FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 42
aprile/giugno 2016

Residenze

 

NON HA TETTO LA MIA CASA

di Lucia Cupertino





TRITTICO


IL FERROVIERE

Alla sera è triste lavorare.
Distesa uguale mare cielo terra,
All’amore fa ogni cosa.
La metà del nostro letto è fredda
E in te ti rifugi come lumaca.
Soffro bucando biglietti in treno,
Salgo, scendo il predellino,
Il disco bicolore sciorino,
Odiando il lavoro per cui ti trascuro.


IL PASSEGGERO

Alla sera è triste vagabondare
Declinare col colle - i passi
Affannati - astergermi nel buio
Luttuoso, nell’illune paura.
Evadere il pensiero di te
Solo di pensiero fatta,
Sola a salare i miei giorni…
Infilarmi in un treno qualsiasi
Origliando i passi del controllore.


INCHIOSTRO DI CHINA

Alla sera ogni cosa fa all’amore
Dentro i cuori, su e giù per le vie.
Alcune case sulla ferrovia
Levate dall’inumana umana
Edilizia, nella china notturna
S’intingono. Furia purosangue,
Sul primo binario passando, un treno
Imprime quel nero di fiati
O forse sveglia la donna sola a letto.


*

DISFARSI di tutto
anche del sacco tiepido
ancora di abbracci
e solo come l’erba stare,
protendersi verso il sole
il dolce castigo d’acque.
In un mattino d’agosto
ci svegliarono aghi
negli occhi i raggi,
avevamo dormito sugli scogli
come il muschio lì abbarbicato
come tanti secoli in alcova.
A bracciate punta Ristola
a piedi la cima raggiunsi,
al colmo della gioia
per una conquista che non si saprà.
Nei tuoi occhi brillavo sirena
ma quel che contava era altro,
disfarsi anche di questa sembianza,
entrare nel palpito d’attorno.


*

NON PIEGA il vento questi grattacieli
non serve scommettere accadrà
la torre è salda tutto si assesta
tutto in sequenze di senso...
s’impiglia ad un ramo una busta
altra raffica zufolio
sibili e spiriti su per gli spifferi,
torna non si arresta indugia l’alba
nel silenzio un lorikeet come flauto
dà il buongiorno alla città verticale
e qui, come ferma davanti a un Rembrandt
sul balcone del mondo mi attardo.


*

E CONTINUI a seppellire il corpo in scatole di cemento
incenerire slanci, tumulare tuoni di giustizia
sotto le macerie di un non si può, non io
t'ostini ad attaccare su tutti i muri
l'epitaffio del seme che pur vuole resistere.

Rugiada d'iris, adesso che resti qui sigillata
dietro scempie aperture che chiamano finestre,
qualcosa senza nome ti scuote fino alla corolla
e ti svegli con un terremoto di radici in cerca d'altrove.




*

AVEVAMO dimenticato le chiavi
la luna appesa da troppe ore,
non potevamo scuotere
il sonno dei nostri anfitrioni.
Che fare? Prenotare un hotel
snatura il senso del viaggio,
bisogna pur sacar una idea
ma i neuroni sono sfibrati.

Qualche gatto stava di vedetta
arrampicato sugli alberi
come in attesa di arrivi.
Eravamo sul punto di adagiarci lì
quando la tua voce raschiò l'aria:
¡Volvamos al campamento!

E anche noi per una notte
chiedemmo rifugio a quest'isola,
una tenda tra le esili altre
...noche noche
que a todos nos abrigas
y a nadie perteneces
...notte notte
che tutti ci ripari
e a nessuno appartieni
Noche como un techo
notte come un tetto
esperanza para todos.


*

LA SUA CASA è calda accogliente
piena di modesti tappeti
il portone dipinto di mare
la scala a chiocciola ocra
dal balcone s'intravede
la deserta libreria di quartiere
e in cucina c'è del makdous.
Tutto è sobrio e sa di pace.

Sulla lavagna qualche parola araba
della lezione appena conclusa
spiegazioni con caotici segni
parti appena cancellate
il foglio stropicciato e rotto,
così è la Siria, mi dice
incrociando grave il mio sguardo,
ma un cumulo rosso nero e grigio
qualche insegna in arabo
ad indicare strade che non esistono più
tende stropicciate tra mobili a pezzi
e tazze di tè con zolle di calcinacci
mani mozzate a non sostenerle.


*

LE MADRI bussano alla porta di notte
sempre quando non sappiamo
che darle, come accoglierle.
Perché siamo così impreparati?
Quello che ci hanno insegnato
sul ricevere ospiti inaspettati
adesso non serve affatto,
offrirle un bicchiere d’acqua
un pasto caldo un letto
non è mica questo ciò che attendono
quelle camminatrici indefesse.

Le madri quando bussano
vogliono che le stringa le mani
sapere se tornerai alla terra
se potranno gioire il ritorno
imbandire la tavola più bella
tendere al sole i panni della danza
l’allegria del ricongiungimento.
Le madri bussano alla porta di notte
e se anche vanno via affrante
perché il ritorno è stato rinviato
loro non vanno mai via davvero,
restano proprio come quelle liane
ormai fuse ai tronchi d’albero
per attraversare i fiumi in piena.


*

NON HA TETTO la mia casa e neppure pareti
le finestre sono pendii il pavimento guadua
il tappeto è un velluto di felci.
Non ho chiavi né serrature
perché la mia porta sono alberi
e si aprirà con gli anni, restando
a decifrare i segreti del bosco.

Non ho neppure una sveglia,
all’alba lo svolazzo di un colibrì
muove le lancette del mio orologio interno
ma se ho voglia di trattenermi un po’ di più
non c’è ufficio che mi aspetti o incalzi.

Nella tasca non accumulo facce di carta,
ieri notte ci ho trovato semi di corbezzolo
notte di un sogno al bordo del sentiero.
Molte cose non ho e neppure voglio avere.

Come tornando ad essere partorita
oggi nelle acque della cascata seguo
il flusso delle foglie in mulinello.


Silloge inedita che riunisce poesie edite e inedite dal 2010 ad oggi. I testi fanno parte di un’antologia bilingue in uscita in Costa Rica a settembre 2016 che ha lo stesso titolo della silloge qui proposta.

Disegni dell’artista svizzera Élodie Dermange (Facebook: Élodie Le Ricochet)



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