FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 19
luglio/settembre 2010

Eros

 

FABIO CIRIACHI, L’EROE DEL GIORNO

di Alessio Brandolini



Dopo il luminoso e intenso romanzo Soprassotto (Palomar, 2008) dove Fabio Ciriachi ha messo a confrontato l’attuale generazione con quella del sessantotto, ricostruendo sapientemente – affiancandola alle storie personali dei protagonisti – la storia italiana a partire dagli anni sessanta, lo scrittore romano pubblica L'eroe del giorno (Gaffi, 2010) una storia molto diversa dalla precedente, tutta concentrata in pochi anni (1957-1960) e su un solo luogo: Roma, o meglio, il quartiere Africano, dove i palazzi popolari, si mescolano a quelli dei ricchi in costruzione e ai sempre più radi residui di campagna, affollati di baracche di italiani provenienti dal sud.

Un romanzo di formazione, diviso in brevi capitoli, a tratti molto poetico dove il protagonista, il tredicenne Ivan Capacci, trascorre i suoi lenti giorni (senza tv, né computer, né playstation) nell’ambito di una famiglia allargata – cosa che avviene soprattutto quando si ammala gravemente la mamma del protagonista – e i suoi tre inseparabili amici di avventura: Lillo, Moretto e Gigi-stecco. I quattro affrontano sfide quotidiane, pericolose esplorazioni, come quelle dentro i bassi cunicoli di Monte Antenne, e fanno di tutto per conoscere in fretta la vita che gli gira intorno. Amici anche nella tragedia, come quando uno di loro annegherà nel fiume.

Molto importante è anche il lavoro come aiuto meccanico di Ivan (la vecchia cultura operaista, con l’uso quotidiano delle mani che apprendono, giorno dopo giorno, a fare nuove cose), che non è solo fonte di aiuto economico per la sua famiglia, ma scuola di vita, di politica, di occasione per apprendere “la fatica”, estendere le proprie conoscenze e tuffarsi senza paura negli intrecci, spesso illogici o imprevedibili, dell’esistenza umana.
Proprio nell’officina di Sauro (più padre che padrone) il giovane protagonista farà amicizia con una giovane e attraente donna: la motociclista Orietta, più grande di lui, e vivrà con lei un amore “adulto” che lo inizierà dolcemente all’erotismo, al sesso e gli muterà lo sguardo sulle cose, e sul dolore vissuto tra le pareti di casa, con la madre che si aggrava sempre di più.

La parte finale è lucida e rigorosa, quella che si apprezza di più, e anche la più commovente. A tratti il romanzo è costruito a tasselli che s’inseriscono uno nell’altro, a volte in maniera non del tutto convincente (rallentando un po’ il ritmo), tesi a ricostruire un ambiente, un modo di vivere che, in pochi anni, con il cosiddetto “boom economico”, risulterà profondamente sconvolto.

L’eroe del giorno è una storia che convince, anche se non sorprende e stupisce molto il lettore, come invece era accaduto con Soprassotto. Probabilmente questa lunga zoomata sul passato era indispensabile all’autore (il romanzo ha un sfondo autobiografico, i luoghi narrati sono gli stessi dell’infanzia dell’autore) per mettere più salde radice dentro se stesso, rielaborare ricordi, prendere piena coscienza del personale percorso di narratore (Ciriachi ha pubblicato anche splendidi libri di poesia), aguzzare/affinare il proprio sguardo recettivo concentrandosi, in questa storia, sulle instabili emozioni adolescenziali de L’eroe del giorno. Magari per tornare a stupirci, molto presto, con una nuova e sorprendente storia.


Fabio Ciriachi, L’eroe del giorno, Gaffi, Roma, 2010, pagg. 285, euro 15,00.




da L'EROE DEL GIORNO

Forse doveva preparare, dentro di sé, uno spazio così accogliente da poter contenere, con la dovuta gentilezza e attenzione, quella cosa sconosciuta che sarebbe stata la morte di sua madre. Non certo prendendo ad esempio quello che faceva lei quando cercava di mettere ordine nello sgabuzzino, e ne usciva sempre, dopo ore di fatiche, con rimedi che, tempo qualche giorno, finivano per mostrarsi peggiori del male. Sistemare lo sgabuzzino dei suoi sentimenti: questa sì invece era una sfida possibile. Già, si domandò, serio, ma come si diventa accoglienti e gentili? Come si impara l’attenzione?

«Tesoro mio» sussurrò sua madre senza aprire gli occhi. Ivan rimase immobile, e pensò subito che lei stesse sognando. Poi si disse che forse parlava a nonna Clelila del cui allontanamento s’era accorta.

«Ivan, tesoro mio» ripeté sua madre, stavolta senza lasciare spazio a dubbi.

«Sto qua, mamma» gli disse lui un po’ vergognoso.

Di cosa si vergognava? Di essere giovane e vivo, e sano, anche? Di non averla aiutata a non ammalarsi tanto gravemente? Di cosa, dunque? Di non saperle parlare ora che sarebbero servite parole decisive? Di soffrire per Orietta sottraendo forza al dolore che altrimenti avrebbe potuto riservare solo a lei?

«Bravo, tesoro mio, bravo...» disse sua madre senza mai aprire gli occhi, quindi tacque e tornò a quella specie di sonno in cui pareva piacevolmente immersa, all’aria distesa del suo respiro breve e rapido.




FABIO CIRIACHI
è nato a Roma, dove risiede, nel 1944. Diviso fra vivere e scrivere, si è lungamente dedicato a vivere (fotografo, attore di teatro, contadino, pastore, operaio, operatore culturale, artigiano), e solo dal 1987, tornato a Roma dopo quindici anni, ha preso in seria considerazione la scrittura.
Ha pubblicato la silloge Dissidenze in 7 poeti del Premio Montale (All'insegna del pesce d'oro, 1991); le raccolte poetiche L'arte di chiamare con un filo di voce (Empiria, 1999) e Il giardino urbano (Empiria, 2003).
È autore di racconti: Solo per somiglianza, pubblicato in La mia città senza grazia, antologia del premio di narrativa “Anna Maria Ortese 2004” (Empiria, 2005); Un poeta all'inferno, pubblicato in Renault 4 - Scrittori a Roma prima della morte di Moro (Avagliano, 2007); la raccolta Azzurro-cielo e verde-pistacchio (Edimond, 2008).
Ha pubblicato il romanzo Soprassotto (Palomar, 2008). Ha tradotto dal francese l'opera di David Mus Qu'alors on ne se souviendra plus de la Mer Rouge (Ragage/Empiria, 2005).
Ha recensito libri per “Il Mercurio” di Repubblica, “la talpa libri” del Manifesto e l'Unità.


alexbrando@libero.it



Su Fabio Ciriachi vedi anche
sul numero 16
la recensione su Soprassotto
di Alessio Brandolini.