FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 49
maggio/agosto 2018

Consenso & Dissenso

 

L’ULTIMA ARCHITETTURA DEL VENTO
Sulla poesia del messicano Carlos Higuera Ramos

di Martha Canfield e Marco Benacci



Alcuni mesi fa, con il Centro Studi Jorge Eielson, abbiamo esposto presso il Corridoio Brunelleschi della Biblioteca Umanistica dell’Università di Firenze, la mostra fotografica Sangre de mi sangre di Estela Peri basata sul tema dei desaparecidos e dei loro parenti durante la dittatura militare in Uruguay. L’idea del progetto era quella di far conoscere al mondo anche i casi uruguaiani (visto che si parla sempre di Cile e Argentina), ma anche mandare un messaggio forte per smuovere la coscienza delle persone affinché una cosa del genere non accada mai più.

Tra i tanti visitatori un giorno si presenta un giovane messicano che, dopo aver visitato la mostra, ci fece notare, attraverso la lettura di alcuni suoi componimenti, l’attualità di tale dramma nel suo paese. Oggi come ieri, migliaia di essere umani evaporano nel nulla per mano di trafficanti di droga o di persone, o chissà da chi; oggi come ieri, le risposte alle domande dei familiari disperati sono angosciosamente simili a quelle che venivano date ai parenti dei desaparecidos durante le dittature militari: “Saranno sicuramente andati negli Stati Uniti con l’amante…”

La storia si ripete, o forse non si è mai fermata, e Carlos Higuera, quel ragazzo messicano, dei mali della sua terra ne parla nelle sue poesie. La sua è quindi una poesia forte, diretta, senza troppi addobbi, che anche se ha la potenza per arrivare dritto al sodo, è una poesia fluttuante e che lascia spazio alle riflessioni. In occasione dell’uscita del numero della rivista dal titolo (appunto) «Consenso & Dissenso», ci è sembrato naturale tradurre alcuni componimenti emblematici tratti da La última arquitectura del viento (2015), al fine di offrire una selezione tematica dell’opera di questo scrittore.

Tra la rassegnazione e la speranza, la poesia di Higuera non è per niente convenzionale; fondamentalmente si tratta di una scrittura attuale, sia per l’uso di molti termini presi dalla lingua colloquiale oppure inventati, che per le scelte formali che vanno dalla prosa al verso libero. Ma è anche evidente un’influenza molto forte di grandi scrittori ispanoamericani, soprattutto nelle tematiche e nei giochi di parole; ad esempio la costante presenza della morte vista non come una tragedia di cui aver paura, ma come un elemento con cui si convive ogni giorno, con cui si ha così tanta confidenza da poterne scrivere addirittura un manuale per combatterla, in cui prevale nella prima parte un’ironia tipica della sua poesia. Proprio mediante l’ironia affronta anche l’argomento religioso, attraverso il tema novecentesco dell’inutilità di Dio, che qui assume una valenza incredibilmente profonda se messo a confronto con la religiosità dei poteri oscuri, come si nota nella poesia «Giordano Bruno». Ed è con i poteri oscuri che finalmente appare più chiaramente il Messico: un paese e una città (spesso la capitale), governati da narcotrafficanti, criminali di ogni genere, politici corrotti e economisti spietati. Notizia di questi giorni è che dall’inizio del 2018, la media di omicidi in questo paese è salita alla tremenda quota di 90 al giorno.

Premesso tutto questo sembra proprio essere davanti a un’arte poetica coraggiosa. Forse sì. Ma forse anche no: magari è semplicemente una poesia che non può permettersi di dare spazio alla paura e alla rassegnazione, che per essere (e per nascere) più che di coraggio ha bisogno di speranza; sembra che la poesia abbia accettato la convivenza col negativo e sceglie, attraverso le parole, di non far finta di niente, sebbene la sensazione che domina è quella di una malinconica sopraffazione. Anche se non dentro la tragedia, anche se è fuori, la violenza di tutti i tipi e livelli, pesa sulla poesia, sulla vita, sui sogni di Higuera; scrivere quindi diventa un consenso all’ispirazione e un dissenso a chi quell’ispirazione la vorrebbe far desaparecer, scomparire.




POESIE DI CARLOS HIGUERA RAMOS
da La última arquitectura del viento (2015)


La última arquitectura del viento

¿Pero tú qué quieres?, ¿qué me lance de un edificio de tres pisos suspirando respeto y amor por este mundo?, ¿qué quieres? ¿Dime?, ¿qué hable como extranjero porque pareceré un personaje de mundo con mis lentes azules Tommy Hilfiger que cagaron los amorosos capitalistas para sus hijos pobres tercermundistas? Sólo sueño en viajes, en puras alucinaciones: en Colombia, Mozambique, en Italia y sus murallas, en Europa del Este y a Safo teniendo sexo con un pepino heroico y silencioso violándola por toda la eternidad. Yo aquí en México capital de la ignorancia, democracia de los banqueros y los políticos, pura luz marchita en el piso, piso de la muerte en el que salen volando en alfombras las mujeres suicidas. Aquí le llamamos a las cosas por su nombre aunque su nombre no lo sabemos. Tenemos mucho tiempo armando el rompecabezas con piezas desconocidas y haciendo una figura que nunca hemos visto.

Esta ciudad como te decía: es el laberinto que tuvo en sus pesadillas Dédalo el arquitecto griego, sin mucho color ni espacio para más muertos. Ni hilos, ni ariadnas esquizofrénicas.

¿Y qué te puede decir alguien que raya los treinta y tres años?, años de la muerte de Don Jesús el inmortal como Munra el inmortal de la caricatura de los Thundercats.

Sé que no es nada poético.

Ni los mapas que me gustan comprar en la papelería para trazar la ruta que hizo Colón a América. Ni que conocí la puerta de Brandemburgo en una enciclopedia a colores de la editorial española: Salvat.

Sabes mi afición desmedida a comprar libros usados y guardar los boletos de viaje que a veces quedan entre sus páginas y sus hongos rancios que manchan las hojas y que dicen que inundan los pulmones con esporas invisibles y se apoderan del aliento.

Adiós a las maletas y los libros de historia mexicana, y los pequeños porfirios. Porque uno en cada hijo te dio, tienes que saberlo bien; en la patriótica patria: el destino ya es el pegamento de calcomanías de los coches que circulan oscuramente por la ciudad. Y oscuramente andan los niños fresas y los remisos indecisos de la vela perpetua.

Estas ligeras impresiones te las escribo por la señal de la santa cruz, que descubrí en el videojuego tragamonedas. Entonces supe que todo era falso, que siempre habría que echar monedas al abismo. Los niños que trabajan en los cruceros están de testigos que todo lo que digo es verdad, ellos saben en su corazón requemado por el sol. Que la luna no es de queso. Y que por más que nos cansemos de nombrar la noche, el chile, las hamburguesas, el MacDonald’s y las raíces de la mitologías de nuestros abuelos. Hay algo que siempre estoy callando, hay ríos que estoy deteniendo en la garganta, hay junglas que estoy pisando y arena del desierto de San Luis que traigo en las bolsas del pantalón.

Pero sobre todo, hay lago que se me está cayendo encima y es oscura, ceniza y silenciosa la arquitectura del viento: se llama vida.


L’ultima architettura del vento

Ma tu che vuoi?, che mi lanci da un edificio di tre piani sospirando rispetto e amore per questo mondo?, che vuoi? Dimmi?, che parli come uno straniero così sembrerò un uomo di mondo con le mie lenti blu Tommy Hilfiger che cacarono gli amorosi capitalisti per i loro figli poveri terzomondisti? Sogno solo in viaggio, in pure allucinazioni: in Colombia, Mozambico, in Italia e le sue mura, in Europa dell’Est e a Saffo facendo sesso con un cetriolo eroico e silenzioso violentandola per tutta l’eternità. Io qui a Città del Messico capitale dell’ignoranza, democrazia dei banchieri e i politici, pura luce marcia nel suolo, suolo della morte da cui escono volando su tappeti le donne suicide. Qui chiamiamo le cose con il loro nome sebbene il loro nome non lo sappiamo. È da molto tempo che mettiamo insieme il puzzle con pezzi sconosciuti e facendo una figura che mai abbiamo visto.

Questa città come ti dicevo: è il labirinto che ebbe nei suoi incubi Dedalo l’architetto greco, senza molto colore né spazio per ulteriori morti. Né fili, né arianne schizofreniche.

E cosa ti può dire uno che è vicino ai trentatré anni?, anni della morte di Don Gesù l’immortale come Mumm-Ra l’immortale del cartone animato Thundercats.

So che non è per niente poetico.

Né le mappe che mi piace comprare nella cartoleria per tracciare la rotta che fece Colombo verso l’America. Né che ho conosciuto la porta di Brandeburgo in una enciclopedia a colori della casa editrice spagnola: Salvat.

Conosci la mia passione smisurata per comprare libri usati e conservare i biglietti di viaggio che a volte rimangono tra le loro pagine e i loro funghi rancidi che macchiano le pagine e che dicono che inondano i polmoni con spore invisibili e si impossessano dell’alito.

Addio alle valigie e ai libri di storia messicana, e i piccoli porfirios.{*} Perché uno in ogni figlio ti ha dato, devi saperlo bene; nella patriottica patria: il destino è già la colla di calcomanie delle auto che circolano oscuramente per la città. E oscuramente vanno i bimbiminkia e gli indolenti indecisi della vela perpetua.{**}

Queste leggere impressioni te le scrivo per il segno della santa croce, che ho scoperto nel videogioco mangiamonete. Allora seppi che tutto era falso, che avrei dovuto sempre buttare monete nell’abisso. I bambini che lavorano ai semafori sono testimoni che tutto quello che dico è vero, lo sanno nel loro cuore abbrustolito dal sole. Che la luna non è di formaggio. E che per quanto ci stanchiamo di nominare la notte, il peperoncino, gli hamburger, il MacDonald’s e le radici della mitologia dei nostri nonni. C’è sempre qualcosa che sto tacendo, ci sono fiumi che sto detenendo in gola, ci sono giungle che sto calpestando e sabbia del deserto di San Luis che porto nelle tasche dei pantaloni.

Però soprattutto, c’è qualcosa che mi sta cadendo addosso ed è oscura, cinerea e silenziosa l’architettura del vento: si chiama vita.

{*}Si fa riferimento ai vari personaggi politici di nome Porfirio della storia messicana.
{**}Organizzazione religiosa di adorazione del Santissimo Sacramento.


No he inventado nada

No es que haya inventado este idioma
de agua y tardes, ruidos
y zumbidos primitivos.

No inventé todos estos recuerdos y piedras de colores
ni el olor rojo de una rosa fresca.

No he inventado los largos caminos
Los angostos y despoblados días.

No inventé nada
cuando llegué el mundo ya era amargo
había un reguero de sangre y
polvo en los sueños.


Non ho inventato nulla

Non è che abbia inventato questa lingua
di acqua e sere, rumori
e mormorii primitivi.

Non ho inventato tutti questi ricordi e pietre di colori
né l’odore rosso di una rosa fresca.

Non ho inventato i lunghi sentieri
Gli angustiosi e spopolati giorni.

Non inventai nulla
quando arrivai il mondo era già amaro
c’era una scia di sangue e
polvere nei sogni.


Padre de nadie

Dios
Padre suyo nuestro y de nadie
del abandono
Padre sordo y ciego
dibujo de las sonrisas de horizonte a horizonte
del buen cáncer
Padre carcajada de metal
Padre que gustas de la sangre y del sacrificio
Danza de estrellas lejanas
Dios-silencio.


Padre di nessuno

Dio
Padre suo nostro e di nessuno
dell’abbandono
Padre sordo e cieco
disegno dei sorrisi da orizzonte a orizzonte
del buon cancro
Padre risata di metallo
Padre che ti piace il sangue e il sacrificio
Danza di stelle lontane
Dio-silenzio.


Giordano Bruno

Fue filósofo y poeta, condenado a la hoguera
y calcinados sus huesos una noche de lluvia
afirmó que dios está en todas las cosas
desde los enormes árboles
hasta las raíces de las flores.
Esta afirmación aún sigue siendo imperdonable.

Si lo hubiera dicho hoy en México
hubiera sido colgado de un puente, descarnado o
decapitado.


Giordano Bruno

Fu filosofo e poeta, condannato al rogo
e bruciate le sue ossa in una notte di pioggia
affermò che dio è in tutte le cose
dagli enormi alberi
fino alle radici dei fiori.
Questa affermazione continua a essere imperdonabile.

Se lo avesse detto oggi in Messico
sarebbe stato appeso da un ponte, scarnificato o
decapitato.


Juraré por las muertas de Juárez

Juraré por las muertas de Juárez
por los miles
que se han evaporado en fosas clandestinas.

Por ellos; carne de la noche
que desfilaron
al país de las sombras.

Ustedes que murieron deseando haber nacido
en un lugar de frutos amargos y
destinos clausurados.

Ustedes y nosotros que nos quedamos
pertenecemos al mismo tiempo
nosotros sobrevivimos, pero no del todo.


Giurerò per le morte di Juárez

Giurerò per le morte di Juárez
per le migliaia
che si sono evaporate in fosse clandestine.

Per loro; carne della notte
che marciarono
verso il paese delle ombre.

Voi che siete morti desiderando essere nati
in un luogo di frutti amari e
destini chiusi.

Voi e noi che rimaniamo qui
apparteniamo allo stesso tempo
noi sopravviviamo, ma non del tutto.


La irreconocible muerte

Pues escribes desde las venas
Desde la garganta, desde el grito
Infinito y largo de que no estés aquí
Con el aliento de los muertos,
Con la boca llena de fantasmas.

Como si el mar se tuviera metido en los labios
Como si tu cuerpo nunca
Se lo fueran a comer los gusanos.

Y en la noche... las uñas arañan al tiempo.

Me arrepiento de no haber pronunciado con rabia
Y flores sin aroma
Templos infinitos, uvas secas y
Pasto viejo.

Bocanada.

Estoy temblando de frío
Manojo de nervios, afuera la ciudad
Sin nadie que entienda
Este dialecto de pájaros emigrando
Al sur de la irreconocible muerte.


La irriconoscibile morte

Poiché scrivi dalle vene
Dalla gola, dal grido
Infinito e lungo perché non sei qui
Con il respiro dei morti,
Con la bocca piena di fantasmi.

Come se il mare si fosse messo tra le labbra
Come se il tuo corpo mai
Venisse mangiato dai vermi.

E nella notte... le unghie graffiano il tempo.

Mi pento di non aver pronunciato con rabbia
E fiori senza aroma
Templi infiniti, uvette e
Prato vecchio.

Boccata.

Sto tremando di freddo
Fascio di nervi, fuori la città
Senza nessuno che capisca
Questo dialetto di uccelli emigrando
Al sud della irriconoscibile morte.


Manual para combatir la muerte

1

Para seguir hablando, deposite su cuerpo, para seguir llorando, la deseperación, el atajo hacia la muerte es la lectura prolongada y en secreto de este manual.

No intente la vida eterna, ni siquiera la vida, lea el instructivo: no usar drogas, no correr cerca de los puentes, no tirarse de edificios, no se asome a las ventanas, no nade en el mar, tampoco es permitido intentar volar con alas de cera cerca del sol. No se lance, mucho menos de paracaídas, no viaje en avión, no sueñe cerca de los parques, ni debajo de los puentes, planifique su sueño, hay llagas que abren la piel. Use crema, báñese todos los días aunque no sea el Ganges, agua fresca de regadera y beba a sorbos sostituto de café amargo.

No lance piedras a los lagos tranquilos, no fume, la cafeína deteriora los nervios, coma sano: de preferencias frutas y vegetales fresco, no hable con la boca llena de miseria, no intente subirse a los barcos si no sabe su dirección. Para sobrevivir y vencer a la muerte es mejor que no use amuletos, las limpias de los chamanes pueden empeorar sus convicciones, no ame hasta perder la cabeza, mantenga la saliva e las buenas costumbres limpias en las angostas casas. No pierda el corazón. No lo pierda, porque le puede costar que muera pensando en fronteras lejanas. No pierda la gloria. Ate sus manos a los manuales y allí vivirá entonces eternamente cuerdo.

Si usted tiene hijos, piense en ellos como herederos, obedezca las señales de tránsito y no conduzca por lugares desconocidos.

Es mejor comenzar a pensar en Dios, y no escupir en las tumbas, no llevar flores a los cementerios.

Abre la puerta, no sientas la sangre como un cementerio. No tires su semen al aire, pueden nacer fantasmas que te devoren meintras duermes.

No cantes canciones que no conoces, no levantes la voz para que te escuche Dios, en el mar, en las calles, en las plaza públicas.

2

A quién se dirige mi voz, no me preguntes buscando en mis ojos alguna respuesta, no veo más que los mismos árboles cediendo ante el aire oscuro, no tengo marcada ninguna señal en el camino, es desconocido, ... no conozco más cuerpo que el que se abre esperando que tiemble y se desvanezca en el humo de cigarro.

¿Vamos a ver nacer los arcoíris?, allá detrás de la lluvia, se escucha una música infinita, que recorre todas las calles. ¿Sabes qué ciudades son estás?, ¿recuerdas las palabras llena de insomnio? no sé, te confieso, siento mis venas llenas de ceniza, escucho mis palabras, atadas a los muelles, a la sombra de los árboles.

No hables más por favor, he cambiado, me he convertido en jaula abierta sin pájaros, no quiero que me veas así, por favor vete, cierra la puerta, aquí solo hay ecos, hay cementerios de voces, barruntos de río infinitos.

Te digo que no me hables, ya no soporto el olor de fogatas, estoy solo sí, no me importa, las uñas llenas de tierra de la mañana.

No puedo encontrar las voces que suenan en mi corazón, no puedo trepar los muros del aire, voy con el cuerpo muerto de Dios y una mujer desgarrada, con sombras de puñales en su vientre que le habla a los muertos, que grita para que la noche sea ceniza en su cara.

Piso las tumbas, los abismos que cubren las hojas secas... camino buscando mi nombre, buscando mis años, mis días.

Las estrellas metálicas se reflejan temblorosas en los charcos...

Y si juego a inventarme, a preguntarle a la luna tu nombre, a resucitar mis muertos, ¿y si juego a buscar en las tumbas tu cadáver, a enterrar mi corazón en tu boca? ¿Y si jugamos a llenar el cuerpo de cicatrices y pierde el que tiemble? ¿el primero que lance un grito vertical, el que huela a trampa que se convierta en piedra, en estatua de rosas?

Voy a poner mi nombre en cada árbol, voy a tatuar a cada mariposa con mi nombre, a levantar miles y miles de estatuas, a escribir en el agua el frío, porque en la ciudad no sólo es ruido de gente, también hay ausencias, hay rencor moviéndose.


Manuale per combattere la morte

1

Per continuare a parlare, metta il suo corpo, per continuare a piangere, la disperazione, la scorciatoia verso la morte è la lettura prolungata ed in segreto di questo manuale.

Non cerchi la vita eterna, neanche la vita, legga le istruzioni: non far uso di droghe, non correre vicino ai ponti, non buttarsi da edifici, non si affacci dalle finestre, non nuoti nel mare, nemmeno è permesso provare a volare con ali di cera vicino al sole. Non si lanci, tantomeno col paracadute, non viaggi in aereo, non dorma vicino ai parchi, né sotto i ponti, pianifichi il suo sonno, ci sono piaghe che aprono la pelle. Usi la crema, faccia il bagno tutti i giorni anche se non nel Gange, acqua fresca della doccia e beva a sorsi un sostituto di caffè amaro.

Non lanci pietre nei laghi tranquilli, non fumi, la caffeina deteriora i nervi, mangi sano: preferibilmente frutta e verdura fresche, non parli con la bocca piena di miseria, non cerchi di salire sulle navi se non sa la loro destinazione. Per sopravvivere e vincere la morte è meglio che non usi amuleti, le guarigioni degli sciamani possono peggiorare le sue convinzioni, non ami fino a perdere la testa, mantenga la saliva e le buone abitudini pulite nelle anguste case. Non perda il cuore. Non lo perda, perché le può costare la morte pensando a frontiere lontane. Non perda la gloria. Leghi le sue mani ai manuali e lì vivrà allora eternamente saggio.

Se lei ha figli, pensi a loro come eredi, rispetti i segnali di transito e non guidi in luoghi sconosciuti.

È meglio iniziare a pensare a Dio, e non sputare nelle tombe, non portare fiori ai cimiteri.

Apri la porta, non sentire il sangue come un cimitero. Non buttare il tuo seme nell’aria, possono nascere fantasmi che ti divoreranno mentre dormi.

Non cantare canzoni che non conosci, non alzare la voce affinché t’ascolti Dio, nel mare, nelle strade, nelle piazze pubbliche.

2

A chi si dirige la mia voce, non mi interrogare cercando nei miei occhi qualche risposta, non vedo altro che gli stessi alberi che stanno cedendo davanti all’aria oscura, non ho tracciato nessun segnale nel cammino, è sconosciuto, … non conosco altro corpo se non quello che si apre aspettando di tremare e svanire nel fumo della sigaretta.

Andiamo a vedere nascere gli arcobaleni?, là dietro la pioggia, si sente una musica infinita, che percorre tutte le strade. Sai quali città sono queste?, ricordi le parole piene di insonnia? non so, ti confesso, sento le mie vene piene di cenere, ascolto le mie parole, legate ai moli, all’ombra degli alberi.

Non parlare più per favore, sono cambiato, mi sono trasformato in una gabbia aperta senza uccelli, non voglio che tu mi veda così, per favore vattene, chiudi la porta, qui ci sono solo echi, ci sono cimiteri di voci, segni di fiumi infiniti.

Ti dico di non parlami, non sopporto più l’odore di falò, sono solo sì, non m’importa, le unghie piene di terra della mattina.

Non posso trovare le voci che suonano nel mio cuore, non posso scalare i muri dell’aria, vado con il corpo morto di Dio e una donna lacerata, con ombre di pugnali nel suo ventre che parla ai morti, che grida affinché la notte sia cenere nel suo viso.

Calpesto le tombe, gli abissi che coprono le foglie secche... cammino cercando il mio nome, cercando i miei anni, i miei giorni.

Le stelle metalliche si riflettono tremanti nelle pozze...

E se gioco a inventarmi, a chiedere alla luna il tuo nome, a resuscitare i miei morti, e se gioco a cercare nelle tombe il tuo cadavere, a sotterrare il mio cuore nella tua bocca? E se giochiamo a riempire il corpo di cicatrici e perde chi trema? il primo che lancia un grido verticale, quello che puzza di trappola che si converte in pietra, in statua di rose?

Ora metterò il mio nome in ogni albero, tatuerò ogni farfalla col mio nome, erigerò migliaia e migliaia di statue, scriverò nell’acqua il freddo, perché nella città non solo è rumore di gente, ci sono anche assenze, ci sono rancori che si muovono.


Traduzione dallo spagnolo di Martha Canfield e Marco Benacci




Carlos Higuera Ramos (Morelia, Michoacán, 1981)
ha studiato Storia dell’Arte presso la Universidad de Morelia, musica nel Conservatorio de las Rosas, e Filosofia e Lingue nella Universidad Michoacana de San Nicolás de Hidalgo (UMSNH). Attualmente è professore nell’Instituto Michoacano de Ciencias de la Educación José María Morelos e collabora con i periodici La Jornada Michoacán, Cambio de Michoacán e Revista Laberinto.
Oltre alla pubblicazione di diversi saggi, poesie e racconti in libri collettivi, nel 2011 ha realizzato la traduzione in spagnolo di un’antologia poetica di Salvatore Quasimodo col titolo Con la hierba sobre el corazón (Municipio de Morelia, Morelia). Inoltre, è uscita una raccolta poetica dal titolo La última arquitectura del viento (Círculo Rojo, Almería, 2015; GEM-SECUM, Morelia, 2016) e due libri di racconti: Todo esto pasó (CONACULTA-SECUM, Morelia, 2015) e La espera de las largas despedidas (Círculo Rojo, Almería, 2015).


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