FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 34
aprile/giugno 2014

Lavoro

 

PAULINA VINDERMAN
La epigrafista

di Alessio Brandolini



Per l’autrice argentina Paulina Vinderman il lavoro del poeta è simile a quello dell’epigrafista: lui decifra antiche lingue, su pietra o su marmo; il poeta esplora il mondo partendo dal cuore del linguaggio, indagando il passato e il proprio vissuto come stando davanti a un codice mobile e instabile e per questo arduo da decifrare. Segue delle tracce, delle orme, calpesta “la neve che cade in altri luoghi”. La epigrafista (2012) prende il titolo da alcuni versi del precedente libro Hospital de veteranos (2006): “Soy una epigrafista. / Y creo en mi dolor.” (Sono un’epigrafista. / E credo nel mio dolore.).

In tutte le raccolte poetiche pubblicate dalla Vinderman – a partire dall’esordio avvenuto con Los espejos y los puentes (1978) – s’incontrano vari riferimenti al costante lavoro di scavo e, insieme, il dubbio che la parola possa perdersi nell’avvicinarsi troppo al mondo, farsi anch’essa geroglifico. Un esercizio di equilibrio, dunque, e di mediazione tra il presente e le rovine di ciò che è accaduto: “Una città, un’altra città, s’inclinano sulla mia vita / con la loro storia” (da Escalera de incendio, 1994).
Ne L’epigrafista la poesia è analisi dei fatti passati, sia storici che personali, delle vicende rivissute nella memoria e che mutano con il trascorrere del tempo che ci dà la possibilità di apprendere il distacco e l’abbandono (“ora il mio unico padre è il tempo”).

All’obiettività scientifica dell’archeologo si affianca (e si accende) l’immaginazione che reinterpreta quei fatti, li sviluppa poeticamente in grumi di pensiero, in segni (in versi) incisi sulla carta e trasmessi al lettore. La poesia è un organismo vivo che si proietta in più direzioni, come gli uccelli che preferiscono gli alberi dai rami morti perché da lì “possono lanciarsi in volo in qualsiasi direzione”. Ci si può ritrovare in alto o in paludi, deserti, campi inesplorati o nell’antica Grecia.
L’ironia e la tenerezza “verso ciò che è sconosciuto” sono armi di difesa per non affondare quando le certezze “aggallano / come olio sporco”.

Nei versi suadenti de L’epigrafista di Paulina Vinderman c’è una solitudine quieta ma operosa, quella solitudine che “genera arte: / incide legni, dipinge occhi su fogli d’acqua, / scava in cerca di un nuovo dolore”. Nel libro si nominano spesso la sconfitta e l’esilio eppure il lavoro di scavo e d’interpretazione prosegue in modo infaticabile, pur nella consapevolezza che la nostra esistenza è solo “un campo provvisorio”.




POESIE DI PAULINA VINDERMAN
da La epigrafista
(hilos editora, 2012, Buenos Aires)


*

Esa mujer (tierna, inestable)
va detrás de la sombra de un perro más viejo que el mundo
y escribe la historia del vendedor de escobas
como si fuera un ensayo sobre la noche.

Esa mujer tiene a veces
un brillo de tornasol sobre su nuca.
Sólo a veces,
porque los días lo esfuman durante el destierro,
durante la derrota,
la derrota que se enciende puntualmente
entre las columnas jónicas -imaginadas-
a la hora en que el sol se cae,
en que el sol parece caerse para siempre.

(La última vez que nos vimos
ibas a contarme una historia, dice)


*

Quella donna (tenera, instabile)
segue l’ombra di un cane più vecchio del mondo
e scrive la storia del venditore di scope
come se fosse un saggio sulla notte.

Quella donna ha talvolta
una lucentezza di girasole sulla nuca.
Solo a volte,
perché i giorni la sfumano durante l’esilio,
durante la sconfitta,
la sconfitta che si accende puntualmente
tra le colonne ioniche – immaginate –
all’ora in cui il sole tramonta,
in cui il sole sembra sprofondare per sempre.

(L’ultima volta che ci siamo visti
stavi per narrarmi una storia, dice)


*

Ahora mi único padre es el tiempo,
y su rara compasión espera por mí,
me mira fijamente desde un despeñadero.
En el camino, las hojas de los olivos
parecen plata manchada a la luz de la tarde.

Los pájaros prefieren los árboles con ramas muertas
pueden lanzarse al vuelo en cualquier dirección.

¡Ah! Hacer un fuego sobre el montículo de orfandad
con ramitas muy secas.
Aprender a ver la vida
como un campamento provisorio:
cenizas y café con obsesiones por la mañana,
ceniza de acacias para entrar al desierto.


*

Ora il mio unico padre è il tempo,
e la sua strana compassione mi attende
guardandomi fissamente da un dirupo.
Durante il tragitto, le foglie degli olivi
sembrano argento macchiato di luce pomeridiana.

Gli uccelli preferiscono gli alberi dai rami morti
possono lanciarsi in volo in qualsiasi direzione.

Ah! Fare un fuoco sulla collina degli orfani
con frasche molto secche.
Apprendere a vedere la vita
come un accampamento provvisorio:
cenere e caffè con ossessioni per il domani,
cenere di acacie per accedere al deserto.


*

Es un árbol extraño y no conozco su nombre
(ni su fruto).
Tiene algunas espinas en su copa
y hojas de un verde casi azul.
Miro hacia el camino como reflejo
pero estoy sola, nadie a quien preguntar.

Puedo inventarle un canto: un pájaro lírico
posado en la neblina.
También puedo abrazarlo:
árbol anónimo de consuelo anónimo,
esta ternura hacia lo desconocido
parece ser hoy la única ternura para conmigo.
La inscribo en el Libro del Abandono
(esta ternura que es todo lo que tengo)
y vivo a través de su sueño de inmortalidad.


*

È un albero strano di cui non conosco il nome
(né il frutto).
Ha spine sulla chioma
e foglie di un verde quasi azzurro.
Di riflesso guardo verso la strada
ma sono sola, nessuno a cui chiedere.

Posso inventargli un canto: un uccello lirico
sospeso tra la foschia.
Posso anche abbracciarlo:
albero anonimo di sollievo anonimo,
questa tenerezza verso ciò che è sconosciuto
oggi sembra essere l’unica tenerezza ferma con me.
La registro nel Libro dell’Abbandono
(questa tenerezza che è tutto ciò che ho)
e vivo tramite il suo sogno d’immortalità.


*

Esta habitación huele a pasado:
el diálogo, el tronco enorme del árbol enfermo
del otro lado de la ventana.

Un sueño llegará al anochecer
(ah, vieja coleccionista de crepúsculos de seda)
y cuando llegue, le abriré al viento sur
que empuja los cerrojos.

La huella que deja la melancolía
puede ser tan feroz como ella misma.

Un pozo de agua donde flotan las certezas
como aceite sucio.


*

Questa stanza odora di passato:
il dialogo, l’enorme tronco dell’albero malato
dall’altro lato della finestra.

Un sogno arriverà al tramonto
(ah, vecchia collezionista di crepuscoli di seta)
e quando sarà qui lo aprirò al vento meridionale
che pressa i catenacci.

L’impronta lasciata dalla malinconia
può essere così feroce come lei stessa.

Un pozzo d’acqua dove aggallano le certezze
come olio sporco.


*

Regreso después de años, al café
donde recogía las improntas del mundo.
El mozo sigue allí, eterno en su chaqueta morada.
El buzón en la esquina, vacío de todo
excepto de mí.
Los árboles me golpean con la belleza de su vejez
(alguna vez morirán pero no seré testigo).

Vine a despedirme, le digo al mozo,
que pregunta por mi vida, como un amigo más.
Ya no pertenezco a este lugar
(no pertenezco a ninguno, piensa la melancolía
por su cuenta, pero no se lo digo)
y escribo una larga carta en una hoja de agenda,
al hermano que no tuve (o me quitaron),
mientras sorbo mi café
y dibujo narices en servilletas de papel.

Antes de que la fría pura noche me trague
dejo caer la carta en el buzón.
La insistencia de lo que soy está –callada–
en esa acción diminuta.
Dejo atrás un resplandor o su memoria
               (que es lo mismo)
como una luz de fábula.


*

Ritorno dopo anni, al caffè
dove raccoglievo le impronte del mondo.
Il ragazzo è sempre lì, eterno nella sua giacca viola.
All’angolo la buca delle lettere, vuoto del tutto
tranne di me.
Gli alberi mi colpiscono con la bellezza della loro vecchiaia
(prima o poi moriranno ma non sarò testimone).

Sono venuta a congedarmi, dico al ragazzo,
che domanda della mia vita, come un amico in più.
Ormai non appartengo a questo luogo
(non appartengo a nessuno, pensa la malinconia
per conto proprio, ma non glielo dico)
e scrivo una lunga lettera su un foglio di agenda,
al fratello che non ho avuto (o mi portarono via)
mentre sorseggio il mio caffè
e disegno nasi su salviette di carta.

Prima che la fredda pura notte m’inghiotta
lascio cadere la lettera nella buca postale.
L’insistenza di ciò che sono la ritrovo – silenziosa –
in questa piccola azione.
Mi lascio alle spalle uno splendore o la sua memoria
               (che è la stessa cosa)
come una luce da favola.


*

Los goterones de sangre sobre la nieve
crean un mapa de crueldad.
Una caligrafía a la luz de bengalas
en la noche.

El amor ama el odio.
El amor ama el miedo.

Soy una mirada fija, un corazón
censurado.

Debo aceptar el nuevo lenguaje lentamente:
El caracol sobre la tumba,
el amor fuera del cuerpo,
y la persecución de una estrella que nada comprende,
alumbra una caminata que nadie pintará.

Trago una paz oscura como un secreto.


*

Le gocciolone di sangue sulla neve
formano una mappa di crudeltà.
Una calligrafia sotto la luce dei bengala
nella notte.

L’amore ama l’odio.
L’amore ama la paura.

Sono uno sguardo fisso, un cuore
censurato.

Devo accettare il nuovo linguaggio lentamente:
La lumaca sulla tomba,
l’amore al di là del corpo,
e la persecuzione di una stella che nulla comprende,
illumina un’escursione che nessuno dipingerà.

Ingoio una pace oscura come un segreto.


*

Casi en el centro de tu ausencia está creciendo
un árbol: tan verde como mi desesperación
(pero al menos respira).
La antigua costumbre de la muerte
aún no puede alcanzarlo.

Mi soledad fabrica arte:
talla maderas, pinta ojos en papeles de agua,
escarba en busca de un nuevo dolor.

Perdí la palabra con la que pude nombrarte,
perdí mi pulsera de flores.
No puedo colmar mi corazón con lo posible.
No lo puedo colmar con lo imposible.
¿Y el poema?
¿No reúne a los dos?

Una sombra delgadísima los separa como un biombo.
Es allí donde vivo,
es allí donde jamás me hallarás.
Los fantasmas como nosotros sólo se
encuentran una vez, en el lugar de la fuga.


*

Quasi al centro della tua assenza sta crescendo
un albero: così verde come la mia disperazione
(però almeno respira).
L’antica abitudine della morte
non può ancora raggiungerlo.

La mia solitudine genera arte:
incide legni, dipinge occhi su fogli d’acqua,
scava in cerca di un nuovo dolore.

Ho perduto la parola con la quale potevo nominarti,
ho perduto il mio bracciale di fiori.
Non posso riempire il cuore con ciò che è possibile.
Né posso riempirlo con l’impossibile.
E la poesia?
I due non li ricongiunge?

Un’ombra sottilissima li separa come un paravento.
È lì che vivo,
è lì che mai mi troverai.
I fantasmi come noi s’incontrano una volta
soltanto, nel territorio della fuga.


*

No juegues más con la sabiduría, hay algo descalzo
en la sabiduría, leo en pantalla
y cuando salgo en la madrugada a mirar el cielo
encuentro a nuestro cuento de invierno
helado y fijo como una estrella muerta.

No hubo brújula, sólo el perfume de un país de fábula
desvaneciéndose a la mañana siguiente.
No me llevé nada más que el celofán
que me tapa la boca cuando quiero nombrarte.

¿Dijiste ansia?
¿Dijiste aire?

El poema no sabe de qué lado ponerse.
Se pierde fácil por un camino custodiado
por los álamos pintados con delicadeza en mi mural,
vasto e inescrutable como era el mundo cuando niños.

Un amor sombra.

Dijiste sol (no sombra),
por eso no supimos descifrar su código.


*

Non giocare più con la saggezza, c’è qualcosa di scalzo
nella saggezza, leggo sullo schermo
e quando esco all’alba a osservare il cielo
m’imbatto nel nostro racconto invernale
gelido e fisso come una stella morta.

Non una bussola, solo il profumo d’un paese fiabesco
che svaniva il giorno dopo.
Mi portai dietro solo il nastro adesivo
che sigilla la bocca quando voglio nominarti.

Dicesti ansia?
Dicesti aria?

Il poema non sa da che parte mettersi.
Si perde facilmente in un percorso custodito
dai pioppi dipinti con delicatezza sul mio murale,
vasto e imperscrutabile com’era il mondo da bambini.

Un amore ombra.

Dicesti sole (non ombra),
per questo non riuscimmo a decifrare il suo codice.


*

En mi collage, hay una luna asombradísima
de mi presencia en la tierra todavía,
y un cascote rojo pegado a la palabra puente,
escrita con pincel sobre algo parecido a un muro.

¿Huelen el encierro?

Siempre se hace tarde en ese lugar
y nadie responde al para qué.
La oscuridad es una razón, una lógica inmutable:
está hecha de los corazones de las barajas
que usaba en mis castillos.
Bajo el negro de humo está el lobo a mi puerta
(esa puerta recortada de una foto).
Lo acariciaré en el umbral, lo miraré hasta el fondo
de sus ojos de oro inconquistable.
El miedo y la muerte no tienen su figura,
están pintados de blanconada en el rincón derecho
como símbolo de una boda en la nieve,
de la música que no se oye salvo en la inexistencia
de todos los reflejos.

¿Pueden tocar el dolor?

Es una noche sin palabras,
es tu amor distraído detrás del alambrado visible.


*

Nel mio collage c’è una luna molto sorpresa
della mia presenza ancora sulla terra
e rosse macerie incollate alla parola ponte,
scritta con un pennello su qualcosa che sembra un muro.

Annusano la reclusione?

Si fa sempre tardi in questo luogo
e nessuno sa dirmi perché.
L’oscurità è una ragione, una logica immutabile:
è fatta dei cuori delle carte da gioco
che usavo per i miei castelli.
C’è il lupo alla porta sotto il nero del fumo
(quella porta ritagliata da una foto).
Lo accarezzerò sulla soglia, lo guarderò fino al fondo
degli occhi d’oro inconquistabile.
La paura e la morte non hanno la sua forma,
sono colorate di bianconulla nell’angolo destro
come simbolo d’un matrimonio sulla neve,
della musica che si ascolta se non nell’insussistenza
di ogni riflesso.

Possono toccare il dolore?

È una notte senza parole,
è il tuo amore distratto al di là del recinto visibile.


*

Un sueño ¿puede volverse loco?

Salgo en la madrugada (a la hora en que nací)
a mirar una luna tan brillante
que me trastorna.
La mañana está lejos, tan lejos
como las dos sombras que se amaban
contra la ventana en mi país frío.
La ventana que me persigue.
Mi amor que me persigue.

Y la crueldad que tiene su propia canción.

¿Qué es lo que quieres?, pregunta el monje.
Quiero mi plato de guisantes
y empezar de nuevo.


*

Un sogno può diventare folle?

Esco all’alba (all’ora in cui sono nata)
a guardare una luna così brillante
da sconvolgermi.
Il mattino è lontano, così lontano
come le due ombre che si amavano
davanti alla finestra nel mio freddo paese.
La finestra che m’insegue.
Il mio amore che m’insegue.

E la crudeltà che ha la sua propria canzone.

Cos’è che vuoi?, domanda il monaco.
Voglio il mio piatto di piselli
e ricominciare di nuovo.


Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini




Paulina Vinderman
è nata nel 1944 a Buenos Aires, dove vive. Ha pubblicato undici libri di poesia, tra i quali: La balada de Cordelia (1984), Escalera de incendio (1994), Bulgaria (1998), El muelle (2003), Hospital de veteranos (2006), La epigrafista (2012). Della sua opera sono uscite le antologie: Transparencias (2005, Colombia), El vino del atardecer (2008, Argentina), Los gansos salvajes (2010, Messico) e Rojo junio y otros poemas (2011, Argentina).
Ha ricevuto diversi premi, tra i quali: “Primer Premio Municipal Ciudad de Buenos Aires”, “Premio Nacional Regional de la Secretaría de Cultura de la Nación”, “Premio Fondo Nacional de las Artes” (nel 2002 e nel 2005), “Premio Città di Cremona” (per l’insieme della sua Opera), “Premio de la Academia Argentina de Letras”, “Premio Esteban Echeverría”.
È stata inserita in numerose antologie e tradotta in diverse lingue.
Tra le sue traduzioni di poeti di lingua inglese si segnala la raccolta Tulipanes di Sylvia Plath pubblicata in Messico.
www.paulinavinderman.com.ar


alexbrando@libero.it