(A LUGLIO CONOBBI L’AMORE)
A luglio conobbi l’amore di sera, in mezzo alla gente, amore con occhi curvi e brevi consunte parole. Da quanto attendevo incredulo. Nell’aperta città andammo a spegnere il sole incontro a tramonti viola, amore senza memoria raccolto per tante giornate traverso un quieto dolore scoperto alfine più lieve, felicità rivelata, amore, farfalla tremula. Io chiedevo la sosta al mio continuo penare, ora sazio la sete alla fontana più fresca. E prego questo amore che viva dentro i miei giorni e i silenzi mi sciolga di fitte parole, io canterò il motivo ritrovato nel canto. T’ho lungamente atteso amore con occhi curvi e quando sei venuto alla mia porta socchiusa ho scordato il pianto e i lunghi tormenti: del tuo respiro di miele ho colma la bocca. Amore di un mese e di sempre dolcemente consumami il cuore e il canto. Tu felicità ritrovata, ruscello, còlto geranio, adolescenza incantata, amore fiorito ti porto nelle strade perché gli invidiosi sappiano l’amore che conobbi a luglio in mezzo alla gente. Amore, clarino dell’anima.
NELLE TUE PALME DISCHIUSE
Nelle tue palme dischiuse lascia ch’io posi stasera questo mio sonno di lacrime. Né sei più tu chi diceva “andremo..sempre...” Tu vai incontro ad altre parole per strade che non conosco ed io rimango a pensare se tutto fu gioco.
ANCORA APPRESTANDO LA CENA
Ancora apprestando la cena parliamo delle cose di ieri. Sai, come sciarpa tiepida ho avvolto intorno al collo la pena stranamente godendola. Mi racconti i tuoi amori quelli di oggi e quelli che domani attendi, l’amore grande che presto venga a domarti un lunghissimo tempo. T’ascolto senza gridare perché io devo capire che un nuovo sole ti scalda: io chiedo un silenzio spalancato d’anima. (Comprerò anemoni scuri e gialla mimosa per la mia stanza d’ombra). Eravamo la goccia che chiude il mondo e l’incauta felicità la nota che s’alza dal flauto e penetra il cielo. Tu vai in questo febbraio di vento, poi apprestando la cena parliamo delle cose di ieri.
CON COLTELLO D’AMORE
Ammucchio frumento per i giorni e papaveri senza odore per ornare la soglia e le stanze Acquario gonfiando di pioggia le gronde. Le parole dei vecchi sono pene che conosco, oltre i vetri appannati mi fingo una bianca strada, la tua mano fanciulla m’inserra il cuore (dentro l’arancio Inverno preme di giallo seme la scorza) la polpa delle tue dita apro con coltello d’amore, io domando la forza dell’infinita stagione.
DOCUMENTO
Gli toccherebbe la rassegnazione ai dati dell'anagrafe, cessando così, da un'ora all'altra, di sapersi ancora amante e di pressante amore. Dunque, per un conteggio impiegatizio, dovrebbe allontanarsi dal recinto dove chi cerca trova ed è trovato e nei silenzi pulsano i respiri. Potrebbe, allora, badare tranquillo a chi non ha pudore a raccontargli lo sguardo ricambiato, la parola che torna a riaccendere e riavvia. Deve, insomma, cacciarsi nella parte dell'insipiente attonito accorato che ha concluso il suo turno e al mattino riceve il rendiconto dallo specchio: un'altra ruga, un altro cedimento del collo, delle palpebre - le labbra schiuse di porcellana - tremolanti gelatine dei lombi, delle braccia. (Ci fu un vegliardo che morì godendo; un altro che passò gli ultimi mesi alla finestra perso-innamorato, l'uno e l'altro intessevano sapienze. E Filemone e Saffo e l'usignuolo al suo meglio negli orti del tramonto. A novant'anni canta incipriata: "L'amato viene e porta in bocca il miele".) Forse che la ragione può disfare il desiderio e chiuderne le porte? Forse che nelle dita la carezza a un tratto come sterpo si dissecca? Basta il cibo di ieri all'affamato? E un lieve sogno allevia la veglia? A maggio il tiglio tutto si riaddobba delle sue inflorescenze profumate. Ha avuto cento amanti ed altri cento ne ha cercati nei giri delle voglie (quali – domanda – furono i più vivi?). Erano in tanti ed è rimasto solo.Ma li chiama, riappaiono, li abbraccia per un piacere ch'è di sfinimento: poi quei fantasmi sveltamente caccia e continua l'attesa e non dispera.
LA PAURA AMOROSA
(su un verso di Alda Merini)
e se paura fosse desiderio smodato di vederti, di restare solo con te presso un oscuro mare la vita intera... se il remo che percuote fosse il bene che mi fu dato e fosse il segno, il grido che soffocai, l’ora che spersi lieve dentro un tempo che il tempo cancellò... se non fossi la voce che ti chiama e t’accompagna dentro giorni uguali... ... per quali strade ancora cercherei i tuoi passi prudenti, il tuo richiamo... se solo per paura urlassi: “T’amo!”...
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Conosco il tempo solo perché è tuo e per uscirne devo abbandonarti.
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Così transigi al patto da me controfirmato una sera d’aprile e te ne vai per isole e per golfi anche contento.
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Il nome amato che non voglio dire è come un vento fresco che, senza il trapezista, fa oscillare il trapezio sulla pista.
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Tu chiami bene l’àncora che affonda dentro una molle rena attendendo; anche tu attendi l’onda e con l’onda la piena?
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La ferita mortale a quel balsamo atteso si richiuse, non erano che intruse tutte le mie parole.
CANZONE
Posso anche dire che l’amore è eterno, che dura sempre se sta acceso dentro; e vale anche l’amore di domani e quello che chiamammo ieri amore. Ed è amore andarsene in un treno incontro al cielo che si veste d’ombre, il vento che respira nelle foglie, archi di luce a una festa lontana. Ed è amore la voce nel telefono, il ricordo improvviso che dispare, il gesto, il giuramento che non vale se tutto corre, muta, si tramuta. Così ripeto che l’amore è eterno perché ognuno ha bisogno d’amore, mai smette di cercarlo il desiderio, lo chiama nell’attesa che non cede: amore che ogni giorno ci accompagna.
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