FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 19
luglio/settembre 2010

Eros

 

POESIE D'AMORE

di Elio Pecora



(A LUGLIO CONOBBI L’AMORE)

A luglio conobbi l’amore
di sera, in mezzo alla gente,
amore con occhi curvi
e brevi consunte parole.
Da quanto attendevo incredulo.

Nell’aperta città
andammo a spegnere il sole
incontro a tramonti viola,
amore senza memoria
raccolto per tante giornate
traverso un quieto dolore
scoperto alfine più lieve,
felicità rivelata,
amore, farfalla tremula.

Io chiedevo la sosta
al mio continuo penare,
ora sazio la sete
alla fontana più fresca.
E prego questo amore
che viva dentro i miei giorni
e i silenzi mi sciolga
di fitte parole,
io canterò il motivo
ritrovato nel canto.

T’ho lungamente atteso
amore con occhi curvi
e quando sei venuto
alla mia porta socchiusa
ho scordato il pianto
e i lunghi tormenti:
del tuo respiro di miele
ho colma la bocca.

Amore di un mese e di sempre
dolcemente consumami
il cuore e il canto. Tu
felicità ritrovata,
ruscello, còlto geranio,
adolescenza incantata,
amore fiorito
ti porto nelle strade
perché gli invidiosi sappiano
l’amore che conobbi
a luglio in mezzo alla gente.
Amore, clarino dell’anima.


NELLE TUE PALME DISCHIUSE

Nelle tue palme dischiuse
lascia ch’io posi stasera
questo mio sonno di lacrime.
Né sei più tu chi diceva
“andremo..sempre...” Tu vai
incontro ad altre parole
per strade che non conosco
ed io rimango a pensare
se tutto fu gioco.


ANCORA APPRESTANDO LA CENA

Ancora apprestando la cena
parliamo delle cose di ieri.
Sai, come sciarpa tiepida
ho avvolto intorno al collo la pena
stranamente godendola.
Mi racconti i tuoi amori
quelli di oggi e quelli
che domani attendi,
l’amore grande che presto
venga a domarti
un lunghissimo tempo.
T’ascolto senza gridare
perché io devo capire
che un nuovo sole ti scalda:
io chiedo un silenzio
spalancato d’anima.
(Comprerò anemoni scuri
e gialla mimosa
per la mia stanza d’ombra).
Eravamo la goccia che chiude il mondo
e l’incauta felicità
la nota che s’alza dal flauto
e penetra il cielo. Tu vai
in questo febbraio di vento,
poi apprestando la cena
parliamo delle cose di ieri.


CON COLTELLO D’AMORE

Ammucchio frumento per i giorni
e papaveri senza odore
per ornare la soglia e le stanze
Acquario gonfiando
di pioggia le gronde.
Le parole dei vecchi
sono pene che conosco,
oltre i vetri appannati
mi fingo una bianca strada,
la tua mano fanciulla
m’inserra il cuore
(dentro l’arancio Inverno
preme di giallo seme la scorza)
la polpa delle tue dita
apro con coltello d’amore,
io domando la forza dell’infinita stagione.


DOCUMENTO

Gli toccherebbe la rassegnazione
ai dati dell'anagrafe, cessando
così, da un'ora all'altra, di sapersi
ancora amante e di pressante amore.

Dunque, per un conteggio impiegatizio,
dovrebbe allontanarsi dal recinto
dove chi cerca trova ed è trovato
e nei silenzi pulsano i respiri.

Potrebbe, allora, badare tranquillo
a chi non ha pudore a raccontargli
lo sguardo ricambiato, la parola
che torna a riaccendere e riavvia.

Deve, insomma, cacciarsi nella parte
dell'insipiente attonito accorato
che ha concluso il suo turno e al mattino
riceve il rendiconto dallo specchio:

un'altra ruga, un altro cedimento
del collo, delle palpebre - le labbra
schiuse di porcellana - tremolanti
gelatine dei lombi, delle braccia.

(Ci fu un vegliardo che morì godendo;
un altro che passò gli ultimi mesi
alla finestra perso-innamorato,
l'uno e l'altro intessevano sapienze.

E Filemone e Saffo e l'usignuolo
al suo meglio negli orti del tramonto.
A novant'anni canta incipriata:
"L'amato viene e porta in bocca il miele".)

Forse che la ragione può disfare
il desiderio e chiuderne le porte?
Forse che nelle dita la carezza
a un tratto come sterpo si dissecca?

Basta il cibo di ieri all'affamato?
E un lieve sogno allevia la veglia?
A maggio il tiglio tutto si riaddobba
delle sue inflorescenze profumate.

    Ha avuto cento amanti ed altri cento
    ne ha cercati nei giri delle voglie
    (quali – domanda – furono i più vivi?).
    Erano in tanti ed è rimasto solo.

    Ma li chiama, riappaiono, li abbraccia
    per un piacere ch'è di sfinimento:
    poi quei fantasmi sveltamente caccia
    e continua l'attesa e non dispera.


LA PAURA AMOROSA
(su un verso di Alda Merini)

e se paura fosse desiderio
smodato di vederti, di restare
solo con te presso un oscuro mare
la vita intera...
se il remo che percuote fosse il bene
che mi fu dato e fosse il segno, il grido
che soffocai, l’ora che spersi lieve
dentro un tempo che il tempo cancellò...
se non fossi la voce che ti chiama
e t’accompagna dentro giorni uguali...
... per quali strade ancora cercherei
i tuoi passi prudenti, il tuo richiamo...
se solo per paura urlassi: “T’amo!”...


*

Conosco il tempo solo perché è tuo
e per uscirne devo abbandonarti. *

Così transigi al patto
da me controfirmato una sera d’aprile
e te ne vai per isole e per golfi
anche contento.


*

Il nome amato che non voglio dire
è come un vento fresco
che, senza il trapezista,
fa oscillare il trapezio sulla pista.


*

Tu chiami bene l’àncora che affonda
dentro una molle rena
attendendo; anche tu attendi l’onda
e con l’onda la piena?


*

La ferita mortale
a quel balsamo atteso si richiuse,
non erano che intruse
tutte le mie parole.


CANZONE

Posso anche dire che l’amore è eterno,
che dura sempre se sta acceso dentro;
e vale anche l’amore di domani
e quello che chiamammo ieri amore.

Ed è amore andarsene in un treno
incontro al cielo che si veste d’ombre,
il vento che respira nelle foglie,
archi di luce a una festa lontana.

Ed è amore la voce nel telefono,
il ricordo improvviso che dispare,
il gesto, il giuramento che non vale
se tutto corre, muta, si tramuta.

Così ripeto che l’amore è eterno
perché ognuno ha bisogno d’amore,
mai smette di cercarlo il desiderio,
lo chiama nell’attesa che non cede:

amore che ogni giorno ci accompagna.


Le poesie qui proposte sono tutte, esclusa “La paura amorosa” e “Documento”, inedite: le prime quattro, mai pubblicate, sono state composte fra il 1965 e il 1966, le rimanenti fra il 1998 e il 2003.



e.pecora@tiscali.it