Leggendo l’ultima raccolta poetica di Alessio Brandolini, Il fiume nel mare, si ha subito la sensazione di una sospensione spaziale e temporale: è la sospensione dell’estate, della vacanza borghese, del riposo dopo un anno di lavoro e di vita “normale”. Sebbene nel titolo la raccolta voglia essere la naturale prosecuzione del recente Tevere in fiamme (2008), con l’elemento acqua sempre più simbolo di liquido amniotico e quindi di archetipo materno, i contenuti dell’opera differiscono di molto dal precedente lavoro.
Se il fiume rappresentava la lotta per la sopravvivenza nella vita quotidiana, la riscossa sociale che tanto avvicina le tematiche brandoliniane a quelle pasoliniane, qui il mare rappresenta il tutto, l’immersione nell’enorme placenta cosmica. Il mare è madre che rigenera, ma è anche la tomba per quegli sfortunati che tentano di attraversare il Mediterraneo nel tentativo di sopravvivere, alla ricerca di una vita dignitosa; ed è soprattutto lo sfondo della vacanza borghese, quella che i benestanti italiani si concedono dopo un anno di lavoro in città.
Lo scenario stride, come ci fa notare Marco Testi nella bellissima e acuta introduzione al libro: da una parte il terzo mondo che assale le nostre spiagge per sopravvivere, dall’altra la benestante famiglia borghese che assale la spiaggia per ristorarsi dal caldo estivo. E in mezzo c’è il poeta che, uscendo dall’ipertrofia dell’io tipica di tanti poeti nostrani, è alla ricerca dell’altro, vuole capire e dare una mano e rifiuta la passiva indifferenza. Ma la lunga estate del poeta non è solo solidarietà agli immigrati o vacanza borghese da trascorrere con moglie e figli. C’è soprattutto voglia di riflettere a fondo sulle cose, di usare il proprio tempo libero per comprendere il significato e la direzione di una vita, un’indagine introspettiva assillante che serve a ricaricarsi, a dare senso alle cose.
Ecco perché qui prevale la aspazialità e la atemporalità. Il luogo è un posto di vacanza, mai troppo specificato anche quando lo si indica (il Tirreno, il Circeo), il tempo è il caldo torrido dell’estate, con le sue serate rigeneratrici, le notti insonni a meditare su tutto, i giochi in spiaggia con i bambini e le nuotate in un mare sempre più metafora di vita e di morte. Il poeta è alla ricerca di nuove motivazioni:
È subito ben chiaro lo scopo della vacanza e del viaggio di risalita del fiume che, con ovvia metafora, ci porta dritto alla riscoperta delle radici, del punto da cui è partito tutto. È un percorso iniziatico, col sottofondo del caldo estivo, nella speranza di un futuro migliore.
Il quadro deve tornare ad essere bianco, e bisogna ricominciare a riempirlo da capo, magari con archetipi primitivi e astratti. Ecco a cosa serve la vacanza, ecco dove porta l’interruzione della vita quotidiana e l’immersione in una nuova realtà fatta di riposo e soprattutto di meditazione. Le convenzioni sociali sono spezzate, ora si dà libero sfogo ai propri pensieri e ai propri demoni rinchiusi per troppo tempo dentro di sé:
La verità è in frantumi, così come la vecchia vita in città, a Roma, e tutte le certezze sono da rifondare e ricostruire.
Un mattino ci si scopre in vacanza senza saperlo, lontani da casa in mezzo a un azzurro folto ignorato dalle chiacchiere in un miscuglio antico di cenere e lamento più costante e tenace della nostra flebile voce mescolata alla pioggia all’affanno che strappa all’ombra instabile più del normale. (...)(pag. 65)
La vacanza diventa quindi sempre più metafora di riflessione, forse a riprendere la stessa etimologia della parola (vacuus = vuoto), pur nella consapevolezza che, mentre il poeta riflette sul senso della vita, c’è gente che quella vita la sta perdendo in mare, magari a pochi chilometri dal posto in cui lui fa il bagno e si abbronza. Però non è questo, secondo me, l’aspetto principale del libro. Numericamente saranno sì e no cinque le poesie che parlano degli emigrati che perdono e rischiano la vita nel Mediterraneo per raggiungere le coste italiane. La cronaca delle morti in mare è un doloroso sottofondo alle meditazioni del poeta, quasi a ricordare che la vita reale è fatta di sofferenza, di morte vera e di miseria, quasi che il poeta provasse vergogna della sua impotenza, del suo starsene in vacanza. È come se il poeta borghese, vergognandosi dei suoi privilegi di benestante, cercasse in qualche modo di fare ammenda dando voce ai più sfortunati, agli emarginati, ai derelitti del mondo moderno che affidano le loro tenui speranze di sopravvivenza alla clemenza del mare. Tale esigenza spiega meglio la dedica della raccolta: Ai morti del Mediterraneo. / In cerca di una casa, / in cerca di un lavoro.
Però a mio avviso il nucleo tematico della raccolta resta la crisi interiore del poeta che, a causa della vacanza (o grazie ad essa), fa i conti con se stesso e riesamina tutta la sua vita: i ricordi, i valori e gli antichi ideali, gli amori e gli affetti, la stessa scrittura poetica, sin anche lo scopo della propria esistenza.
Per niente facile, dopo. Tirare dritto come se tutto fosse già accaduto. Ridere e far finta di stare in forma durante il lento viaggio del ritorno tra i morti che affossano il mare le nuvole che spezzano le strade le orrende pareti di gesso e cartone. (...)(pag. 28)
La vacanza sta cambiando radicalmente l’io del poeta; già si capisce che sarà estremamente difficile tornare alla vita quotidiana in città:
Anche tu ami gli uccelli bianchi dalle ali morbide più del pane per questo rubare vorrei alla fine d’un sogno e dell’estate quando già si comincia a pensare al ritorno al proprio quartiere al monotono lavoro ai problemi di tutti i giorni alle leggi nefaste del governo alle guerre e al fanatismo religioso.(...) (pag. 48)
Passato il ferragosto il poeta si rende conto che sono rimasti ancora pochi giorni per trovare delle risposte, ed è inutile chiederle alla moglie o ai figli; forse è più opportuno chiederle al mare, magari mentre si nuota.
(...) A quest’ora si nuota per il caldo e ogni bracciata è quella giusta quella che insegna a non abbandonarsi alla gelida corrente a vivere l’allegria che affoga le incertezze del cuore, della mente.(pag. 66)
Ma le incertezze rimangono, anzi aumentano ogni giorno che passa. È proprio nelle notti d’estate, lunghe e calde, passate insonni ad osservare i propri cari che dormono, che il poeta capisce che l’inquietudine è la sua condanna; le sue aspettative restano deluse, non riesce a trovare risposte.
Non resta quindi che tornare al lavoro, alla quotidianità, ai problemi di tutti i giorni, con la consapevolezza che la fiamma interiore del poeta non si può spegnere, nemmeno con il caldo abbraccio di una mite estate in vacanza.
E la speranza di raggiungere il faro, di trovare la luce che illumini la vita, è la stessa musa ispiratrice della poesia, di questo fiume nel mare di Alessio Brandolini: un lungo viaggio che affascina e sorprende.
Alessio Brandolini, Il fiume nel mare, LietoColle, Faloppio (Como), 2010, pagg. 105, euro 13,00 – Introduzione di Marco Testi, disegno in copertina e interno di Nancy Watkins.
o.palamenga@tin.it
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