FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 39
luglio/settembre 2015

Svaghi & Feste

 

LA FESTA DEL CORPO E DELLE PAROLE
Baldoria: ultimo libro di poesia di Rafael Courtoisie

di Alessio Brandolini



Vincitore (come inedito) del prestigioso Premio «Casa de América de Poesía Americana» che ogni anno viene assegnato in Spagna, Parranda (2014, in italiano “Baldoria”) è stato poi diffuso dall’editore madrileno Visor, lo stesso dove Rafael Courtoisie (Montevideo, 1958) ha pubblicato nel 2011 l’antologia La poesía del siglo XX en Uruguay e, più indietro negli anni, un prezioso libretto: Estado sólido (1996) che aveva messo in evidenza le qualità poetiche del suo autore, facendolo conoscere a livello internazionale. Estado sólido (Stato solido) è un libro di poesia (lirica e saggistica) ma scritto in prosa, e all’epoca era una rarità. Questo è un aspetto della poesia di Courtoisie importante, visto che poi ha pubblicato altri libri dello stesso genere, fino alla vasta antologia Tiranos temblad (Tiranni tremate, 2010) che raduna la sua opera di “poesia in prosa” dal 2004 al 2010. Parte rilevante del suo lavoro, quindi, che ne evidenzia il carattere di rottura, di superamento delle forme. In poesia, ma non solo.

Courtoisie, che è anche narratore (sue storie sono state pubblicate in Italia, così come i suoi versi), non conosce barriere, né ostacoli che possano frenarne la fantasia, la sua capacità di eludere stereotipi e confini, di non separare le diverse modalità di linguaggio e di scrittura.
Suoi testi sono racconti brevi ma anche poesie visto che poi appaiono in libri poetici, come quello pubblicato nell’antologia Poesía in paralelo O (Ecuador, 2015) e intitolato “Persistencia del débil” (Persistenza del debole) dove in poche pagine (in prosa) l’autore lavora diverse cose e parla anche della poesia: “avrei voluto scrivere un lungo poema. Un poema duro come le pietre che colpirono la mia faccia di neonato, a Sparta”. Un metodo particolare che miscela a proprio piacere (ma con precisione scientifica) i vari generi, cambiando di volta in volta le dosi. Una specie di cocktail irripetibile: secco o morbido, più prosa che poesia (o viceversa), più filosofia che dialogo, più surrealismo che visioni quotidiane in una scrittura sempre coinvolgente che ha la sua originalità nel surrealismo ribelle e nell’ironia rivelatrice, come segnalava decenni fa il suo connazionale Mario Benedetti.

Molti sono i fili conduttori che s’intrecciano e tornano nei suoi lavori, anche a distanza di anni. Così come si ravvisa una vicinanza tra Parranda (da dove provengono le poesie qui sotto proposte) e il suo ultimo romanzo: La novela del cuerpo (Il romanzo del corpo, 2014), dove la fantasia esplode in una festa grottesca. Un prolungamento della “baldoria” poetica che nel romanzo avanza in bilico tra comico e tragico, eppure anche qui s’incunea la poesia come ad ampliarne il senso e la trama, la poesia vista come forza creatrice che riesce a unire la conoscenza filosofica e l’istinto dei sensi: “corpo e anima piangono assieme, ridono assieme, cantano assieme all’interno dell’immensità del mistero”. E più avanti: “il corpo che non si vede è quello che dà più problemi”. In Baldoria scrive con coerenza: “La festa è nel corpo / invisibile, in quello interno / quello che non occupa spazio”.

Ciò che si può dire riferendosi alla sua poesia vale anche per la sua prosa: non sono due comparti separati. Tutto proviene dallo stesso mondo, dalla stessa curiosità e dagli istinti esplorativi e multiformi che caratterizzano la scrittura di Courtoisie, così come la riflessione sul linguaggio. Presenze costanti sono la satira, il paradosso, (“il fiume scompare / bevuto dalla sua stessa acqua”), il fantastico mescolato al quotidiano, l’umorismo, l’aforisma perché “il fuoco avanza e brucia il senso della forma” (così in Parte de todo, 2014, libro di brevi saggi scritti in prosa poetica) e in Estado Sólido (1996): “La sostanza assomiglia al vetro, ma è il vetro di una bottiglia rotta”. Forma come vortice che genera polivalenza espressiva. Un moderno edificio con pertugi, porte, scale che s’incrociano e labirinti. Un fabbricato possente la cui prima pietra è stata posta con la raccolta poetica Contrabando de Auroras (1977). Se si analizza un aspetto è difficile trovare uno sbocco conclusivo perché un tema conduce a un altro, così come dietro a una porta ce ne sono altre due. Ovvio il riferimento a Borges e al suo labirinto, così come ad altri autori d’area rioplatense, penso a Roberto Arlt (v. I sette pazzi) o al sapiente esule (a Roma) Rodolfo Wilcock e soprattutto a Julio Cortázar con Rayuela e le sue sfrenate, giocose invenzioni; ai connazionali Juan Carlos Onetti e Felisberto Hernández. Anche a Bolaño e non tanto ai suoi romanzi di successo ma al primo: Anversa (e ultimo pubblicato in vita) dove lo scrittore cileno (che era anche poeta) impasta prosa e poesia, frammenti, visioni tagli che incidono la carne e la memoria. Un libro di Courtoisie s’intitola Tajos (1999, Sfregi), una raccolta di racconti scritti per riuscire “a nominare le cose in un altro modo”. L’originalità dello scrittore di Montevideo va cercata non tanto nel superamento dei generi, anche se questo lo contraddistingue (dal futurismo in poi abbiamo visto/letto di tutto) ma in quel parlato continuo in cui l’io appare e scompare, si sdoppia e usa diversi registri: alto/basso, folle/calmo, caldo/distaccato, prosastico/lirico... Un parlato che esplora le possibilità del linguaggio e genera movimento, immagini sovrapponibili, come un cinema di parole che mostra e analizza le molteplici sfaccettature del reale.

Con Parranda (Baldoria) Rafael Courtoisie conferma di essere uno degli esponenti più incisivi della letteratura latinoamericana contemporanea. La sua fantasia qui s’incanala in un rigore linguistico che sembra fare il verso a se stesso, in paradossi, in forme metriche brevi e mobili, in versi sonori, talvolta oscuri e sorprendenti che estendono l’area di riferimento poetico di Courtoisie ad altri continenti, penso a Laforgue, Apollinaire, al surrealismo francese.
L’eccesso diventa una festa della scrittura, della “santa poesia”, così s’intitola il libro anteriore a Parranda, una riflessione in versi sulla poesia tanto divertente quanto incisiva: “la poesia non è libertà / è libertinaggio” e beffeggiano Carl von Clausewitz: “La poesia è la continuazione / della guerra con altri mezzi”. E non a caso questo suo ultimo libro di poesia ha un titolo così insolito nel mondo della lirica, Baldoria: una festa anarchica e bizzarra, un’esaltazione del corpo e di quello che del corpo non si riesce a vedere. Gli organi interni? Ma quelli, comunque, si possono auscultare/guardare con specifici strumenti, o magari sostituire come accade nel Romanzo del corpo. L’anima, allora? che forse è proprio quel corpo interno, quel “corpo che non si vede”.

Nella numerazione dei testi di Baldoria è assente il numero 3, si passa direttamente dal 2 al 4 e non è un errore. Poi si prosegue fino al 34 e poi ha inizio la seconda sezione: “Un’altra baldoria”. Allora anche la festa può essere un mistero, “un buco / di luce nella notte” o qualcosa di più complesso di quello che potrebbe sembrare a una prima lettura: “Nella festa c’è un’altra festa” e solo le pietre sono sempre allegre, la loro statica baldoria non ha mai fine.
Si può festeggiare anche nell’ombra, nella “carne / dell’anima”, in un luogo dove non capita nulla se non la “creazione” dove “i verbi / beccano le pietre / dei sostantivi” e allora può accadere di tutto, persino viaggiare senza muovere un dito, cantare a bocca chiusa, vivere nella poesia, fare baldoria in solitudine, standosene quieti al sole: “in silenzio, le gambe / incrociate, seduto sul pavimento”.




POESIE DI RAFAEL COURTOISIE
da Parranda (Baldoria, 2014)



(1)

La fiesta ocurre en la sombra
en la punta de la lengua
donde descalzos
desnudos bajo la ropa
llegan los cuerpos
a tocarse las palabras.


(1)

La festa si fa nell’ombra
sulla punta della lingua
dove scalzi
nudi sotto i vestiti
giungono i corpi
a toccarsi le parole.


(2)

La fiesta ocurre en la carne
del alma, en la ropa
ayuna de deseo
vacía no ocurre nada.


(2)

La festa si fa nella carne
dell’anima, nei vestiti
digiuna di desiderio
vuota non accade nulla.


(4)

Ahora cantan los gallos
de la gramática, los verbos
picotean las piedras
de los sustantivos.
Tragan maíz las gallinas
de las palabras. Las crestas
se alzan en el corral
del lenguaje.

El zorro poeta
rasga y destaza.

Un alboroto de plumas.
Un escándalo de patas.


(4)

Ora cantano i galli
della grammatica, i verbi
beccano le pietre
dei sostantivi.
Inghiottono mais le galline
delle parole. Le creste
s’innalzano nel recinto
del linguaggio.

La volpe poeta
strappa e squarcia.

Un confusione di piume.
Uno scandalo di zampe.


(5)

El animal inmóvil de la silla
sostiene los glúteos, la cabeza
piensa.

Sin el animal paciente
todo se vendría abajo.

Las cuatro patas
sobre el piso.
El lomo plano.

La mula quieta
no rebuzna, parpadea
el hombre al sentarse.

La mula mansa
el hombre viaja
sin moverse.

Escribe un poema
sobre la mula
dulce trota.

La mula entiende
el hombre ignora
cuanto sabe.


(5)

L’animale immobile della sedia
sostiene i glutei, la testa
pensa.

Senza l’animale paziente
crollerebbe ogni cosa.

Le quattro zampe
sul pavimento.
Il dorso steso.

La mula quieta
non raglia, sbatte le ciglia
l’uomo quando si siede.

La mula mite
l’uomo viaggia
senza muoversi.

Scrive una poesia
sulla mula
amabile trotta.

La mula capisce
l’uomo ignora
quanto conosce.


(6)

La fiesta ocurre en los bordes
donde se juntan las orillas
y el río desaparece
tragado por su propia agua
detrás de los labios
la hilera de dientes
de piedras sumergidas
muerde la voz de la Tierra

canta.


(6)

La festa si fa nei bordi
dove si uniscono le sponde
e il fiume scompare
bevuto dalla sua stessa acqua
dietro le labbra
la fila di denti
di pietre sommerse
morde la voce della Terra

canta.


(7)

La fiesta es en el cuerpo
invisible, en el de más adentro
el que no ocupa espacio
ni masa, solo pensamiento
y luz madura, fruta
de carne sin sombra, tajadas
de sexo prieto.

La fiesta es naturaleza viva:
papaya, chirimoya, relámpagos
de naranja, gajos
de noche fresca.


(7)

La festa è nel corpo
invisibile, in quello più interno
quello che non occupa spazio
né massa, solo pensiero
e luce matura, frutta
di carne senz’ombra, fette
di sesso gretto.

La festa è natura viva:
papaya, chirimoya, (*) lampi
di arancia, spicchi
di notte fresca.

(*) Chirimoya: frutto tropicale originario degli altipiani
andini (Perù, Equador, Colombia e Boliva).


(8)

La fiesta está en el pan
sobre la mesa del invierno
y dentro del pan
la fiesta del silencio
es pensamiento blanco
mar doméstico:

la sopa llena de ojos
amebas nutricias, tibias
que pesca la cuchara.

El tenedor espera
y el cuchillo mata.

Queda la ausencia
sobre el tropo del mantel.

Migas de sol
palabras sueltas.


(8)

La festa è nel pane
sul tavolo dell’inverno
e dentro il pane
la festa del silenzio
è pensiero bianco
mare domestico:

la zuppa piena di occhi
amebe nutritive, tiepide
pescate dal cucchiaio.

La forchetta aspetta
ed il coltello uccide.

Resta l’assenza
sul tropo della tovaglia.

Briciole di sole
parole sciolte.


(9)

La fiesta es una página de Lezama Lima
en la que un silencio
se teje de voces parecidas
al sonido del punto sobre la “i”
de la palabra “tijera”
que corta la noche.

Por el tajo
sale el sol

y miran, mudos,
los ojos de la tijera
cómo más amanece
sobre mí desnudo
y no muero.

Vivo en este poema.


(9)

La festa è una pagina di Lezama Lima
dove un silenzio
s’intesse di voci somiglianti
al suono del punto sulla “i”
della parola “forbice”
che taglia la notte.

Dallo squarcio
spunta il sole

e guardano, muti,
gli occhi della forbice
via via che fa giorno
su di me nudo
e non muoio.

Vivo in questa poesia.


(10)

La fiesta es cantar con la boca cerrada
el tango del adiós y volver
con la frente marchita, las nieves
del tiempo platearon mi sien
sentir

más que un soplo la vida
un ventarrón, el beso
de lengua de un tsunami. Y volver

volver a pesar de todo.


(10)

La festa è cantare a bocca chiusa
il tango dell’addio e tornare
con la fronte invecchiata, le tempie
imbiancate dalla neve dei giorni
sentire
(*)
più che un soffio la vita
un ventaccio, il bacio
con la lingua di un tsunami. E tornare

tornare nonostante tutto.

(*) Riferimento al famoso tango “Volver” di Carlos Gardel.


(11)

La fiesta es un agujero
de luz en la noche:

Apriessa cantan los gallos
e quieren crebar albores


La noche picoteada
por rayos de luz

Convusco iremos, Mio Cid
por yermos e por poblados


Y la fiesta seguirá
hasta siempre y después.


(11)

La festa è un buco
di luce nella notte:

Presto cantano i galli
e l’alba comincia a spuntare


La notte punzecchiata
dai raggi di luce

Con voi andremo, Mio Cid
per deserti e villaggi
(*)

E la festa continuerà
per sempre e fin dopo.

(*) In corsivo versi tratti dal Cantare del Cid.


(20)

En la fiesta hay otra fiesta
lúgubre, clavada
en la alegría una estrella
de pus.

Un sol podre.

Eppur
si muove
.


(20)

Nella festa c’è un’altra festa
lugubre, inchiodata
nell’allegria una stella
di pus.

Un sole marcisce.

Eppur
si muove
.


(25)

Las piedras siempre están de fiesta.
Las piedras no hablan.
Las piedras no tienen hijos.
Las piedras brillan en la lluvia.
Las piedras flotan en el mundo.

El universo está hecho de piedras
cuya fiesta consiste en no hablar
en estar quietas.

Echan sombra, no raíces.
Puro peso y saber.

Crecen hacia dentro, hacia el alma
básica de su edad. Están
y son. Pasan y quedan.

Se mueven
lentamente
se desgastan.

Las piedras no caminan
no comen
no tienen pies
ni manos.
No beben pero danzan
en el poema. Festejan
algo imposible
de decir.

Cada una está sola como un perro
atado a sí mismo, sin dientes.

Cada piedra es una pregunta
sobre la Tierra.

Cada una
una respuesta.


(25)

Le pietre sono sempre in festa.
Le pietre non parlano.
Le pietre non hanno figli.
Le pietre brillano sotto la pioggia.
Le pietre fluttuano nel mondo.

L’universo è fatto di pietre
la cui festa consiste nel non parlare
nello starsene quiete.

Gettano ombra, non radici.
Puro peso e sapere.

Crescono all’interno, verso l’anima
essenziale della loro età. Stanno
e sono. Passano e rimangono.

Si muovono
lentamente
si esauriscono.

Le pietre non camminano
non mangiano
non hanno piedi
né mani.
Non bevono ma danzano
nella poesia. Festeggiano
qualcosa impossibile
da dire.

Ognuna se ne sta sola come un cane
legato a sé stesso, sdentato.

Ogni pietra è una domanda
sulla Terra.

Ognuna
una risposta.


(26)

¿La fiesta es el árbol o el bosque?
¿El bosque impide ver el árbol?
¿El árbol hace olvidar al bosque?
¿El árbol está en la fiesta
del bosque, erecto, caduco
o perenne, aguarda la tala
la oruga y su taladro, el rayo
que lo va a matar?

¿Un bosque es una fiesta parda?

El viento músico
en la fiesta del bosque.
La noche, muerte.

Se hace de noche
en el bosque y en mí.

Acaba la fiesta.


(26)

La festa è l’albero o il bosco?
Il bosco impedisce di vedere l’albero?
L’albero fa dimenticare il bosco?
L’albero è nella festa
del bosco, dritto, caduco
o perenne, aspetta il taglio
il bruco e il suo trapano, il fulmine
che lo abbatterà?

Un bosco è una festa bigia?

Il vento musicista
nella festa del bosco.
La notte, morte.

Si fa notte
nel bosco e in me.

Finisce la festa.


(27)

Empieza la fiesta.
Otra vez.
La fiesta empieza.
Cada vez que acaba
empieza otra
y termina.

Empieza
atardece
y amanece.

Patria, parranda
para todos.


(27)

Incomincia la festa.
Un’altra volta.
La festa ha inizio.
Ogni volta che finisce
un’altra ne inizia
e poi finisce.

Incomincia
tramonta
ed albeggia.

Patria, baldoria
per tutti.


(33)

La fiesta radical es quedarse quieto
a solas, en silencio, las piernas
cruzadas, sentado sobre el piso
en posición de loto, las palmas
de las manos vueltas hacia arriba
el peso del cuerpo y de su sombra
reposando sobre las palabras.

La columna recta, el tono calmo
en equilibrio, los ojos
cerrados, la respiración
metódica, la mirada
hacia sí, el prana
alimenta el universo de uno
los planetas interiores
se alinean, el sol
brilla invisible
mudo
a gritos.


(33)

La festa radicale è restarsene quieto
al sole, in silenzio, le gambe
incrociate, seduto sul pavimento
nella posizione del loto, le palme
delle mani girate verso l’alto
il peso del corpo e della sua ombra
che si rilassano sulle parole.

La colonna dritta, il tono calmo
in equilibrio, gli occhi
chiusi, la respirazione
metodica, lo sguardo
all’interno, il prana
alimenta l’universo di ognuno
i pianeti interni
si allineano, il sole
brilla invisibile
muto
urlando.


(34)

Todavía no llego.
Ya va, ya va.
Ya arribaré a ese almuerzo.

Ahora vivo en una casa
con un perro absoluto
laureles, lavanda, romero
tomillo, alegrías y malvones.

De madrugada, a veces
siento sed. Necesito
un vaso de agua.

Solo en la fiesta de ser.

El sírvete materno no sale de la tumba
—reza Vallejo en Trilce—
la cocina a oscuras, la miseria de amor.

Mi padre herido de mí
y mi madre
tiende la mesa en otro mundo.


(34)

Ancora non arrivo.
ormai va, ormai va.
Presto arriverò a quel pranzo.

Ora vivo in una casa
con un cane assoluto
allori, lavanda, rosmarino
timo, sesamo e gerani.

Di buon mattino, talvolta
ho sete. Ho bisogno di
un bicchiere d’acqua.

Solo nella festa di esserci.

Il sèrviti materno non esce dalla tomba
– prega Vallejo in Trilce –
al buio la cucina, la miseria d’amore.

Mio padre da me ferito
e mia madre
prepara la tavola in un altro mondo.


Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini


Rafael Courtoisie, Parranda (Spagna 2014, Visor Libros – «XIX Premio Casa de América de Poesía») pagg. 77, euro 10.




Rafael Courtoisie
Nato a Montevideo, dove vive, nel 1958 è poeta, narratore e saggista. Membro della Academia Nacional de Letras e della Real Academia Española. Nel 2013 con l’antologia Tiranos temblad ha ricevuto il Premio di Poesia «José Lezama Lima» (Cuba) e nel 2014 il Premio «Casa de América de Poesía Americana» (Spagna) per il libro inedito Parranda (poi pubblicato lo stesso anno da Visor). Nel 2013 è uscita in Spagna la raccolta poetica El lugar de los deseos (Pre-Textos) e la seconda edizione (in Uruguay, prima edizione in Spagna) del libro Partes de todo (saggio-poesia). Ha ottenuto in diverse occasioni il «Premio Bartolomé Hidalgo», sia per la Narrativa che per la Poesia.
È stato insegnante universitario in Uruguay di Letteratura e di Scrittura cinematografica. Ha insegnato anche in diverse università degli Stati Uniti. Il suo romanzo Santo remedio (Spagna, 2006) è stato finalista del «Premio Fundación Lara». Goma de mascar (Spagna, 2008), El ombligo del cielo (Cile 2012; Uruguay 2014) e La novela del cuerpo (Uruguay 2014) sono i suoi più recenti romanzi. Tra i tanti premi ricevuti si segnalano: il «Premio Fundación Loewe de Poesía» (Spagna - presieduto da Octavio Paz) e il «Premio Plural» (Messico - presieduto da Juan Gelman).
È autore di molti lavori di critica sulla letteratura ispanoamericana ed europea e delle antologie Poesia Uruguaya del siglo XX (1995), La poesía del siglo XX en Uruguay (Visor, Madrid, 2011). Ha tradotto Emily Dickinson, Sylvia Plath, Raymond Carver, Mario Luzi, Valerio Magrelli e King John di William Shakespeare. Tiranos temblad (Uruguay 2010; Messico 2011; Cuba 2013) riunisce la sua poesia in prosa. Parte della sua opera è stata tradotta in molte lingue e varie antologie sono uscite in diversi paesi.

In Italia sono stati pubblicati: Vite di cani (Oèdipus, 2000), a metà tra libro di racconti e romanzo frammentario; Sfregi (Avagliano, 2004 – a cura di Lucio Sessa) romanzo breve che nell’edizione italiana è seguito da unici racconti giovanili tratti da diverse raccolte; Facce sconosciute (Le Lettere, 2005 – a cura di Martha Canfield), in cui l’autore ricostruisce, in brevi e secchi paragrafi, uno degli episodi più tragici della storia recente dell’Uruguay: l’attacco e la presa della piccola città di Pardo da parte dei guerriglieri Tupamaros e il propagarsi della violenza nella vicina Montevideo.
Per la poesia è uscita, sulla rivista “Poeti e Poesia” (n° 14, agosto 2008), una silloge poetica tratta dalla raccolta Casa de cosas (2003, a cura di Alessio Brandolini); La Bibbia Umida (LietoColle, 2009 – a cura di Alessio Brandolini, poi riproposto in e-book da Raffaelli editore) e l’antologia La levedad de la piedra (Raffaelli, 2015 – ebook con testi solo in spagnolo).


alexbrando@libero.it