FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 43
luglio/settembre 2016

Fughe

 

UNA GAZZA IN FUGA
Sull’ultimo libro di poesia di Rodolfo Häsler

di Alessio Brandolini



Diario che narra poeticamente di un soggiorno nella città brasiliana di San Paolo, affollata di persone (venti milioni), palazzi, favelas, grattacieli e grandi parchi. Il libro è introdotto dal poeta uruguayano Alfredo Fressia che il Brasile conosce bene, visto che ci vive da decenni.
Fotografarne gli angoli più remoti e, allo stesso tempo, esplorarla dall’alto per mezzo dei vigili occhi di una gazza che scruta il panorama (“Ho una gazza che tutto osserva”), un corpo che assiste al proprio invecchiamento, ruba l’attimo in fuga, quel particolare riflesso di chiarore che incanta e che poi nella mente accende riflessioni, immagini di luce. Ciò che non spaventa seduce il viaggiatore curioso e attento, con una partecipazione affettiva: così la folla, il traffico, il cemento si lasciano cogliere e decifrare. La poesia riduce la distanza tra l’occhio che osserva e l’immensa metropoli latinoamericana: un punto nello spazio infinito del cielo dove la gazza volteggia (“senza labirinto”) allegra, curiosa di tutto e in questo volo “non esiste la pagina oscura”.




POESIE DI RODOFLO HÄSLER
da Diario de la urraca / Diario della gazza
Huerga & Fierro, Spagna 2015



PÁGINA UNO: LUNES. LA URRACA LÚCIDA

Tengo una urraca que todo lo mira.
Aunque huidiza, ahí está, quizá un azar,
tira de la hebra, un deslizamiento al caer
sobre un montoncito de hierba de Ibirapuera.
En territorio agreste, lejos de mantener la calma
la urraca se manifiesta, insiste en un vuelo sin laberinto,
atraviesa el éter y anula el deseo yéndose por el costado,
se esfuma por el mejor lugar, su juicio en la fronda.
Repite un salto que es una línea, y abarca más,
embauca temprano a su adiestrador.
Celebran ambos la vez, bordea el refrán
siempre a punto de perder la ocasión,
hurgando en tierra mansa, sobre hojas húmedas,
un hondo sentimiento de abandono.


PAGINA UNO: LUNEDÌ. LA GAZZA LUCIDA

Ho una gazza che tutto osserva.
Benché sfuggente, è qui, forse per caso,
strappa fibre, ruzzola nel cadere
su un cumulo d’erba di Ibirapuera. (*)
In territorio agreste, lontano dal restarsene calma
la gazza si mostra, insiste in un volo senza labirinto,
attraversa l’etere e annulla il desiderio deviando di lato,
scompare in un luogo migliore, tra i rami il suo buon senso.
Ripete un salto che è una linea, e cinge più forte,
imbroglia alla svelta il suo addestratore.
Entrambi celebrano la volta, costeggia il proverbio
sempre sul punto di perdere l’occasione,
frugando in terra mite, sulle umide foglie,
un profondo sentimento di abbandono.

(*) Ibirapuera è il parco più grande della città brasiliana di
San Paolo, inaugurato nel 1954.


PAGINA CUATRO: JUEVES. EL CUERPO

como si yo no existiese,
como si hubiese muerto por adelantado
Blanca Wiethüchter

Hay un cuerpo que asiste a su devastación.
Un olor a carne y a vísceras que se exponen a la curiosidad
como si nada existiese, no mancharás,
dice la sangre que gotea lenta, cuajándose
en una galaxia que ilumina la pared del Copan.
La pupila es azul, o puede que verde veneciano,
y pide algo, correr, un pensamiento estoico, corriendo,
lo deja a su voluntad el cuerpo que huye por la pared
en su carne maltrecha. Un cadáver tendido como si nada
y un prodigio que se presenta y dice: azul.
Dónde duerme hoy la urraca, o es mi perro, repite su nombre,
negro y blanco y azul. Azul. El cuerpo que cae
y la nada adelantándose a la muerte
una llamarada.


PAGINA QUATTRO: GIOVEDÌ. IL CORPO

come se non esistessi,
come se fossi morto in anticipo
Blanca Wiethüchter

C’è un corpo che assiste alla propria devastazione.
Un odore di carne e viscere esposte alla curiosità
come se nulla esistesse, non sporcherai,
dice il sangue che sgocciola lentamente, rapprendendosi
in una galassia che illumina la facciata del Copan. (*)
La pupilla è azzurra, o forse verde veneziano,
e reclama qualcosa, correre, un pensiero stoico, correndo,
lo lascia alla sua volontà il corpo che fugge sulla parete
nella sua carne malridotta. Un cadavere disteso come nulla fosse
e un prodigio che si presenta e dice: azzurro.
Dove dorme oggi la gazza, o è il mio cane, ripete il suo nome,
nero e bianco e azzurro. Azzurro. Il corpo che cade
e il nulla che si avvicina alla morte
una fiammata.

(*) L’Edificio Copan di 38 piani è una delle costruzioni più interessanti
della città di San Paolo per via della sua forma sinuosa, progettato
dal famoso architetto brasiliano Oscar Niemeyer e realizzato tra
il 1957 e il 1966.


PÁGINA CINCO: VIERNES. RUA AURORA

para Alfredo Fressia

Cruzando la rua Aurora mira hacia atrás. Cómo menciona
rua Aurora, cómo se atreve si nada le pertenece. Es el inicio
de una transformación, el rufián es codiciado por un puñado
de paseantes, es un incendio, un fuego que se acerca,
un pálpito, una diadema. Ordena su melena frente al cristal,
al borde del abismo, no sabes si el reflejo es real
o una puerta imaginada. No sabes si volver, si lo deseas,
no en vano fuiste alguien, abrazado, lamiendo las manos,
atravesando la calle. Eres la decadencia,
la buscas, adoras lo que un hada te cuenta,
las cuerdas de un arpa que festeja el delirio.
Dejas la rua Aurora y piensas en el poeta, su obra
encerrada en el agua, encantado en un verso,
mientras huyes, te vas, con su contenido.


PAGINA CINQUE: VENERDÌ. RUA AURORA

per Alfredo Fressia

Attraversando la strada Aurora guarda all’indietro. Come dice
rua Aurora, come ardisce se niente gli appartiene. È l’inizio
di una trasformazione, il ruffiano è bramato da un pugno
di viandanti, è un incendio, un fuoco che si avvicina,
un palpito, un diadema. Si aggiusta la chioma davanti al vetro,
sull’orlo dell’abisso, non sai se il riflesso è reale
o una porta immaginaria. Non sai se tornare, se lo desideri,
non invano sei stato qualcuno, abbracciato, leccando le mani,
attraversando la strada. Sei la decadenza,
la cerchi, adori quello che una fata ti racconta,
le corde di un’arpa che festeggia il delirio.
Lasci la rua Aurora e pensi al poeta, alla sua opera
rinchiusa nell’acqua, incantato da un verso,
mentre fuggi, vai via, con il suo contenuto.


PÁGINA NUEVE: JUEVES.

La urraca levanta el vuelo al mínimo aspaviento,
un ruido, el crujir de las hojas secas,
mira atentamente a aquel que destaca.
Alguien abandona la escena
antes de verse comprometido,
al separarse deja ante ti un objeto esquivo,
no puede entender el sentido, sólo aceptarlo
o dejarlo volar, irse a otro regazo en busca de consuelo,
por eso lo has olvidado, es una gota brillante
capaz de activar la inteligencia y dejarte vivir,
prendido en un sueño, sin fin, así mismo, sin fin.


PAGINA NOVE: GIOVEDÌ

La gazza prende il volo al minimo spavento,
un rumore, lo scricchiolio delle foglie secche,
guarda attentamente quel che emerge.
Qualcuno abbandona la scena
prima di ritrovarsi compromesso,
allontanandosi ti lascia davanti un oggetto schivo,
non può capire il senso, solo accettarlo
o lasciarlo volare, andare in un altro grembo in cerca di conforto,
per questo lo hai dimenticato, è una goccia brillante
capace di attivare l’intelligenza e lasciarti vivere,
agganciato a un sogno, senza fine, allo stesso modo, senza fine.


PÁGINA DIEZ: MIÉRCOLES. EL POETA

¿Qué luce en su cabeza? Será un violín sonoro,
un instrumento que sabe ordenar, le dicta al oído
continuas confidencias, detalles de una vida disuelta en agua,
no sé si sabe nadar, sin embargo, es una vida viajera,
un timbre, una indisposición de maldoror.


PAGINA DIECI: MERCOLEDÌ. IL POETA

Cosa brilla sulla sua testa? Sarà un violino sonoro,
uno strumento che sa ordinare, che detta all’orecchio
continue confidenze, dettagli di una vita disciolta nell’acqua,
non so se sa nuotare, tuttavia, è una vita viaggiante,
un campanello, un attacco di maldoror.


PÁGINA CATORCE: JUEVES. LA PALABRA

La última palabra procede de lo alto y desciende
como el rocío sobre los tejados. Detenerse para sentir
el tiempo y no morir de muerte segura. Debes oír,
es sólo una palabra dirigida a ti que llega de algún
lugar ingrato. Si no la escuchas no será tuya,
se irá en el trazo del lápiz afilado, al charco podrido
que acumula la amnesia. Se juntan dos coronas doradas
que pesan en tu cabeza y el bocado dulce que te hará
saborear más de la cuenta, hasta dónde tocarte, dónde,
sólo elocuencia, la impresión de comprender
todas las lenguas, no sabes si debes escarbar
por miedo a la extenuación. De repente el filo
de la página en blanco.


PAGINA QUATTORDICI: GIOVEDÌ. LA PAROLA

L’ultima parola proviene dall’alto e discende
come la rugiada sui tetti. Fermarsi per sentire
il tempo e non morire di morte certa. Devi udire,
è solo una parola diretta a te che arriva da qualche
ingrato luogo. Se non l’ascolti non sarà tua,
fuggirà nel tratto di matita affilata, nella putrida pozza
ammassata dall’oblio. Si congiungono due corone dorate
che pesano sulla tua testa e il boccone dolce che ti farà
assaggiare più del conto fino a toccarti, dove,
solo eloquenza, l’impressione di comprendere
tutte le lingue, non sai se devi frugare
per paura della spossatezza. All’improvviso il bordo
della pagina bianca.


LA URRACA DE LUZ / LA GAZZA DI LUCE

I

Su paso entre el follaje sopesa el acierto,
es el modo de no dejarse atrapar,
quizá no tenga respuestas convincentes, nada que ofrecer,
solo un cambio de estación, un efecto cromático.

(En el espacio entre la rama y el aire,
este sobresalto cabeza de serpiente.)


I

Il suo passo tra il fogliame ne soppesa la destrezza,
è il modo di non lasciarsi agguantare,
chissà non abbia risposte convincenti, nulla da offrire,
solo un cambio di stagione, un effetto cromatico.

(Nello spazio tra il ramo e l’aria,
questo sussulto testa di serpente.)


II

Depurando la palabra que escupió en mi ojo,
una luz apelmazada en el centro de la estancia.

Es un guiño, por si no lo entiendes.


II

Depurando la parola che sputò nel mio occhio,
una luce infeltrita nel centro del soggiorno.

È una strizzata d’occhio, se per caso non lo intendi.


III

Deja que la sombra se aposente en el cuerpo,
la sombra y su pronóstico más lengüilargo,
una parte insistente que actúa como un dardo,
un susto que arrincona a la urraca,
un chispazo de luz, pero no es luz.


III

Lascia che l’ombra entri nel corpo,
l’ombra e la sua previsione più linguacciuta
una parte insistente che agisce come un dardo,
uno spavento che accantona la gazza,
un bagliore di luce, ma non è luce.


IV

Masticó un sol entero para dejar un rastro,
una pisada en el patio, un jardín que reaparece en el libro,
– es tiempo de olvidar, eres abismo–
una orfandad dorada en el recuerdo, por eso no logra hablar,
solo graznar para indicar su nombre.

Ya la puedes atrapar, únete a ella,
su pico es voraz y se hunde en la insatisfacción.


IV

Masticò un sole intero per lasciare una traccia,
un’impronta nel patio, un giardino che riappare nel libro,
– è tempo di dimenticare, sei abisso –
una orfanezza dorata dal ricordo, per questo non può parlare,
gracchia soltanto per pronunciare il proprio nome.

Puoi già afferrarla, unisciti a lei,
il suo becco è vorace e affonda nell’insoddisfazione.


V

Bajé despacio al hueco de la renuncia

con el tiempo en contra golpeando su curso, una fiesta
musical, el dedo en la zarza desgarra el horizonte,
¿por qué no habla?

aún no, aún no, dicen los naipes,
una lámpara de aceite, un plato con agua, una flor,
¿bastará para evocar la calma?
no puedo verte, deja palpar tu sentido,

tomé una espina envenenada, ¡sangre, sangre!


V

Scesi lentamente nel vuoto dalla rinuncia

col tempo contro che percuoteva il suo flusso, una festa
musicale, il dito nel rovo lacera l’orizzonte:
perché non parla?

ancora no, ancora no, dicono le carte,
una lampada a olio, un piatto con acqua, un fiore,
basterà per evocare la calma?
non posso vederti, lasciami palpare il tuo senso,

afferrai una spina avvelenata: sangue, sangue!


XIII

Pájaro, huye al zarzal más desolado,
a la torre abolida donde nadie resiste,
la fuerza limpia de la devastación,
el seco tiento de la ceniza.


XIII

Uccello, fugge verso il roveto più desolato,
la torre diroccata dove nessuno resiste,
la forza pulita della devastazione,
il secco tatto della cenere.


XIV

La urraca se va
Viene el perro
(caminando por São Paulo)

Desde su lomo pasas la mano hasta el corazón,
al amanecer nadie recoge su cuerpo exhausto
mordido
en la cuneta
sin suerte,
refugio hirsuto donde maltratar la palabra,
juega la apuesta del amor, pasarán diez años, ya la carne ahumada,
muerta la carcasa de la piedad aparece el espanto de su colmillo,
no podrá cantar, ni decir, ni escribir,
un ápice de susurro
hurga en el pecho del perro,
cuerpo violado, cuerpo sin ternura,
donde
queman
las vísceras,
te ganas la larga disolución
del olvido olvido.


XIV

La gazza se ne va
Arriva il cane
(camminando per San Paolo)

Dal suo dorso passi la mano fino al cuore,
all’alba nessuno raccoglie il suo corpo esausto
morso
nella cunetta
senza fortuna,
ispido rifugio dove maltrattare la parola,
gioca la scommessa dell’amore, passeranno dieci anni, la carne sarà affumicata,
morta la carcassa della pietà appare lo spavento del suo canino,
non potrà cantare, né dire, né scrivere,
appena un sussurro
fruga nel petto del cane,
corpo manomesso, corpo senza tenerezza,
dove
bruciano
le viscere,
ti guadagni la lunga dissoluzione
dell’oblio oblio.


ÚLTIMA ESCENA

Una superficie de pintura casi desvaída y esquinas calcinadas
que ocultan un castillo.

El artista aguarda una decisión. No existe la página oscura.


ULTIMA SCENA

Una superficie dipinta in modo spento e angoli riarsi
occultano un castello.

L’artista aspetta una decisione. Non esiste la pagina oscura.


Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini




Rodolfo Häsler
è nato nel 1958 a Santiago di Cuba ma dall’età di dieci anni vive in Spagna, a Barcellona. Ha studiato Letteratura presso l’Università di Losanna, in Svizzera.
Ha pubblicato i libri di poesia: Poemas de arena (1982), Tratado de licantropía (1988), Elleife (1993), De la belleza del puro pensamiento (1997), Poemas de la rue de Zurich (2000), Paisaje, tiempo azul (2001), Cabeza de ébano (2007). Ha pubblicato anche due libri antologici: Antología poética (2005) e Antología de Tenerife (2007).
Ha tradotto in spagnolo la poesia completa di Novalis (2001) e i racconti brevi di Kafka (2006). Per anni ha fatto parte della redazione delle riviste spagnole Hora de Poesía e Poesía080. Suoi testi poetici sono strati tradotti e pubblicati in diverse lingue, anche in italiano (a cura di Antonella Ciabatti).

(Foto di Lisbeth Salas)


alexbrando@libero.it