FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 56
settembre-dicembre 2020

Caos

 

IL CAOS DEL SILENZIO

di Iuliana Olariu



*

Dorme la via che porta
a casa.
Ha timore dei passi
dei figli che tornano,
si schiva ai loro abbracci
al loro ritorno,
Terra natia
ti sei negata
al tuo proprio sangue.


*

La carne è il muro tra
qua e là.
Il viaggio di ritorno
l’ho fatto tutto a piedi
intorno al tavolo della sala,
il rumore ovattato del ricordo
l’ombra dei salici
la fontana senza catena
evaporano come rugiada al sole
e rimpatriano.


*

Ora sento il tuo aroma,
l’odore di infinito che sale dalle tue terre,
la freschezza del prato contadino,
l’infanzia.
Mi alzo in punta di piedi
per superare le cime
per scongiurare la distanza
e lasciarti addosso
il mio rimpianto.
Oggi
più che mai vorrei vederti
ma lo sguardo
resta chiuso dalla distanza.


*

Si perde e risorge
la malinconia dei giorni insieme
legati dalla noia
dalla certezza.
Ho voglia
del caos che arde la quiete inattesa,
inumana.
Dalle mie mani sale
Bach per l’ennesima volta,
il suo Prelude palpita sotto le dita
come sorgenti sulla ghiaia
ma il bianco di queste mura
rabbrividisce di silenzio.


*

L’ultimo odore svanisce,
appena tornata
ripartirei per morire di silenzio
lì,
dove sono nata,
Questo appetito per il passato
arriva tardi
anni dopo,
i sensi si inquietano e
risvegliano la lontananza,
la lingua sembra più dolce
la doina più struggente,
questo appetito per la terra
albeggia tardi,
con il vuoto.


*

Durante il mio esilio
ho sfruttato il divenire del tempo.
Ho contato le foglie che perdeva
la mimosa
ho imparato a far compagnia al grillo
che mi assillava dal prato dondolante
ho letto poesia accomodante per non
istigare il cuore.
Per rotolare fuori dalla prudenza
ho indossato l’aria
come un mantello contro
le ombre di normalità,
come baluardo contro le infinite
croci nere.
Incrollabile ricamatrice
la vita mi seguiva ovunque.
Appena passata l’ebbrezza dell’onda
mi ritrovai una volta ancora
sentinella in veglia.


*

Mi scorre dentro la quiete
impossibile non vedere
la sua purezza
alleviare la miseria del mondo,
tenere le briglie del tempo
allenarci all’essenziale.
Passeggio,
sola,
davanti a me un prato di cemento
garbato e freddo,
Da qualche parte,
in lontananza,
il verde brilla senza il mio sguardo.


*

Sembrava il crepuscolo della vita
quella fuga dei giorni
muta,
quella brezza silente
che si dilatava all’infinito
come il profumo del gelsomino,
invece
era malinconia,
decrepita, ristagnante, famelica malinconia.
Risvegliata
è diventata vorace abbastanza
da ingoiarmi.


*

C’è gente che resta e
c’è gente che scappa
seguendo l’onda del mondo
abbracciando la menzogna
per sicurezza.
Ma guarda che lieta scoperta!
Il cuore a volte balbetta
per scongiurare lo spazio
per superare con tenerezza
il silenzio.

Sopra la mia anima
c’è una nuvola che assomiglia alla
libertà,
mi emoziona perché
forse,
nella solitudine
ho trovato l’oro.


*

Hanno spalmato sul mio cuore
la prigione
affinché la libertà diventasse un regalo
di compleanno,
hanno legato il tempo alla paura
e la storia si è fermata in mezzo alla strada.
C’è carestia di fiducia
il bacio uccide,
una barriera di morte mi ferma
e un fiume di anime azzurre
si aprono insieme ai gigli.
Sento ombre di passi e musica
che si schiudono sotto la finestra
dove ho baciato il mio stesso silenzio
mentre le ali viaggiavano indisturbate
verso la terra promessa.


*

Nella mia tenerezza spettrale
ritornano le selve,
il fruscio del cielo
i ruscelli di chiaro di luna,
bestie di leggerezza con passi avari, meschini
che portano
a casa,
dove la terra sorride
e le ferite del mondo
si aprono e spiccano coraggiose,
dove il sangue freme di dor,
a casa
dove l’anima si redime.


*

E la vita si abbevera alla quiete
nasconde il suo respiro
tra le pieghe del nido
si disseta alla bocca perlata
del poeta acerbo,
nel mio giardino
il tempo si ama di più
si aggrappa alle caviglie dei frettolosi
si stende increscioso sulle piaghe ardenti
e fiorisce,
Nel mio giardino
il tempo diventa avvenire
insieme al destino.


iuliana2004@libero.it