FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 14
aprile/giugno 2009

Infanti

LINGUALUNGA LUNGALINGUA

di Viviane Ciampi



In un paese viveva una comare che di nome faceva Lingualunga e di cognome Lungalingua.

Fin qui, nulla di male. Anzi, quel nome e quel cognome le parevano stampati addosso: Lingualunga Lungalingua, infatti, rendeva la vita difficile agli abitanti perché trovava sempre da spettegolare su di loro.

Per esempio diceva che il panettiere era maldestro nel far lievitare il pane; che il mugnaio si ubriacava di nascosto tutte le sere; che il pastore bastonava le pecore; che il campanaro azionava la campana sbagliando di un minuto ad ogni rintocco.

Nessuno, ma proprio nessuno riusciva a zittirla.

Malgrado ciò, i paesani si mostravano gentili con lei perché spesso azzeccava davvero qualche difetto e la tenevano a bada con tanti cerimoniosi sorrisi.



Lingualunga Lungalingua
illustrazione di Viviane Ciampi (tecnica mista)


Quell’anno ci fu ben altro da pensare che ai pettegolezzi della donna: venne infatti un’estate senza una goccia di pioggia. La terra si fece arida e i vecchi del villaggio s’ammalarono per il caldo e la sete. Molti, per la sofferenza, rischiavano di morire.

Il sindaco mandò i più giovani del paese in cerca del vento portatore di nuvole della pioggia. Ma il vento era andato a soffiare come un matto dall’altra parte della Terra portandovi le nuvole della pioggia la quale cadendo a intervalli regolari rendeva verdi i campi e dissetava i laghi.

La comare aspettò la seconda domenica di luglio in cui tutti erano andati in piazza per discutere della tremenda situazione. Ed ecco cosa disse Lingualunga Lungalingua: “No, no e no! Il sindaco non conosce il suo mestiere."

“Come si può disturbare il vento che porta le nuvole della pioggia con tutto quel che il vento ha da fare!”

E aggiunse: “E poi perché mandare i giovani del paese anziché andarci lui di persona, gli mancano forse le gambe?”

Il sindaco sbucò da dietro la vecchia fontana screpolata e all’asciutto e piuttosto seccato le chiese: “Come mai, invece di spettegolare non trovi una soluzione?”

La comare, mai a corto di battute, suggerì: “per cominciare, usa i soldi delle tasse che paghiamo e compra dei ventilatori!”

Il sindaco trovò l’idea buona e andò con i giovani a rifornirsi di ventilatori. Ma anche i paesi dei dintorni soffrivano della siccità e tutti i ventilatori erano già stati venduti.

Alla fine ne trovarono uno parecchio arrugginito nella spazzatura e Poldo, il vecchio meccanico, lo aggiustò.

“No, no e no! Uno solo non basterà a soddisfare tutti gli abitanti”, sentenziò la comare tanto per tenere la linguaccia in allenamento.

Il sindaco questa volta non le diede retta e decise di riunire i compaesani in chiesa. Accese l’unico ventilatore ed effettivamente l’aria risultò più fresca.

Anche la comare si sedette insieme agli altri. I suoi “No, no e no” si mischiavano al ronzio dell’apparecchio rimesso a nuovo.

Visto che non c’era più acqua il prete offrì a tutti un po’ di vino della messa ma a Lingualunga Lungalingua si sciolse ancora di più la lingua e attaccò con le sue lunghe lagne.

Disse che il prete aveva la toga sporca; che Guglielmo il cacciatore cacciava il cinghiale fuori stagione; che Giuseppe il contadino lasciava abbaiare il cane tutta la notte; che Clorinda la pastorella rubava le galline del vicino.

Mentre spettegolava scuoteva la testa piena di forfora e, forse anche per il vino, la sua lingua sudava.

Per sentire un po’ di fresco e continuare a parlare si avvicinò troppo al ventilatore. Si avvicinò finché… la sua lingua biforcuta si attorcigliò nelle pale del ventilatore e schizzò in alto fino all’unica nuvola che faceva capolino all’orizzonte.

Qui avvenne un fatto stranissimo, tanto che il prete parlò di miracolo: la nuvola si squarciò in tre parti sprigionando tanta pioggia da riempire tutti i torrenti e i laghi del circondario. La campagna rifiorì e le campane suonarono a festa.

L’ultima domenica d’agosto, in paese, si organizzò una festa per ringraziare Lingualunga Lungalingua.

Certo, i suoi concittadini non l’avevano mai vista di buon occhio ma prevalse la saggezza. L’idea del ventilatore era stata sua e aveva salvato il paese dalla siccità. Parve giusto a tutti farle un regalo speciale.

A mezzogiorno in punto, con la musica della banda in suo onore, il sindaco scoprì il drappo che nascondeva la nuova fontana. Un famoso scultore, in gran segreto, aveva scolpito una fontana con il volto di Lingualunga Lungalingua in bronzo, dalla cui bocca usciva una lingua che pareva uno scivolo e sopra lo scivolo, acqua in abbondanza. Il sindaco, mentre la portavano in trionfo e scrosciavano gli applausi, chiese alla comare se era contenta.

La comare, senza lingua, non poté certo rispondere. Continuò per tutto il giorno a scuotere la testa piena di forfora ma nessuno capì con chi fosse arrabbiata.


viviane.c@alice.it