FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 32
ottobre/dicembre 2013

Geometrie

 

CANTI DEL FIUME PIÙ VASTO

di Angelo Tonelli



*

parola che rasenti l’Assoluto
impalpabile riverbero, eleusina
sentinella del dicibile, del detto,
eco, pars pro toto, liminale
deità, Caronte o Hermes che presidi
la soglia che separa il vuoto mistico
dalla forma e rendi umano
ciò che umano non è, e dall’umano
ancora riconduci all’inumano,
rivolgiti a sondare il mio dolore
– estasi nel centro della vita,
aspergi di sapienza i gesti scabri
della spoliazione e della morte
di chi ci diede vita, dio minore,
e adesso sta per compiere il trapasso
nel mondo non visibile, oscura
nascita che squarcia e che rigenera


*

e si occulta nella tenebra anche il falco
sguardo diritto, tragitto silenzioso,
contro l’ultimo sole. Potente
è vita, potente sarà morte, come fiume
che scorre in piena luce e poi si ingorga
in vertigini notturne, botri, abissi
graditi a Kronos, agli dei
della materia disfatta, che è riverbero
della luce primigenia. Perfino la latrina
del corpo marcescente è vasta musica
di oboe barbarici, accordati
al deforme, all’inumano.
Ogni corpo vivente, infulgidito
dalla linfa del sangue che trascorre
ha meta nel vento che ne scortica
l’involucro di carne, libera le ossa
per lo sguardo calcinante della luna.


*

Si creano intensità, e si disfanno,
che ne ridiamo forte di sera, in lungofiume,
quando gli uccelli piegano le ali
sotto le nubi basse, e le foglie
vibrano al vento tiepido dell’est.
Sprofonda nella quiete della notte, l’indomabile,
il giorno e a miriadi
ci siamo amati odiati complicati,
in trame di infinito e tempo breve
o eterno a seconda che l’anima
si accorci o si dilati nell’aión. Ci siamo
comunque inebriati della vita, la possente – caracolla
a pelo d’acqua la carogna
disfatta dell’animale, l’innocente
straziato – e adesso contempliamo
la quiete della sera, tutti umani
e raccolti, bozzoli
di cosmo. Fila via,
silenzioso, l’airone, nella sera.


*

il fiume è generoso, il dio del fiume, che distilla
una quiete da aurora primordiale
quando il sole trionfa, nell’estate
serena delle ali dispiegate
in piena libertà tra acqua e cielo,
azzurri, conciliati in perfezione
di anima e di spirito, musica
vivente di minuscole e maiuscole
creature delle altezze e degli abissi.
Il fiume è generoso, il dio del fiume,
a contemplarne il flusso senza fine
che trabocca, all’orizzonte, in altre acque.
Guizzano uccelli blu cobalto in controsole.
Già si placano
le grida dei gabbiani, si avvicina
dalle gole dei monti la notturna
madre dei viventi, golfo sacro
per il palpito lontano delle stelle.


*

il mare si allontana, si allontanano
i giorni degli dei, sguardi
che scatenano miriadi di misteri
tra le cose di sempre, scintillanti
al confine dei ricordi, petali
in disuso, sciorinati
a piene mani nella notte nera
dell’anima. Vertebre
di pterodattili nel deserto di sale:
ciascuno ha raccolto messi bianche
per troppo sole, e le nasconde.
Cani abbaiano
messaggeri di Ecate.
Brilla una città di cristalli contorti,
custode di sapienza distillata
tra macerie e gigli, in controluce.


*

Sciorina vanamente i tuoi stendardi,
natura naturata, fatti bella
di foreste e città, di cieli e mari
immensi, stellate
volte… io resto fermo
nel cuore non visibile del cosmo,
nel regno del silenzio da cui nacqui
e dove tornerò tra breve tempo
o lungo. Oltre il Nulla
lo specchio che rispecchia
anche se stesso, l’Assoluto
che tutto accoglie. E niente.
I tuoi stendardi
natura, sciorina, vanamente.


*

Vertigina regina della notte
il segreto dei gigli e degli anemoni
marini, delle vette appenniniche bianchissime.
Vertigina
il riverbero della luce sulla brina
del mare sulla sponda, o mia regina.
Dal sangue rifioriscono magnolie
fiorisce dalla notte la voragine
candida prima dell’aurora.
Il mare accoglie il mare, la parola
il silenzio, palpebra divina.



La silloge è tratta dal libro inedito Canti del fiume più vasto.



angelo.tonelli.4rke@alice.it