FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 64
luglio 2023

Estate

 

ADALBER SALAS HERNÁNDEZ, NUOVE CARTE NAUTICHE

di Marco Benacci



Il mio primo approccio con Nuove carte nautiche è avvenuto quando mi ha contattato Alessio Brandolini per chiedermi di aiutarlo con la traduzione in italiano di una poesia del libro scritta in galiziano-portoghese del XVI secolo; il componimento, dal titolo XXIII Arte de marear, mi aveva sorpreso soprattutto quando avevo scoperto che in realtà era parte di uno scritto del 1537 del matematico Pedro Nunes dal titolo Trattato in difesa della carta nautica, che Salas Hernández aveva messo in versi trasformandolo in una “carta nautica” in cui «i luoghi risultano/ situati dove non sono» (p. 67).

Dopo aver inviato la traduzione ho atteso con curiosità l’uscita del libro, perché non riuscivo a immaginarmi come un testo del genere potesse inserirsi in una raccolta poetica di uno scrittore giovane. Qualche settimana fa poi, quando ho finalmente avuto il libro tra le mani, ho capito che quella poesia era parte di un lavoro veramente sorprendente.
Uscito l’anno scorso per la spagnola Pre-Textos e a marzo anche nella versione italiana per le Edizioni Fili d’Aquilone, la raccolta è composta da ben 88 poesie e ha come argomento il mare e tutte quelle sensazioni che ha scaturito nell’uomo sin dalla sua apparizione sulla Terra, tanto che, come ci ricorda l’epigrafe di Mark Twain, «la superficie dell’acqua divenne con il tempo un libro meraviglioso».

Nuove carte nautiche è un affascinante volume in cui, come nel caso della poesia XXIII sopracitata, ogni componimento prende spunto da testimonianze storiche sul mare, scritte e orali. Nel libro vengono utilizzate una vasta serie di strategie poetiche molto interessanti e ben riuscite, a seconda del testo a cui si inspirano. Si passa da trasformare in poesia un giornale di bordo o un trattato, alla stesura di un componimento a partire da versi di altri poeti come Ovidio, da cronache o da leggende. Attraversando ogni epoca il libro riesce ad abbracciare da una pagina all’altra le parole di Eschilo, le raffigurazioni di Turner, i miti dei kariña, i resoconti di Pigafetta, le istruzioni per i guardiani dei fari, i racconti di mostri marini e le trascrizioni di leggi nautiche; per giungere alle pagine più toccanti della storia tra l’uomo e il mare, come le poesie che parlano di schiavitù che risuonano così attuali, o l’ultimo messaggio rinvenuto delle navi Erebus e Terror, disperse nel 1848. La magia del libro è quella di ridare vita poetica a delle testimonianze già di per sé emozionanati o poetiche, come nel caso della poesia LXXXIII, composta da brani scritti da William Morris nel suo diario di viaggio verso l’Islanda. Perché, come sa bene Salas Hernández, «il mare si dice meglio con parole che non sono le nostre» (I, p. 15).

In questa nuova navigazione il pensiero ritrova le perdute rotte che portano in un mondo immaginario, quello in cui il mare riesce a far prolificare misteri e rivelazioni, euforie e tristezze, potenza e calma piatta, vita e morte. Ma se può sembrarci sorprendente questo offrirci, attraverso una raccolta poetica, tutto ciò che il mare ha significato per l’uomo nel corso della storia, ben presto ci accorgiamo che il libro va più avanti: ad un certo punto il lettore si rende conto che il mare che sta mappando Salas Hernández è quello che alberga dentro sé stesso.

Il protagonista del libro non può essere solo “il complesso delle acque salate che circondano i continenti e le isole” o quell’ambiente misterioso in cui rifugiare le nostre fantasie, quanto qualcosa che si trova all’interno di un’intimità, un mare che vive nell’essere umano in cui s’intrecciano il visibile e il non, il sentibile e il non. Come lucidamente ci dice il curatore dell’edizione italiana nella sua introduzione, Nuove carte nautiche è «un libro tentacolare, bellissimo e misterioso perché ci conduce in un passato che fluisce nel presente, che è parte integrante di ciò che siamo» (p. 7).

Per ottenere un tale risultato è indubbio che ci sia alle spalle una ricerca enorme da parte dell’autore, ma anche una buona dose di coraggio e una grande affinità con il mestiere di poeta. Un libro così unico sicuramente si meriterebbe un lavoro di critica più ampio che questo breve articolo poiché la folta trama di relazioni e rimandi, di strategie e curiosità, sommate alla bellezza della scrittura di Salas Hernández e al fascino per l’argomento, emozionano profondamente e ricordano alla nostra epoca che «solo navigando si raggiunge la fine del mondo» (LXXXIV, p. 223)


Adalber Salas Hernández, Nuove carte nautiche, a cura di Alessio Brandolini, Edizioni Fili d’Aquilone, Roma 2023, pagg. 234, euro 15.




POESIE DI ADALBER SALAS HERNÁNDEZ
da Nuove carte nautiche


VIII

A Puerto Colombia, dalle parti di Barranquilla, camminai su un molo simile a un femore. Attraverso i suoi fori potevo vedere, di sotto, la schiuma vorticosa. La ruggine se lo stava mangiando dall’interno.

Seduti, alcuni vecchi pescavano. Accanto a loro, insolitamente tranquilli, dei bambini guardavano un pesce, chiamato spada, affogare per via dell’aria.

Più in là, il mare senza testa.


XVII
Vox mea muta sono(*): dove Ovidio monologa

(Tristia, Publio Ovidio Nasone)

Non voglio dire che valgo il mio peso in oro,
perché allora affonderei nel mare.
Non voglio dire che valgo il mio peso in sale, perché
il mare mi reclamerebbe come suo.
Non voglio dire che valgo il mio peso in sudore,
perché il mare mi crederebbe un’onda smarrita sulla terra.
Non voglio dire che valgo il mio peso in urina,
perché il mare mi confonderebbe con l’acida saliva
degli squali. Non voglio dire che valgo
il mio peso in inchiostro, perché il mare mi prenderebbe
per il terrore dei polipi. Non voglio
dire che valgo il mio peso in sogno, perché
il mare capirebbe che sono una delle creature
contraffatte che popolano le sue profondità.
Non voglio dire che valgo il mio peso in ossa,
perché il mare mi appenderebbe alle scogliere
che ama rosicchiare. Non voglio dire che valgo il mio
peso in grasso, perché il mare mi triterebbe in schiuma.
Non voglio dire che valgo il mio peso in sangue,
perché il mare mi userebbe per tingere i suoi ribelli coralli.
Non voglio dire che valgo il mio peso in alito, perché
il mare metterebbe i miei polmoni tra le sue meduse.

(*) Dal verso “et fiat patrio vox mea muta sono” (perché priva del suono della patria non sia la mia voce), Ovidio, Tristia, Lib. V/7.


XXI
(Relazioni intorno al primo viaggio di circumnavigazione. Notizia del Mondo Novo con le figure dei paesi scoperti, Antonio Pigafetta)

Mercoledì 28 novembre
abbiamo lasciato lo stretto per accedere
al grande mare

a cui abbiamo dato subito
il nome di oceano Pacifico

in cui navigammo lungo il corso
di tre mesi
venti giorni
diciotto ore

senza nutrirci di nessun
cibo fresco.

I biscotti che mangiavamo
non erano più pane
ma cosa cieca

polvere
acida polvere da sparo
mescolata con vermi
che avevano inghiottito
tutta la loro sostanza
pane che giammai
potrebbe essere carne
della mia carne

e che inoltre emanava fetore
impregnato com’era
del piscio dei topi.


XXIII
Arte di navigare

(Trattato in difesa della carta nautica, Pedro Nunes)(*)

E non comprendono i naviganti
che tutte le linee dritte
che stanno sulla carta son tagli
dei maggior cerchi e orizzonti:

e andando sempre su una rotta:

inclinandola verso il luogo
dell’orizzonte per dove vanno:

è impossibile che vadano per
tali linee dritte:

e loro fanno i conti su di esse
come se per esse andassero.

Da cui segue:
che i luoghi risultano
situati dove non sono

(*) Traduzione dal portoghese di Marco Benacci.


XXX
(Leggi di Barbados: 1891-1892)

Articolo 8: Se un bambino di padre domiciliato in quest’Isola nascesse a bordo di qualche nave in altomare, come esile naufrago o inatteso contrabbando
di carne e tendini e grasso e limo e paglia, la persona al comando di detta nave dovrà redigere
un dettagliato verbale dei particolari
richiesti per la registrazione di tale nascita, nella misura in cui siano noti, e dovrà
il prima possibile,
essere trasmessa
una copia autenticata di tale verbale al Segretario Coloniale, che dovrà archiviarlo nell’Edificio dei Registri e dovrà produrre una entrata nel registro del distretto in cui il
padre del bambino risiede.
Se un bambino di padre non domiciliato non su questa Isola o in qualsiasi altra Isola dell’Impero nascesse a bordo di una nave in altomare, e se il padre non lo riconoscesse all’istante come proprio del suo sangue, la
persona al comando di tale nave
dovrà gettare il bambino fuori bordo, affinché si faccia squama, pesce di calcio.


XXXVIII

La ciprèa è un piccolo mollusco dal corpo cilindrico sormontato da una bocca e due piccoli tentacoli, provvisto di un solo piede. La sua debole carne è ricoperta da un guscio

bianco, silenzioso. Erano molto comuni sulle isole Maldive, da dove venivano esportati in diverse nazioni dell’Africa o dell’India per essere usati come forma di denaro –

regno: animalia; sottoregno: mollusco; classe: gastropode; famiglia: cyprædæ; genere: monetaria; specie: monetaria moneta.

Piccola moneta dentata, moneta vivente, raschiata dalle rocce, come se si trattasse di una crosta o un’escrescenza. Unghie strappate alla carne porosa delle profondità.

Con loro si acquistavano proprietà di ogni tipo, e persino esseri umani – uno schiavo poteva valere fino a ventimila conchiglie.

Servivano anche per comprare l’ingresso al mondo degli spiriti: venivano usate per rivestire maschere rituali

come volti gonfi, parzialmente rosicchiati dal mare.


LXVII Arte di navigare
(Arte del marear y de los inventores de ella: con muchos avisos para los que navegan en ellas, Antonio de Guevara)

Guardate il nome che ha:

mare non vuol dire altro che amarezza

l’uomo che naviga
se non per scaricare la sua coscienza
o per difendere il suo onore
o per proteggere la vita

dico
e affermo

che quel tipo
o è scemo
o è annoiato
o possono legarlo come un pazzo

il mare di tutti si lascia navigare
e si lascia dominare

ma insieme a questo
a tutti coloro che vi entrano
gli toglie la giurisdizione
e nessuno è così potente
da mutarne la condizione

è una miniera dove molti diventano ricchi

ed è un cimitero
dove un’infinità di gente è sepolta con le loro ossa


LXXIII

Gli egiziani del Medio Impero lasciarono numerose navi in scala, piccole rappresentazioni in papiro o legno

delle barche che li avrebbero portati negli inferi. Lì sarebbero stati giudicati per le loro virtù, per la loro abilità di navigatori e per la loro perizia nel galleggiare sulle acque
come piume.

Erano dipinte con colori semplici ma brillanti, come se volessero ricordare ai morti in che modo si vedeva la vita. I lineamenti del loro equipaggio non sono, in ogni modo, riconoscibili.

Sotto di loro non c’è alcun mare.




Adalber Salas Hernández
È nato a Caracas (Venezuela) nel 1987 ed è poeta, saggista e traduttore. Ha vissuto per anni a New York per un dottorato di ricerca presso la New York University, attualmente vive tra le Isole Canarie e Città del Messico.
Ha pubblicato i libri di poesia: La arena, el vidrio (Venezuela, 2008), Extranjero (Venezuela, 2010; Colombia, 2012), Suturas (Venezuela, 2011), Heredar la tierra (Colombia, 2013), Salvoconducto (come inedito “Premio de Poesía Arcipreste de Hita”, poi Spagna, Pre-Textos, 2015), Río en blanco (Stati Uniti, 2016), mínimos (Spagna, 2016), Materia intacta (Venezuela, 2017), La ciencia de las despedidas (Spagna, Pre-Textos, 2018), [a love supreme] (Venezuela, 2018) e Nuevas cartas náuticas (Spagna, 2022). Nel 2019 è uscita in Messico l’antologia De ningún viaje se vuleve.
Tra i suoi libri di saggi si segnalano: Clarice Lispector: el lugar de la poesía (Cile, 2019), Isolario (Porto Rico, 2019) e Palabras sin dueño. Variaciones sobre la traducción literaria (Messico, 2019). Numerose le sue traduzioni poetiche dal francese, dall’inglese e dal portoghese.
In Italia è uscita l’antologia Ai margini di un mondo sconosciuto (Poesie 2015-2019) e Nuove carte nautiche, entrambi i volumi a cura di Alessio Brandolini (Edizioni Fili d’Aquilone).

marco.benacci@live.com