FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero 3 luglio/settembre 2006 Signore Bestie |
NUOVO CUBANISMO ED EREDITÀ AFRICANA: a cura di Martina Bandinelli |
Eloy Machado Pérez (L'Avana, 1940), meglio conosciuto in tutta l'isola come El Ambia (parola di origine africana abakuá1 che significa "fratello"), è una figura che esce dai canoni della cultura ufficiale e rappresenta il mondo della marginalità cubana agli inizi del XXI secolo. Essendo un poeta dei bassifondi ovviamente non gode di fama internazionale come altri scrittori cubani; ciononostante la sua opera è molto conosciuta e amata a Cuba e rappresenta una sfida di notevole importanza all'interno della cultura nazionale. Tra le varie raccolte poetiche è importante citare Camán lloró (1984), Del 1 al 6 la vida (1999) e Por mi pura (2003) che hanno acquistato maggiore diffusione anche in seguito agli interventi di figure rilevanti della critica cubana e internazionale come Cintio Vitier. La poesia di Eloy Machado è quella della quotidianità, dei fatti che caratterizzano le giornate trascorse nei barrios più poveri dell'Avana, delle feste nei solares in cui si respirano l'atmosfera travolgente della rumba e dei rituali religiosi di origine afrocubana.
Uno degli elementi che più caratterizzano la poesia del Ambia è il linguaggio tipicamente popolare e colloquiale: quello dei neri che popolano le strade della capitale, composto da un elevato numero di cubanismi e di termini colloquiali derivati dalle lingue africane e usati dai neri e dai mulatti cubani. Tali termini si riferiscono soprattutto alle musiche e ai rituali religiosi afrocubani, che hanno sempre un ruolo di primo piano nella poesia di Eloy Machado. È importante ricordare che El Ambia, oltre che un poeta di notevole spessore e sensibilità, è promotore culturale e musicale, in particolare dei generi popolari cubani come la rumba. Egli è anche animatore della famosa Peña del Ambia, una sorta di ritrovo - che si tiene da molti anni ogni mercoledì pomeriggio nei locali della Unión Nacional de Escritores y Artistas de Cuba - a cui partecipano neri, mulatti e bianchi cubani e dove vengono accettati con piacere anche turisti e curiosi.
L'uso del linguaggio rende estremamente realistica questa poesia che tuttavia tratta argomenti più astratti e universali. La sofferenza del nero cubano diventa protagonista assoluta dell'opera ambiana, benché sempre in un contesto più ampio che abbraccia tutti i settori più poveri e disagiati della popolazione. Inoltre mostra una dimensione intima e personale molto intensa: la vita del poeta e dei suoi cari, fatta di emarginazione e sofferenza, sempre messa in primo piano come simbolo ed esempio delle condizioni miserabili in cui si trova a vivere il popolo nero. Eloy Machado vive totalmente immerso nella realtà di questo mondo e conosce tutte le gioie e tutti i dolori che lo caratterizzano. Egli è un nero marginale, che attraverso la sua poesia riesce a trasmettere messaggi importanti che devono arrivare a toccare la coscienza di tutti in modo da raggiungere quell'obiettivo che per primo Nicolás Guillén aveva simboleggiato nel color cubano, ovvero la costituzione di una nazione cubana attraverso la partecipazione di tutti i cittadini, senza distinzioni di razza e colore.
1Abakuá è un termine di origine africana che si riferisce a una particolare setta, detta anche secta de los ñáñigos, che fa parte del culto afrocubano della santería a cui appartiene il poeta. Intervista a Eloy Machado Pérez
Come ha avuto inizio la sua carriera e per quale motivo ha cominciato a scrivere poesie?
Ho cominciato a scrivere nel periodo in cui lavoravo per il Ministerio de la Construcción alla costruzione dell'ospedale di Centro Habana. Lì c'era un cubano, che ora vive in Costarica, Froilán Escobar, poeta, giornalista e scrittore di grande valore che un giorno mi disse: "Ambia, vieni qua, perché non scrivi una poesia?". E un giorno arrivai con un pacchetto di fogli e mi fermai; mi venne un'idea e pur scrivendo così male, io scrivo come un bambino di tre anni, o quattro o cinque anni, presi un foglio e scrissi un verso. Non sapevo cosa fosse un verso e lo scrissi su un foglio. Froilán infilò la sua mano nella mia tasca e prese tutti i fogli e come per magia cominciò a comporre la poesia e mi disse: "Ambia! Hai scritto una poesia!" e mi dette una pacca. Così ho cominciato, anche se subito mi sono pentito perché non vedevo venir fuori le poesie e le abbandonai. Passò un po' di tempo e venne pubblicata la mia prima poesia qui nella UNEAC. In seguito Froilán portò le mie poesie a Ornelio Jorge Cardoso, un narratore cubano, e quest'ultimo le portò a Nicolás Guillén. E Nicolás gli disse: "Chi ha scritto questo?" e Froilán Escobar: "Un nero che lavora nella Construcción". E Nicolás rispose: "Portalo qua". E fu proprio il Poeta Nacional a portarmi qui.
Quanti anni aveva quando cominciò a scrivere?
Avevo l'età della vita.
Qual è il significato di Ambia?
Ambia significa "fratello" in una religione nera, o bianca se si preferisce, che si chiama abakuá alla quale non possono appartenere le donne. È una parola molto comune a Cuba. Ambia è un personaggio popolare. Tu mi vedi e già hai potuto capire come sono fatto.
La sua opera è legata a quella di Guillén?
Io non direi tanto. Sarebbe chiedere troppo. Egli scrisse un commento che ho ricevuto da un poeta che si chiama Raúl Rivero, che è come un fratello per me. E Nicolás gli disse: "Questo (Camán lloró, il mio primo libro) è il mio Sóngoro cosongo".
Quali sono i temi principali che tratta nelle sue poesie?
La vita. Ho pubblicato un libro che s'intitola Soy la vida que se va.
El Ambia è come se fosse il poeta della marginalità, non è vero?
Sì. Adoro dire questo. Pur essendo marginale la gente dice che non lo sono perché ho letto una serie di scrittori famosi. Ma questo cosa significa? La lettura è stata fatta per tutti, per i marginali e per coloro che non lo sono.
Come sono i suoi rapporti con la cultura ufficiale?
I miei rapporti sono amichevoli ma secondo me non sono molto buoni. Collaboriamo insieme, ma non c'è fratellanza tra noi.
Secondo lei, come si svilupperà in futuro questo movimento marginale? Ci saranno ancora personaggi come lei che si impegneranno per diffondere la cultura nera con la sua stessa forza e volontà?
Sì, certamente! Esisterà sempre la marginalità che è come la poesia che non smetterà mai di esistere. Immagina, è impossibile che tutto rimanga uguale. Ma questa Rivoluzione è la più grande che abbiamo mai visto, come dice Fidel. Io sono molto grato alla Rivoluzione. Se io esisto, parlo di me personalmente, è grazie alla Rivoluzione, perché se non fosse stato per lei adesso non sarei qui a parlare con te, non sarei "El Ambia", forse sarei morto o sarei un ladro nel sistema capitalista. Ma questo non è successo grazie alla Rivoluzione che è così bella, che non è bianca, non è mulatta, non è nera, ma è color cubano. Non è facile capire la Rivoluzione. Ci sono persone che se ne vanno perché non la capiscono. Il problema è che la propaganda capitalista è forte e se ti sorprende debole ti cattura.
Quindi i suoi rapporti col governo sono...
Buoni. Questo è il mio governo. Ho un rapporto migliore col governo che con gli intellettuali. Sto dalla parte del governo. Anche se sono un poeta della marginalità ho questi buoni rapporti con il governo. Devo averli come riconoscenza. Nella vita, sorella, si deve essere riconoscenti. Così diceva mia madre. Io mi sento molto riconoscente alla Rivoluzione. Parlo di me, del Ambia. E quando mi bevo un whisky dico grazie alla Rivoluzione.
I suoi libri sono legati tra loro o trattano temi diversi?
I miei libri abbracciano questo aspetto dolce della Rivoluzione. La Rivoluzione è sempre presente nei miei libri, ha un ruolo fondamentale, come mia madre, anch'essa sempre presente in tutti i miei libri. Prima della Rivoluzione viene mia madre.
Com'è il suo linguaggio?
Il mio linguaggio è completamente marginale. Non posso parlarti con la "s" e dirti entonces e después. A me non interessa né entonces né después. Il mio è un linguaggio colloquiale come dice Cintio Vitier. Per il mio primo libro, Camán lloró, Cintio Vitier, un critico famoso, scrisse un prologo e lo accusarono di paternalismo perché lui appartiene alla classe media ed è cattolico e i bianchi razzisti non potevano accettare che avesse scritto un prologo per me che sono marginale. Si arrabbiarono. Loro si arrabbiano sempre coi neri. Noi neri cubani abbiamo partecipato alla Guerra d'Indipendenza insieme a Martí, a tutte le rivoluzioni che ha fatto il paese e grazie a questa Rivoluzione abbiamo finalmente ottenuto la garanzia dei nostri diritti umani. Nel capitalismo i neri servivano solo per diventare pugili, sportivi in generale e spazzini. Con la Rivoluzione siamo diventati ingegneri, medici... E adesso sta accadendo una cosa molto importante. Ricordi quando il Che durante la guerriglia diceva: "Due, tre Vietnam...". Ora si sta realizzando questo, non ovunque come voleva il Che, ma sicuramente in Argentina, in Venezuela con Hugo Chávez, in Uruguay adesso... Al contrario la Bolivia non è molto integrata nel concetto di Rivoluzione latinoamericana. Queste sono mie interpretazioni. Adoro la politica. La politica è stregoneria, è magia.
Essendo un importante promotore della rumba e dei generi musicali popolari, la sua opera ha anche legami con la musica?
Sì, certamente! Ho scritto una poesia che s'intitola "Soy todo" che è stata musicata e ora è molto famosa e popolare in tutta l'isola.
Il suo rapporto con la religione...
Io non sono credente, ma la religione è presente nella mia poesia. Ciononostante, io personalmente non sono credente. La mia fede è la Rivoluzione. È che la vita mi ha dato la prova che la religione non esiste. Con tutto quello che ho passato la religione non mi ha mai aiutato.
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Dieci poesie
El niño que juega y no juega
El niño juega, pero nota
Il bambino gioca, ma nota ***Hombre solo
Mi alma se desgarra a nivel del payaso:
La mia anima si apparta alla maniera del pagliaccio: ***Aché pa ti, hijo
La jeta, el cuero, al compás de los pies. Déjala bailar pa que goce, pompeyo. Así bailaba la morena la rumba, como si
Il muso, la pelle, al ritmo dei piedi. Lasciala ballare perché goda, pompeyo. Così ballava la mora la rumba, come se ***Convierto a la gente en flor
Con fango en los pies,
Con piedi fangosi, ***Enlloró mi ñakué
Aracelio jugó al quimbicuarta,
Aracelio giocò al quimbicuarta, ***Asoíro macoíro, Chano Pozo
Chano Pozo legendario azabache Chano, usuario picaresco en la mirada, Solía dormirse en las pestañas Conocedor en lo más recóndito del filo de la Caminó en la rueda cantando y bailando: Dominaba la jerga de la venida como Juan Chano, hijo de abasí en su cultura, Su corazón respondía a la amorosa Asoíro macoíro, Manguín, hermano también, el cantador de Chano, jamás conoció el miedo, sin embargo Rumbéen frente al roli con la negrura Le vociferaban con respeto encariñado- Sabes lo que estás tocando, niño prodigio Un día voló de su Cuba esclavizada Allí violó reglas musicales semimoribundas. ja ja ja ja Modeló de abarorí con su mano el tambor, El tiempo no pudo borrar la imagen de su
Chano Pozo leggendario negro Chano, malizioso nello sguardo, Profondo conoscitore del filo della Dominava rapidamente il gergo della strada come Juan Chano, figlio di abasí nella sua cultura, Il suo cuore rispondeva all'amorosa Asoíro macoíro, Manguín, altro fratello, il cantore della Chano, non conobbe mai la paura, ma Ballino la rumba davanti alla gente con l'intensità Le chiamavano strillando con un rispetto affettuoso- Sai cosa stai suonando, bambino prodigio Un giorno volò via dalla sua Cuba schiavizzata Lì violò regole musicali semimoribonde. Era un maestro con le sue mani sul tamburo, Il tempo non ha potuto cancellare l'immagine dalla sua ***El negro
El negro
Il negro ***Casa de chocolate
El negro con su gallardo,
Il negro col suo animo coraggioso, ***Nicolás y El Ambia
Chenchemayá, Nicolás,
Chenchemayá, Nicolás, ***Manos cansadas
Esos malditos negros
Questi maledetti negri |
Traduzione di Martina Bandinelli | martina.bandinelli@tiscali.it |