FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 58
luglio 2021

Amici & Avversari

 

FINCHÉ AMICIZIA NON CI SEPARI

di Carola Cestari



Si erano conosciute al liceo, perdute negli anni e ritrovate da adulte.

Elisa era una delle migliori e dopo la maturità, si era laureata in storia con il massimo dei voti. Aveva iniziato a lavorare come supplente negli angoli remoti della provincia, guidando la sua utilitaria di seconda mano, acquistata a rate, fino all’agognata assunzione di ruolo. Sentirsi chiamare “professoressa” dagli studenti e instillare in loro passione e curiosità, erano la sua ragione di vita.

Viveva da alcuni anni con il compagno Fabrizio, un mite avvocato con gli occhiali tondi alla Harry Potter e i capelli perennemente spettinati. Appassionato di calcio e trekking, si impegnava con passione per le cause perse e i cani abbandonati. Non litigavano mai.

Quel giorno di settembre, alla soglia dei quarant’anni, Elisa si stava guardando allo specchio nel corridoio del suo appartamento. Era ancora una bella donna, con poche rughe profonde sulla fronte e taluni, sparuti capelli bianchi sparsi qua e là, che tentava di coprire con la tinta. Le piaceva la sua vita, o almeno così pensava: un tranquillo trantran quotidiano che le dava sicurezza. Due stipendi che permettevano di sopravvivere senza stravizi, qualche oculata vacanza in luoghi riposanti, tanti libri, il volontariato per gli animali e le amicizie decennali.

Che c’era di male nell’accontentarsi di tutto ciò? le ricordava spesso Fabrizio.

Eppure, qualcosa la tormentava. La mancanza di figli, pensava. No, c’era dell’altro. Un vago senso di inquietudine, una tensione dell’anima, una percezione di vuoto, un anelito verso qualcosa che non si palesava. Rimaneva nell’ombra, senza assumere consistenza. Ma era lì ogni mattina appena si svegliava e ogni sera prima di chiudere gli occhi. Era grata alla vita ma si sentiva anche inquieta, soprattutto da quando Barbara era venuta ad abitare lì vicino.

La ricordava bene, bella e disinvolta. La memoria si affollava di immagini che si mescolavano fra loro come in un gioco di carte: Barbara che falsificava la firma della madre per marinare la scuola, che piangeva disperata in bagno temendo una gravidanza non voluta e di nuovo mentre fumava sigarette che arrotolava da sola. Una valchiria in minigonna: alta e bionda, con gambe chilometriche, mentre Elisa si sentiva ancor più piccola e minuta accanto a lei.

Barbara sceglieva i fidanzati analizzando dettagliatamente il conto in banca prima di valutarne le affinità elettive: amore e passione venivano presi in considerazione solo se affiancati da una vita agiata e mondana. Elisa invece, da ragazza collezionava relazioni platoniche con filosofi e nerd, alternate ad amori tempestosi con topi di biblioteca e improbabili complottisti, in uno zoo umano che faticava lei stessa a definire. Che strana coppia di amiche, pensavano gli altri: eppure, erano state inseparabili per anni.

Riflettendoci, si rendeva conto di quanto le mancasse la compagnia dell’amica, i consigli cinici e disincantati, gli abbracci consolatori e le chiacchiere senza fine, sedute nel portico della casa dei genitori.

Forse quello che le aveva unite negli anni era stato il desiderio che, quasi per osmosi, le qualità dell’una si riversassero nell’altra, mitigando i loro difetti e trasformandole nelle persone che avrebbero voluto diventare. Elisa si sarebbe piaciuta diversa, estroversa e ciarliera, Barbara disciplinata e determinata. Senza parlare del fisico: Elisa spazzolava con entusiasmo i lunghi capelli dell’amica e le invidiava il fisico slanciato, mentre Barbara avrebbe desiderato passare inosservata, senza temere le occhiate degli uomini che la spogliavano senza timori.

La vita le aveva divise quando Barbara si era trasferita in una diversa città nel momento in cui la madre, maestra nell’arte dell’“oculata” ricerca del benessere economico, aveva sposato un facoltoso industriale. Si persero di vista per decenni fino a quando Elisa, in una passeggiata serale con il cane, notò davanti a sé una donna appariscente che parcheggiava una lussuosa auto sportiva nel vialetto della villa adiacente al condominio dove abitava.

Improvvisamente, un fantasma si palesò di fronte a lei. La riconobbe subito: era ancora più bella di come la ricordava. A Elisa si bloccò il respiro nel vederla: fasciata in un paio di jeans attillati e con dei tacchi vertiginosi, camminava verso una persona che l’attendeva sulla porta d’ingresso. I lunghi capelli ondeggiavano al ritmo del passo veloce e si posavano sulle spalle in onde perfette. L’uomo, di circa settant’anni, la baciò appassionatamente.

Elisa trasecolò. Guardò in basso per un istante: vide i suoi pantaloni felpati e le scarpe da ginnastica. No, non era proprio il giorno giusto per incontrarla, pensò, rialzando il capo. Ma fu in quel momento che i loro occhi si incrociarono e Barbara la chiamò ad alta voce, andandole incontro sui suoi sottili stiletti.

Elisa era pietrificata, incapace di muoversi, stupita da tanto entusiasmo. Da un lato avrebbe voluto scavare una piccola trincea tra lei e quel ciclone profumato che la stava travolgendo con il suo abbraccio, dall’altra lacrime di commozione iniziarono a inumidirle gli occhi. Non ci fu tempo per scappare o nascondersi: il tornado Barbara le presentò il compagno presso il quale si era da poco trasferita ad abitare.

“Di nuovo insieme!” commentarono all’unisono le donne, come se gli anni non fossero trascorsi e i sentimenti fossero rimasti ibernati e intatti. Una capsula del tempo scoperchiata in pochi istanti: l’empatia ritornò immediata, forte come non mai.

Quando Elisa tornò a casa, trovò il compagno seduto alla scrivania. Era rimasta fuori per più di un’ora ma lui non sembrava essersene accorto. Si indispettì ma cambiò subito atteggiamento, recandosi in bagno e guardandosi allo specchio, per la seconda volta quel pomeriggio. Le sembrò che per il solo fatto di aver incontrato l’amica, la sua pelle fosse ora più luminosa e splendente: un elisir di bellezza sembrava averla contagiata. Di certo era migliorato il suo umore e un sorriso le addolciva il volto.

Nei giorni successivi ogni pausa e momento libero furono dedicati a riallacciare i fili di quell’amicizia, a spiegare e a raccontare vent’anni di lontananza. Ma non solo: Elisa decise di dare un nuovo slancio alla sua vita intorpidita. Si iscrisse a un corso di yoga, mutò il colore dei capelli e acquistò capi di abbigliamento colorati e audaci.

Fabrizio era stupito, ma allo stesso tempo, incuriosito. Una nuova linfa aveva permeato il loro rapporto: Elisa sembrava più felice, desiderosa di viaggiare ma soprattutto vivace. Vedeva lo sguardo degli uomini che la osservavano per strada e ne era fiero: riluceva di gioia e allegria. Era anche più passionale. Il fatto però era che lui, tutta questa eccitazione non la provava proprio e il sesso, in fondo, non era mai stata una priorità. A lui le cose andavano bene così. Del resto, riteneva di non farle mancare nulla: fiori per San Valentino, cena per l’anniversario e un gioiello per il compleanno. Inoltre, le teneva la mano per strada, le massaggiava i piedi quando era stanca la sera e le posava una mano sulla spalla quando di notte aveva degli incubi per tranquillizzarla.

Figli non ne erano arrivati ma lei non ne aveva mai fatto una tragedia: loro due vivevano in simbiosi, avendo tantissimi interessi in comune e caratteri simili. Quindi perché ora tutta questa confusione? Convivevano da cinque anni e non l’aveva mai vista prima così strana. L’uomo si augurava di cuore che la situazione tornasse presto alla normalità.

Fu in quel periodo che Barbara chiese a Elisa un favore. Sarebbe partita a breve con il suo compagno per un viaggio in Argentina, dove lui aveva delle proprietà e chiese all’amica di tenere un paio di chiavi di scorta della casa, nel caso fosse subentrato qualche problema idraulico o elettrico. Era inoltre necessario controllare che l’irrigatore funzionasse a dovere, così come l’allarme. Elisa accettò senza esitazione e Barbara iniziò a preparare i bagagli. Durante quei giorni, passarono molto tempo insieme nella villa, per capire meglio il funzionamento dei vari sistemi di controllo e le posizioni dei contatori, nonché testare le chiavi di riserva dei locali.

Venne così il giorno della partenza, fra lacrime, abbracci e promesse di ritorni. Di nuovo il silenzio avvolse la vita di Elisa. Le sembrava che un vortice di allegria fosse passato, l’avesse travolta e poi fosse subentrata una pace quasi claustrofobica. Si sentiva diversa dal passato, più consapevole e attiva, mentre il fidanzato le proponeva ripetitivamente le solite uscite, i ben conosciuti luoghi d’escursione e le amicizie fidate. Ormai tutto ciò le stava stretto, la faceva soffocare, persino la loro relazione.

Guardava Fabrizio e lo trovava monotono: ogni suo tentativo di scuoterlo dal torpore rimaneva senza esito. Decise pertanto di passare più tempo nella casa dell’amica, lambiccandosi fra i suoi vestiti e le scarpe firmate. Si pavoneggiava davanti allo specchio indossando le borse griffate, truccandosi nel bagno e spruzzando i profumi. Come una ragazzina in cerca di personalità gioca con gli oggetti rubati di nascosto alla madre. Apriva cassetti e armadi, frugava tra i documenti e ascoltava i messaggi della segreteria telefonica.

Passò un mese: un giorno, aprendo il mobiletto dei medicinali del bagno, si accorse di un barattolo semivuoto di capsule, di quelle che al loro interno contengono il farmaco in polvere. Dall’etichetta comprese che era stato comprato su internet e che era specificatamente studiato per esaltare la virilità. Per un momento rimase meditabonda, con le medicine in mano. Se le usava il ricco compagno di Barbara, si disse, dovevano essere valide ed efficaci. Lui comprava solo il meglio e a caro prezzo. Quei farmaci, in effetti, potevano fare anche al caso suo.

Negli ultimi tempi aveva più volte suggerito a Fabrizio di vivacizzare la loro vita intima, suggerendogli ritrovati che venivano reclamizzati come miracolosi e che potevano essere facilmente acquistati nel più totale anonimato su internet, ma l’uomo non ne aveva voluto sapere, sostenendo che apprezzava la sua vita senza artefici. Non sentiva neppure la necessità di consultare medici o specialisti, dal momento che attribuiva le sue temporanee défaillance allo stress del lavoro.

Elisa lo giudicò un codardo, incurante del benessere del loro rapporto. Forse, concluse, loro due erano cambiati. Magari non l’amava più come prima e la loro coppia avanzava per inerzia, come altre che conosceva. Amici più che amanti, fratelli più che innamorati. Forse invece era solo pigro. Mentre questi pensieri le passavano per la mente, decise di prendere una manciata di capsule, le mise in tasca e tornò nel suo appartamento.

Quella sera, preparò una cena elaborata e un aperitivo alla frutta. Nel bicchiere di Fabrizio, di nascosto, versò la polverina contenuta in una capsula. Dopo circa venti minuti i primi effetti cominciarono ad essere evidenti e silenziosamente Elisa ringraziò in cuor suo il ritrovamento del farmaco. Iniziò così una settimana di passione, nella quale l’uomo si riscoprì giovane e pieno di energie, confermando la sensazione che il periodo di stress fosse ormai passato: tutto sembrava risolto e dimenticato.

Una domenica mattina, al suo risveglio Elisa allungò mollemente il braccio verso il compagno. Lo toccò ma lui non si mosse. Si stupì e si alzò di scatto a sedere sul letto, scuotendolo con più forza. Non accadde nulla. Lo chiamò e cercò di controllare il battito cardiaco: senza esito. Balzò quindi in piedi e velocemente si diresse verso la borsa, in cerca del cellulare per chiamare un’ambulanza. Con voce tremante diede l’indirizzo di casa e tornò accanto al compagno esanime.

I paramedici arrivarono in poco meno di un quarto d’ora ma per l’uomo non c’era più nulla da fare. Ne era subito stata conscia anche Elisa che evitò di segnalare l’assunzione del farmaco misterioso, rubato a casa della vicina. Si sentiva in colpa ma ripensandoci, si ricordò che il bugiardino del farmaco era piuttosto scarno di informazioni e soprattutto, non poneva in guardia da effetti collaterali.

La donna seguì l’ambulanza in ospedale dove il corpo fu velocemente esaminato e il decesso attribuito a un infarto, dal momento che altri parenti dell’uomo erano morti in giovane età per problemi cardiaci. Si pensò a una predisposizione ereditaria.

Elisa, seduta in sala d’aspetto, si tormentava le mani: come poteva lei non essersi accorta che Fabrizio le stava morendo accanto? Apparentemente non c’erano stati segnali e l’uomo non le aveva accennato a nessun dolore nelle settimane precedenti. La fatica delle performance sessuali aveva determinato la morte? Strano in un uomo ancora giovane… Non ne veniva a capo, ma temendo che l’avrebbero accusata di omicidio se avesse parlato del medicinale, mantenne il segreto.

Nei giorni che seguirono si rese conto con costernazione che, pur soffrendo per la morte del compagno, non era disperata come avrebbe immaginato. Si considerò cinica e insensibile ma, in qualche modo, la nuova Elisa aveva cominciato ad essere stanca di quella relazione. Certo la settimana di passione l’aveva vivacizzata, ma se non fosse subentrato il farmaco miracoloso, forse lei avrebbe lasciato il compagno, non vedendo miglioramenti sensibili nella loro storia.

Dopo il funerale tornò nell’appartamento e riprese la sua vita. I giorni iniziarono a passare tutti uguali. Si diede malata al lavoro e si chiuse in casa. L’assenza di Barbara la faceva sentire una bambola di stoffa senza ossatura, i rimorsi per la morte del compagno non cessavano di tormentarla e si alimentavano alla vista degli oggetti che nella casa glielo ricordavano. La donna cercava di acquietare i suoi demoni passando le giornate ad ascoltare le canzoni che Fabrizio amava e la sua voce registrata nella segreteria telefonica. Le sembrava un modo di onorare la sua memoria, di allungargli quella vita che forse lei aveva reciso.

La sera indossava il suo accappatoio e lo cospargeva di dopobarba. Fumava anche le sue sigarette e osservava il fumo cercando di individuarne lo spirito che volteggiava nelle spirali.

Tutto ormai si divideva in un prima e in un dopo: prima dell’arrivo di Barbara e del farmaco, dopo la morte di Fabrizio. Fu in quei giorni che improvvisamente, l’amica ritornò.

Arrivò in una spider colorata, accompagnata da un uomo evidentemente più giovane di lei: il ragazzo la fece scendere dall’auto e la salutò con un bacio. La donna aveva una piccola valigia e si diresse velocemente verso l’ingresso della villa, inserì le chiavi nella serratura ed entrò in casa. Con tranquillità, come se ne fosse uscita solo poche ore prima.

Elisa la vide dalla finestra di casa e rimase sconcertata. Chi era quel giovane? Dov’era il compagno e padrone di casa? Perché l’amica non l’aveva avvisata che stava tornando? Appoggiò il mento sull’avambraccio e silenziosamente pianse.

La sera il cellulare di Elisa trillò. Era Barbara che l’invitava a casa sua, informandola del suo ritorno e ringraziandola di aver sorvegliato la casa nella sua assenza. Elisa si recò all’appuntamento: dopo giornate trascorse indossando un liso pigiama e trascinandosi demoralizzata tra le mura di casa, quella sera scelse di vestirsi elegante. Si truccò e indossò dei sandali colorati: appena vide l’amica, il suo umore migliorò ancor più.

Irresistibile e allegra, Barbara le mostrò i numerosi regali che aveva acquistato per lei e gliene porse uno anche per Fabrizio. Fu in quel momento che Elisa sprofondò nell’angoscia e le comunicò la morte dell’uomo.

Barbara non mostrò alcun stupore, le sorrise e replicò semplicemente: “Sono lieta che tu abbia trovato il farmaco allora… ma non ti preoccupare: non svelerò ad alcuno il tuo segreto” disse continuando ad aprire pacchi e a sciogliere fiocchi.

Di fronte allo stupore dell’amica, continuò: “Sai…anche il mio compagno è deceduto alcune settimane fa…poche ore dopo il nostro matrimonio. Sfortunatamente le emozioni di quest’ultimo periodo hanno avuto il sopravvento sul suo cuore anziano ma mi rimane la gioia di sapere che è morto felice. Ho chiesto che fosse cremato, come il mio primo marito. Anche lui sfortunato e cagionevole di salute…poi ne ho disperso le ceneri in mare, in una cerimonia romantica e triste assieme. Adesso dovrò occuparmi dell’azienda e della casa. Pensavo che potresti aiutarmi tu che sei sempre stata così in gamba. Ora che sei rimasta sola, hai bisogno di cominciare una nuova vita. In fondo, il tuo compagno non era alla tua altezza, non ti valorizzava appieno, ti limitava, per così dire. Ma non dobbiamo più preoccuparci. Siamo libere e il futuro è nelle nostre mani…” continuò allegramente, mentre Elisa, la guardava costernata.

La donna riprese poi tranquillamente a provare abiti e calzature prese dall’armadio, canticchiando allegramente fra sé il motivetto di una canzone di Daniele Silvestri: “Finché sei in tempo tira e non sbagliare mira. Probabilmente il bersaglio che vedi è solo l’abbaglio di chi da dietro spera che tu ci provi ancora. Perché poi gira e rigira gli serve solo una scusa. La fregatura è che è sempre un altro che paga…”.


carola.cestari@libero.it