaba
entre los pinos, la calle de Shidah Kardessi
en Estambul. No me atreví a declarar mi
admiración, pero un poeta viejo la sabe
adivinar en la mirada de los más jóvenes.
Aquella tarde sus poemas inundaron mi
memoria como el río cuando baña una
planicie desértica. Qué tentación decirle
que fue él quien me enseñó que escribir
es el modo más valiente de apostar por
la desesperanza, que deseaba romper
los cristales de un tranvía abandonado
en las afueras de Roma, oír la lluvia caer
sobre los cafetales, iniciar la danza de
una fértil miseria. Pero no le dije nada.
Tal vez porque no supe, tal vez porque
no era necesario. Antes de irse a descansar
le pidió a Carmen que nos tomara una foto.
La tengo aquí conmigo. Lo miro sonreír
mientras la muerte se confunde con sus
sueños. Mientras escribo estas palabras.


OGGI È MORTO ÁLVARO MUTIS

Non fu mio amico. Ovvero non eravamo
in contatto diretto, non gli scrissi lettere,
né gli telefonai (dicono fosse molto
gentile al telefono). Solo una volta,
a Madrid, ebbi l’opportunità di
ascoltarlo. Parlammo di cose qualsiasi:
amici in comune, il vento che danzava
tra i pini, la strada di Shidah Kardessi
a Istanbul. Non osai dichiarare la mia
ammirazione ma un poeta vecchio la sa
indovinare nello sguardo dei più giovani.
Quella sera le sue poesie inondarono la mia
memoria come il fiume quando bagna una
piana desertica. Che voglia di dirgli
che fu lui a insegnarmi che scrivere è
il modo più coraggioso di scommettere sulla
disperanza, che desideravo frantumare
i vetri di un tram abbandonato nella periferia
di Roma, ascoltare la pioggia cadere
sulle piantagioni di caffè, iniziare la danza di
una fertile miseria. Ma non gli dissi nulla.
Forse perché non ne fui capace, forse perché
non era necessario. Prima di andare a riposarsi
chiese a Carmen di scattarci una foto.
Ce l’ho qui con me. Lo guardo sorridere
mentre la morte si confonde con i suoi
sogni. Mentre scrivo queste parole.


SOBRE LOS PÁJAROS

        Para Patricia y Jorge Cadavid

Escribo pájaro en la pantalla. Pájaro, le digo,
canta. Y el pájaro abre su pico y melodiosa-
mente canta. Su voz inquieta los parlantes,
debo bajar el volumen no vaya a despertar
a los vecinos. Así es siempre. Se trata de
un furor difícil de explicar, el pájaro vive
entre puertos, cables, baterías, conexiones
que no entiendo. También hay mamíferos,
toda clase de insectos, percebes, familias
enteras de reptiles. Y naturalmente hongos.
Yo prefiero, con mucho, a los pájaros.
Ellos reinan en cualquier latitud, surcan
los crepúsculos más rojos, los amaneceres
más violeta. Y cantan, sobre todo cantan.
La misma canción, es cierto, pero me gusta
escucharla. Oír su voz rasgando la arcilla,
el papel, el pergamino. Tengo la habitación
llena de pájaros. No sé qué hacer con ellos.


SUGLI UCCELLI

        Per Patricia e Jorge Cadavid

Scrivo uccello sul monitor. Uccello, gli dico,
canta. E l’uccello apre il becco e melodiosa-
mente canta. La sua voce allarma le casse,
devo abbassare il volume così che non svegli
i vicini. Ogni volta è così. Si tratta di
un furore difficile da spiegare, l’uccello vive
tra porti, cavi, batterie, connessioni
che non capisco. Ci sono anche mammiferi,
ogni tipo d’insetto, lepadi, famiglie
intere di rettili. E naturalmente funghi.
Io preferisco, di parecchio, gli uccelli.
Regnano in qualunque latitudine, solcano
i tramonti più rossi, le albe
più violetta. E cantano, soprattutto cantano.
La stessa canzone, certo, eppure mi piace
ascoltarla. Ascoltarne la voce che raschia
l’argilla, la carta, la pergamena. Ho la stanza
gremita di uccelli. Non so cosa fare con loro.


RELOJ DE SOL

Una amiga me obsequió por mi cumpleaños
una brújula. Nunca antes había tenido una
brújula, por lo general me oriento bastante
bien. Por eso me sorprendió el regalo. ¿Qué
querría decirme mi amiga? Era una cajita de
madera con un broche de metal. En la tapa
figura la inscripción Reloj de Sol, una galera
antigua y cuatro delfines pintados de celeste.
En su interior hay una lista de ciudades con
sus respectivas latitudes (Rabat 34, Sevilla
38, Helsinki 60, Londres 51) y la cara del sol,
radiante como la luna de Mèliés, ornada de
círculos concéntricos. Los círculos se hallan
divididos en casillas numeradas del 1 al 12
(¿los meses del año?), números latinos que
cuentan hasta VII (¿los días de la semana?)
y debajo la brújula. No he vuelto a saber
de mi amiga. Dónde estará, no lo sé. Todos
los días contemplo la brújula esperando
alguna señal, algún indicio. Pero su aguja,
obstinada, sonríe. Y señala siempre al norte.


MERIDIANA

Al mio compleanno un’amica mi donò
una bussola. Mai prima avevo avuto una
bussola, di solito mi oriento abbastanza
bene. Per questo il regalo mi sorprese. Che
voleva dirmi la mia amica? Era una scatola di
legno con una spilla metallica. Sul coperchio
figura l’iscrizione Meridiana, una galea
antica e quattro delfini dipinti di celeste.
Al suo interno ci sono una lista di città con
le loro rispettive latitudini (Rabat 34, Siviglia
38, Helsinki 60, Londra 51), e il volto del sole,
splendente come la luna di Mèliés, ornato
di circoli concentrici. I circoli sono
divisi in caselle numerate da 1 a 12
(i mesi dell’anno?), numeri latini che
segnano fino a VII (i giorni della settimana?)
e sotto la bussola. Non ho saputo più nulla
della mia amica. Non so dove sia. Tutti
i giorni contemplo la bussola attendendo
un segno, qualche indizio. Ma l’ago,
ostinato, sorride. E indica sempre il nord.


LOS PERSAS PRACTICABAN ESE JUEGO

Ver el mundo a través de las persianas.
Aceptar la luz sin rechazar la sombra,
la doble raya del cuaderno infantil:
líneas luminosas alternando con líneas
oscuras, como en la reja donde cantan
a dúo. Las persianas admiten ese juego:
dejan ver las ramas, pero no el árbol;
dejan ver la cola, pero no la ardilla. Es
divertido ver el mundo a través de las
persianas. Si mueves las cuerdas de
arriba abajo el paisaje parpadea como
en una pista de baile. Los persas eran
calígrafos, seguro practicaban ese juego.
Los venecianos pasaban tardes enteras
abriendo y cerrando persianas. Alternar
luces y sombras es tan intrigante como
alternar palabras y silencios. Cuando
leo un poema pienso en las persianas.


I PERSIANI PRATICAVANO QUESTO GIOCO

Vedere il mondo attraverso le persiane.
Accettare la luce senza respingere l’ombra,
la doppia riga del quaderno dell’infanzia:
linee luminose che si alternano a linee
oscure, come nell’inferriata dove cantano
in duetto. Le persiane consentono questo gioco:
lasciano vedere i rami, ma non l’albero;
lasciano vedere la coda, ma non lo scoiattolo. È
divertente vedere il mondo attraverso le
persiane. Se muovi le corde da
sopra a sotto il paesaggio balugina come
su una pista da ballo. I persiani erano
calligrafi, certo praticavano questo gioco.
I veneziani passavano pomeriggi interi
a chiudere e aprire persiane. Alternare
luci e ombre è così intrigante come
alternare parole e silenzi. Quando
leggo una poesia penso alle persiane.


NO ES LA MUSA QUIEN HABLA

          Para David Cruz
Según Charles Simic hay tres tipos de poetas:
“los que escriben sin pensar, los que piensan
mientras escriben y los que piensan antes
de escribir”. Al leer esa frase caí en la cuenta
de que, uno: nunca escribo sin pensar, dos:
rara vez pienso antes de escribir. Por descarte
soy de los que piensan mientras escriben.
Debo ser más preciso: soy de los que piensan
al ritmo de la mano que escribe. Tal vez por
eso todo lo pensado se desvanece en el aire.
De nada sirve planificar el azar, cortejar el
silencio. Basta el más leve contacto con las
teclas (o la pluma, eso depende) para que
empiece la danza. Por lo general las palabras
evitan el pensamiento, pero no lo excluyen:
lo mantienen disponible y a distancia. Es
la música quien ordena, ella quien decide,
y las palabras obedecen. Tú aquí, tú allá,
resta una sílaba, no me gusta el amarillo,
cambia todo a pretérito, ¿te parece mejor en
femenino? No es la musa quien habla, pero
podemos darle ese nombre. El pensamiento
llega después. A veces se aburre de esperar.


NON È LA MUSA CHE PARLA

          Per David Cruz
Secondo Charles Simic ci sono tre tipi di poeti:
“quelli che scrivono senza pensare, quelli che pensano
mentre scrivono e quelli che pensano prima
di scrivere”. Leggendo questa frase mi sono accorto
che, primo: non scrivo mai senza pensare, secondo:
di rado penso prima di scrivere. Per eliminazione
rientro tra quelli che pensano mentre scrivono.
A essere più precisi: sono tra quelli che pensano
al ritmo della mano che scrive. Forse per
questo tutto ciò che si pensa svanisce nell’aria.
A nulla serve pianificare il caso, corteggiare il
silenzio. Basta il più lieve contatto con i
tasti (o la penna, questo dipende) affinché
abbia inizio la danza. In generale le parole
evitano il pensiero, ma non lo escludono:
lo mantengono disponibile e a distanza. È
la musica che ordina, lei che decide,
e le parole ubbidiscono. Tu qui, tu là,
elimina una sillaba, non mi piace il giallo,
metti tutto al passato, ti sembra meglio al
femminile? Non è la musa che parla, ma
possiamo darle questo nome. Il pensiero
arriva più tardi. A volte si annoia nell’attesa.


MI SOMBRA Y YO

Mi sombra recorre la calle una y otra
vez. Sombra, le digo, ¿no te cansas de
recorrer la misma calle? No, me dice,
y mira el sol con sus anteojos oscuros.
A veces mi sombra se adelanta unos
pasos, decide en qué esquina debo do-
blar, advierte las ramas puntiagudas
de los árboles, los jardines donde ladran
los perros. Si me ve confundido silba
una canción, si me ve desorientado
me ofrece su mano para cruzar la calle.
Toma esta cuerda y sube, ordena mi
sombra. Yo la obedezco y subo hacia no
sé dónde. Una vez arriba me dice que
espere. Y yo la espero sin saber por qué.


IO E LA MIA OMBRA

L’ombra percorre la strada e poi
di nuovo. Ombra, le dico, non ti stanchi di
percorrere la stessa strada? No, mi dice,
e guarda il sole con i suoi occhiali oscuri.
A volte la mia ombra si stacca di alcuni
passi, decide in che angolo devo gi-
rare, nota i rami acuminati
degli alberi, i giardini dove abbaiano
i cani. Se mi vede confuso fischietta
una canzone, se mi vede disorientato
mi offre la mano per attraversare la strada.
Prendi questa corda e sali, ordina la mia
ombra. Io le obbedisco e salgo verso non
so dove. Una volta di sopra mi dice di
aspettare. E io l’aspetto senza sapere perché.


NATURALEZA MUERTA CON MOSCAS

Sábanas fugitivas, cuervos que aletean por
la noche, y son la noche. Bostezo de flores en
la sala, ladridos de perros con olor a verdura.
Los ojos caen pesadamente sobre la página,
resisto a su llamado, al aleteo incesante de los
cuervos. Leo entre tinieblas “un clarinete sirve
para tocar música de Mozart, pero también
de Benny Goodman”. La imagen quiere decir
que compartimos genes con el grano de arroz.
Entiendo que los utilizamos de otro modo
(los nuestros son el clarinete de Mozart, los
de arroz de Benny Goodman). Prosigo como
puedo. Sábanas fugitivas, praderas azules
donde pasta el bisonte, donde corre la liebre
en busca de cereales. Un enjambre de moscas
gira alrededor de la basura. Se empeñan en
ser naturaleza muerta, garabatos en la sábana
donde escribo. Oscuramente saben que soy
arrecife de coral, oso de agua, rinoceronte de
la India. Leo entre tinieblas “Todos venimos
de un ancestro común que vivió hace mil seis
cientos millones de años”. Tal vez un poco
más. He perdido la cuenta, he perdido el do
de mi clarinete. ¿Qué debo hacer, hermano
Francisco, hermano Baudelaire? Son las dos
de la mañana. Una pareja de cuervos anida
entre mis párpados. Cierro entonces el libro,
apago la lámpara y digo para mí: algún día
escribiré “Naturaleza muerta con moscas”.


NATURA MORTA CON MOSCHE

Lenzuola fuggitive, corvi che aleggiano nella
notte, e sono la notte. Sbadiglio di fiori nella
sala, latrati di cani che odorano di verdura.
Gli occhi cadono pesantemente sulla pagina,
resisto al richiamo, al continuo battito d’ala
dei corvi. Leggo tra le tenebre “un clarinetto
può suonare musica di Mozart, ma anche
di Benny Goodman”. L’immagine vuol dire
che condividiamo geni con il chicco di riso.
Capisco che li utilizziamo in un altro modo,
(i nostri sono il clarinetto di Mozart, quelli
di riso di Benny Goodman). Proseguo come
posso. Lenzuola fuggitive, praterie azzurre
dove pascola il bisonte, dove corre la lepre
a caccia di cereali. Uno sciame di mosche
gira intorno alla spazzatura. S’impegnano a
essere natura morta, scarabocchi sul lenzuolo
dove scrivo. Oscuramente sanno che sono
scoglio di corallo, orso d’acqua, rinoceronte
indiano. Leggo tra le tenebre “Tutti veniamo
da un antenato comune vissuto milleseicento
milioni di anni fa”. Forse un po’
di più. Ho perso il conto, ho perso il do
del mio clarinetto. Che devo fare, fratello
Francesco, fratello Baudelaire? Sono le due
del mattino. Una coppia di corvi si annida
tra le mie palpebre. Allora chiudo il libro,
spengo la lampada e mi dico: un giorno
scriverò “Natura morta con mosche”.


Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini




Eduardo Chirinos
è nato a Lima (Perù) il 4 aprile del 1960 ed è morto a Missoula (Stati Uniti) il 17 febbraio del 2016. Poeta, autore di racconti per bambini, saggista e traduttore. Ha studiato linguistica e letteratura nella “Pontificia Universidad Católica del Perú” e nel frattempo, dovendosi pagare gli studi, ha lavorato come insegnante e giornalista culturale. Nel 1986-1987 ha soggiornato in Spagna con una borsa di studio. Dal 1993 al 1997 ha compiuto il dottorato di ricerca presso l’Università di Rutgers (New Jersey). Ha lavorato all’Università di Binghamton e all’Università della Pennsylvania. Nel 2000 si trasferisce con la moglie Jannine Montauban a Missoula, dove ha insegnato Letteratura ispanoamericana e spagnola all’Università del Montana.

Ha pubblicato i libri di poesia:

  • 1981 Cuadernos de Horacio Morell (Perù);
  • 1983 Crónicas de un ocioso (Perù – Premio Municiapalidad de Lima);
  • 1985 Archivo de huellas digitales (Perù – Premio Copé 1984);
  • li>1987 Rituales del conocimiento y del sueño (Spagna);
  • 1988 El libro de los encuentros (Perù);
  • 1989 Canciones del herrero del arca (Perù);
  • 1991 Recuerda, Cuerpo… (Spagna);
  • 1998 El Equilibrista de Bayard Street (Perù – Premio El Olivo de Oro; Spagna, 2013, Stati Uniti, 2017);
  • 2000 Abecedario del agua (Spagna);
  • 2001 Breve historia de la música (Spagna – Premio Casa de América de Poesía);
  • 2003 Escrito en Missoula (Spagna; Stati Uniti, 2011 – Traduzione di Gary J. Racz);
  • 2006 No tengo ruiseñores en el dedo (Spagna; Perù, 2008);
  • 2009 Humo de incendios lejanos (Messico; Perù, 2010; Stati Uniti, 2012 – Traduzione di Gary J. Racz);
  • 2009 Quatorze formes de mélancolie (Perù; Spagna 2010; Francia, 2012 – Traduzione di Modesta Suárez e Álvaro Ruiz, con l’aggiunta di “Poema de amor con rostro oscuro”);
  • 2010 Mientras el lobo está (Spagna – XII Premio de Poesía Generación del 27; Perù, 2010; Stati Uniti, 2014 – Traduzione di Gary J. Racz);
  • 2012 Anuario mínimo 1960-2010 (Spagna; Messico, 2014; Colombia, 2014);
  • 2013 35 lecciones de biología (y tres crónicas didácticas) (Spagna; Perù, 2015; Messico, 2015; Stati Uniti, 2015 – Traduzione di Gary J. Racz);
  • Fragmentos para incendiar la Quimera (Spagna, 2014);
  • 2014 Medicinas para quebrantamientos del halcón (Spagna; Perù, 2014; Stati Uniti, 2015 – Traduzione di Gary J. Racz).
  • 2016 Harmonices Mundi (Spagna);
  • 2016 Naturaleza muerta con moscas (Stati Uniti; Spagna).
Ha pubblicato anche diverse antologie, tra le quali si segnalano: Reasons for Writing Poetry (Inghilterra, 2011 – Traduzione di Gary J. Racz); Catálogo de las naves 1978-2012 (Perù, 2012); Coloquio de los animales (Spagna, 2008; Colombia, 2013 e 2015 - edizione ampliata); Fragmentos de una alabanza inconclusa (Colombia, 2014); Incidente con perro en la calle cinco, Antología 1993-2013 (Usa, 2015).

In Italia è uscito nel febbraio 2017, a cura di Alessio Brandolini, Rimedi per i malesseri del falco, Edizioni Fili d’Aquilone.

(foto di Jannine Montauban)


alexbrando@libero.it