FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 12
ottobre/dicembre 2008

Suoni di versi

IL BRASILE DI VIA CIVITAVECCHIA, NUMERO 7 - ROMA
Un ricordo di Luciana Stegagno Picchio

di Vera Lúcia de Oliveira



Non c’è brasiliano o portoghese – professore, ricercatore, intellettuale, artista, scrittore o poeta – che, di passaggio per l’Italia, non sia andato a bussare al numero 7 di Via Civitavecchia, in una strada tranquilla di un elegante quartiere di Roma, indirizzo della stimata filologa, medievalista, brasilianista, storiografa del teatro e della letteratura, professoressa emerita dell’Università La Sapienza di Roma, “socia-corrispondente” dell’Accademia Brasiliana di Lettere, Luciana Stegagno Picchio. Per noi, i suoi ex-studenti, brasiliani, italiani, portoghesi e giovani arrivati dalle più diverse parti del mondo, nostalgici dei nostri paesi e della nostra lingua, quel rifugio accogliente era una specie di succursale di casa nostra e lei, l’illustre e nota studiosa italiana, una sorta di seconda mamma che ci adottava con generosità, e per sempre.
Nel suo appartamento, dalle pareti ricoperte di libri (persino nei corridoi e in cucina vedevo allineati grandi volumi), potevamo trovare l’ultimo testo di poesia o di critica appena pubblicato in Brasile e in Portogallo, il libro raro di qualche semisconosciuto poeta di lontane città brasiliane, la prima edizione autografata e con tanto di dedica dei più grandi scrittori portoghesi e brasiliani del novecento, senza contare edizioni ancora più rare dei secoli precedenti. E da lì, da quella casa che ci sembrava, come la sua proprietaria, straordinariamente illuminata, anche nei giorni di inverno e di pioggia fitta, con scaffali che formavano, letteralmente, un grande albero, con tutto quel che c’era di meglio delle lettere e delle arti del mondo lusofono, sono usciti nel corso degli anni più di cinquecento pubblicazioni sulla lingua portoghese e sulle letterature di espressione portoghese, opere tradotte e pubblicate in molti paesi e in molte lingue, opere che hanno avvicinato l’universo della lusofonia all’Europa e al mondo e che hanno fatto conoscere grandi scrittori di lingua portoghese.

Il suo amore per il Brasile nacque nel 1959, quando approdò per la prima volta in quel paese. E la sua prima esperienza in terra brasiliana fu fatta a Salvador, città che la incantò e che rimarrà per sempre una grande passione. In quarant’anni, effettuando almeno due viaggi all’anno, visitò il Brasile da nord a sud, istaurò relazioni di amicizia con professori, studiosi e scrittori fra i più grandi, come Celso Cunha, Antenor Nascentes, Alexandre Eulálio, Carlos Drummond de Andrade, Antonio Candido. In quei viaggi si immergeva corpo e anima nella cultura brasiliana, voleva conoscere tutto e parlare con tutti, immagazzinare libri, parole, volti, frasi sentite di passaggio, momenti quasi epifanici che lei, già di ritorno a casa, “ruminava” alla maniera di Guimarães Rosa e che poi avrebbero dato origine a saggi e libri oggi fondamentali.
Fra le sue opere, sta la pionieristica Storia del teatro portoghese, del 1964, il libro La Letteratura Brasiliana, pubblicato nel 1972 e interamente rivisto e attualizzato nel 1997, con il titolo Storia della letteratura brasiliana, uscito contemporaneamente in Italia, per Einaudi, e in Brasile, per i tipi della Nova Aguilar. Il suo metodo rigoroso di filologa e di comparatista della letteratura, come giustamente mette in evidenza uno dei suoi più brillanti ex-allievi, lo scrittore Antonio Tabucchi, le permise puntuali studi ed edizioni critiche che vanno dai poeti e trovatori galego-portoghesi, passando per Gil Vicente, Luís de Camões, Eça de Queiroz, Machado de Assis, fino ai contemporanei Fernando Pessoa, Giuseppe Ungaretti, Murilo Mendes, Alexandre O’Neill, Jorge de Sena, Carlos Drummond de Andrade, Guimarães Rosa, Clarice Lispector, Sophia de Mello Breyner, David Mourão-Ferreira, Jorge Amado, António Lobo Antunes, José Saramago e tanti altri.

Nei suoi studi considerava le manifestazioni artistiche e letterarie portoghesi sempre in un contesto più vasto, iberico ed europeo. Lo stesso dicasi in relazione al Brasile, le cui letteratura e storia non potevano prescindere, soprattutto nelle loro prime manifestazioni, dalle relazioni strette con l’Europa. La sua storia della letteratura brasiliana è un vasto e attualizzato panorama del paese nel quale la letteratura mai è isolata dal momento storico e dalle condizioni socio-economiche che hanno, di volta in volta, sollecitato dagli autori determinate e specifiche formulazioni e risposte.
Grande amica del poeta Murilo Mendes, organizzò nel 1994 l’edizione critica della sua Poesia completa e prosa, pubblicata dalla Nova Aguilar, a Rio de Janeiro, un’opera fondamentale che riportò ai brasiliani uno dei maggiori poeti, un po’ dimenticato perché aveva passato gli ultimi anni di vita fuori dal paese, lavorando e vivendo a Roma. In quell’occasione Luciana donò a Juiz de Fora, la città natale di Murilo, la parte del materiale che il poeta le aveva lasciato e che lei custodiva con cura nella sua casa romana; manoscritti e originali che Luciana, in tutti questi anni, ha messo a disposizione degli studiosi dell’opera muriliana.
Negli ultimi anni ha organizzato e pubblicato in Italia, fra le altre, le opere complete di Jorge Amado e di José Saramago, nella preziosa collezione “I Meridiani”, di Arnoldo Mondadori Editore, con saggi introduttivi che hanno rivelato aspetti inusitati nelle opere dei due autori.

Potremmo continuare a parlare ininterrottamente del lavoro e della vita intensa e generosa di questa grande studiosa che ci ha lasciato quasi in punta di piedi, in un giovedì, il 28 di agosto del 2008, in una Roma che, stranamente, sembrava tranquilla e silenziosa, quasi vuota dei suoi abitanti che si godevano avidamente gli ultimi momenti di vacanze d’estate. Ma sarebbero parole, frasi, già senza la densità di un corpo e di un’anima. Per questo diciamo semplicemente che il Portogallo e il Brasile sono rimasti più poveri senza questa figura, la cui opera rappresenta un traguardo per tutti noi, senza questa poliglotta che aveva nei gesti e nelle parole la limpidezza e la semplicità che hanno solo i grandi eruditi.
Negli ultimi mesi non riceveva più gli amici e, al telefono, rispondeva ai nostri appelli con voce incrinata dall’emozione, con la quale andava ripetendo, come ultimo insegnamento, “cerchiamo di comportarci secondo la ricetta di quei santi per i quali è necessario vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo”. Così è stato.



Luciana Stegagno Picchio e Vera Lúcia de Oliveira


Intervista radiofonica a Luciana Stegagno Picchio
Rai 3 – Il terzo anello – I luoghi della vita – 3 febbraio 2003


velucia@tin.it




Vedi anche, su questo numero
Luciana Stegagno Picchio e La terra dei lotofagi
di Vera Lúcia de Oliveira