FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 36
ottobre/dicembre 2014

Mare

 

LA VERITÀ DI ESSERE
La poesia di Lionel Ray

di Viviane Ciampi



«Concepisco la poesia come ascolto paradossale d’un interlocutore assente e che non può rispondere. È identificabile? Sono io, è l’altro, nessuno o qualcuno», scrive Lionel Ray e non ho alcuna remora nell’affermare che il poeta francese è una figura di primo piano nella poesia – non solo nella poesia dell’esagono – un’autentica voce lirica. Ma il suo lirismo si dipana in modo duttile, essenziale, con una risonanza universale del tutto permeabile alle presenze interiori che il lettore attento saprà cogliere.
La sua è una vocazione ‘alta’ e non a caso la prestigiosa casa editrice Gallimard ne ha fatto uno dei suoi poeti di punta già dagli esordi.

Lionel Ray, pur consapevole della solitudine umana […]«Imparo davanti alla strabiliante architettura delle montagne / L’estrema opacità delle cose» scrive con una veste innocente su tutto ciò che attraversa il nostro vivere, sulla faticosa strada del divenire.
Basterebbe l’incipit di Viatico: «Il mondo è il mio luogo, dice la poesia» per capire il significato di come egli intenda «vivere in poesia». Non si chiude in un «io» represso ma al contrario si apre verso un mondo possibile e in qualche modo vivibile: «Non vi è nessuna differenza tra l’amore e la morte, / Tra una chiave e un gesto d’addio»[…]. L’autore, pur ignorando in che direzione si sta muovendo, riesce a vedersi dall’interno e da ogni punto di vista riconoscendosi e fondendosi nel paesaggio: «Vivere è uno strano viaggio / Come bere il bicchiere fino alla feccia / E allontanarsene come ombra fosse / Non lasciando al proprio orizzonte neppure una forma vuota.»

Ma non fa del suo strumento – il verso – un mezzo elitario e aulico. È al contrario un fiume per niente arido che corre verso la semplicità: «Nulla somiglia più alla mia vita della poesia / Conosce l’impossibilità d’essere sola.» Immagina quindi se stesso – il nostro poeta – come ospite della vita ma non nella vita con i suoi tediosi trofei, bensì come «un bambino forse, che avrà smarrito il sonno / E sta guardando / La scintillante notte.» Il suo si fa tempo inquietante eppure favoloso e imprendibile: «Ma gli alberi e le strade sono sempre qui, / Ma le case resistono, i mattini ri-compaiono // Con la libertà senza strappo dei venti, / La soave pioggia, i baci casuali […]». D’altronde è poeta – non a caso assiduo lettore di Octavio Paz, Pessoa, Celan – consapevole che la poesia si annuncia in quanto «racconto dell’irreparabile, dell’incancellabile perdita» come in questi versi: «un istante hai dimenticato il nome / delle cose: vuota è la notte / l’ora non è più questa scrittura / della sabbia e degli uccelli». O ancora questi: «Un istante sei entrato nella / non-visione del sole, / nell’immobile mezzanotte / nella cantina dell’impossibile nascita […]». A questa conoscenza arriva Lionel Ray. A domande fatte d’incanti e incubi ma pur sempre alla ricerca incessante della verità di essere.


Viatique

Le monde est mon lieu, dit le poème.

J’apprends devant l’étonnante architecture des montagnes
L’extrême opacité des choses.
Même l’émotion est devenue chose parmi les choses.
Quant à la hauteur ou la profondeur, elle est dans les mots
Plus profonde et plus haute que toute réalité.

En moi, dit encore le poème,
Il n’y a nulle différence entre l’amour et la mort,
Entre une clé et un geste d’adieu,
Entre le don et l’apparence,
Entre la menace et l’acacia,
Entre un quartier de lune et le chuchotis des racines,
Entre une chaise de jardin et notre petite épiphanie quotidienne.
Et la rivière passe avec les mots, toujours autre et toujours la même.

Je demeure dit enfin le poème
Au plus fort du silence.
Chaque fois que le vide est franchi,
Quand le soleil en moi se lève
Ou que la terre s’assombrit,
Dans le souffle et la mesure,
Dans le sacre et l’accident.


Viatico

Il mondo è il mio luogo, dice la poesia.

Imparo davanti alla strabiliante architettura delle montagne
L’estrema opacità delle cose.
Anche l’emozione è diventata cosa tra le cose.
In quanto all’altezza o alla profondità, è nelle parole
Più profonda e più alta di ogni realtà.

In me, dice ancora la poesia,
Non vi è nessuna differenza tra l’amore e la morte,
Tra una chiave e un gesto d’addio,
Tra il dono e l’apparenza,
Tra la minaccia e l’acacia,
Tra un quarto di luna e il bisbiglio delle radici,
Tra una sedia di giardino e la nostra piccola epifania quotidiana.
E il fiume scorre con le parole, sempre altro e sempre lo stesso.

Io rimango dice finalmente la poesia
Al fulcro del silenzio.
Ogni volta che il vuoto è varcato,
Quando il sole in me si desta
O che la terra s’oscura,
Nel respiro e la misura,
Nel sacro e l’incidente.


*

C’est un étrange voyage que de vivre
Comme de boire jusqu’à la lie le verre
Et de s’en arracher comme d’une ombre
Laissant à l’horizon de soi pas même une forme vide
Sauf cette poussière de mots cette dentelle
Obscure qui a pour nom « souvenir ».

Rien ne ressemble plus à ma vie que le poème
Il connaît l’impossibilité d’être seul.
En lui d’un mot à l’autre grandit l’imprévisible
Mais aussi le chaos où les monstres sont tapis.

Ce qu’il cache et ce qu’il crie
N’est rien d’autre que bouche ouverte à l’étonnement,
Ce grossissement d’insecte d’une foule égarée
La pâle friperie des jours fanés, écume, grimace.

La grande leçon de mon enfance
Ce fut pourtant le refus des larmes
Mais tout fait retour dans le grand silence nocturne.

Mon poème prend le risque de lier le masque à l’aveu,
Mots et cailloux dans la bouche,
Le prononcé des ombres et des viandes.

Ce n’est pas un miroir pour jeune fille,
Ni un alcool pour un soir de fête
Mais une prose qui ne connaît ni la pause ni la victoire.


*

Vivere è uno strano viaggio
Come bere il bicchiere fino alla feccia
E allontanarsene come ombra fosse
Non lasciando al proprio orizzonte neppure una forma vuota.
Tranne questa polvere di parole questo merletto
Oscuro che ha come nome “ricordo”.

Nulla somiglia più alla mia vita della poesia
Conosce l’impossibilità d’essere sola.
In lei da una parola all’altra cresce l’imprevedibile
Ma anche il caos dove i mostri sono occultati.

Ciò che nasconde e ciò che grida
Non è null’altro che bocca aperta alla meraviglia,
Questo ingrandirsi d’insetto di una folla smarrita
La pallida rigatteria dei giorni appassiti, schiuma, smorfia.

La grande lezione della mia infanzia
Fu tuttavia il rifiuto delle lacrime
Ma tutto fa ritorno nel grande silenzio notturno.

La mia poesia prende il rischio di congiungere la maschera alla confessione,
Parole e sassi in bocca,
La dizione delle ombre e delle carni.

Non è uno specchio per ragazza,
né un alcol per una sera di festa
Ma una prosa che non conosce né la pausa né la vittoria.


*

Les objets se sont endormis, tu parles
dans leur sommeil, ils tombent
sans retour dans la parole.

Tu écoutes en eux d’obscures clameurs,
des confidences, des énigmes, des colères.

Avec les mots commence le monde
tu es dans le vertige immobile des choses
fixant l’horizon indécis du Temps.


*

Gli oggetti si sono addormentati, parli
nel loro sonno, cadono
senza ritorno nella parola.

In essi ascolti clangori oscuri,
confidenze, enigmi, rabbia.

Con le parole inizia il mondo
sei nell’immobile vertigine delle cose
mentre fissi l’orizzonte indeciso del Tempo.

da Comme un château défait, Poésie/Gallimard n° 398. 2004, p. 50.


*

Poésie, tu t’éloignes sans apparence de douleur,
Cela fait longtemps déjà.


Mais les arbres et les routes sont toujours là,
Les maisons résistent, les matins ré-apparaissent

Avec la liberté sans déchirure des vents,
la suave pluie, les baisers de rencontre,

[…]

Ainsi les voix que nous aimions sont à jamais
Glacées, captives de l'ombre et de l'opacité,

Sauf un enfant peut-être qui aura perdu le sommeil
Et qui regarde
l'éblouissante nuit.


*

Poesia, ti allontani senz’apparenza di dolore,
Da molto tempo già.

Ma gli alberi e le strade sono sempre qui,
Ma le case resistono, i mattini ri-compaiono

Con la libertà senza strappo dei venti,
La soave pioggia, i baci casuali,

[…]

Così le voci che amavamo sono per sempre
Gelate, prigioniere dell’ombra e dell’opacità,

Tranne un bambino forse, che avrà smarrito il sonno
E sta guardando
La scintillante notte.

da Matière de nuit, nrf Gallimard 2004.


*

Terre au-devant de nous.
l’accent mobile des toits.
les villages de plein vent. l’écart des routes.
où sommes-nous ?
l’air étal sans retombée
vague après vague les heures les années
le manque et la douleur
lieu imaginaire lieu vrai
il fait un vent de rossignol et de forêt
vers la ville.


*

Terra, davanti a noi.
l’accento mobile dei tetti.
i villaggi di pregno vento. lo scarto delle strade.
dove siamo?
l’aria ferma senza ricaduta
onda dopo onda le ore gli anni
l’assenza e il dolore
luogo immaginario luogo verace
soffia un vento d’usignolo e di foresta
verso la città.

da Le nom perdu, poèmes, Gallimard 1987, p.27.


*

C'est ainsi qu'ils s'éloignent
les fleuves
toujours plus loin
et jamais ne reviennent
si proches pourtant
avec la vie
qui lentement
ne s'attarde pas.


*

È così che s’allontanano
i fiumi
sempre oltre
e mai tornano
eppure così vicini
alla vita
che lentamente
non indugia.

da Un besoin d’azur in Pages d’ombre éd. Gallimard.


L'icône Espérance

Il y a le bleu des brèches et des horizons pâles
Il y a que je pense à un figuier comme
A la perfection du sommeil
Il y a que le ciel penche au-dedans de nous
Et se relève : il y a la jeunesse des eaux.

Il y a une icône au fond d'un temple
Et le temps qui s'inscrit tout entier en toi
Il y a ce poème qui te ressemble
Une rose à jamais pure
Rose noire la rose de ta voix.

Il y a une arche au-dessus du froid
Quelque chose qui respire tout près d'ici
Je t'écoute est-ce toi est-ce moi
Il y a une source qui ne finit pas.


L’icona speranza

C’è l’azzurro degli squarci e dei pallidi orizzonti
C’è che penso a un fico come
Alla perfezione del sonno
C’è che il cielo s’inclina dentro di noi
E si rialza: c’è la gioventù dell’acque.

C’è un’icona in fondo a un tempio
E il tempo che s’iscrive interamente in te
C’è questa poesia che ti somiglia
Una rosa per sempre pura
Rosa nera della tua voce.

C’è un’arca al di sopra del freddo
Qualcosa che respira vicino a qui
Ti ascolto sei te sono io
C’è una sorgente che non finisce.

(inedito)


*

Une sorte de chant
pareil au jour qui traverse
un feuillage et descend,
furtif, jusqu'à l'herbe pauvre.

Un chant qui parle d'octobre
et d'eau cachée,
de lointains sans amertume,
fronts mêlés, collines heureuses.

Et ce besoin d'espace entre
les mots, comme une disposition
de traces et de froissements.

Ici entre les fleurs, avec le grain
des ombres, la vie circule et boit,
fugitive, à d'anciennes sources.


*

Una sorta di canto
identico al giorno che attraversa
il fogliame e scende,
furtivo, fino all’erba povera.

Un canto che parla d’ottobre
e d’acqua nascosta,
di lontananze senza amarezza,
di fronti mischiate, colline felici.

E questo bisogno di spazio tra
le parole, come una disposizione
di tracce e d’increspature.

Qui tra i fiori con il seme
delle onde, la vita circola e beve,
fuggiasca, ad antiche sorgenti.

da Syllabes de sable, poésies Gallimard, 2004.




Lionel Ray
La maggior parte dei suoi libri di poesia sono stati pubblicati da Gallimard, tra i quali Entre nuit et soleil, L’invention des bibliothèques, Matière de nuit, Pages d’ombre.
Ha ottenuto i principali premi di poesia francesi (Mallarmé, Artaud, Supervielle, Guillevic) e, per l’insieme della sua opera, anche il Goncourt per la poesia e il Grand Prix de la Société des Gens de Lettres.



viviane.c@alice.it