L’8 dicembre del 1980 un proiettile sparato da Mark Chapman pose fine alla vita di John Lennon. Presto cominciò a circolare una barzelletta cattiva: “Cosa occorre affinché i Beatles tornino insieme?” - “Altri tre proiettili”. Poi, nel 2001, il cancro si portò via George Harrison disinnescando il black humour di quella battuta.
I Beatles sono stati la pop band per antonomasia, tutta peace and love e fiori colorati. Il loro divorzio ha rappresentato il risveglio dopo il sogno. Invano i fan di ogni parte del mondo hanno cercato le cause (Yoko Ono? I contrasti interni? La fine della magia?) e proposto rimedi. Nessuno dei favolosi quattro fece mai il primo passo per perdonare gli altri. Ma è solo il caso più famoso di una serie di fratture di cui la storia della musica leggera abbonda.
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Solo questa forma d’arte permette una dimensione collettiva dell’ineffabile momento creativo. Lo scrittore è solo, il pittore è solo, così come soli sono il compositore di musica classica e il regista. Il rocker invece crea in gruppo. Una condizione che lo espone al rischio della separazione e al lento, incerto, cammino del perdono.
federico.platania@samuelbeckett.it
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