Nata a Mosca nel 1949 Ol’ga Sedakova pubblica la sua prima raccolta in Russia soltanto nel 1990, anche se la sua poesia è conosciuta e gira da decenni nei circuiti clandestini. Una poesia fuori dal sistema, dai canoni letterari imposti dal regime sovietico e quindi osteggiata e ignorata, tant’è che il suo esordio avviene a Parigi nel 1986. Non è la sola, ovviamente, e altri poeti avevano subito una sorte più tragica, basti pensare a Marina Cvetaeva esule a Parigi nel 1922 e a Osip Mandelstam che nel 1938 finì i suoi giorni in un Gulag.
La poesia della Sedakova si converte in una personale salvezza che collega e fonde la cultura classica (Omero, Dante, San Francesco d’Assisi, Rainer Maria Rilke…), alle antiche fiabe russe, ai canti popolari, alle fonti bibliche, alla saggezza cinese in una tensione etica e religiosa che ne regola i vari e molteplici registri poetici.
Solo nel fuoco si semina il fuoco (2008) è la prima antologia poetica pubblicata in Italia, con testi scelti e tradotti dal russo da Adalberto Mainardi e pubblicata dalla casa editrice Qiqajon/Comunità di Bose con poesie scelte da diverse raccolte, tra le quali: La rosa canina. Leggende e fantasie (1978); Porte, finestre, archi (1979-1983); Vecchi canti (1980-1981); Viaggio in Cina (1986); L’inizio del libro (1999-2003); Elegie (1987-2004).
Uno spaccato della sua opera certamente non esaustivo (e poi mancano i testi dell’ultimo periodo) ma sufficiente a stimolare parecchio l’attenzione del lettore, in un percorso di rara coerenza poetica, in cui lo scavo sonda diversi orizzonti ma partendo sempre da un punto: dal cuore, inteso come centro dell’essere umano, come luogo di origine di ogni sentire, di ogni viaggio, un cuore che si fa pensiero e riflessione.
L’ampia cultura della poeta (traduce anche dall’italiano) ne alimenta i versi levigandoli e non appesantendoli, le metafore e il tono colloquiale fanno sì che le poesie assomiglino a delle parabole senza tempo o dove il tempo non conta, talvolta a delle preghiere: “solo nel fuoco si semina il fuoco / e si sfogliano libri senza mani”. Occorre pazienza e sacrificio per aprirsi alla grandezza (per lo più sconosciuta) del mondo interiore, per discendere nel profondo senza farsi del male e – contemporaneamente – confrontarsi con la realtà esterna: non sfuggirla, non lasciarsene schiacciare. La poesia come strumento, bisogno essenziale, la parola poetica “ispirata” e totalmente libera da qualsiasi imposizione esterna. Tornano allora parole inconsuete e comunque sconsigliate dal sovietismo letterario: Dio, anima, santi, angeli, e (ancora) cuore.
Vi furono altre forme di opporsi al canone dominante, imposto, alcune validissime come quella di Iosef Brodskij (Nobel nel 1987), con la sua poesia lucida e disincantata, solidissima nel suo dotto minimalismo. Ol’ga Sedakova ricostruisce immagini basilari che appartengono a una memoria remota, all’anima cristiana della Russia, dell’Europa, recupera il passato rinnegato, le proprie (le nostre) origini e lo fa per non perdersi nella cronaca e nel gelo del presente. Alla fine una luce nuova conduce a una felicità intima e sconosciuta, così in Sant’Alessio che fugge dalla ricchezza e viaggia per quasi vent’anni per poi tornare a casa, irriconoscibile, e vivere nella gioia e nella serenità, come servo, in un sottoscala della sua vecchia casa romana sul colle dell’Aventino.
Nella poesia della Sedakova il pensiero religioso, spirituale si fa gioia e misericordia e abbraccia tutte le cose, in un misticismo misurato, vigile che rende limpidi i testi, mai troppo oscuri o debordanti e questo ne fa una voce originale ed essenziale nel panorama della poesia contemporanea, una voce che sorprende e stupisce il lettore che qui incontra calore e intelligenza, sapienza e immediatezza.
La vita è gioia, comunione con il creato e la poesia avvicina le cose distanti, le rende accessibili dall’interno: tutte “le cose risplendono intorno / come minuscole stelle lontane”.
POESIE DI OL’GA SEDAKOVA da Solo nel fuoco si semina il fuoco (2008, Edizioni Qiqajon/Comunità di Bose)
BARLAAM E IOASAF
Un monaco nel deserto di Sanaar…
Versi religiosi russi
1.
Un monaco dal deserto di Senaar
viene nella casa del re:
è medico ed anche
di preziosi barattiere.
Mente ordinata, ricolma di sapere
lo inviano a far del pianto titubante
un sospiro profumato
per la bellissima
per la stranissima
patria, che riluce dal manto liso
d’una vita incerta senza talenti
come in tugurio sotterraneo il riso.
Là nel suo deserto traboccano di semi
meravigliosi i panieri di stelle
e va tranquillo in tutta la statura
tra i solchi del Seminatore
di lacrime ispirate e pentimento:
solo nel fuoco si semina il fuoco
e si sfogliano i libri senza mani
e non si accendono lumi sulle righe,
ma il tuo si spreme, o notte, che noi
amiamo, luminoso grappolo.
Ma d’ogni illuminamento
e d’ogni felicità lo sguardo
lascerà senza rincrescimento:
come il giardiniere pianta, innalza, corregge –
ma il padrone entra nel giardino.
Chiunque serviva alla luce dirà:
interrompe la conversazione con gli angeli
e là, dove gli comandavano, va.
Poiché in alto, come banderuola
la grazia solleva il cuore,
poiché si danno amore e perdizione,
e sono – sorella e madre.
2.
– Non mi stupirei, padre mio meraviglioso –
dice il figlio del re – se anche all’istante,
medico, tu mi sollevassi dal letto angusto,
amico, tu mi portassi lontano da quest’agio fuori luogo.
Davvero non sono che una palla in un giuoco sleale,
in una gara di vigliacchi e furfanti?
Accordano le corde, disturbano le stelle.
Le loro corde e le stelle non valgono nulla,
a noi nessuna di loro riguarda.
Anch’io sollevo la mano
a sfiorare un uomo – e innanzi a me
l’uomo si strappa, come una tela consunta
come succede in un sonno inquieto.
Ma dal loro disegno cattivo
non ti chiedo: proteggimi! –
La sferza della vergogna e il pungolo della contrizione
di loro mi fanno più paura.
Mi fanno più paura, padre mio meraviglioso,
l’ora del nostro incontro,
la tua magrezza, il tuo Re del cielo,
il tuo Re tranquillo, il tuo diamante.
Il vento soffia dove vuole.
Chi vuole entra nella casa.
Quel che tutti sanno è più oscuro della notte.
Tu solo entrando hai fatto luce.
Come gli occhi, corrosi dal fumo,
così tutta la vita è cieca e fa male.
Ma perché nella tua luce amata
mi parla tanta sventura?
Oh tu sapessi con quale mano
ci conduce la profondità! –
Oh che guaio, oh, che
guaio, colmo fino al fondo.
3.
E come il cuore d’un antico racconto
batte in molte lingue –
Tu, che non abbandoni alcuno mai
perduto, che la lebbra
sollevi con un soffio come cenere,
che dalla risacca delle generazioni
un popolo Ti raduni –
Dio di verità, Dio del risveglio,
Dio di colui che senza di te perirà.
*
Lo sai, ti amo tanto,
che se l’ora verrà
e mi porterà via da te,
non mi porterà via:
come si può dimenticare il fuoco?
come si può dimenticare
che la felicità vuole essere
e il dolore vuole non essere?
Lo sai, ti amo tanto,
che non distinguo
il respiro del vento, il sussurro dei rami, la vita della pioggia,
la via simile a una candela,
quel che mormora la tenebra aliena,
che accese la mente come un cerino,
ed il povero battito persino
della farfalla insecchita sul vetro.
*
Al flauto il flauto risponde,
non d’osso, né di legno,
ma quello che tengono i monti
tra caverne e fenditure,
danno alle corde non dissimili corde risposta
e alle parole la parola.
E alla stella della sera che rapida sale
risponde la preghiera del mio cuore:
Tu porti mille stelle all’aperto,
stella della sera,
e di mille preghiere
s’incendierà il mio cuore,
miriadi di preghiere per una sola cosa:
destati!
Guardami, amico mio ispirato,
vedi come arde la notte…
VIAGGIO IN CINA
2
Dice lo stagno:
avessi mani e voce,
oh, come avrei saputo amarti, coccolarti!
Gli uomini, sai, sono avidi e malati
sempre: strappano i vestiti degli altri
per farsene bende.
A me invece non occorre nulla:
la tenerezza – credi – è guarigione.
Ti appoggerei nel grembo le mani,
come fa il cagnolino di casa,
e scroscerei dall’alto
la voce come il cielo.
IL VIAGGIO
Quando avrà fine questa sfortuna
o si svolgerà questa fortuna,
se ne andrà, come le onde alte del mare,
passerò per la via famigliare
finalmente, dove m’indicheranno.
E quel che sentirò, starò ad ascoltare,
e parlare, perché mi si dica:
- Ti aspettavo, lo sai, e sei venuta.
Ti conoscevo da sempre, ed ora ti riconosco.
Che cosa mai potrei dimenticare? –
Ognuno vuole che lo riconoscano:
che gli volino incontro gli uccelli,
e che i morti ritornino vivi,
e che portino i cuccioli le fiere
e lentamente il tempo si trascini,
come il fulmine nella prima infanzia.
RITORNO.
Versi sopra Alessio
Bene in qualche luogo tornare:
nella città, dove altra è ogni cosa,
nel giardino, dove alcuni degli alberi
sono da tempo abbattuti, e i restanti
gemono, e non gemevano un tempo,
nella casa, in cui per te sono in pena.
Ritornare e non rivelarsi.
Così tacere fino alla fine.
Che da sé indovinino pure,
chiedano a chi va e a chi viene,
comprendano – e non comprendano.
Ma le cose risplendono intorno,
come minuscole stelle lontane.
PAROLA
E colui che ama sarà riamato.
Chi serve, sarà servito –
se non ora, un giorno che verrà.
Meglio per chi si riconosce grato,
e avendo servito, se ne va lieto,
senza Rachele, per verdi colline.
Ma tu, parola, vestito regale,
abito della lunga, breve pazienza,
più alto del cielo, più del sole allegro.
I nostri occhi non vedranno
il tuo colore innato,
l’ampio fruscio delle tue pieghe
non sentiranno le orecchie dell’uomo,
solo il cuore dirà tra se medesimo:
– Libere siete, e libere sarete,
e innanzi a schiavi non risponderete.
INFANZIA
Ricordo la prima infanzia
e il sogno sull’oro piumino.
Un sogno o per davvero?
Qualcuno mi vide,
veloce entrò nel giardino,
e in piedi mi sorride.
– Il mondo – dice – è un deserto.
Il cuore dell’uomo una pietra.
Amano gli uomini quel che non sanno.
Non ti scordar di me, Olga,
ed io non dimenticherò nessuno.
|
Traduzione dal russo di Adalberto Mainardi
Ol’ga Sedakova è nata a Mosca nel 1949 e ha trascorso una parte dell’infanzia in Cina. Si è laureata in Lettere all’Università Statale di Mosca (MGU) e all’Istituto di Studi Slavi e Baltici nel 1983 e nel frattempo ha approfondito i classici della poesia russa ed europea, studiati nelle lingue originali: Dante, Rilke, Goethe, Hölderlin, Baudelaire, Claudel, Eliot, Pound... È poeta, filologa, traduttrice, saggista e dottoressa di teologia honoris causa. Vive a Mosca.
La raccolta delle sue opere in due volumi è stata pubblicata a Mosca nel 2001, nell’edizione russa En Ef K’ju/Tu Print: (O. Sedakova, Proza, Stichi, Moskva, 2001, voll. I-II.). Il primo volume, dedicato all’opera in versi, comprende cinquecento pagine di poesie. Il secondo volume, dedicato alla prosa, si apre con un racconto autobiografico che riassume e annuncia tutta l’attività letteraria della Sedakova: Pochvala poezii (Elogio della poesia). Ha pubblicato anche vari libri di saggistica, molti e importanti i riconoscimenti e i Premi ricevuti.
In Italia è stata pubblicata l’antologia Solo nel fuoco si semina il fuoco (2008, Edizioni Qiqajon/Comunità di Bose, pagg. 184, euro 12) a cura di Adalberto Mainardi e con un saggio di Sergej Averincev.
alexbrando@libero.it
|