FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 52
maggio/agosto 2019

Sorelle & Fratelli

 

MORI PONSOWY, QUANTO TEMPO UN GIORNO

di Alessio Brandolini



Nell’ultimo libro della poeta argentina Mori Ponsowy (Buenos Aires, 1967), Cuánto tiempo un día [Quanto tempo un giorno], uscito in Argentina nel 2015 si parla spesso di amore, un amore sofferto e analizzato, un amore, a volte, persino deriso. Ma non c’è solo questo, sarebbe troppo semplice e vago. Perché si ha così tanta voglia di amare e di essere amati? La vita ha molte sfaccettature, così come il giorno che passa e lascia un ricordo strano, ambiguo: impastato di luci e ombre, di momenti intensi di gioia ma anche di delusione profonda e rabbia, di repentine fughe in avanti o all’indietro. Il tempo presente (il giorno) scandisce i suoi momenti in modo inesorabile: difficile distinguere con esattezza il bene dal male, il bello dal brutto. Questo in una vita senza troppi idealismi, senza alcun tipo di eccesso, con la disillusione che si affianca al sincero godimento di un momento, di un abbraccio o di un bacio: nulla deve essere scartato o seppellito sotto la menzogna. I gesti dell’amore, per esempio, non possono identificarsi con l’amore stesso, con l’amore assoluto, né tantomeno “eterno” ma sono qualcosa di concreto che cancella la solitudine: una forma che può riempire un vuoto, guarire ferite. La critica al “superficiale” allora oscilla, resta senza parole o cerca quelle giuste, versi che sappiano accostarsi in punta di piedi alla verità, al fatto che nulla torna, a ciò che rimane sotto i colpi del tempo, delle onde che si abbattono sulla spiaggia come pale e cancellano ogni impronta, riempiono ogni buca. L’amore è un fiume potente e inarrestabile che all’improvviso può prosciugarsi eppur si seguita a nuotare in quel fiume privo d’acqua, con coraggio, affinché perduri la speranza e l’assenza e il vuoto non ci seppelliscano.

Il rammarico per un amore perduto convive con il giorno dopo giorno scandito dai secondi, da quella realtà con la quale occorre confrontarsi, fare i conti senza sbavature né mascheramenti. Non si tratta di accontentarsi di quel poco che la vita (o un singolo giorno) ci offre ma di rendergli giustizia, di dargli il legittimo risalto, di essere coscienti che ci sono “altre urgenze” e che nel frattempo la vita, comunque, va avanti. Così come il viaggio che allontana e riavvicina le cose, ce le fa vedere da un punto di vista diverso, con distacco “partecipativo”, in mezzo alla tormenta dei giorni che resta l’unica verità che ci segna e ci identifica. Ecco che allora in Quanto tempo un giorno l’ironia e l’introspezione interiore si trasformano in saggezza, a volte in umoristico amaro e duro, mai banale né retorico, in quella rara sapienza che ci spinge al centro dei nostri sogni, per viverli ed esplorarli.




POESIE DI MORI PONSOWY
da Cuanto tiempo un día
Editorial Brujas, Argentina 2015


CUÁNTO TIEMPO UN DÍA

¿Cuánto tiempo puede durarnos este día
si cuando arremeten las olas
lo barren todo: la sombra de las casas,
la arena de los sueños, el vacío
de los vanos en las puertas?

¿Cuánto, si al andar tropiezo
con pozos de cangrejos, y caigo
hasta el otro lado del mundo,
allí donde mis brazos
no se pegan a tu cuerpo?

Aspavientos del olvido.
Aspas del agua
que enmascaran la nada
de tanta tarde de domingo
que siempre llegó a lunes,
de tantos días idos
en la avalancha de las olas
que vienen y se van,
inclementes siempre.

Como las horas.


QUANTO TEMPO UN GIORNO

Quanto tempo può durare questo giorno
se quando le onde si scagliano
cancellano ogni cosa: l’ombra delle case,
la sabbia dei sogni, il vuoto
delle fessure nelle porte?

Quanto, se camminando inciampo
in buche di granchi, e cado
fino all’altra parte del mondo,
lì dove le mie braccia
non si attaccano al tuo corpo?

Smanie dell’oblio.
Pale d’acqua
che mascherano il nulla
di tanta sera domenicale
che sempre arrivò al lunedì,
di tanti giorni andati
nella valanga delle onde
che arrivano e se ne vanno,
sempre inclementi.

Come le ore.


PODEMOS TRATAR

Podemos pronunciar cada conjuro;
encender el incienso en fe;
mezclar en la dosis justa
los ingredientes del mejor trago;
elegir las copas; vigilar las horas,
cuidando que no escape
la única propicia.
Más
no podemos:
nada garantiza que el incienso
ascienda en línea recta;
que el perfume de las flores
no llegue rancio al cielo;
que nuestras plegarias no se desvíen
hacia ese único lugar
que cambiará su signo,
para golpearnos
en el centro mismo de los sueños.


POSSIAMO TRATTARE

Possiamo fare ogni scongiuro;
bruciare l’incenso nella fede;
mescolare nelle giuste dosi
gli ingredienti della perfetta pozione;
scegliere i bicchieri; vigilare le ore,
avendo cura che non fugga
l’unica favorevole.
Di più
non possiamo:
nulla garantisce che l’incenso
ascenda in linea retta;
che il profumo dei fiori
non arrivi rancido al cielo;
che le nostre preghiere non deraglino
verso quell’unico luogo
che cambierà il suo segno,
per batterci
nel centro stesso dei sogni.


NO SE REPITE LA LUNA

No se repite dos veces la luna, ni el río.
Dos veces no se repite tu mirada,
ni los panes se repiten aunque exclames
mil conjuros, levantes altares,
pongas piedra sobre piedra,
afines la garganta
o arranques de raíz tu último muerto.
Podrás ir de rodillas
por guijarros,
bajo el sol o sobre arena
desde el lugar donde primero viste el día
hasta el preciso punto
del primer y único milagro.
Pero no verás dos veces el mismo amanecer.
Nada vuelve. Tampoco tú eres la misma.
Sólo tu canto se repite,
hablando para siempre en mis oídos,
recordándome dos veces
que ese lugar adonde una sola vez te fuiste
es uno del que ni una sola
volverás.


LA LUNA NON SI RIPETE

Non si ripete due volte la luna, né il fiume.
Due volte non si ripete il tuo sguardo,
né il pane si moltiplica benché esclami
mille scongiuri, innalzi altari,
appoggi una pietra sull’altra,
affini la gola
o strappi le radici del tuo ultimo morto.
Potrai metterti in ginocchio
su ciottoli,
sotto il sole o sulla sabbia
dal luogo dove vedesti la prima volta il giorno
fino al punto esatto
del primo ed unico miracolo.
Ma non vedrai due volte la stessa alba.
Nulla torna. Nemmeno tu sei lo stesso.
Soltanto il tuo canto si ripete,
lo ascolterò sempre nelle mie orecchie,
ricordandomi due volte
che il luogo da dove una volta sola te ne andasti
è lo stesso dal quale nemmeno una volta
tornerai.


QUIÉN ERES TÚ

¿Quién eres tú,
que hablas por mí en la noche;
que me quitas las palabras;
que te creces en los umbrales
anunciando catástrofes
y el ocaso de los sueños
que no fueron?

Una voz que no conozco
vive en mí.


CHI SEI?

Chi sei,
tu che nella notte parli per me;
che mi togli le parole;
che ti dilati sulla soglia
annunciando catastrofi
e il tramonto dei sogni
che mai si realizzarono?

Una voce che non conosco
vive in me.


PANADERO AL PAN

No necesitas hablar, ni hace falta
que cocines para mí cuando voy a verte.
Deja de contarme qué maravilloso
eres. No te preocupes por elegir
un buen CD. ¿A qué tanto preámbulo?
No perdamos tiempo: ven a la cama.
Desnúdame. Con arcilla da vida
el alfarero a la vasija. Con levadura,
el panadero al pan. Zapatero
a sus zapatos. Tú, a mí:
con tus manos.


PANETTIERE AL PANE

Non devi parlare, né è necessario
che cucini per me quando vengo a trovarti.
Smettila di raccontarmi quanto stupendo
sei. Non ti preoccupare di scegliere
un buon CD. Perché tanti preamboli?
Non perdiamo tempo: vieni a letto.
Spogliami. Dà vita con l’argilla
il ceramista alle stoviglie. Col lievito,
il panettiere al pane. Ciabattino
alle sue scarpe. Tu, a me:
con le tue mani.


NADA ES PROBABLE

Nada es probable
dado el infinito azar: la vida
sobre el planeta; la fórmula áurea
del nautilus; la posibilidad
de –esta vez sí– curarte el sueño;
de – esta vez sí– volver de tu exilio;
de que –esta vez– el amor sí sea.
Nada es probable y sin embargo
estamos aquí. Cuántos pasos
ha debido dar tu estirpe
para que llegaras a mi puerta.
Cuántas veces te busqué
para negarte.
Nada es probable, y
gira la tierra en torno al sol.
Todo cálculo es ocioso,
nada es probable y
henos aquí a los dos.
Los dos, y sin embargo...


NULLA È PROBABILE

Nulla è probabile
dato il caso infinito: la vita
sul pianeta; la formula aurea
del nautilus; la possibilità
di – questa volta sì – curarti il sogno;
di – questa volta sì – tornare dal tuo esilio;
che – questa volta – l’amore sì ci sia.
Niente è probabile e tuttavia
stiamo qui. Quanti passi
ha dovuto fare la tua stirpe
affinché arrivassi alla mia porta.
Quante volte ti ho cercato
per negarti.
Nulla è probabile, e
gira la terra intorno al sole.
Ogni calcolo è inutile,
nulla è probabile e
siamo qui noi due.
Entrambi, e tuttavia...


LE GUSTARÍA CREER

Los gestos del amor no son el amor.
Son gestos. Ella lo sabe bien. Aun así,
le gustaría creer en ellos. Creer
que esas manos que toman su rostro,
que esos ojos que la miran tan de cerca
por la noche, tienen algo que ver
con el amor. Le gustaría creer
que en el temblor de ese cuerpo
junto al suyo hay algo más, algo distinto,
del impulso que lleva a un perro
a acoplarse con una perra en plena calle.
¿Será así? ¿Habrá un poco de amor,
tal vez? Quizá esos ojos que la miran
no podrían mirar así a cualquiera. Quizá
esas manos, para acariciar tan dulcemente,
pidan un rostro en algo parecido al suyo.
¿Y ella?
¿Qué hay de sus propios gestos?
Los gestos del amor
no son el amor. Son gestos.
Lo sabe bien. Cuánto le gustaría
creer en ellos.


GLI PIACEREBBE CREDERE

I gesti dell’amore non sono l’amore.
Sono gesti. Lei lo sa bene. Anche così,
le piacerebbe crederci. Credere
che quelle mani che afferrano il suo volto,
che gli occhi che la osservano da così vicino
nella notte, abbiano qualcosa a che vedere
con l’amore. Le piacerebbe credere
che nel tremore di quel corpo
vicino al suo ci sia qualcosa in più, qualcosa di diverso,
dell’impulso che porta un cane
ad accoppiarsi per strada con una cagna.
Sarà così? Ci sarà un po’ di amore,
forse? Forse quegli occhi che la guardano
non potrebbero guardare chiunque così. Forse
quelle mani, per accarezzare così dolcemente,
hanno bisogno di un volto in qualcosa simile al suo.
E lei?
Che cosa c’è nei suoi gesti?
I gesti dell’amore
non sono l’amore. Sono gesti.
Lo sa bene. Quanto le piacerebbe
credere in loro.


PARA QUE SEA DISTINTO

No encuentro un lugar en mi casa
para poner los pies. No puedo
ni caminar. Del piso, de la alfombra,
del cajón de los cubiertos,
hasta de la bañera brotan poemas de amor.
Se asoman de la bolsa de harina Cuatro Ceros.
De la caja de detergente SKIP. Poemas
que escribí alguna vez (a los quince,
a los veinte, a los treinta y dos). ¿Qué lugar hay
para ilusionarme en ti,
si ya hubo sábanas con esperanzas
de cualquier color?
¿Cómo creer que esta vez sí?
Me propongo no escribir
ni un verso más. Callaré aun en la noche,
cuando los teros tiemblan. Para que esta vez
sea distinto. Para que perdure. Mi mejor poema será
el que nunca te escribiré.


AFFINCHÉ SIA DIVERSO

A casa non trovo un posto
dove mettere i piedi. Non posso
neanche camminare. Dal pavimento, del tappeto,
dal cassetto delle posate,
perfino dalla vasca da bagno sbocciano poesie d’amore.
Si affacciano dal pacco di farina Doppio Zero.
Della scatola di detergente SKIP. Poesie
che scrissi una volta (a quindici anni,
a venti, a trentadue). Che posto c’è
per illudermi di te,
se ci furono già lenzuola con speranze
di qualsiasi colore?
Come credere che questa volta sia quella giusta?
Decido di non scrivere
mai più un verso. Tacerò anche di notte,
quando i teros (*) tremano. Affinché questa volta
sia diverso. Affinché perduri. La mia più bella poesia sarà
quella che ma ti scriverò.

(*) Vanellus chilensis, in italiano “Pavoncella del Cile”. Uccello
che vive nelle zone settentrionali del Sudamerica.


RÍO SECO

Bastaría
con que uno de nosotros
se acercara al otro y lo dijera.
Pero ninguno lo hace:
tenemos la boca sellada,
asfixiada por la estopa.
Como si hablar fuera una derrota,
entre tú y yo sólo hay
silencio.
Intentamos acercarnos
con las manos; intentamos
tender el puente de los cuerpos
sobre las aguas del riesgo
a enmudecer por siempre.
Entrelazados, flotamos en la corriente
un solo instante.
Ojalá no se hubiera secado el río.
Esa voz no se recupera.


FIUME ASCIUTTO

Basterebbe
solo che uno di noi
si avvicinasse all’altro e lo dicesse.
Ma nessuno lo fa:
abbiamo la bocca sigillata,
soffocata dalla stoppa.
Come se parlare fosse una sconfitta,
tra te e me c’è solo
silenzio.
Cerchiamo di avvicinarci
con le mani; cerchiamo
di tendere il ponte dei corpi
sull’acqua del rischio
di tacere per sempre.
Intrecciati, fluttuiamo nella corrente
un solo istante.
Vorrei che il fiume non si fosse seccato.
Quella voce non si recupera.


EL ESPACIO QUE RESPIRAS

Acaso este silencio, este espacio entre ambos
no sea pasajero, sino la verdad que nos espera,
que hemos labrado a través de siglos
sin saberlo.

Antes tenerte en demasía,
antes emborracharme en ti
que esta ausencia.
¿O –quizás– me engaño?

Quizás: antes no tenerte, antes morirme
de hambre tuya que la náusea.

Quizás: antes –y siempre– sola en mi silencio:
celebro el espacio que se ensancha;
el espacio que respiras;
el espacio que te mantiene vivo
y me alimenta.


LO SPAZIO CHE RESPIRI

Forse questo silenzio, questo spazio tra noi due
non è passeggero, bensì la verità che ci aspetta,
che abbiamo coltivato attraverso i secoli
senza saperlo.

Meglio averti troppo,
meglio ubriacarmi di te
che questa assenza.
O – forse – mi sbaglio?

Forse: meglio non averti, meglio morire
di fame per te che questa nausea.

Forse: meglio – e sempre – sola nel mio silenzio:
celebro lo spazio che si prolunga;
lo spazio che respiri;
lo spazio che ti mantiene vivo
e mi alimenta.


Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini





Mori Ponsowy
è nata a Buenos Aires (Argentina) nel 1967 ma ha vissuto in Perù, Venezuela e Stati Uniti. Attualmente vive a La Lucila (Buenos Aires), vicino al fiume.
Ha pubblicato i libri di poesia: Enemigos afuera (2001, Argentina - Premio Nacional Iniciación de la Secretaría de Cultura de la Nación y Mención de Honor del Fondo Nacional de las Artes) e Cuánto tiempo un día (2015, Argentina).
Ha pubblicato i romanzi Los colores de Inmaculada (2006, Argentina - Premio Diputación de Cáceres), Abundancia (2010, Argentina - Premio de Novela LETRA SUR 2010), Busco un amigo (2015, Argentina), il libro di racconti No somos perfectas (2006, Argentina) e un volume di interviste Mujeres políticas y argentina (2009, Argentina).
Ha tradotto opere di poeti nordamericani, tra i quali: Lo que hacen los vivos, di Marie Howe, e El padre, de Sharon Olds.
Il suo ultimo libro è Okāsan. Diario de viaje de una madre (2019, Argentina).


alexbrando@libero.it