l’angelo (suicida) del futuro
m’uccido e precedo l’umanità nella mancanza sicché per prospettiva essendo e procedenza d’ignoto seme sguardo (fissamente) alle storie come fossero specchio e dissi (denunziando il tempo dell’azione) ma non vedrò che fratture e corpi d’allora in avanti oltre quelli decimati (e la guerra quella a far che macinare e far macerie) non vedo che sperare e spirare (di tutto che ho alle mie spalle) e attendere cadute ancora cadute e voli che donassero petto e membra insomma indicassero i ricordi come da sottrarre alle morti ché a volare (in leggere spire costretto) come una foglia sospinta senza indirizzo né motivo (che non fosse l’assenza o le dolci mani della morte) sempre il tempo avanza irrevocabile nel movimento a precipizio e solo s’accompagna a giacere l’amata memoria (o temuta) a cui m’abbraccio (poiché l’amo e sarà la mia semenza) stupito (e stupido sussurra il padre in un sorriso) osservo e rivelo attraverso il segreto (sguardo d’invidia e di gelosia) a chi mi guarda e che di me ha facile comprensione per scambievole natura e mutua ignoranza m’ostino al vissuto essendo il male guardare oltre le spalle alate verso il futuro in attesa ovvero ho la vita che con me impigliata s’appende e s’ostina (per sempre) a non lasciare
Leyenda del atravesamiento oceánico
Frammento IV – la terra promessa
partendo cos’altro si aspetta lo stesso destino se non il viaggio nella terra promessa a volte questa sia di auto tivvù lavatrici e tramvai sopraelevate come di aerei e meno fango che non sia nemmeno la polvere da scuotersi di dosso quando uscii la mia sola casa per l’ultima volta quando ora che siete per lasciare la riva quando infine affogherà nel vuoto profondo del mare finalmente arrivato
l’uniforme
sto comprando una divisa da ussaro in alta uniforme stivali e i pratici calzoni con raffinato fermo-sottoscarpa dollman scarlatto con alamari la fascia di marocchino rosso a coprire la bandoliera l’immenso shako nero coi fiocchi dorati la placca ed il cordone il candido pennacchio infine la pelisse turchese a drappeggiare la spalla sinistra e una pipa manca solo la camicia che sia bianca quando l’avrò comprata l’uniforme sarà completa e finalmente sarò pronto per la parata
il grattacielo
lentamente nella mia città stanno costruendo un grattacielo bianco lo vedrò ogni mattina e per molti anni affacciandomi in veranda come un miraggio dalla collina lentamente nella mia città questo corpo bianco vedrò ogni mattina e per molti anni crescere poco a poco (affacciandomi in veranda) nell’attesa o che riveli d’improvviso quanto sarà stato (e fu) il mio passato
la resurrezione di lazzaro [domani (come ieri)]
oggi deposto eppoi come ieri domani sarò nuovamente carne vulnerabile e tenera per quanto lo possa un corpo abbondante e abbandonato un corpo lento come il mio e solo sarò e disabitato insonne di nuovo sarò conteso esposto innocente (alla ruota) dunque mutevole ereditandone il senso ed il giro un corpo nuovo animato e caro polpa da (in)vestire ancora spoglia sarò una creatura e nient’altro finalmente quel che si dice carne di carne nuovamente creatura fattasi (debole) in carne nella lingua avrò l’unico tratto paterno (sicché pur sempre siamo figli) rimastomi e che mai tace per sempre ma rivela (a chi sa leggere) e divina spero solo (e credo) che non vi deluda ancora il mio corpo (incompleto) da allevare come fosse carne da cibo per gli anni restati
anatomia patologica la sorte del profeta
perché contare le teste (neppure i busti incompiuti?) allora perché aver teste solo per farne una girandola? mi suona d’inganno insomma la ruota è la ruota sempre e se gira non è per fuga o per progresso piuttosto per tornare (mai uguale) ma dunque (meditate dottori) rispondete una figlia non può avere le sue belle mani? e la testa gioiosa a far salti su d’un piatto? oppure il profeta pronunciando l’oggi non è magari per dire il domani? e i presunti misteri? sentite dunque sulla trumeau monumentale intarsiata di bei legni e con pregevoli specchi conservo un ritratto divino un busto che parla e in parte scuoiato espone i suoi vasi (contrassegnati per voi credenti o marinai per voi studenti) e decollato dispensa oracoli l’ho chiamato johannes o jean baptiste rischiando l’accusa di blasfemia eppure sorride e sorridendo divina (in tutto quell’avorio) per (attraverso) le labbra della carne
(riflessioni in) sala d’attesa
comunemente ogni sala d’attesa ha un certo numero di sedie o poltroncine per evitare che le persone attendano in piedi. a volte è disponibile una (o più d’una, per ambienti molto affollati) toilet con un lavandino, e distributori automatici di dolci e bevande, oppure riviste e, raramente, libri: giacché il tempo deve passare (e dove scorre trascina con sé corpi e oggetti, proprio come fa l’acqua).
non so molto delle creature che popolano questi luoghi d’attesa e delle divinità che qui governano né dei misteri ma se il mio futuro (voglio dire l’immediato e concepito s’una sedia) dev’essere uno solo (a caso) tra il volo e la caduta addirittura la perdita (di peso o di capelli oppure il senno l’animo o il tempo) non ho che attendere e senza aspettarmi ma sonni e timori e sospetti paure eppure nacqui per aprirmi al cambiamentoascoltate nell’attesa (più della musica e delle voci) e osservate perché questo è il futuro che s’attende cambiare d’abito e sostanza e d’àmbito come fosse ogni momento la domenica mattina o più in generale (col movimento che ricorda la pupilla e il suo contrarsi per la luce con le tonnellate d’anni che ne rivelano l’età) dolcemente attendere che la vita cruda si concreti e precipiti imprimendo almeno un senso all’attesa una direzione finché alzare finalmente (dalla sedia o dalla poltroncina) fare un passo e uscirsene discreti in acqua e nel tempo
my last supper in alabama [12+1] scene (pop) da una cena
i. mio padre sbadigliò c’è da tagliare l’erba del prato io scomodamente seduto alla sua destra (angusta) un coltello nella sinistra guardai la sedia vuota accanto alla mia e mi domandai sottovoce chi si sarebbe accomodato (mai?)
ii. figlio (destrimano) con un gran appetito per il cibo e la lettura da mio padre appresi il segno della croce secondo l’uso occidentale mi mostrò come unire le dita sussurrando i santi nomi e il cosissia tirai su col naso e ringraziai silenzioso mamma per il suo polpettone con purea di piselli ne incrociai lo sguardo mentre traversava la sala da pranzo reggendo il piatto da portata e feci il mio primo segno della croce (ma) fui troppo rapido a imparare e arrabbiato per partire?
iii. walt disney mi porse l’insalata il pollo e il formaggio che mamma preparava il giovedì lodiamo il signore come cucciolo ha insegnato disse indicandolo con il mento restai in silenzio mentre il nano pazzo rubava (a mia madre) il terzo bacio della sera e walt si serviva un’altra fetta di pane all’aglio il volto contratto in una smorfia divertita
iv. fermati (con la sua voce baritonale) dimentica il tuo orgoglio e mangia lascia che i minuti e le interminabili ore ammansiscano l’ansietà di gambe ed occhi d’ossa e mosche ch’è l’annuncio del futuro
v. mamma fece segno d’usare il tovagliolo con la croce bizantina ricamata in filo vermiglio intonando il ben noto motivetto mentre in lacrime mi chinavo a baciarle il piede e la scarpina bevi l’acqua e mastica per bene manda giù guarda in su
vi. appeso sopra il camino della grande dining room elvis dondolava mollemente e fissava ancheggiando inquieto lo sguardo spinato d’un jimmy dean silver plated e muto intento a mangiare la torta di mele e fumare
vii. "mom, how come you're wearing two different shoes?" mia sorella (americana) sempre attenta alle calorie ed alla verginità s’alzò e si ritirò nel bagno accanto alla cucina pronunciando la formula di rito i miei giorni sono stati più veloci d'una spola, sono finiti e senza speranza
viii. allora pà (dad) mi versò del vino (schietto) e porgendomi il bicchiere bevi a piccoli sorsi (disse) io pensai comincerò la rivoluzione nel mio letto! ma beviamo dunque e il pendolo dava i suoi sette tocchi mi chiesi cosa ha detto al diavolo comincerò comunque
ix. in alabama come a parigi (e forse ovunque si guardi) le foglie coprono il viale ogni volta in autunno è più difficile addormentarsi anche sfinendosi di preghiere quando i pensieri rimbalzano dal tetto sull’erba che ora è da tagliare (ripete papà) magari ma questa è la stagione in cui si cade
x. captain ahab ruggendo finalmente stese del corpo (mom?) la mappa mostrando- mi come oltre i punti cardinali e la fiammeggiante croce esistevano mari dove incrociare e i marosi che avrei dovuto cavalcare
xi. ogni volta così fino al dessert (ma ora basta) e mi vidi costretto vista la posizione della sedia a uccidere raggelato chi alla mia sinistra stava per (inn)alzarsi e lasciare la cena per la veranda sicché la cosa doveva esser fatta
xii. avrei dovuto salutare anche mio padre? agitando la mano? stringendola con fermezza? (walt e i nani avrebbero fatto altrettanto con mamma e mia sorella?) meglio un bacio sulla guancia avrà pensato alla fine pa’ sussurrando traditore (porta almeno il sacro cuore con te del cristo biondo e rasato di fresco)
xii.+i tieni ogni cosa sempre con te ragazzo disse ahab e m’indicò col bastone l’oceano che ruggiva oltre la porta in fondo al viale e chiudi la porta mi raccomando non voltare
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