FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 14
aprile/giugno 2009

Infanti

RAÚL ZURITA, PURGATORIO

di Carmen Leonor Ferro


  Allora sopra il vuoto del mondo
si aprirà
completamente il verdore infinito del Deserto di Atacama

                                   Raúl Zurita

La prima edizione di Purgatorio di Raúl Zurita fu pubblicata nel 1979. Il lettore del tempo, testimone dei fatti cruenti che in quegli anni si verificarono in Cile, lesse e legge ancora oggi questi testi poetici come un’urgente espressione di libertà e come il tentativo del poeta stesso di divincolarsi anche dal giogo della parola. Devo confessare che non fu questa lettura a farmi innamorare la prima volta delle poesie di Purgatorio. Fin dall’inizio, ciò che maggiormente mi colpì e mi commosse fu il modo in cui il paesaggio si convertiva in un centro che emanava una sorta di religiosità, sebbene i testi fossero pieni di provocazioni anti religiose e “pagane”. Nonostante ciò, il fatto che il poeta si ribelli a una poesia logica e razionale, mi porta ad associare oggi alcune idee che, da un paesaggio opposto a quello dei deserti e delle pampas cileni, dal Sud Africa, uno scrittore, Premio Nobel per la Letteratura, J. M. Cotetzee annotava:

Esistono un meglio e un peggio nel regno del caso? Ci facciamo vincere dall’abbraccio di un estraneo o ci abbandoniamo alle onde; nel tempo d’un batter d’occhi, abbassiamo la guardia; dormiamo: e, quando ci svegliamo, abbiamo perso il corso delle nostre vite. Cosa sono questi batter d’occhi da cui solo possiamo difenderci con un eterno ed inumano stato di veglia? Non potrebbero essere gli scricchiolii e tintinnii attraverso i quali un’altra voce, altre voci parlano nella nostra vita? Con che diritto neghiamo loro ascolto?

Queste vite troncate ogni volta che neghiamo il sonno - o le piccole oscurità che si aprono ogni volta che chiudiamo gli occhi un istante - sono le vite che difende Raúl Zurita in Purgatorio. E non è forse singolare che uno scrittore che è cresciuto e ha scritto sotto un regime totalitario sia così attento alle voci del caso, alle voci che non possono essere coercite?
Le poesie di Purgatorio non appartengono allo stato permanentemente vigile della parola diurna, né sono, come potrebbe sembrare a prima vista, antireligiose, e tantomeno pretendono, credo, generare un sentimento di identità latinoamericano. Purgatorio è la creazione di un’insolita preghiera recitata con gli occhi chiusi e che non ha timore di inserire nelle sue allucinazioni immagini generate dalla paura o trascinate dalla crudeltà e dall’assurdo o dalla follia che può farsi linguaggio attraverso la vastità e il potere suggestivo di alcuni deserti latinoamericani.


Raúl Zurita negli anni '70

Credo che il lettore che affronta per la prima volta il Purgatorio di Zurita, sebbene ignori i dettagli della storia e si senta estraneo alle ragioni per le quali un artista possa sentire l’urgenza di liberarsi degli dèi e delle parole, avvertirà la presenza costante e incombente di un paesaggio particolare che si traduce in diversi stati di coscienza. I deserti di Atacama in Purgatorio sono psichici, per questo motivo si percepiscono come espressioni sacre, nonostante siano pieni di immagini terrene o blasfeme o di canti all’assurdo. Il modo in cui Zurita nomina la pampa cilena, in cui disfa il colore di queste pampas per poi ricrearlo includendo le sue visioni di animali che a un tratto sembrano sacri e a volte, al contrario, non sono altro che bestiame al pascolo, pone il lettore dinanzi a una specie di epica del paesaggio, di storia sacra - e insieme profana - di “questo paesaggio sudamericano in cui viviamo esiliati”, per usare le parole dello stesso Zurita.


Purgatorio di Raúl Zurita è uscito da qualche settimana in Italia presso l’editore Raffaelli di Rimini (traduzione di Claudio Cinti, pagg. 72, euro 15). Il volume inaugura la collana POESÍA diretta da Carmen Leonor Ferro, dedicata a noti autori ispanoamericani. Dopo Raúl Zurita verranno pubblicati libri, sempre in edizione bilingue, di Eugenio Montejo, Blanca Varela, Luis Feria, Abraham Gragera ecc.




CINQUE POESIE DI RAÚL ZURITA
da PURGATORIO (Raffaelli editore)
traduzione dallo spagnolo di Claudio Cinti



    *

Io sono il confesso guardami l’Immacolata
Ho imbrattato di nero
le suore e i preti
Ma mi sollevano le loro sottane
Sotto i vestiti sono sempre bianche
- Vieni, siamo le antiche fidanzate mi dicono


    *

Vi assicuro che non sono malato credetemi
queste cose non mi succedono spesso
ma è che mi trovavo in un bagno
quando vidi qualcosa come un angelo
“Come stai, stronzo” ho sentito che mi diceva
ebbene - questo sarebbe tutto
Ma ora i maledetti ricordi
non mi lasciano più dormire la notte


    *

Rinchiuso tra le quattro pareti di
un bagno: ho guardato il soffitto
allora ho cominciato a lavare le muraglie le pareti e
il pavimento l’orinatoio ciò che sollevava
il lavabo, il bagno stesso
Guardate un po’: Fuori il cielo era Dio
e mi succhiava l’anima – proprio così!
Mi ripuliva gli occhi accalorati


COME UN SOGNO

Andiamo: non hai voluto sapere niente di
quel Deserto maledetto - ti ha fatto
paura io so che ti ha fatto paura
quando hai saputo che si era
internato per quelle luride
pampas - certo non hai voluto
sapere niente ma ti si è sbiancata
la faccia e insomma
dimmi: credevi che fosse roba
da poco infilarsi là dentro per
poi tornare dal suo stesso
mai rigirato disteso
come una pianura a noi di fronte


ALLE PIANURE IMMACOLATE

i. Lasciamo passare l’infinito del Deserto di Atacama

ii. Lasciamo passare la sterilità di questi deserti

Perché dalle gambe aperte di mia madre si
innalzi una Preghiera che incroci l’infinito del
Deserto di Atacama e mia madre non sia allora se non
un punto d’incontro sul cammino

iii. Io stesso sarò allora una Preghiera trovata
sul cammino

iv. Io stesso sarò le gambe aperte di mia madre

Per quando vedrete alzarsi davanti ai vostri occhi i desolati
paesaggi del deserto di Atacama mia madre si concentrerà
in gocce d’acqua e sarà la prima pioggia sul deserto

v. Allora vedremo apparire l’Infinito del Deserto

vi. Rigirato da se stesso fino a sbattere sulle gambe
    di mia madre

vii. Allora sopra il vuoto del mondo si aprirà
     completamente il verdore infinto del Deserto di Atacama




RAÚL ZURITA
è nato a Santiago in Cile nel 1950, da madre italiana. Dopo gli studi liceali iniziò a studiare matematica all’università laureandosi in ingegneria civile, ma ben presto si dedicò completamente agli studi letterari. La sua opera è fortemente segnata dalla dittatura militare instaurata dopo il golpe dell’11 settembre 1973. Militante comunista fu arrestato, torturato e detenuto a lungo. In seguito farà parte del gruppo CADA (Collettivo d’azioni artistiche) e parteciperà a diverse iniziative e performance provocatorie.
Tra il 1979 e il 1994 scrive la trilogia Purgatorio (1979), Anteparaíso (1982) e La Vida Nueva (1994), dove attraversa i paesaggi più diversi: montagne, spiagge, fiumi, deserti... L’opera è considerata tra le più importanti della sua produzione poetica. Nel 1989 riceve il premio Pablo Neruda. Si allontana dal Partito comunista e nel 1990 viene nominato addetto culturale presso l’ambasciata di Roma e più tardi, durante il governo di Eduardo Frei, entra al Ministero delle Opere Pubbliche e si dedica all’insegnamento universitario.
Nel 2000 pubblica Poemas militantes e Sobre el amor y el sufrimiento; lo stesso anno riceve il Premio Nazionale di Letteratura del Cile e nel 2006 il Premio di Poesia “Josè Lezama Lima” per il libro INRI (Visor, Madrid, 2004). Nel 2006 pubblica Los Países Muertos e nel 2007 dà alle stampe in Messico Las ciudades de agua e Cinco Fragmentos. Durante il 2008 continua a pubblicare parti della sua voluminosa opera inedita Zurita, con la quale vuole chiudere il ciclo del Purgatorio.


carmenferroediciones@gmail.com