FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 39
luglio/settembre 2015

Svaghi & Feste

 

L'ANGOLO DI ED

a cura di Giuseppe Ierolli



Il dì di festa


J324-F236

Some keep the Sabbath going to Church -
I keep it, staying at Home -
With a Bobolink for a Chorister -
And an Orchard, for a Dome -

Some keep the Sabbath in Surplice -
I, just wear my Wings -
And instead of tolling the Bell, for Church,
Our little Sexton - sings.

God preaches, a noted Clergyman -
And the sermon is never long,
So instead of getting to Heaven, at last -
I'm going, all along.

    Alcuni osservano il Dì di festa andando in Chiesa -
Io lo osservo, stando a Casa -
Con un Bobolink per Corista -
E un Frutteto, a mo' di Cupola -

Alcuni osservano il Dì di festa in Cotta -
Io, indosso soltanto le mie Ali -
E invece di suonare le Campane, per la Funzione,
Il nostro piccolo Sagrestano - canta.

Dio predica, è un celebre Pastore -
E il sermone non è mai lungo,
Così invece di arrivare al Cielo, alla fine -
Ci vado, per tutto il tempo.

Una dichiarazione di individualità, che contrappone le regole "umane" di partecipazione religiosa a quelle dettate dal sentirsi immersi in una natura vista come diretta emanazione del divino. Negli ultimi due versi questa concezione della natura come specchio del divino viene dichiarata esplicitamente e trasformata in una sorta di anticipazione dell'aldilà.

 

J329-F608

So glad we are - a Stranger'd deem
'Twas sorry, that we were -
For where the Holiday should be
There publishes a Tear -
Nor how Ourselves be justified -
Since Grief and Joy are done
So similar - An Optizan
Could not decide between -
    Così felici siamo - che un Estraneo stimerebbe
Afflizione, ciò che eravamo -
Perché ovunque ci sia una Festa
Là si manifesta una Lacrima -
Il perché non riusciamo a spiegarlo -
Giacché Pena e Gioia sono
Così simili - Che un Ottico
Non saprebbe distinguerle -

Sentimenti contrastanti, opposti, tendono a toccarsi e a diventare quasi indistinguibili, come se in ogni sentimento, di gioia o di dolore, fosse sempre presente il suo contrario.

 

J369-F412

She lay as if at play
Her life had leaped away -
Intending to return -
But not so soon -

Her merry Arms, half dropt -
As if for lull of sport -
An instant had forgot -
The Trick to start -

Her dancing Eyes - ajar -
As if their Owner were
Still sparkling through
For fun - at you -

Her Morning at the door -
Devising, I am sure -
To force her sleep -
So light - so deep -

    Giaceva come se nel gioco
La vita fosse balzata via -
Con l'intenzione di tornare -
Ma non tanto presto -

Le Braccia gioiose, semi abbandonate -
Come se in una pausa dello svago -
Per un istante avessero dimenticato -
Il Trucco per ricominciare -

Gli Occhi danzanti - socchiusi -
Come se la Padrona stesse
Ancora luccicando in essi
Per scherzare - con te -

Il suo Mattino alla porta -
Si domanda, ne sono certa -
Come forzare quel sonno -
Così leggero - così profondo -

La descrizione di una morte improvvisa, che ha colto una vita gioiosa, ancora pronta a giocare, a scherzare. Sembra impossibile che quel corpo sia ormai inanimato, tanto che il mattino che sorge quasi non ci crede e si chiede come fare a vincere quello che sembra solo un sonno passeggero. Ma l'ultimo verso, anzi la sua seconda metà, sembra troncare senza appello quei tentativi.
In tutta la poesia colpisce l'uso reiterato di termini giocosi (play, merry, sport, trick, dancing, sparkling, fun) dove persino un particolare che potrebbe essere macabro (gli occhi "socchiusi" del verso 9) si trasforma in gioco, mentre la vera protagonista, la morte, non è mai citata direttamente se non con il richiamo implicito dell'ultima parola.

 

J814-F1110

One Day is there of the Series
Termed Thanksgiving Day -
Celebrated part at Table
Part, in Memory -

Neither Patriarch nor Pussy
I dissect the Play -
Seems it to my Hooded thinking
Reflex Holiday -

Had there been no sharp Subtraction
From the early Sum -
Not an Acre or a Caption
Where was once a Room -

Not a Mention, whose small Pebble
Wrinkled any Sea,
Unto Such, were such Assembly,
'Twere Thanksgiving Day.

    Un Giorno vi è della Serie
Chiamato Giorno del Ringraziamento -
Celebrato in parte a Tavola
In parte, nella Memoria -

Né Patriarca né Micio
Io disseziono la Recita -
Che appare al mio Velato pensiero
Il riflesso della Festa -

Non ci fosse stata una brusca Sottrazione
Dalla Somma iniziale -
Né un Acro o un'Iscrizione
Dov'era una volta una Stanza -

Né una Menzione, il cui piccolo Ciottolo
Corrugherebbe qualsiasi Mare,
Quello, vi fosse una tale Assemblea,
Sarebbe il Giorno del Ringraziamento.

Qui ED fa le pulci a una delle feste più popolari in America; il "Thanksgiving Day". Inizia con una nota di ripetitività ("of the Series") che non si può fare a meno di considerare ironica e lo colloca subito nei due ambiti tipici di queste feste: la tavola e la memoria (per prima comunque cita la tavola). Poi si mette come da parte, un'osservatrice imparziale (né Patriarca né Micio, o anche né Antenato né Monello in una variante) che smonta le ripetitive convenzioni di questa festa, che ED chiama "play" intendendola come una recita con un copione ben conosciuto ripetuto ogni anno. Qui c'è un'immagine particolare: la "recita" appare come una pura manifestazione esteriore al suo pensiero, alla sua mente, che è "hooded", ovvero "incappucciata, coperta da un cappello o una cuffia" (qui ho scelto di tradurre con "velata" per non allungare troppo il verso). È un'immagine concreta (probabilmente riferita alla parte religiosa, a cui le donne assistono con il capo coperto) ma anche una metafora delle convenzioni che tendono a coprire il libero sfogo del pensiero, specialmente nei confronti delle donne e in particolare quando questo pensiero elabora idee non convenzionali. Può essere inoltre anche un'immagine che evidenzia come queste considerazioni non possano essere fatte a viso aperto, altrimenti rovinerebbero il tranquillo tran tran della festa.
Nella seconda parte ED ci dà il risultato del suo esame. Questo giorno potrebbe essere chiamato veramente "Giorno del Ringraziamento" se non vi fosse sempre qualcuno che manca all'appello, se non ci fossero le tombe che hanno sostituito le stanze, se non ci fossero i ricordi, il più piccolo dei quali riuscirebbe comunque a corrugare la liscia superficie del mare.
Molto "dickinsoniane" le tre immagini che precedono la considerazione finale: la morte, vista come una brusca sottrazione della somma iniziale; le tombe, come estensioni di terreno e iscrizioni che sostituiscono le stanze in cui si abita da vivi; il ricordo, come menzione di qualcosa che, anche nelle sue manifestazioni più minute, impedisce alla vita di mantenere una superficie liscia e tranquilla.

 

J1145-F1145

In thy long Paradise of Light
No moment will there be
When I shall long for Earthly Play
And mortal Company -
    Nel tuo lungo Paradiso di Luce
Non ci sarà istante
In cui bramerò Svago Mondano
E Compagnia mortale -

Se veramente di là ci sarà il lungo Paradiso di luce, non avremo certo nostalgia di quello che abbiamo lasciato in terra.

 

J1488-F1541

Birthday of but a single pang
That there are less to come -
Afflictive is the Adjective
But affluent the doom -
    Compleanno con un'unica angoscia
Che ce ne saranno meno a venire -
Doloroso è l'Aggettivo
Ma generoso il destino -

Il giorno del compleanno è un giorno di festa, ma anche un momento in cui ci rendiamo conto con angoscia che ne avremo uno di meno da festeggiare. Per questo l'aggettivo da usare sarebbe "doloroso", se non fosse per la ricchezza di esperienza e conoscenza che il destino di vivere comunque ci riserva.

 


Le poesie di Emily Dickinson non hanno un titolo, a parte rarissime eccezioni. I numeri che le precedono si riferiscono alla numerazione attribuita nelle due edizioni critiche, curate rispettivamente da Thomas H. Johnson nel 1955 ("J") e da R. W. Franklin nel 1998 ("F").


ierolli@hotmail.com
www.emilydickinson.it