FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero 12 ottobre/dicembre 2008 Suoni di versi |
CONSONANZE SALVADOREGNE: DALLA GENERACIÓN COMPROMETIDA ALLA POESIA DE COMBATE di Irene Campagna |
Il panorama della poesia salvadoregna è ritenuto da alcuni alquanto disomogeneo. David Escobar Galindo, poeta salvadoregno nato negli anni ’40, sostiene ad esempio che all’interno di questo disordinato contesto trascendano le voci di alcuni singoli poeti, di alcune individualità, che in quanto tali non contribuiscono alla creazione di un processo culturale collettivo. I gruppi, secondo lui, nascono dall’entusiasmo del momento, non hanno una vera “coesione programmatica”, sono macchie di leopardo in un quadro frammentato già per cause storiche e istituzionali.
Proviamo allora ad abbozzare una visione globale soffermandoci sui fenomeni poetici di maggior rilievo per vedere che tipo di critica opera la poesia salvadoregna e quali suoni riverberano dai suoi versi. Gli inizi del XX secolo nel Salvador sono segnati dalla mancata conoscenza della storia nazionale, dovuta al conservatorismo dello stato “cafetalero”: il romanzo storico non si sviluppa e lo stato impedisce la diffusione delle opere già esistenti.
Il generale Maximiliano Hernández Martínez aveva preso il potere nel 1931 con un colpo di stato, rimanendovi fino al 1944. La censura della lunga dittatura militare vissuta dal paese non aveva permesso lo sviluppo di un giornalismo libero e la pubblicazione di riviste culturali. Così gli scrittori erano costretti a far circolare le loro opere clandestinamente, non riuscendo spesso ad abbracciare un circuito sufficientemente ampio, né a promuovere – sostiene Ferman Cienfuegos – una scuola letteraria che desse impulso allo sviluppo, fra le altre cose, di un romanzo sperimentale.
Appartenevano a questo gruppo i poeti riuniti nel Circulo Literario Universitario, nucleo militante della Generación Comprometida, fondato nel 1956 dal guatemalteco Otto René Castillo e Roque Dalton. Fra i principali componenti della Generación Comprometida ricordiamo: Roque Dalton (Castillo lascia dopo poco tempo il Salvador per unirsi alla guerriglia guatemalteca), Roberto Armijo, Manlio Argueta, Tirso Canales, Alfonso Quijada Urías, Italo Lopez Vallecillos, Liliam Jimenez, Mercedes Durand, Roberto Cea, Oswaldo Escobar Velado. Con essa ebbe stretti contatti anche il poeta comunista Pedro Geoffroy Rivas, ma non si integrò ad essa. “El poeta tiene que ser una conducta” era il principio fondamentale dei componenti del Circolo. Ovvero il poeta aveva il compito di denunciare le ingiustizie sociali e di definire il suo ruolo nella società: il poeta fa parte del popolo, non è un eletto, partecipa alle rivendicazioni delle masse e usa la sua opera come un’arma, deve indirizzare il suo impegno in una specifica forma di lotta per realizzare l’unità fra pensiero e azione. Così si supera quel modello inaugurato da Neruda nel Canto General (1950), in cui il poeta era portavoce e profeta del popolo. Le scrittrici e poetesse “comprometide” attuano una doppia operazione di rinnovamento delle lettere, unendo alle posizioni condivise con la Generación l’innovazione della letteratura “femminista”, rifiutando in primis tale etichetta caratterizzante una dimensione molto intimista che confinava la donna nello spazio domestico, escludendola dalle questioni di sfondo sociale e attuando un cambiamento tematico.
Alla Generación seguirono molti altri gruppi di minore o maggiore importanza come Piedra y Siglo (1966) fondato da poeti nati negli anni ’40 fra cui Rafael Mendoza, Julio Iraheta Santos, Luis Melgar Brizuela, Ovidio Villafuerte, Ricardo Castrorrivas. Piedra y Siglo era un movimento molto vicino alla Generación Comprometida, condivideva con questa preoccupazioni sociali e vedute politiche, era di formazione marxista, però meno militante.
Si collocano all’esterno di questa linea di continuità fra la poesia della Generación Comprometida e quella de combate degli anni ’80, due poeti molto apprezzati a livello nazionale e internazionale, entrambi nati negli anni ’40: Alfonso Quijada Urías (o Kijadurías, come preferisce farsi chiamare ) e David Escobar Galindo.
La poesia di protesta della Generación Comprometida si presenta come espressione di un’avanguardia, nel senso che è presente “la tradizione della rottura” e la volontà innovatrice. L’impronta politica e sociale potrebbe sembrare un atto avanguardistico sulla scia di Breton, ma è da considerare la profondità di tale fenomeno che supera la Generación per arrivare costante e ininterrotto fino alla poesia degli anni’80. Sembra allora di poter individuare un processo culturale omogeneo e dai contorni ben definiti. Le “individualità” sono proprio quelle che si pongono al di fuori di tale processo sospinto da un gruppo con grande coesione programmatica, evidentemente, per riuscire ad arrivare così lontano nel tempo.
Roque Dalton sosteneva che la poesia è come il pane, di tutti. Come il pane ha un fine, deve nutrire tutti, e nelle diete povere il pane è un alimento di prima necessità. Pane fatto con farina macinata dal grano unitario, pane umano perché fatto dall’uomo per l’uomo.
1Maria Poumier, La critica en la poesía, Conferencia inaugural para el IV Festival Internacional de Poesía de San Salvador, 10 de octubre 2005. 2Maria Poumier, Dones Salvadoreños, Conferencia IV Festival Internacional de Poesía de San Salvador, octubre 2005. 3David Escobar Galindo, Indice Antologico de la poesía salvadoreña, UCA Editores, El Salvador, 1982, 1987 Segunda Edición. 4Saúl Yurkievich, A través de la trama. Sobre vanguardias literarias y otras concomitancias, Muchnik Editores, Barcelona, 1984. 5Maria Poumier, Introduction a Poesie salvadorienne du XX siècle, Editions Patiño, Geneve ( Suisse ), 2002. INTERVISTA A MARIA POUMIER Maia Poumier vive in Francia. Ha dedicato due antologie alla poesia salvadoregna: Quizás tu nombre salve/ Et si ton nom sauvait, Anthologie bilingue de la poésie salvadorienne e Poésie salvadorienne du XX siècle (2002, Ginevra). Ha inoltre reso un omaggio a David Escobar Galindo, Les Clés du sous-sol, e provveduto alla supervisione della traduzione francese delle Historias Prohibidas del Pulgarcito di Roque Dalton. Ha scritto due importanti articoli sulla poesia salvadoregna contemporanea: La crítica en la poesía e Dones salvadoreños. Può dirci in che modo la poesia della Generación Comprometida del Salvador influenzò il percorso della poesia salvadoregna? Dove s’incontrano rotture e dove, al contrario, influenze?
Dice al riguardo la professoressa Matilde Elena Lopez, poetessa illustre fra gli eredi della Generación Comprometida: “ l’estetica della sonorità, la formula metrica, la declamazione, l’inno, si sono esauriti. Esiste una nuova forma di comunicazione poetica, non per declamare, ma per leggere, meditare e discutere… poesia che si nega ad essere materia esclusiva della preziosista mummificazione sonettistica e bibelotistica secondo Roque Dalton”.
Quale, fra i gruppi che si formarono negli anni ’70, sembra mantenersi maggiormente vincolato alla Generación Comprometida?
Senz’altro Piedra y Siglo (1966) si distinse per la qualità. Rimproverò alla generazione precedente il monopolio editoriale esercitato dal Circulo Literario nell’Università di San Salvador.
Nel suo articolo “Dones salvadoreños”, lei osserva: La Generación Comprometida che successe a Masferrer scrisse partendo da posizioni di sicurezza nella propria identità, di fiducia nelle proprie armi per cambiare le cose, per trasformare il Salvador e salvare i poveri con loro. La voce vigorosa di questi avanguardisti che vedevano loro stessi come i primi a marciare incontro al fuoco non possiede la trepidazione di Masferrer, parte da dolori già vinti nell’unità e nel fragore della battaglia.
Certo, la poesia collerica non dubita di se stessa e si è evoluta molto da allora. Ma poi, ricomincia a vincerla una certa amarezza, un certo avvilimento.
Nello stesso articolo, lei scrive: Cosa sarebbe la storia del Salvador senza la Generación Comprometida e tutta la valanga di poesia di lotta che accompagnò gli anni 1980? Soltanto un’altra sconfitta dell’umanità.
La vittoria dei poeti salvadoregni è che trascesero la voce di Roque, il Salvador smise di essere un paese che riceveva influenze per diventare un paese che vivifica i poeti di altre terre.
Fino a che punto gli eventi della guerra civile condizionarono la produzione poetica, ci furono poeti che mantennero un atteggiamento più individualista, più intimista?
Si menziona sempre David Escobar Galindo come esempio del poeta che si negò a seguire la corrente. Così, mentre il grido scomposto era il suono che riempiva lo spazio editoriale, lui continuava a scrivere sonetti, come se niente stesse cambiando, in fondo. Ma i suoi Sonetos penitenciales sono monumentali proteste contro la guerra, pur adottando un tono confessionale.
Dopo la Generación Comprometida, quali le avanguardie poetiche? La poesia di lotta o una poesia più classica, lirica?
La nozione di avanguardia poetica è una metafora presa dal vocabolario militare. Però nella dottrina militare anche ciò che è nascosto è decisivo, e il segreto è imprescindibile per preparare grandi colpi di audacia. La poesia è una manifestazione della guerra di tutti contro l’inganno e la bruttezza. Nel nostro esercito ci sono gli esposti e gli occultati: a volte convergono senza saperlo nel dare colpi maestri, sempre inattesi.
Alfonso Quijada Urías si unì molto giovane alla Generación Comprometida, però negli gli anni ’70 si allontana dal gruppo. Questa circostanza si riflette in qualche modo sulla sua produzione poetica?
Alfonso Quijada Urías è un poeta che ha un forte impatto sui giovani poeti salvadoregni. Credo che a dargli un tono un po’ distante dagli altri è il fatto che si è radicato da molti anni in Canada, e riflette altre letture, altri alimenti linguistici. Cambiando contesto cambiò anche il nome, è giustificato, adesso si chiama Kijadurías, e apporta venti nuovi alla sua terra natale.
Lei ha reso un omaggio a David Escobar Galindo, un poeta che si distingue fortemente nel panorama delle lettere salvadoregne. Che io sappia, non si avvicinò mai a nessun gruppo, a una scuola poetica…
È un personaggio a parte, fin dalla nascita. Dicendoti che è alto quasi due metri, in America Centrale è inconfondibile! Però credo invece che appartenga ad una certa scuola poetica: quella dei morti, di coloro che ormai non possono colpire per il loro carattere, la loro gerarchia sociale o le loro avventure, ma soltanto per i loro versi che il tempo e le rivalità non sono riusciti a cancellare.
Penso a ciò che lei afferma in “Dones Salvadoreños” a proposito di tendenze e scuole poetiche: sono convinta che un gruppo si aggrega per affinità e prossimità […].
In realtà Galindo attrae molto, riunisce, con discrezione, senza smanie. Né respinge né spaventa, sa essere accogliente o paziente, in base alle necessità del momento. È un poeta dell’equilibrio, senza smettere di essere audace e radicale. Possiede qualità davvero necessarie per un paese tanto abbandonato come il Salvador, è anche un protettore per gli altri poeti: aiuta ognuno a trovare una certa pace interiore.
A quanto ho capito per lei la poesia è qualcosa di magico e sacro allo stesso tempo. La sacralità di una religione ancestrale e la magia che nelle culture popolari sempre accompagna la religione, perché nascosta in tutte le cose in attesa di essere rivelata. Scrive che la poesia ha bisogno del suo clero, esegeti, apologisti, glossatori[…].
Il poeta è tutto questo che dici, tutto insieme, e inoltre è un personaggio della farandúla, ha bisogno dell’applauso e della leggenda, il che lo rende molto fragile. Inoltre, il poeta deve mangiare. Ciò lo rende molto dipendente dal consenso. L’operaio non ha bisogno di essere elogiato, e pertanto sviluppa a volte un pensiero davvero indipendente. Il poeta è nervoso, il suo malessere si avverte in quello che scrive, e questa vibrazione esitante è ciò che lo rende amato, a volte divertente o patetico, in ogni caso vicino al lettore.
Come lettrice e amante della poesia, non come critica, lei crede che non esistano buoni e cattivi poeti, bisogna salvarli tutti per il loro intento poetico, critico?
È indispensabile salvarli tutti.
Los fánaticos dan manos, È sobrio, moderato, veritiero e proprio per ciò eccellente oltre che modesto, e potremmo aggiungere:
La verdad, que la pongan los poetas, |