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La trama e l’ordito s’incontrano ovunque, in un groviglio ordinato, all’infinito. Angoli equilateri, novanta gradi trionfo di doppi sistemi di assi cartesiani. È forse questa la futura geometria del mondo.
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Lenta discesa agonica flusso di magma viscido al termine della partita. Perplessità personali: emblematico double-face di opinioni.
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La metamorfosi genera alieni antropomorfi un’eco di umanità difforme che non risponde e non ci corrisponde. Sotto piogge acide cieli colmi di diossina, fiumi di veleni ci dissetano lasciandoci riarsi. Sotto questa coltre carica di polvere ed afa nell’aria che si corrompe la luce tremula svela cortei di seriche farfalle impazzite api suicide nel miele dei favi macachi oscillano su liane di plastica. Anime salve nel frastuono dei media. La città dei mostri sprofonda col suo gelido marciume d’angiporto divora se stessa nel gesto di crescere, divora i suoi figli, anime illuse nel caos sordo, continuo, del centro. Anime perse nel frastuono dei media.
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Che fatica combattere col ferro misurarsi con esso nell’afa del moderno, molteplice mattino senza il caldo conforto dell’altoforno dove scorre immemore la pietra. Fatica inutile ai miei occhi: dove oscuro il tubo s’allunga scorrerà dell’acqua iterativa, senza un prima un dopo, né una propria forma. È il bronzo fuso quello che vogliamo, l’immagine protesa di ciò che non è ancora.
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La futura geometria del mondo è un’ellissi, un cerchio di gesso dove tutto torna, dove tutto ha un senso? In questo tempo circolare in cui ci avvolge la tela dell’oblio di ciò che noi saremo, di ciò che siamo stati si profilano linee spezzate, rimandi, interruzioni vuoti tranelli per cuori semplici, per cuori eroici.
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La vita a singhiozzo inciampa e ripete se stessa. Incerto battito soffuso di veglia, livore rancido dei radi bagliori. L’alchimia bizzarra dei falsi profeti ha predetto pioggia ma qui si arde, sotto un sole beffardo di velluto rosso drappeggiato sul fondo della pallida luna. La bella luna dai capelli viola.
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Avrò mani per dimenticare e segreti per ricordare. Sguardi distanti mentre gli occhi sono qui e vedono le solite cose, le stesse persone. Avrò suoni per dare voce ai ricordi e speranze accese per un futuro da toccare.
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Il futuro ci osserva da lontano studia i nostri passi, li prevede ci viene incontro sovvertendo gli istanti, gli istinti. L’abbiamo già incontrato, ma non ricordiamo. Gli andiamo innanzi festosi bimbi ingenui a braccia spalancate. Al di là ci attende il cerchio perfetto dell’amore?
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Talvolta il futuro è cupo e minaccioso ha la faccia scura, non quella dei giorni di festa. Attende, sa che è lì che finiremo, comunque tra le sue braccia. Possiamo voltargli le spalle fingere d’ignorarlo guardando indietro ostinati. Ce lo ritroveremo davanti all’improvviso girandoci di scatto quando ci afferrerà.
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Un’altra realtà, un altro mondo, un altro cielo s’aprono a serramanico. Coltelli pronti a richiudersi passato il pericolo. Il futuro non ci appartiene ma ci siamo già dentro chi più, chi meno, dipende dal caso. Come il passo frettoloso d’un uomo che risuona nella strada: tendi l’orecchio ed è già passato. Il domani è un ieri rimesso a nuovo. Allora il presente è solo questo tendere l’orecchio?
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Senza sosta respiro volti candidi sfumate parole. Riscopro presenze afferro assonanze La pena è nell’oblio.
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Questo scorcio di mondo è una scheggia frastagliata un cubo con miliardi di facce un frammento di universo geometria incostante, mutevole. Pietra vagabonda che rotola a inseguire ogni giorno un sogno diverso con le tasche piene di buchi e illusioni. Lo sguardo perso in perimetri semplici sotto leggeri coperchi di cartone forato.
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Muto, buio silenzio. Il corpo si disfa, si adagia, perde forma. Ripenso alla carne al piacere ai giorni avverto la fatica nelle ossa e il tempo che non torna.
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Questo futuro che non conosci, non lo hai pianificato. Arriva forse per dirti: non hai valutato le infinite strade del cuore, le svariate possibilità della mente che muta di giorno in giorno in attimi, colore.
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Il cielo è una cupola di vetro smerigliato solcato da una processione di bolle d’aria. Più in là un grumo minaccioso di nubi. Coppa di cristallo boemo segnata da lampi di luce, la benzina sull’asfalto bagnato s’allarga multicolore e felice, ignora l’incomprensione. Cappa di ferro di un guerriero antico c’è chi sa reggere fino alla fine la battaglia. Altre albe verranno. Lievi petali di sorgente. |