1.
Il vulcano Eyjafjöll, che in genere se ne sta placido sotto l’Eyjafjallajökull, uno dei più piccoli ghiacciai dell’Islanda, il 20 marzo 2010 si è risvegliato, dopo aver più volte avvertito sismologi e geologi delle proprie intenzioni con lievi scosse di terremoto.
Vista la scarsa eco avuta, ha deciso di essere più eloquente, e, con l’eruzione del 14 aprile 2010, ha creato gravi problemi alla navigazione aerea in tutta Europa, paralizzando completamente il traffico nei cieli fino al 23 aprile e continuando a causare chiusure a intermittenza degli aeroporti del Nord fino al 9 maggio.
In quei nove giorni nel raggio delle esplosioni vulcaniche, dal 14 al 23 aprile, centinaia di migliaia di persone sono rimaste ferme negli aeroporti di mezza Europa.
2.
Sono in transito a Francoforte, diretta in Cina. Bloccata nell’aeroporto della città tedesca, ho perso la testa per un argentino che andava a Mosca.
Accampati nella sala di attesa, seduti su una panchina come innamoratini di Peynet, impossibilitati a dar sfogo ai sensi accesi dalla folla di gente che ci circonda.
È amore vero.
Perché l’amore è generato dal movimento, dall’inatteso.
È una forma benigna del caos, un vento che scompiglia le idee e i piani precostituiti, che ci coglie sempre impreparati.
In fondo, che differenza c’è tra la nube di un vulcano e la freccia scagliata da Eros?
Si svolta un angolo, si cambia lavoro, casa o panorama, si rimane bloccati in un aeroporto, ed ecco che lui irrompe, festante o drammatico che sia.
L’amore unica vera forza vitale: il resto è specchio, rappresentazione.
O riflesso del nulla.
3.
– vengo a dirvi dell’amore, spiega abbassando lo sguardo, un lieve rossore sulle guance, come un’alba che sorga un’unica alba lucente oppure un tramonto pensandoci meglio. Un tramonto d’inverno: una riga di luce rosata nell’indaco sottolinea il solco dell’orizzonte o comunque un lieve rossore, dicevamo, una differenza prima di aggiungere “io so tutto sull’amore” e tacere, poi nell’illusione di aver compreso
4.
nel cielo grigio ferreo d’un rigore adamantino s’è aperta una bocca di vulcano avida di fuoco richiusa dal vento ha lasciato un’impronta nell’iride
improvvisi pensieri di amore traboccano li trattengo a stento coi polsi che tremano
5.
Un’onda di colore nel tuo sguardo vince il grigio dipinge il tramonto di rosso e di oro. Ti aspettavo così, come si aspetta la vita, respirando adagio. Ora rido forte, mentre mi abbandono.
6.
non chiedo niente né al giorno né alla notte: sto qui e non aspetto abitata da questo sogno che mi sogna e m’incanta io e la luna quasi piena ci guardiamo negli occhi grati d’infinite assonanze. Le racconto dell’amore lei mi dice delle maree
7.
Lascia che l’amore ti avvolga in una lucida guaina iridescente Ricorda i suoni armonici del temperamento naturale : la purezza portante del piacere.
8.
non puoi sapere da dove parte il mio volo da dove le mie ali prendano il vento che scompiglia il fumo dei pensieri così come piega l’erba e le spighe disegnando onde senza mare
liquidi miraggi di dolcezza in cui annegare infinitamente infinitamente amando
9.
così è l’amore allora     un passo assorto, un moto delle ciglia un riandare all’altrove un precipitare di gioia intensamente e sempre
10.
È qui la forza del verbo: se dico ti amo diventa vero l’amarti. Dell’indefinita collezione di significati che il segno porta in sé, una necessariamente s’invera.
11.
guardami avvolgimi di braccia e di mani perché io sono qui adesso e non altrove o quando
12.
è nelle mani la forza del desiderio, nelle labbra che cercano nell’arco voltaico di luce azzurra tra i corpi allacciati intensità bruciante e arsura della pelle fremito liquefazione poi e scambiarsi il fiato
13.
sii vulcano onda di lava rossa passione fluida
14.
quando saremo vissuti avremo mani come radici nella terra lunghe lunghe mani e dita che si diramano e si cercano nel ventre nero s’intrecciano / sconosciute mani cunicoli di amore scaveranno: fino al magma ribollente al liquido fuoco che tutto consuma. E accende
15.
a volte, d’improvviso, la vita si riempie e trabocca lava luminosa e ardente che scava ustioni sul corpo inerme – travolgendo, sì travolgendo di feroce incomprimibile bellezza infine resta una corazza di cenere nera paesaggio lunare di fredda astrazione
16.
Il vulcano Eyjafjöll è tornato a tacere.
In epoca storica, di lui si conoscono solo quattro eruzioni, l’ultima quella del 2010. La probabilità che le nostre linee temporali si intersecassero era davvero infinitesima. Eppure è successo.
Ora, dopo aver rimescolato le esistenze di tante persone, è tornato al suo gelo, al suo anonimato islandese, alla sua placida vita tra i ghiacci. Ed io alla mia.
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