A volte le piccole case editrici, non dovendo sottostare alle leggi del mercato editoriale, ci offrono romanzi assai interessanti: magari non avranno l’appeal dei romanzi che vanno per la maggiore, non saranno intrisi di storie di complotti, di sette esoteriche, di magia e stregoneria, non avranno né colpi di scena né pretese di analisi psicologica particolare; hanno però la bellezza della semplicità, del narrare fatti quotidiani di vite quotidiane che hanno protagonisti normali.
Così il romanzo Il cerchio nel vento (Il Filo, 2009) di Massimo Passeri, potrebbe essere preso come esempio di scrittura minimalista, di romanzo genuino che traccia con chiare pennellate una storia semplice, di una crescita e una maturazione senza tutela genitoriale. La protagonista è Chiara, un’orfana cresciuta in collegio, che, compiuti i 22 anni, sente il bisogno di un cambiamento. E si lascia trasportare dal vento, proprio come un aquilone: lascia la sua città, le sue piccole certezze, il suo lavoro, e decide di prendere un treno per un paesino vicino Bologna. In tasca ha solo l’indirizzo del fratello della sua migliore amica.
In poco tempo si crea un’altra vita, un’altra realtà fatta di lavoro ma anche di maturazione, soprattutto grazie a due personaggi che entrano nella sua vita: Vittoria, inquilina del palazzo in cui comincia a fare le pulizie; e Giuseppe, direttore di un ristorante dove viene assunta come tutto fare. Sono due amicizie profonde, ritmate da caffè presi insieme e da meditazioni intense sulla vita, sono due esempi che arricchiscono molto Chiara e danno un senso all’esperienza che sta intraprendendo.
Così, con molta naturalezza, le cose proseguono come nella vita reale. Nascono amori, altri finiscono, si cerca di capire il senso della propria vita.
Vittoria, ormai ultrasessantenne, cerca di dare un significato agli anni che le restano da vivere e lo fa donandosi agli altri: parte volontaria per aiutare i bimbi in Iraq a studiare l’inglese. Anche Giuseppe, più o meno della stessa età di Vittoria, cerca risposte per la sua vita, per una sorella ritrovata nella malattia, per altri parenti forse persi per sempre. Tutto procede con naturalezza, l’autore non appesantisce né i dialoghi né le storie con ricercatezze e colpi di scena. Chiara cerca lentamente di capire il suo posto nel mondo:
Io non posso dirti nulla. Anch’io spesso non riesco a capire, e poi spesso mi domando, capire cosa? Ti posso dire che ti voglio bene, che ci vorremo bene, e non è poco. Vai avanti, penso che ti aiuterà il tempo; io ho cominciato a capire adesso come stavo qualche mese fa, come sto adesso non lo so! Comunque è bello pensare, avere dubbi, non capire, non dormire… a un tratto poi va meglio e ti senti più ricca, più convinta… per un attimo, poi ricambia tutto! Un po’ di musica, una corsa nel parco… ma soprattutto qualcuno che ti vuole bene… boh!
(pag. 30)
In questa indeterminatezza sta il bello del romanzo. A volte è lo stesso autore che si spoglia dell’abito onnisciente per confidare a noi lettori che lui stesso non sa come andrà a finire la storia. È il vento che spinge l’aquilone e non si può calcolare il suo tragitto.
I fatti si susseguono come deve naturalmente accadere. Il fratello della sua amica si lascia con la ragazza, Chiara si innamora di un bravo ragazzo, Vittoria si fa sentire con lettere meravigliose ma non lascia il suo recapito per le risposte. Chiara resta sola nell’appartamento affittato, Giuseppe è sempre meno presente al ristorante; quando poi quest’ultimo cambia di proprietà e il nuovo gestore vuole imporre nuove regole ai dipendenti, Chiara capisce che il cerchio si sta chiudendo.
La tua forza è nel dubbio che anima la tua coscienza. Dovrai regalarti al mondo e sarai amata. Il tempo, solo e ancora un po’ di tempo, e tu ne hai tanto. Respira profondamente e riprendi a correre come facevi appena giunta qui, allontana i nemici e le costrizioni del tuo spirito, è nato libero con te e non ti ha mai abbandonato, né deluso o tradito. Corre semplicemente più veloce dello scorrere della tua gioventù, magnifica e incosciente. E poi tu non hai paura. Riesci in equilibrio a colorare ciò che ti si propone e avvicina, poggiata su quel delebile disegno della tua preziosa matita…
(pag. 143)
Decide quindi di seguire l’istinto. Si congeda da tutti, si dimette dal ristorante, e torna al punto di partenza, dove il vento aveva iniziato a far volare il suo aquilone.
E ora sono qui. Anche perché la pazzia di una fuga cieca non è mai da ripercorrere.
Gli occhi chiusi con timore, tenuti serrati con brivido per riaprirli lentamente. Ora aperti e protetti. E per andare dove? Un altro viaggio per il ritorno. (…)
Non sento di essere fuggita da quel mio vissuto intriso, se fossi rimasta, mi sarei arrestata, oscillando tra il ricordo e il pensiero. La sensazione di una biancheria intima, aderente, mia, della quale difficile svestirsi. Movimenti lenti e contorti, paura di strappare. E di avere freddo.
Mi tornano e vengono altre considerazioni, confuse da troppi perché invadenti e da una ricerca disperata nell’incedere per una meta celata e presente.
Quando ho deciso? Ti sembrerà incredibile, ma è stato il tempo. Mi è apparso in calendario, in quella data che chiudeva un cerchio. Un anno.
L’istinto mi ha portato a obbedire a quel segnale inconscio e vibrato. L’ho abbracciato come compagno, mi ha porto la mano e io l’ho stretta, fedele e donna.
E ora sono qui.
(pagg. 161-162)
Il finale mostra ancora meglio la circolarità ricomposta della storia. Giuseppe la va a trovare e la invita ad uno spettacolo circense che si fa una volta l’anno in onore di un acrobata morto. È lo stesso spettacolo che, all’inizio della storia, aveva tanto colpito con la sua locandina la nostra Chiara indecisa se partire o meno.
L’aquilone ha concluso il suo cerchio, trasportato lievemente dal vento.
Massimo Passeri è nato a Tivoli dove vive con la sua famiglia. Dottore commercialista, insegna Economia Aziendale nell’Istituto Tecnico Commerciale della sua città. Il cerchio nel vento è la sua prima pubblicazione.
Massimo Passeri, Il cerchio nel vento, Il Filo, Roma, 2009, pagg. 172, euro 13,50
o.palamenga@tin.it
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