FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 4
ottobre/dicembre 2006

Sacro e profano

CÉ MENDIZÁBAL, LA DISMEMORIA

di Caterina Camporesi


La letteratura boliviana, sempre meno marginale in Italia grazie al lavoro di alcuni volenterosi, dà l'opportunità di conoscere testi di valore, come En el cóncavo privilegio de la desmemoria di Cé Mendizábal (Editorial La Mariposa Mundial, La Paz 2004), che sarà presto tradotto integralmente per essere edito nel nostro paese da Sinopia nel 2007. La Paz, città dove il poeta boliviano vive sin dalla primissima infanzia (salvo pochi periodi vissuti all'estero), si trova incuneata in una conca dell'altipiano boliviano. Di notte, a luci accese, assomiglia ad un cielo stellato rovesciato. Se è vera l'ipotesi che il paesaggio esteriore e quello interiore si compenetrano vicendevolmente e reciprocamente si arricchiscono l'uno attraverso l'altro, si può ritenere che "el cóncavo privilegio della desmemoria" alluda a quel "luogotempo" del mondo psichico chiamato preconscio dove nasce e si sviluppa il processo immaginativo e creativo. Essendo situato tra l'inconscio e il conscio, esso possiede il privilegio di un duplice sentire che si nutre della profondità del mistero e della trasparenza del razionale. Questo "luogotempo" costituisce il serbatoio di tutto il patrimonio mnemonico conoscitivo, poiché ospita tanto i contenuti della memoria quanto quelli della "dismemoria". Questi ultimi, per diventare rappresentazione di desiderio, sogno e arte, devono affrontare prima un sofisticato lavoro di trasformazione all'interno del sistema lineare dei ricordi. Durante il percorso, con la complicità delle opportune amnesie, essi si prestano all'invenzione di una nuova memoria senza vincoli di spazio, tempo o altri obblighi.

La poesia di Cé Mendizábal realizza un'importante e interessante operazione di ricognizione, se non addirittura di rianimazione, di luoghi e tempi antichi e attuali, e di significativi uomini della cultura (in particolare della poesia e della pittura, Coleridge e Hiroshige ) e della politica (Giulio Cesare).
L'arte è particolarmente adatta ad esprimere in forma visionaria i tempi lunghissimi delle passioni archetipe e solo così ancora riesce a parlare all'uomo di oggi. Il transitare attraverso i continenti, culle del passato e realtà del presente, fondendo le immagini, i suoni, i colori in una geografia e dimensione temporale allargate, Mendizábal restituisce il fascino, la potenza a territori come Atacama, Tiwanaku, Samarkanda, il Pacifico e a tanti altri presenti nel mondo. All'uomo di oggi, alienato nel presente, restituisce la storia inserendolo in un flusso dove il passato si può ancora inventare e il futuro immaginare. Rovine, siti cerimoniali, annidati nel remoto del tempo, costituiscono una specie di rosa dei venti della "dismemoria", che orientano il nomadismo visionario del poeta verso Roma, la città eterna.

Le vicende del proprio paese nell'andirivieni di lotte, sconfitte, speranze e, forse, quelle più personali, per quella misteriosa relazione fra vita e opera che possono fondersi nell'invenzione letteraria, si snodano lungo un verso formalmente risolto, la cui cifra stilistica è la pacatezza. Per questo poeta la "dismemoria", invece di costituire una perdita, rappresenta un arricchimento, grazie al coinvolgimento di complesse funzioni psichiche che hanno il privilegio di sapere ricordare senza dovere ricordare.
Mendizábal ha frequentato, quando era giovane, Jaime Saenz, la voce innovatrice della letteratura boliviana, che reinventando con la sua opera la città di La Paz, come già Joyce aveva fatto con Dublino o Kafka con Praga, ne ha fatto un luogo universale. Da Saenz ha ereditato il culto per la forma e la massima cura per la parola, che raggiunge la limpidezza e la densità di un cristallo.

La poesia di Cé Mendizábal, uno dei poeti contemporanei più originali ed interessanti del suo paese, ha il dono d'incarnarsi nel respiro della vita e di sfumare impercettibilmente dall'ordine formale a quello ritmico, conquistando quella musicalità che sottende le vicende eterne della storia nell'incontro fra il Sé dell'uomo e la realtà del mondo.




POESIE DI CÉ MENDIZÁBAL


EN EL REVERSO DE TU BALCÓN

Sonríe
Tras los vidrios desdibujados
Sostén la vieja casa
Tres o cuatro de la tarde,
Eso lo dicto yo
Tú decreta lo que guardas
En el reverso de tu balcón
El deseo arrebujado
Urdiendo sus indómitos arabescos
Inventándose una memoria
Espejo ciego
Que non niega los cuerpos
El uno en el otro
La risa tanendo voces en cada cuarto
En nuestro cuerpo el otro cuerpo
Lo que nunca fue, sino aquí
En la negra coalición de las palabras
Atizándose
Sobre el fuego blanco de la página


NEL ROVESCIO DEL TUO BALCONE

Sorridi
Tra i vetri sfumati
Sostieni la vecchia casa
Alle tre o quattro del pomeriggio,
Quello lo dico io
Tu decidi quello che conservi
Nel rovescio del tuo balcone
Il desiderio spiegazzato
Tramando i suoi indomiti arabeschi
Inventandosi una memoria
Cieco specchio
Che non nega i corpi
L'uno nell'altro
Il riso risuonando voci in ogni stanza
Nel nostro corpo l'altro corpo
Ciò che mai fu, se non qui
Nella nera unione delle parole
Accendendosi
Sopra il fuoco bianco della pagina

    ***
TIWANAKU

No digas que no hablas con estas piedras
con el silencio desmesurado
con la abierta coagulación de los ojos
piedras no sólo piedras
con las alas abiertas
par no cruzar
la lacónica potestad del cielo
si tu mano está ausente
si tu mano cuánto hace que menguó en polvo
sobre los cuatro rincones de Akapana
-la vieja página si quieres-
dejandote como espera de la espera


TIWANAKU

Non dire che non parli con queste pietre
con il silenzio smisurato
nell'aperta coagulazione degli occhi
pietre non solo pietre
con le ali aperte
per non incrociare
la laconica potestà del cielo
se la tua mano manca
se quanto la tua mano è diventata polvere
ai quattro angoli di Akapana
- la vecchia pagina se desideri -
lasciandoti come attesa dell'attesa

    ***
DINAMARCA

Los ojos son los róidos espejos
de los ojos que te tienen por testigo.
Las palabras, menos y más que la espuma,
querido príncipe,
y de cualquier modo, Dinamarca esta todo enloquecida.
Sangre va en sus voces
y filos cercen entre sus muros.


DANIMARCA

Gli occhi sono i corrosi riflessi
degli occhi che ti tengono per testimone.
Le parole, più meno che schiuma,
caro principe,
e in qualunque modo Danimarca è tutta impazzita.
Sangue va nelle sue voci
e pugnali crescono tra le sue mura.

    ***
PACÍFICO

Clavaron un pie en lo hondo
y no se irán.
Han aceptado labrarse en bosques
y ciudades de imágenes perdidas
pero no se irán.
Estas piedras que miran de frente al mar,
que lo oyen más allá de la paciencia
convocando su feroz látigo con ciega convicción,
han aceptado ser escritas, pero no se marcharán.

El océano.
que habla con una sola ronca voz
desde los bordes imaginados de certa Indochina
hasta esta resquebrajada costa,
sabe de este propósito,
de este vivir con continencia en uno mismo.
Su salado abrazo,
el vaivén que empuja el curso de un perpetuo drama,
ha oído de ese intento
que busca desbaratar con terco ademán.

He aquí los nombres sin olvido posible.
He aquí
sucediéndose en el extendido labio de la playa
con el coro aglutinado
de arrecifes que siguen de cerca, en el oído de tu memoria.
Pero acaso estés harta de oír siempre lo mismo.
La misma historia insepulta
a cuyo nuevo destino no se sabe ni se quiere arremeter.

Cada piedra de este sordo límite,
que conoce imborrablemente,
ha aceptado escriberse con un solo ánimo.
Cada línea habla con el desdén de quien ha presenciado
los detalles de tu guerra civil.
Dolor es sólo una de sus opiniones.
Pacífico uno solo de sus nombres.


PACIFICO

Inchiodarono un piede nel fondo
e non se ne andranno.
Hanno accettato di trasformarsi in boschi
e città di immagini perdute
ma non se ne andranno.
Queste pietre che guardano verso il mare
che lo ascoltano oltre la pazienza
convocando la sua feroce cinghia con cieca convinzione
hanno accettato di essere scritte, ma non se ne andranno.


L'Oceano
che parla con la sola rauca voce
dai bordi immaginati di una certa Indocina
fino a questa frastagliata costa,
sa di questo proposito,
di questo vivere con continenza in se stesso.
Il suo salato abbraccio,
il va e vieni che spinge il corso di un perpetuo dramma,
ha saputo di questo intento
che cerca di distruggere con duro gesto.

Ecco i nomi senza poterli dimenticare.
Ecco
subentrando nell'esteso labbro della spiaggia
con il coro agglutinato
di scogliere che seguono da vicino, nell'orecchio della tua memoria.

Ma forse sei stanco di sentire sempre lo stesso.
La stessa insepolta storia
la quale non sa né desidera rimettersi al nuovo destino.

Ogni pietra di questo sordo limite,
che conosce in modo incancellabile,
ha accettato d'iscriversi con un'unica anima.
Ogni linea parla con lo sdegno di chi ha partecipato
ai dettagli della tua guerra civile.
Dolore è solo una delle sue opinioni
Pacifico uno solo dei suoi nomi.

    ***
PUERTA DE SAMARKAND

Ano de 1220
La ira cruzó el umbral
1220 anos
y la misericordia era de nuevo un sueno
Bukhara, la urbe de los domos,
y Urgench primero
vaciaron sus venas
Nishapur, Merv y Ghazni
después.
Para sus hijos
para los hijos de sus hijos,
Temujin,
Temujin y su encendido coágulo en la diestra.
Para el resto,
Gensis Khan
la calcinada sombra de mil guerreros
empezó a cabalgar
bajo esta puerta.


PORTA DI SAMARKANDA

Anno 1220
La furia oltrepassò la soglia
1220 anni
e la misericordia era di nuovo un sogno
Buckara, la città delle cupole
e Urgench prima
svuotarono le sue vene
Nishapur, Merv e Ghazni
poi.
Per i suoi figli
per i figli dei suoi figli
Temujin,
Temujin e il suo incendiato coagulo nella destra.
Per il resto
Gensis Khan
la calcinata ombra di mille guerrieri
iniziò a cavalcare
sotto questa porta.

    ***
DOCE PUERTAS

Encuéntrenme ahora un nuevo rol
ya no el de bufón del rey
ni del guerrero que corría presto
apenas los bárbaros
mordían el filo del horizonte
cortado estoy desde mis rodillas
pero para ti bailaré
como un sello te llevo en el corazón
tú, que hablaste donde no habían oídos,
mojarè mi torso
porque con tus labios has marcado
el tamano de la eternidad
ondulando a su vez
y detrás del tiempo
en las doce puertas del reino


DODICI PORTE

Trovatemi ora un nuovo ruolo
non più quello di buffone del re
né del guerriero che correva subito
appena i barbari apparivano al filo dell'orizzonte
tagliato sono dalle mie ginocchia
ma per te ballerò
come un sigillo che ti porto nel cuore
tu, che parlasti dove non c'erano orecchie
bagnerò il mio torso,
perché con le tue labbra hai marcato
la dimensione dell'eternità
ondulando a sua volta
e dietro il tempo
nelle dodici porte del regno

    ***
PRIVILEGIO

Cuántas veces te he violado
una y otra vez
deformándote siempre,
siempre distinta
fundada una y otra vez
en la vehemencia del deso
y sus evocaciones

Debiera discutirte ahora
aún entre tu sombra menguada
tras de mis ojos
ahí, donde imperaba tu opulencia

Una eres
con todo
y habré de fijar tus límites
no importa dónde
aquí
en los numerados palmos de este desierto blanco
o allí
en los numerados palmos de este desierto blanco
o allí,
en el cóncavo privilegio de la desmemoria


PRIVILEGIO

Quante volte ti ho violato
una volta e un'altra ancora
sempre deformandoti
sempre diversa
fondata una volta e un'altra ancora
nella veemenza del desiderio
e le sue evocazioni

Dovevo discuterti ora
ancora nelle tua ombra assottigliata
dietro i miei occhi
lì, dove imperava la tua opulenza

Una sei
con tutto
e dovrò definire i tuoi limiti
non importa dove
qui
nei numerati palmi di questo bianco deserto
o lì
nel concavo privilegio della dismemoria

    ***
COLERIDGE

En la mirada mineral de la muerte
el rojo desvaríos de la sangre
piel escrita con el alfabeto de la fiebre
no me llames con el viento que va y no vuelve
llámane con el sueno en el que sé
que no soy
el que nos suena
suena que eres tú
a quien no despierto
estremecido
en la única rosa


COLERIDGE

Nello sguardo minerale della morte
il rosso delirio del sangue
pelle scritta con l'alfabeto della febbre
non mi chiamare con il vento che va e non torna
chiamami con il sogno nel quale so
che non sono
quello che ci sogna
sogna che sei tu
a chi non sveglio
scosso
nell'unica rosa

    ***
RUINAS

No digan que el viento
hizo solo este trabajo.
Que l'arena no se hizo lenta, como suele suceder,
al cabo de una noche o de pocos días.
No digan que ellos siempre triunfan.
La indiferencia de un deserto amarillo
no debe prevalecer
sobre los muros
el rigor de tus palabras
y sus cuidados huertos
dejando al mar como única calle.
Inventen una guerra, una prolongada defensa
digan que cada cual, en su momento,
vivió las expectativas de la patria,
no la suya propria.
Urdan su mentira
la nueva extensión de nuestras almas
la historia


ROVINE

Non dicano che solo il vento
ha fatto questo lavoro.
Che l'arena non si è fatta piano piano come al solito,
alla fine di una notte o di pochi giorni.
Non dicano che vincono sempre loro.
L'indifferenza di un giallo deserto
non deve prevalere
sopra i muri
e il rigore delle tue parole
e i suoi curati orti
lasciando al mare come unica via.
Inventino una guerra, una prolungata difesa
dicano che ciascuno alla sua ora
visse le aspettative della patria, non la sua propria.
Complottino la loro menzogna
la nuova estensione delle nostre anime
la storia.

    ***
LOS IDUS, CESAR

Una eternidad
para convenir en un solo segundo
para rogarte no cruces el umbral
y te guardes de los advenezidos

Una eternidad y su oblicuo segundo
-la daga que no miente-
para oír a tu esposa
reclamándote en casa
sólo ese quince de marzo


LE IDI, CESARE

Una eternità
per convergere in un solo secondo
per supplicarti di non attraversare la soglia
e di schivare gli avventurieri

Una eternità e il tuo obliquo secondo
- la spada che non ti mente -
per esaudire la tua sposa
che ti reclama in casa
solo questo quindici di marzo



I testi sono tratti da En el cóncavo privilegio de la desmemoria (2004), che presto sarà pubblicato in Italia.
Traduzione Caterina Camporesi




Cé Mendizábal CÉ MENDIZÁBAL

È nato a Oruro, in Bolivia, nel 1956 e si è laureato in Lettere presso la Universidad Mayor de San Andrés (UMSA) di La Paz, dove tutt'ora vive. Allievo di Jaime Saenz, ha sviluppato un'autonoma ricerca poetica. Ha pubblicato tre volumi di poesie: Regreso del agua (1994), Inmersión de las ciudades (1998) e En el cóncavo privilegio de la desmemoria (2004). È opinionista del quotidiano "La Prensa" di La Paz e collaboratore del supplemento letterario "Fondo Negro". Alguien más a cargo è l'opera vincitrice del "II Premio Nacional de Novela, 1999" attribuito in Bolivia dal Ministero della Pubblica Educazione e dal Viceministro della Cultura, con il patrocinio delle Edizioni Alfaguara.

camporesicaterina@interfree.it