FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 16
ottobre/dicembre 2009

Isole

 

FABIO CIRIACHI, SOPRASSOTTO

di Alessio Brandolini



Diviso in 14 capitoli Soprassotto (Palomar, 2008) è il primo romanzo di Fabio Ciriachi, autore romano che ha pubblicato raccolte di racconti e di poesie. Il libro esce nella collana Cromosoma Y della casa editrice barese Palomar, collana che sta pubblicando ottima narrativa italiana.
In una nota finale Ciriachi informa il lettore che tutto ha avuto origine da un romanzo scritto negli anni passati, poi rimasto a lungo nel cassetto e ora rivisitato ed esteso perché “il tempo ha spento e reso trattabile il vissuto”. Romanzo di formazione quindi e, insieme, generazionale, che prende avvio ai nostri tempi (12 gennaio 2008) e a ritroso rivisita la storia del “giovane sessantenne” Ivan che ha riempito la sua vita di esperienze, amicizie, amori, una figlia, impegno e lavoro (a partire dal terremoto in Belice, vissuto da volontario, poi in diverse “comuni” a lavorare la terra) e che ora vive (non “sopravvive”) facendo l’imbianchino, e la sua casa è lì dove trova da lavorare, dove viene ospitato per pitturare pareti e soffitti, riparare porte e finestre... e lo fa stando in pace con se stesso e con il mondo, allegramente.

L’esperienza più interessante qui raccontata è quella della comune in Toscana, che sembra così lontana nel tempo e a noi inconcepibile, per via dello sfrenato individualismo che caratterizza i nostri giorni. Anche il contatto con la natura qui è forte e schietto, non c’è soltanto l’aspetto idilliaco (i tramonti, il verde e i fiori, gli animali, la soffice neve...) ma anche il freddo insopportabile, la fatica del duro lavoro per mantenere la piccola comunità che all’interno ha le sue tensioni, i suoi contrasti, le sue piccole gelosie, eppure il gruppo vive bene assieme, spartendosi equamente la casa, il cibo, il denaro, compiendo a volte azioni po’ strambe ma generose, come il blitz notturno per salvare una colonia di piccioni.
Lo sguardo sul passato (tutto è narrato al giovane Alessandro, figlio dei proprietari dove Ivan sta lavorando) è bonariamente ironico, e in alcuni passaggi fa venire in mente il grande affresco de Il Gattopardo. L’uomo che racconta la propria vita, quell’audace esperienza della Comune (una specie di isola), è consapevole dell’ingenuità o di certe forzature nello voler stare tutti assieme, sotto un unico tetto, in una comunità soggetta a partenze e arrivi di nuove persone; una comunità libera, sì, eppure con degli aspetti monacali, intransigenti, ma alla fine viene fuori con forza – e in mondo del tutto naturale – l’importanza di quella sfida (umana, sociale e politica) alle immutabili regole che rigidamente fondavano la vita degli uomini, almeno fino alla fine degli anni sessanta. E se per i ragazzi fu una ventata di freschezza e libertà, per le ragazze, per il mondo femminile, si trattò indubbiamente di una rivoluzione, di una svolta secolare.

Il romanzo scorre nel tempo avanti e indietro: i problemi e i fatti di quell’epoca (il ‘68, il delitto Moro, il terrorismo, le bombe, l'esperienza della droga...), s’intrecciano a quelli del presente: a un giovane Alessandro smarrito che ascolta il “giovane sessantenne” che gli parla con calma e chiarezza di un passato che egli non conosce e lo aiuta ad affrontare il presente (la droga, la sua sostanziale immaturità), lo fa con garbo e prendendolo (anche) per la gola: cucinandogli piatti speciali (Ivan, il protagonista, è un cuoco eccellente) e la forza del buon odore, la scoperta di un nuovo e sorprendente sapore aprono imprevedibili brecce tra due generazioni o, più semplicemente, nel muro dell’incomprensione e dell’incomunicabilità umana ed è l’inizio di un dialogo autentico e profondo.

Soprassotto è un buon romanzo che non “sperimenta” perché non ne ha bisogno, porta sulla pagina un vissuto meditato a fondo, inciso nella carne, che poi si riflette e si dipana nell’eleganza e nell’essenzialità dello stile, che sa essere poetico e preciso, autoironico e persuasivo quanto basta per coinvolgere intensamente il lettore, per ricondurlo a ritroso nella storia italiana dal 1968 in poi e infine rituffarlo nel presente, magari in modo più consapevole. Fino al governo Prodi che inizia a traballare per le defezioni politiche (Dini), così da aprire un varco al ritorno di quello che qui viene chiamato “l'innominabile”: catalizzatore degli aspetti più triti, volgari e dispotici dello spirito italiano, a colui che vuole mettere tutto in discussione (“sottosopra”) per i propri interessi personali e affinché, per dirla con Tomasi di Lampedusa, tutta rimanga sostanzialmente com’è.


Fabio Ciriachi, Soprassotto, Palomar, Bari, 2008, pagg. 245, euro 15,00


da SOPRASSOTTO
(Palomar, 2008)


Vado in camera per salutare Chiara. La luce è spenta e lei dorme. Il lampione dell’aia illumina appena la parete di destra, quella dove ho dipinto la luna. Sulla parete opposta ho raffigurato il sole. In mezzo, appeso al trave del soffitto, il bilanciere di bacche e penne di uccello che le ho regalato rotea piano

Sole e luna rappresentano noi due. Li ho dipinti per Chiara, e a lei piacciono. Le piaccio così come sono, anche se non capisco i suoi riferimenti alle madeleines di Proust o le due citazioni in latino. “Grazie a te ho capito il senso dei gesti magico-rituali” mi ha detto una volta. In realtà non avevo fatto altro, alla fine di una lunga giornata di lavoro, che piantare un portafortuna in fondo al campo appena seminato. Quando Chiara aveva visto quel palo da cui pendevano nastri colorati, penne di upupa, perline di legno, lì per lì s’era limita a dire è bellissimo. Il giorno dopo mi aveva confidato quali pensieri le erano venuti in mente. “Il tuo portafortuna funziona non perché abbia dei poteri in sé, ma solo perché è il segno che hai lavorato così bene da avere, alla fine, anche l’energia per quel tocco di superfluo. La fortuna in realtà è il tuo buon lavoro, di qui quel palo è solo la testimonianza”.

Sfioro la tempia di Chiara con le labbra, prendo il giaccone ed esco. Dischiudo appena la porta della camera delle bambine: respirano. Il freddo ha avvolto la campagna, e la Cinquecento fatica a mettersi in moto. Antoniodesmortes, tutto concentrato, traffica con la leva dell’aria finché piano piano il trabiccolo prende vita. Allungato sul sedile di dietro, Livingstone accoglie con un’espressione di sollievo il canto del motore. Ci lanciamo un’occhiata d’intesa. Siamo i tre vaccinatori folli all’opera. Provo a vedere la scena dall’esterno e non mi sembra molto professionale. Primitiva direi, anche se efficace. L’hascisc ha amalgamato le nostre determinazioni facendo di noi una sorta di complessa ed efficiente macchina che fila verso i piccioni di Nando con la geometrica linearità di una palla da biliardo. Un solo pensiero nocivo: ci fermasse la polizia, con tutti quei sacchi vuoti, vaglielo a far capire che non siamo rubagalline.

Dopo dieci minuti parcheggiamo davanti al sentiero per la piccionaia. Sto bene. Il freddo è come un intrico di nastri gelati appesi al cielo, e io ho l’impressione di riuscire a passarci in mezzo senza esserne toccato. Il silenzio, ora, sembra un foglio bianco sul quale scrivere solo le parole necessarie alla riuscita del nostro lavoro.

Andiamo avanti a vaccinare l’intera notte. All’alba siamo stanchi morti ma ce l’abbiamo fatta. A ogni sacco che apriamo, l’irrefrenabile svolio dei piccioni liberati muove l’aria con le sua energia, riduce in mille pezzi i primi raggi di sole che filtrano tra i rami spogli. In un tubare parossistico le coppie si ritrovano, le cove tornano a essere abitate, la vita riprende il suo corso.


 


FABIO CIRIACHI
è nato a Roma (dove risiede) nel 1944. Diviso fra vivere e scrivere, si è lungamente dedicato a vivere (fotografo, attore di teatro, contadino, pastore, operaio, operatore culturale, artigiano), e solo dal 1987, tornato a Roma dopo quindici anni, ha preso in seria considerazione la scrittura.
Ha pubblicato la silloge Dissidenze in 7 poeti del Premio Montale (All'insegna del pesce d'oro, 1991); le raccolte poetiche L'arte di chiamare con un filo di voce (Empiria, 1999) e Il giardino urbano (Empiria, 2003).
È autore di racconti: Solo per somiglianza, pubblicato in La mia città senza grazia, antologia del premio di narrativa “Anna Maria Ortese 2004” (Empiria, 2005); Un poeta all'inferno, pubblicato in Renault 4 - Scrittori a Roma prima della morte di Moro (Avagliano, 2007); la raccolta Azzurro-cielo e verde-pistacchio (Edimond, 2008).
Ha pubblicato il romanzo Soprassotto (Palomar, 2008). Ha tradotto dal francese l'opera di David Mus Qu'alors on ne se souviendra plus de la Mer Rouge (Ragage/Empiria, 2005).
Ha recensito libri per “Il Mercurio” di Repubblica, “la talpa libri” del Manifesto e l'Unità. Un suo romanzo, L'eroe del giorno, uscirà da Gaffi a inizio 2010.


alexbrando@libero.it




Di Fabio Ciriachi vedi anche,
su questo numero, il racconto
Fiori di lupo.