FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 26
aprile/giugno 2012

Botteghe

 

POETA PER DESTINO
La poesia di Marc Delouze

di Viviane Ciampi



Bisogna per forza di cose partire di lì, da Aragon: Il grande sacerdote della poesia francese, era conosciuto non solo per il pensiero e i versi ma per la generosità e il fiuto nello scoprire talenti. Nella prefazione al primo libro del giovane Delouze (Souvenir de la Maison des mots, 1972), Aragon ebbe a scrivere mentre già avanzava l’età: «Ecco una voce nuova che ascolto crescere, affermarsi, trionfare di se stessa: un primo libro, ai miei occhi, resta dopo questa mia lunga vita, una cosa sempre commovente, una nascita dell’uomo…
Di Marc Delouze, si deve imparare il nome, come altre volte imparammo Nerval o Rimbaud. Qualcosa qui comincia. Qualcosa di cui non vedrò affatto la fine. Ma che ho fretta di anticipare, con le ultime forze della mia età.»

Nella biografia di Delouze si scopre che dopo il primo libro vi furono molti anni di silenzio. Ma di sicuro si sarà trattato d’un silenzio “abitato” poiché, in seguito diede origine a una scrittura dalle risonanze multiple. Seguendo le orme del suo maestro, la poesia, per il poeta parigino è innanzitutto un atto di resistenza, ed ecco allora ch’essa si scrive in concomitanza con la vita che è politica, incontri, scambi culturali. E viaggi. Molti viaggi, non certo per turismo ma per incontrare l’altro, per non invecchiare sul pianerottolo degli editori e «per guardare il mondo con l’occhio del gatto».
Il «poète par la force des choses» (poeta per destino) nasce, come già accennato, a Parigi, nel diciottesimo arrondissement ma guai, a parlargli di radici: con ironia cita Brassens, il quale detestava «quegli imbecilli che sono nati da qualche parte». E la cosa pare una boccata d’aria fresca in un momento in cui la Francia da parecchio tempo si arrovella in dibattiti infiniti sulla famigerata Identité culturelle.
«Disarmato / ma non inquieto», così egli scrive di sé e questa sua forza / fragilità, insieme a un impegno costante nel ricercare la salvezza dal naufragio della coscienza diventa elemento predominante della sua poetica: «Come se / infatti / bastasse / guardare».

Poeta in dialogo – dicevamo – spesso con un Altro o con gli altri, con gli assenti, con il sacro, con una donna, e sempre alla ricerca della «sorgente come idea fissa» o di un «sogno di sorgente ribelle / dove annegare». In mancanza di sorgente, egli ha imparato non solo che cos’è la sete, ma soprattutto che cos’è lo spazio che divide gli esseri. Spesso si rivolge alla poesia con amore e tormento. Scrive, infatti, con inchiostro-lacrima: «Les mots / en fin de compte / ont fait de moi / un juge» (Le parole / in fin dei conti / hanno fatto di me / un giudice). Ciò che importa a Marc Delouze è dimostrare che si può essere poeti non solo perché ci si innamora delle parole ma per il fatto che la poesia va vissuta come esperienza densa e interrogativa del linguaggio e del pensiero, come costruzione di valori.




POESIE DI MARC DELOUZE


PAROLE PERDUE

Tes mots sont des petits objets fragiles et grossiers, les caillots de tes yeux, les bulles brunes de ton ventre. Je joue avec comme s’il s’agissait de mes larmes. Ma mémoire n’y trouve plus de quoi s’y ressourcer.

Tu as usé ton corps à toutes les réponses. Aujourd’hui la question se pose lourdement sur tes épaules fatiguées tandis que ton corps s’enlise dans l’antique gadoue des paroles.

Gorge pleine à vomir des radieux avenirs qui pourrissent. Je bavarde je braille et bafouille et vacille. Je fuis. Je pourrais me tuer – n’était cette parole perdue que je m’obstine à ne pas avaler.

(Mon père meurt)       


PAROLA PERDUTA

Le tue parole sono piccoli oggetti fragili e grossolani, i grumi dei tuoi occhi, le bolle brune del tuo ventre. Gioco come si trattasse delle mie lacrime. La mia memoria non vi ci trova più di che rigenerarsi.

Hai consumato il tuo corpo a tutte le risposte. Oggi la domanda si pone pesantemente sulle tue spalle stanche mentre il tuo corpo sprofonda nell’antico letame delle parole.

Gola piena fino a vomitare dei radiosi ricordi che marciscono. Io chiacchiero, sbraito, farfuglio e vacillo. Fuggo. Potrei uccidermi – non fosse per questa perduta parola che mi ostino a non inghiottire.

(Mio padre muore)       


L’HOMMAGE DES NUAGES

1.

Une parole mauve

Sur le glacier du ciel l’immense frottis de givre imite une chevelure crantée.

Dans la Cappadoce du visage la bouche jadis gourmande
ne mange plus les mots ni ne happe la vie.

Éventé le champagne de l’œil.

                    (A Abidine Dino, in memoriam,
                    Cimetière de Villejuif, 13/12/93)


L’OMAGGIO DELLE NUVOLE

1.

Una parola malva.

Sul ghiacciaio del cielo l’immensa velatura di brina imita una capigliatura a onde.

Nella Cappadocia del volto la bocca un tempo ghiotta
più non mangia le parole né ghermisce la vita.

Svaporato lo champagne dell’occhio.

                    (A Abidine Dino, in memoriam,
                    cimitero di Villejuif, 13/12/93)


2.

Là-haut lentement les nuages
rampent vers leur destin
qui est de disparaître.

C’est pour ça qu’ils sont beaux,
qu’on les aime.

Ils font la pluie et le beau temps.


2.

Lassù lentamente le nuvole
strisciano verso il loro destino
che è di sparire.

È per questo che sono belle,
che le amiamo.

Fanno la pioggia e il bel tempo.


*

Le vent

          comme l’univers

                    n’a aucun sens.


*

Il vento

          come l’universo

                    non ha alcun senso.


*

Difficile d’observer l’ombre des nuages
la nuit
d’en gouter le mystère.

Difficile dans la pleine lumière de savourer
la douleur des non-réponses.

Chaque matin le jour à la fenêtre.
Chaque matin le monde le reprend.

Non l’aube n’est pas un poème
mais la prison des yeux.

Le poème
est une serrure noire.


*

Arduo osservare l’ombra delle nuvole
la notte
gustarne il mistero.

Arduo in piena luce assaporare
il dolore delle non-risposte.

Ogni mattino il giorno alla finestra.
Ogni mattino il mondo lo riprende.

No l’alba non è una poesia
ma la prigione degli occhi.

La poesia
è un nero chiavistello.


*

Le philosophe ne s’est pas envolé.

S’est écrasé sur le bitume aux merdes de chien.

Une tache de sang séché où les bottes des brutes
pataugent.

L’armée noire de l’ignorance fait mouvement.

                (A Gilles Deleuze, in memoriam, 20 novembre 1995)


*

Il filosofo non ha spiccato il volo.

Si è franto sul selciato lordato dai cani.

Una macchia di sangue asciutto dove gli stivali dei beoti
sguazzano.

La nera armata dell’ignoranza fa movimento.

                (A Gilles Deleuze, in memoriam, 20 novembre 1955)


*

Que mourir soit partir beaucoup


pas de tombe
pas de tombe


pas de racines


une source pour mes cendres
n’importe où


mais
une source


où partir


vraiment partir


*

Che morire sia partire molto


nessuna tomba
nessuna tomba


niente radici


una sorgente per le mie ceneri
ovunque


ma
una sorgente


dove partire


partire davvero


TU CROIS PARTIR TRES LOIN

un désir fou de voyager
te soulève.

Tes omoplates se déploient comme des ailes.

Ne te retourne pas ferme les yeux tu pétris l’air
qui file entre tes doigts.

Ne te retourne pas.

Ouvre les yeux : les ailes de ton dos sont là
oui
devant toi

la cible est déjà contenue dans la flèche.


CREDI DI PARTIRE MOLTO LONTANO

Un folle desiderio di viaggiare
t’innalza.

Le tue scapole si dispiegano come ali.

Non voltarti chiudi gli occhi impasti l’aria
che fila tra le tue dita.

Non voltarti.

Apri gli occhi: le ali della tua schiena sono lì

dinanzi a te

il bersaglio è già contenuto nella freccia.


LES OBJETS

font de toi cette armoire
où le réel est entassé plié naphtaliné.

Tu crois que c’est dedans
et quand c’est dedans
tu crois que c’est dehors
et tu ressors
nu comme Adam
et tu dis : mais comment ?

Tu ouvres ainsi crois-tu les portes.
Et si c’était la porte qui t’ouvrait ?
Et quoi et qui à l’intérieur ?

Ce qui te pénètre ?

Ce qui t’échappe ?


GLI OGGETTI

fanno di te questo armadio
dove il reale è impilato piegato naftalinato.

Tu credi sia dentro
e quando sei dentro
credi sia fuori
ed esci di nuovo
nudo come Adamo
e dici: ma come?

Tu apri così credi le porte.
E se fosse la porta ad aprire te?
E cosa e chi all’interno?

Ciò che ti penetra?

Ciò che ti sfugge?


TAIS-TOI

rien qu’un instant
tais-toi.
Écoute.
Écoute très fort.
Écoute le bruit de ce qui se tait
en toi
ce qui remue
quand tu es immobile
pourrait surgir…

Ne bouge pas.

Tu marches.
Tu t’arrêtes.
Tu te baisses.
touche du doigt
dis
tu sens pas ?
Ça bat sous la terre
sous la peau de la terre
ça bande doucement
une vague allant-venant.

Laisse-toi pénétré
Laisses-toi pénétrant


TACI

solo un istante
taci.
Ascolta.
Ascolta fortissimo.
Ascolta il rumore di ciò che tace
in te
ciò che muove
quando sei immobile
potrebbe sorgere…

Non muoverti.

Tu cammini.
Ti fermi.
Ti chini.
Tocchi col dito
dici
non senti?
Vi è battito sottoterra
sotto la pelle della terra
v’è calma erezione
un andirivieni d’onda.

Abbandonati penetrato
Abbandonati penetrante.


DANS LA FOULE ANONYME

Il faudrait parfois s’inquiéter.
Où sont passés
la courbe de l’épaule
le creux du bras
la veine bleue du sexe
le genou tendu
la cambrure du pied ?

Ne sont plus que des mots, des mots comme ça perdus
dans le dédale des rues et des correspondances.

Assis au bord de ton regard, tu aimes à croire le monde
simple.

Devant la forme simplifiée du monde
mesure le compliqué de ton regard.


NELLA FOLLA ANONIMA

Talvolta bisognerebbe preoccuparsi.
Dove sono finiti
la curva della spalla
l’incavo del braccio
la vena azzurra del sesso
il ginocchio teso
l’arco del piede?

Non sono più che parole, parole così perse
nel dedalo delle strade e delle corrispondenze.

Seduto sull’orlo del tuo sguardo, ami credere al mondo
semplice.

Davanti alla forma semplificata del mondo
misura la complessità del tuo sguardo.


*

Une plage

de sable blanc.
Les débris d’un piano noir torturé tendrement.

La mer, le sable.
L’une façonne l’autre et l’autre calme l’une.

Le sable meurt en de larges festons
à l’instant même où naît la mer.
Tu poses le bout de ton doigt sur cet instant précis.
Tu crois toucher ta mort.

Tu écoutes le piano de la mer.

La musique est belle, si belle.
La musique n’est pas simple.

Toi non plus.


*

Una spiaggia

di sabbia bianca.
I rottami d’un pianoforte nero teneramente torturato.

Il mare, la sabbia.
l’uno plasma l’altro e l’altro rasserena l’uno.

La sabbia muore in larghi smerli
nell’istante stesso in cui nasce il mare.
Tu posi la punta del tuo dito su questo preciso istante.
Credi di toccare la tua morte.

Ascolti il pianoforte del mare.

La musica è bella, così bella.
La musica non è semplice.

Neppure tu.


*

Tu dis :

la pierre est dure, il me faut l’être aussi.

Le regard traverse le cristal
tu rêves ainsi de traverser la pierre.

Ton regard est dur, trop dur.
Ton regard n’est pas le tien.

Il y a quelque part en toi un œil vide.

Qu’il s’offre enfin.


*

Tu dici:

la pietra è dura, anch’io debbo esserlo.

Lo sguardo traversa il cristallo
così sogni di traversare la pietra.

Il tuo sguardo è duro, troppo duro.
Il tuo sguardo non è il tuo.

Da qualche parte in te vi è un occhio vuoto.

Che finalmente si dona.


*

Incorrigible


tu es toujours
quoi que tu dises
dans l’angle aigu
d’un triangle de femme.

Tu danses autour
pour mieux voir au travers.

Tu feras flèche ainsi de toute transparence.


*

Incorreggibile


sei sempre
qualunque cosa tu dica
nell’angolo acuto
d’un triangolo di donna.

Danzi attorno
per meglio vedere attraverso.

Così farai freccia d’ogni trasparenza.


da T’es beaucoup à te croire tout seul


*

ils étaient les époux des lèvres molles des nuages et leurs baisers les brisaient de désir
ils étaient les époux des oiseaux qui griffaient le drap du ciel dans leur plaisir aléatoire
ils étaient les époux des enfants effrayés et moqueurs qui leur jetaient des pierres comme des cris
ils étaient les époux des cailloux comme des fruits tombés à leurs genoux
ils étaient les époux des arbres qu'ils semblaient imiter mais c'était le contraire
ils étaient les époux des collines fardées de bleu de mauve de rosée pareilles à des épaules courtisanes
ils étaient les époux du vent


*

erano gli sposi labbra molli delle nuvole e i loro baci li spezzavano dal desiderio
erano gli sposi degli uccelli che graffiavano le lenzuola del cielo nel loro piacere aleatorio
erano gli sposi dei bambini spaventati e scherzosi che gettavano loro delle pietre come grida
erano gli sposi delle pietre cadute come frutti ai loro piedi
erano gli sposi degli alberi che fingevano d’imitare ed era invece il contrario
erano gli sposi delle colline truccate d’azzurro di malva di rugiada simili a spalle di cortigiane
erano gli sposi del vento


*

l’épée des hommes est passée frappant de taille et de fureur
rasant les arbres sur la joue de la terre comme le sabre d’un barbier fou
clouant l’oubli sur le ventre prégnant des collines
arrachant les pattes des oiseaux qui tombèrent comme les cils du ciel
meurtrissant la glaise grise des nuages
écorchant les cailloux et les faisant saigner comme des genoux d'enfants
arrachant la mémoire du vent


*

la spada degli uomini è passata colpendo di taglio e di furore
radendo gli alberi sulla guancia della terra come la sciabola d’un folle barbiere
inchiodando la dimenticanza sul ventre gravido delle colline
strappando le zampe degli uccelli che caddero come ciglia dal cielo
ferendo l’argilla grigia delle nubi
lacerando le pietre e facendole sanguinare come ginocchia di bambini
strappando la memoria del vento

da Epouvantails, ou le veuvage du vent
(23 versi su 23 foto di spaventapasseri abbandonati da contadini palestinesi)


Traduzione dal francese di Viviane Ciampi




Marc Delouze
è nato a Parigi nel 1945. Vive tra La Goutte d’Or (Parigi) e la Puisaye (Borgogna). Poeta e viaggiatore «per destino». Dopo la prima raccolta nel 1971, Souvenir de la Maison des Mots (preceduta da Par manière de Testament, con prefazione di Louis Aragon), rifiuta di «fare il poeta» e lascia che s’instauri un silenzio editoriale d’una ventina d’anni duranti i quali lavora alla ricerca di nuovi supporti d’espressione poetica collegati alle città di oggi: spettacoli di strada, poesia musicale, finché, nel 1982, crea l’associazione Les Parvis Poétiques organizzando eventi, festival, esposizioni sonore, letture-spettacolo. Creatore e animatore del Festival Permanent des Poésies nel diciottesimo arrondissement di Parigi dal 1990. Co-fondatore e consigliere letterario del festival di poesia Les Voix de la Méditerranée, a Lodève.

  • Souvenirs de la Maison des Mots, preceduto da Par manière de Testament, Ed. Messidor / Temps actuels, 1971 (prefazione di Louis Aragon)
  • Anthologie de la poésie hongroise contemporaine, Ed. Messidor / Temps actuels, 1978
  • Poèmes de Younous Emre, Publications Orientalistes, 1973
  • T'es beaucoup à te croire tout seul, poème, La passe du vent, 2000
  • La Diagonale des Poètes, essai, La passe du vent, 2002
  • L'homme qui fermait les yeux sans baisser les paupières, récit, Le bruit des autres, 2002
  • Epouvantails, poèmes, Lanore-littérature, 2002
  • Rue des martyrs, récit, Le bruit des autres, 2003
  • Dames de chœur, récit, Le bruit des autres, 2004
  • Yeou, Piéton des Terres poème, La passe du vent, 2007
  • C’est le monde qui parle, récit, Verdier, 2007
  • 14975 jours entre, Poésies en phases terminales, Ed. La passe du vent, 2012



viviane.c@alice.it