FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero 5 gennaio/marzo 2007 Alterazioni climatiche |
NUOVI CLASSICI NELLA POESIA di Pablo Luque Pinilla |
Il presente lavoro verte sulla produzione in lingua castigliana di poeti spagnoli nati tra il 1939 e il 1953 o in un periodo prossimo a questo lasso di tempo, accomunati dal momento in cui fanno la loro comparsa in pubblico. Questo studio nasce dopo la pubblicazione dell'antologia El relevo generacional en la poesía española contemporánea,1 in cui veniva presa in considerazione la produzione di poeti nati tra il 1954 e il 1968. Si tratta, quindi, della generazione anteriore a quella di cui si occupava tale raccolta, ma il precedente fa sì che anche in questo caso ci si basi sulle stesse premesse. In questo modo, come risultato di entrambe le antologie, il lettore potrà disporre di un assaggio di poesia spagnola in castigliano delle due generazioni, in attività e successive una all'altra, più importanti all'interno del panorama poetico attuale: quella degli autori che hanno detenuto fino a poco tempo fa, o che tuttora detengono, una posizione di primo piano e quella di coloro che, come veniva spiegato nel prologo del precedente lavoro, fin d'ora ne condividono lo stesso ruolo o lo faranno a breve. Nel primo caso e per i poeti più giovani, nati a partire dal 1969, gli scrittori qui raccolti possono essere considerati i referenti letterari e i modelli da imitare; inoltre, tra i due gruppi esiste per lo meno una generazione intermedia, motivo che giustifica l'attributo di classici2 scelto per il titolo della presentazione.
I parametri su cui si basano gli antologisti spesso costituiscono una fonte inesauribile di conflitti tra i protagonisti del mondo letterario. Queste polemiche sono antiche quanto la storia della letteratura. Nel caso spagnolo, basti citare Juan Alonso de Baena e il suo mitico canzoniere, datato con tutta probabilità tra il 1420 e il 1430. Il suo lavoro, oltre a essere una straordinaria testimonianza dell'attività poetica della seconda metà del XIV secolo e il primo quarto del XV, offre molte delle chiavi interpretative delle tensioni letterarie allora esistenti. Come spiega Vicenç Beltran, con il Cancionero de Baena "lo studioso voleva salvare la poesia erudita e colta delle generazioni precedenti caratterizzata da temi morali e religiosi; essa si stava perdendo per via del successo di autori come il giovane Marqués de Santillana e i cortigiani del suo tempo, sostenitori di una concezione letteraria che girava già intorno alla tematica dell'amore cortese e al predominio di forme brevi, come la canzone, o di motti spesso in ottonari".3 In questo caso, la selezione è avvenuta tra poeti che seguono un modello generazionale preciso: seppur limitato, grazie alla sua chiarezza, questo ha permesso di esaminare tutta una serie di poesie e autori per poi offrirli, con un certo criterio, ai lettori italiani. Il concetto di generazione adottato si rifà, fondamentalmente, a quello esposto nel prologo da José Luis García Martín nella sua antología Las voces y los ecos4 che, a sua volta, si basa sul pensiero filosofico di Ortega, sistematizzato e sviluppato da Julián Marías. Secondo questo pensiero "i cambiamenti del mondo, le scene di quel dramma che è la vita umana, sono segnati dal succedersi delle generazioni. Ogni generazione rappresenta una tappa nello sviluppo storico. Le generazioni esistono per il concetto stesso di tempo umano, perché le età dell'uomo non possono essere equiparabili. In via approssimativa, la vita umana può essere suddivisa in cinque periodi, all'incirca di quindici anni l'uno".5 Secondo Marías, i primi quindici anni appartengono all'infanzia e sono anni in cui la persona, in pratica, non interviene direttamente nella storia. Gli anni dai quindici ai trenta, costituiscono il tempo dell'apprendimento in cui l'assimilazione di informazioni predomina sull'azione trasformatrice. Quelli che corrispondono alla terza generazione, dai trenta ai quarantacinque, costituiscono lo scenario su cui si proietta la personalità di ciascuno, volta a cambiare la realtà, nel tentativo di spodestare la generazione precedente da una situazione egemonica. Gli anni della quarta generazione, dai quarantacinque ai sessanta, rappresentano il momento in cui si raggiunge l'apice sociale e l'individuo si sente protagonista della vita collettiva. Infine, gli anni che costituiscono l'ultima generazione, dai sessanta ai settantacinque, prevedono l'arrivo della senilità, quindi la contemplazione della vita dall'alto dell'esperienza e la saggezza che questa comporta. Come conclude García Martín, l'intervento degli anziani è "la funzione della gerusia o senato".6 In seguito, come sottolinea Marías, l'alterazione progressiva del ciclo biologico, a favore di una maggiore longevità della persona, fa sì che coloro che abbandonano l'ultima tappa, dai quarantacinque ai sessanta anni, prolunghino ulteriormente la loro funzione sociale predominante; per questo motivo, la generazione successiva, gli ultrasessantenni, a volte finisce per condividere il ruolo dominante di quella precedente. Questo piano generazionale viene poi completato da García Martín, sempre sul filo conduttore del pensiero di Ortega, spiegando che si può parlare di generazione se, oltre al fatto che le età dei suoi componenti siano comprese in un determinato lasso di tempo, esiste un contatto tra coloro che la compongono. Non occorre necessariamente che ci sia un rapporto in senso stretto, ma nel senso che i suoi membri partecipino a società sottomesse agli stessi influssi comunitari; aspetto questo fuori discussione per quanto riguarda, in generale, il mondo occidentale e, in particolare, il mondo europeo e spagnolo. Viene anche menzionato il concetto di generazione decisiva, quella cioè che diviene indice dell'avvento di una crisi storica, segno di forte trasformazione dei valori esistenziali, culturali e sociali di una determinata epoca. Infine, vengono ripresi i termini, già di Ortega, di massa e di minoranza per sottolineare l'opportunità di prestare maggiore attenzione agli autori più importanti di ogni generazione, senza per questo ignorare tutti gli altri. Enunciata la teoria delle generazioni, il prologo di José Luis García Martín si sforza di sviscerare il concetto di serie empirica generazionale: "Utilizzeremo il metodo proposto da Ortega nel suo libro En torno a Galileo. Esso consiste nell'individuare un'epoca di crisi storica i cui presupposti comincino a perdere valore senza che ancora ne siano apparsi di nuovi. Questi fanno la loro comparsa in quella che Ortega chiama "generazione decisiva", ovvero quella che "per la prima volta crea un nuovo pensiero con piena chiarezza e totale possesso del suo significato".7 Per determinare questa generazione occorre individuarne la sua figura più rappresentativa (che Ortega chiama eponimo della generazione decisiva)".8 Nell'esempio proposto dal pensatore spagnolo, ovvero la nascita dell'Età Moderna, l'eponimo è Cartesio e la data di riferimento il 1626, corrispondente al trentesimo anno d'età del filosofo e scienziato francese. In base a questo criterio, la data in cui gli appartenenti a questa generazione compiono trent'anni si ottiene sommando e sottraendo sette anni alla data di riferimento; in questo modo, come dice il professor García Martín, otteniamo "non la serie effettiva delle generazioni, ma una specie di reticolo da applicare alla realtà per vedere se corrisponde ad essa. Non esiste nessun metodo matematico rigoroso che ci consenta di determinare la serie effettiva delle generazioni; lo storico deve procedere come per tentativi, tra 'prove ed errori', come in qualunque scienza sperimentale".9 Da parte sua, Marías propone di ottenere la serie empirica delle generazioni prendendo in considerazione figure rilevanti distanziate tra loro di quindici anni, cui poi ne vanno aggiunte altre fino a che non si riscontri che le caratteristiche degli individui di un determinato periodo, varino molto rispetto alle precedenti, così da poter stabilire limiti generazionali. In questo modo, conclude García Martín, "rispetto a Ortega, che indicava il 1857 come data centrale di una delle generazioni del secolo scorso, Marías considera più adeguata la data del 1856 e, a partire da essa, stabilisce la serie delle generazioni che, dall'inizio del XIX secolo fino ad oggi, sarebbe la seguente: 1811, 1826, 1841, 1856, 1871, 1886, 1901, 1916, 1931, 1946, 1961. Ogni generazione è formata da coloro che sono nati in quel determinato anno centrale e nei sette precedenti e seguenti".10 Infine, come risultato del confronto tra quanto teorizzato e la realtà, si distinguono due tipi di generazioni: le cumulative e le critiche o polemiche. Quelle del primo tipo continuano fondamentalmente l'opera della generazione precedente, mentre quelle del secondo entrano in conflitto con essa. Inoltre, come frutto di tale confronto, è necessario considerare il momento della comparsa in pubblico degli autori; questo consentirebbe, infatti, qualora fosse opportuno, di collocare gli autori di precoce apparizione nella generazione precedente e quelli di apparizione tardiva nella seguente. Adottando questo criterio, la selezione di poeti del presente lavoro non comprende esclusivamente autori nati tra il 1939 e il 1953, ma si apre anche a poeti nati in anni molto vicini a tale intervallo di tempo.
Una volta stabilito il criterio generazionale e il punto di partenza per stabilire la serie delle generazioni che determinerà il periodo di nascita degli autori della nostra selezione, così come le necessarie eccezioni che consentano di avvicinare teoria e realtà, sarà possibile identificare l'anello di congiunzione della nostra serie: si tratta di coloro che sono nati sette anni prima e sette anni dopo la penultima data indicata da García Martín, ovvero il 1946, secondo il criterio di reticolo, prima citato. Ci riferiamo, quindi, a quei poeti nati tra il 1939 e il 1953 che attualmente hanno un'età compresa tra i cinquantatré e i sessantasette anni. A questi scrittori, se ne aggiungeranno altri che, pur non essendo compresi in detto intervallo, sono comunque nati in date vicine a quegli anni e hanno fatto la loro comparsa sulla scena letteraria nello stesso periodo. Si tratta, quindi, di autori del panorama poetico spagnolo che in questo momento occupano quel luogo egemonico cui accennavamo prima nella definizione delle generazioni. D'altro canto, sebbene il concetto di generazione, soprattutto a partire dagli anni Settanta, sia stato messo in discussione e respinto da alcuni critici e studiosi come Mateo Gambarte, José-Carlos Mainier o Víctor García de la Concha, molti sono, invece, quelli che ne hanno fatto uso. Tra gli altri, oltre a José Luis García Martín, troviamo Juan José Lanz, José Olivio Jiménez, Miguel García Posada, Luis Alberto de Cuenca, Jaime Siles e Miguel d'Ors, solo per citarne alcuni. Non sono mancati poi quelli che hanno preferito parlare di promozione, come Basilio Rodríguez Cañada, Miguel Casado o Ricardo Virtanen, e quelli che hanno evitato l'impiego di entrambi i termini come Rubio e Falcó, preferendo stabilire una data attorno alla quale riunire poeti ed autori. In ogni caso, al lettore di poesia spagnola contemporanea, mediamente informato, non si nasconderà il fatto che le coincidenze tra il criterio generazionale qui adottato e la realtà attuale della poesia spagnola sono piuttosto significative. Infine, se per tradizione letteraria intendiamo l'insieme di opere e di scrittori che ci hanno preceduto risalendo almeno di due generazioni, possiamo considerare che il carattere di nuovi classici11 della poesia spagnola dei nostri autori comincia a essere una realtà per la penultima e ultima generazione poetica spagnola, quindi, per quei poeti nati a partire dal 1969. Ciò non implica, necessariamente, che le due ultime generazioni scrivano secondo i canoni estetici della generazione di cui ci occupiamo in questa sede, ma è certo che si vanno allontanando chiaramente da quella di cui ci siamo occupati ne El relevo generacional en la poesía española contemporánea, alla ricerca della propria identità, ricorrendo, in non poche occasioni, ad alcuni degli apporti dei nuovi classici, come dimostrano l'attenzione prestata alla poesia straniera, un certo recupero, da parte di alcuni, di aspetti della poesia visiva e l'insistenza, mai del tutto abbandonata, sul culturalismo. Questo punto di vista, che tiene conto della percezione dei poeti stessi ancor prima della società in cui vengono accolte le loro opere, da una parte si deve al fatto che come autore mantengo viva la mia attività poetica (ed è a questa passione che si deve, fondamentalmente, la mia partecipazione a lavori di tipo compilativo) inserendomi in quella che ho appena definito come penultima generazione -ultima, di fatto, se consideriamo che in quella che è cronologicamente l'ultima, non tutti i suoi membri hanno superato l'infanzia e gli autori più longevi hanno appena compiuto ventitrè anni-; dall'altra, si deve al fatto che questa prospettiva sembra adeguata ad orientare il lettore; spesso, infatti, per guidare la lettura poetica è più illuminante l'ottica degli autori -spesso avidi lettori- di quella che si potrebbe adottare da un contesto relazionato esclusivamente con l'analisi letteraria. Nell'insieme dei testi di riferimento selezionati, possiamo trovare diversi toni e usi che mettono in evidenza l'esistenza di diverse tendenze poetiche, proprie degli appartenenti alla generazione in questione. Esse costituiscono una novità nel panorama poetico spagnolo e si sviluppano in tre diverse tappe, lungo quattordici anni di attività letteraria: 1966-1969, 1970-1973, 1974-1979. Nel primo periodo, ha inizio un chiaro cambiamento di direzione che verrà definito, e pienamente accettato, solo nel periodo successivo, nonostante un nucleo molto significativo di poeti della generazione precedente avesse già manifestato la propria personale rottura con la poesia sociale ed esistenziale del dopoguerra. Questo carattere innovatore, proprio di buona parte della nostra generazione fin dal 1966 e sviluppatosi in seguito fino al 1973, prendeva le mosse, come segnala giustamente Ricardo Virtanen, "dall'ambiente culturale che la Spagna respirava dal 1963 come anticipazione della caduta del franchismo, ormai in declino, così come la poesia sociale".12 Nella gestazione dei fondamenti letterari rappresentativi di questo passaggio, intervengono molte opere, antologie, riviste e collezioni. Così, libri come Arde el mar (1966) di Pere Gimferrer, o Dibujo de la muerte (1967) di Guillermo Carnero, cui ne fecero seguito altri pubblicati da un numero consistente di cultori dei nuovi modi poetici, insieme alla pubblicazione di antologie come quella curata da Enrique Martín Pardo (Antología de la jóven poesía española, 1967), di Doce jóvenes poetas españoles (1967) e Antología de la nueva poesía española (1968), entrambe di J. Batlló, contribuiscono al protagonismo letterario di poeti che puntano a uno stile basato sull'estetismo, in opposizione alla poesia fino ad allora dominante. Si tratta, secondo Virtanen, di "autori nati a partire dal 1939, 'la terza generazione del dopoguerra'13 la cui presenza veniva regolarmente registrata nelle antologie fin dal 1967".14 Le nuove tendenze vengono confermate, integrate e a volte contestate, in alcune riviste come Claraboya (León,1963) che nel periodo di cui ci occupiamo si avvicina alla poesia straniera e rivendica la figura di Luis Cernuda e Problemática-62 che fa la sua apparizione appunto nel 1962, proprio nel momento in cui si registrano già alcuni cambiamenti verso la sperimentazione e che darà vita, un anno dopo, a Problemática-63, culla della poesia concreta spagnola. Ricordiamo anche quelle legate alla collezione El Bardo, diretta da J. Batlló: La Trinchera, frente de poesía libre, che nel periodo intorno al 1966 si mostra vicina alla sperimentazione e al rinnovamento estetico, Si la píldora bien supiera no la doraran tanto por defuera, del 1967, che adotta un carattere impegnato e militante e Fablas, rivista delle Canarie, nata nel 1969, che punta sulla poesia sperimentale. Nel secondo periodo, compreso tra il 1970 e il 1973, si pubblicano una serie di antologie che, come sottolinea Juan José Lanz, possono essere definite di "lancio generazionale",15 essendo questo il momento in cui si accentua il cambiamento estetico iniziato nella prima fase e gli antologisti tendono ad includere quegli autori che più chiaramente evidenzino la rottura con la tradizione poetica precedente. È così che entra in scena il gruppo dei novísimos che riceve questo nome dall'antologia di José María Castellet, Nueve novísimos poetas españoles16 che, a sua volta, lo prende da I Novissimi. Poesie per gli anni '60,17 edita da Alfredo Giuliani. Significative sono anche le antologie Nueva poesía española18 di Enrique Martín Pardo ed Espejo de amor y de la muerte19 di Antonio Prieto. L'antologia di Castellet mostra una chiara vocazione al cambiamento sin dal prologo: "i criteri seguiti per la selezione delle poesie - così come dei poeti - vogliono mostrare la comparsa di un nuovo tipo di poesia che si contrappone alla poesia precedente, o quantomeno, la ignora. Per questo, nella scelta, ho tenuto conto solo dei poeti che mi sono sembrati i più rappresentativi della rottura".20 Questi, in linea generale, i presupposti di fondo: l'attenzione per la cultura originata dai mass media, la creazione ricorrente di miti, l'estetica camp (ovvero l'uso simbolico dell'elemento popolare attraverso i miti sviluppati dai mass media, con un'estetica artificiosa che tende a teatralizzare la realtà), il carattere autonomo dell'arte, l'abbandono delle forme poetiche tradizionali, l'assimilazione di molte tecniche avanguardiste come l'automatismo e il collage, la sperimentazione linguistica. Da parte sua, l'antologia di Martín Pardo propone, come confessa il suo stesso autore, una poesia "colta, densa, intimista, a volte decadente, a volte deliberatamente irrazionale, affinché l'immaginazione trovi la via più adeguata per la sua completa realizzazione",21 le cui radici vanno cercate "nel simbolismo e nel surrealismo, movimenti che in Spagna furono fatti propri da alcuni poeti della generazione del '27".22 Si trattava, in definitiva, di offrire un campione di quello che Martín Pardo considerava come il "movimento autenticamente progressista"23 della lirica spagnola del momento. Infine, Espejo del amor y de la muerte, rappresenta una risposta da Madrid a Nueve novísimos (è l'unico lavoro dei tre che non include i già citati Gimferrer e Carnero), i cui poeti, come avverte il professor Prieto nel prologo, rendono manifesta un'atmosfera decadente e i cui testi incorrono in un certo abuso dei presupposti culturalisti. In questo momento risultano significative anche alcune riviste letterarie che, come già succedeva nel periodo precedente, continuano a portare linfa vitale al panorama poetico spagnolo. È il caso della rivista di Burgos Artesa. Cuadernos de poesía, che si muoveva alla "ricerca di una poesia che si fondasse su un'espressione autentica della realtà dell'Uomo. La libertà formale, come modo di manifestare l'autenticità e l'umanesimo che la rivista ricercava, permise uno sviluppo poetico che, insieme a una volontà di comunicazione universale, si avvicinò allo sperimentalismo e alla sua manifestazione nella poesia visiva e concreta".24 Vanno citate anche Trece de nieve, preoccupata di riscattare l'avanguardia spagnola degli anni Cinquanta, prestando comunque una certa attenzione alla nuova poesia e Camp de l'arpa che predilige la poesia degli anni Cinquanta, ma si interessa, allo stesso tempo, alla poesia emergente. Non mancarono poi quelli che contestarono duramente il successo della nuova estetica nella misura in cui videro relegati i propri contributi, a volte anch'essi discordanti rispetto alle generazioni precedenti. A questo proposito, occorre ricordare il gruppo "Claraboya" del 1971 che, attraverso l'antología Teoría y poemas,25 presenta i giovani selezionati da Castellet come neocapitalisti e ne definisce la poesia come decadente; e la figura di José-Miguel Ullán, presente in diverse importanti antologie dal 1966 al 1969, ma non in quella di Castellet. In definitiva, si tratta di due periodi che vanno dal 1966 al 1973 in cui la caratteristica principale dei poeti della nostra generazione è il desiderio di rottura che si manifesta in diversi modi. Così, molti autori, negli anni Sessanta e Settanta, faranno propria la poesia sperimentale il cui fondamento, in Spagna, si può riscontrare, già negli anni Cinquanta, negli artisti del Postismo. L'evoluzione della poesia concreta nell'ambito poetico spagnolo genera diverse denominazioni, portatrici di concetti avanguardisti: antropologica, cibernetica, spaziale, fonica, fonetica, litografica, plastica, poliedrica, visiva, ecc. Di fatto, come riconosce Félix Morales Prado, "nonostante la critica simpatizzi per la poesia dei cosiddetti 'novísimos' o 'venecianistas' e ignori la poesia sperimentale, la decade degli anni Settanta ne costituisce il suo consolidamento e sviluppo".26 In questo senso, una particolare menzione va alla figura di Fernando Millán, da molti considerato il poeta sperimentale di maggior proiezione, la cui opera, secondo Rafael de Cózar "occupa un posto di riguardo per il suo carattere di sintesi di movimenti".27 In entrambi i periodi, ritroviamo le correnti di maggior impulso: nel primo, ci riferiamo al culturalismo, al venecianismo, al barocchismo, all'irrazionalismo e all'estetica camp; nel secondo, alla metapoesia e alla poesia pura, come espressioni estreme del culturalismo e come segni di una trasformazione all'interno del movimento di rinnovamento. In realtà, si trattava di pratiche che spesso non agivano isolate ma impregnavano il culturalismo, conferendo alla poesia quel carattere estetico e innovativo che perseguiva, a scapito dell'eticità precedente. In questo modo, il culturalismo permette ai poeti di incorporare le estetiche veneziane, surrealiste, barocche e matapoetiche, conferendo al poema una serie di caratteristiche - spesso sotto forma di riferimenti culturali - che proiettano su di esso un'impronta avanguardista. Per Lanz, "il culturalismo presuppone un tentativo di proclamare l'autonomia assoluta della creazione artistica e proclama che l'unica realtà che può occupare il poema è quella che il poema stesso crea".28 In questo ambito, come abbiamo già detto, si sviluppa l'estetica veneziana grazie a poemi che potremmo definire iniziatici, come "Oda a Venecia ante el mar de los teatros" (Arde el mar, 1966) di Gimferrer, "Muerte en Venecia" (Dibujo de la muerte, 1967) di Guillermo Carnero e "Oración en Venecia" (Los pasos perdidos, 1968) di Marcos-Ricardo Barnatán. Così, molti autori, vicini al nucleo novísimo, assimilarono tale estetica alla propria poetica. Emersero, poi, altre correnti significative: Colinas sviluppò una linea classica ed elitista, Luis Alberto de Cuenca e Guillermo Carnero trasformarono i loro poemi in autentici cataloghi di arti vicine alla letteratura, come la pittura, la scultura, l'architettura e la musica, Gimferrer propugnò l'alternanza di sensorialismo e sensualismo. Si avvertì la più pronunciata eterodossia politica, filosofica e morale - che oggi sottoscriverebbe quasi tutte le convenzioni del politically correct - specie in quei casi che evidenziano un'intenzione trasgressiva volutamente impostata, ma che allora ottenne l'effetto desiderato. Allo stesso modo si favorì il decadentismo, determinante in poeti come José-Miguel Ullán. Il barocchismo conferisce una forte retorica ai poemi e contribuisce, in buona misura, a creare un'atmosfera carica di estetismo. Anche l'irrazionalismo, presente sia nel venecianismo che nel barocchismo, non crea un'estetica precisa, ma si fonde con il culturalismo dominante, seguendo diverse strade: una radicalizzata e sperimentale, legata ai poeti concreti, che spingerà la poesia surrealista verso il linguaggio frammentato, come nel caso di Fernando Millán; un'altra che riunisce frammentarismo e narrativismo, in cui si potrebbe riconoscere la scrittura di Manuel Vázquez Montalbán, José María Álvarez o Ana María Moix; infine, una che tende alla nozione di automatismo puro, propria di Antonio Martínez Sarrión e Leopoldo María Panero. Da parte sua, l'estetica camp ebbe un doppio ruolo, apparentemente contraddittorio, compensando una certa dimensione decadentista del culturalismo con elementi di cultura pop, mentre si confondeva nella sofistificazione e nell'avanguardismo della dinamica culturalista. Nel secondo periodo, come dicevamo poc'anzi, a partire dall'anno 1966, troviamo la metapoesia e la poesia pura, come conseguenze naturali del culturalismo dominante. Come afferma Virtanen, "dopo la linea veneziana, barocchizzante e irrazionale, il tour de force doveva partire da altri parametri, lontani dall'estensione epigonale data dal culturalismo nella decade degli anni Settanta o dello sperimentalismo che si sviluppò, soprattutto, nell'opera poetica di José-Miguel Ullán, a partire dal 1972. Questi parametri furono la metapoesia, anche se ben presto sarebbe decaduta, e la poesia pura".29 Per metapoesia si intende quella corrente che si fonda sulla poesia stessa e sul rapporto tra autore e testo. Nel 1971, si pubblicano due libri che incarnano questa nuova tendenza tra gli autori più giovani: El sueño de Escipión di Guillermo Carnero e Ritual para un artificio di Jenaro Tallens. Per quanto riguarda la poesia pura, nel 1973, esce Teoría di Leopoldo María Panero, in cui si percepisce come l'irrazionalismo degli anni precedenti stia per lasciare il passo ad una poesia la cui tematica propende a ricrearsi nel vuoto e nel nulla. A questa si avvicinarono altri poeti della generazione come José Luis Jover o Jaime Siles da prospettive più vicine alla poesia del silenzio promossa da José Ángel Valente, supportata da non pochi autori di questa generazione e della seguente. Una particolare attenzione va rivolta al terzo periodo, dal 1974 al 1979, in cui si produce un profondo cambiamento dei fondamenti poetici dominanti che verranno poi consolidati nella generazione successiva. Così, antologie come la già citata Las voces y los ecos, di José Luis García Martín, o Florilegium,30 di Elena de Jongh Rossel, presentano molti poeti che scrivono sotto il segno di un cambiamento ormai certo, in cui emerge il nuovo intimismo, definizione coniata, molti anni dopo, dallo stesso García Martín.31 Di fatto, nell'introduzione a Las voces y los ecos si fa riferimento all'attività continuista di alcuni autori degli anni Settanta rispetto ai loro predecessori della seconda generazione del dopoguerra, al contrario di quanto stavano facendo gli esponenti più rappresentativi dei due periodi precedenti alla nostra generazione. Così, Diego Jesús Jiménez o Antonio Hernández vengono riconosciuti come autori uniti alla generazione precedente, che si ispirano alla poesia di Claudio Rodríguez ed Eladio Cabañero. Vengono presi in considerazione anche poeti come Juan Luis Panero, Jorge Justo Padrón, Alejandro Amusco o Eloy Sánchez Rosillo, che si ispirano all'opera di Francisco Brines e alla su poesia meditativa, temporalista e neoromantica; viene poi messo in evidenza che si possono riconoscere in questa corrente anche alcuni degli autori più significativi della generazione degli anni Settanta. Allo stesso modo, è da tenere in considerazione l'opinione dell'antologista circa l'evoluzione, in quegli anni, della poesia di rottura, così come la piena attualità del culturalismo durante quest'ultimo periodo. Sostiene García Martín che "nel corso di questa decade, la mitologia 'camp' e il più dissonante avanguardismo, cominciano a perdere vigore arrivando fino a sparire. Il culturalismo, invece, continua ad essere presente, diversificandosi e personalizzandosi nei poeti migliori. I nomi di Luis Antonio de Villena, Carlos Clementson e Abelardo Linares possono esemplificare le diverse tendenze di questo culturalismo".32 Altri orientamenti che trovano spazio nel segno del secondo passaggio dei poeti della generazione sono quelli definiti come minimalisti, grecisti ed epici. La prima tendenza, derivante dalla poesia del silenzio, è incarnata dal poeta Andrés Sánchez Robayna, originario delle Canarie, la cui presenza è registrata sia ne Las voces y los ecos sia in Florilegium. La seconda che si occupa, tra l'altro, del culto del corpo e del paesaggio mediterraneo, si riflette nella poesia di Luis Antonio de Villena (Hymnica, 1979), Abelardo Linares (Mitos, 1979) e Ramón Irigoyen (Cielos e inviernos, 1979). Infine, la poesía epica - termine piuttosto impreciso - sarebbe rappresentata, tra gli altri, da César Antonio Molina. Dobbiamo poi ricordare l'attività di poeti significativi, difficilmente inquadrabili, alcuni dei quali sono rimasti al margine delle antologie più conosciute. È il caso della poesia amorosa e metafisica di Clara Janés e di altre poetesse vicine a questo contesto, come Pureza Canelo; l'opera inizialmente sensoriale e poi allegorica di Antonio Enrique; la traiettoria poetica di Enrique Gracia Trinida, spesso dal carattere narrativo e dal tono colloquiale, inseparabile dalla sua dedizione professionale alla divulgazione culturale, la messa in scena orale della poesia e il teatro; e il percorso, volutamente discreto, critico e impegnato, sottolineato a volte da una certa dose di marginalità e maledizione atte a richiamare l'attenzione sugli aspetti essenziali dell'essere umano, di Ángel Guinda, il cui esacerbato realismo esistenziale si avvale di una scrittura concettista, spesso breve ed ermetica, in cui è possibile riscontrare l'influenza di scrittori diversi, come, ad esempio, il barocco Quevedo o gli italiani Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale e Salvatore Quasimodo.
1Pablo Luque Pinilla, Il cambio della guardia generazionale nella poesia spagnola contemporanea, clanDestino, n. 1, 2006, trad. Gloria Bazzocchi
BIBLIOGRAFIA
SITOGRAFIA
Traduzione di Gloria Bazzocchi |
Vedi anche, su questo numero:
La poesia di Pere Gimferrer
di Pablo Luque Pinilla