FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 7
luglio/settembre 2007

Altre terre

GLI ALTRI MONDI DI DIONISO
(POETI E MUSICISTI VISIONARI E LA FUGA DALLA REALTÀ)

di Oscar Palamenga


Una delle più importanti funzioni che svolge la letteratura è quella di rifugio e consolazione, soprattutto nelle situazioni di crisi. L'arte è spesso vista, sia da chi la produce sia da chi ne fruisce, come un vero e proprio nascondiglio in un mondo diverso, migliore: è una fuga dalla vita reale, dai dolori quotidiani e dalla crudeltà della vita. È facile riconoscerci nelle parole di Machiavelli il quale, nella famosa lettera a Francesco Vettori del 1513, affermava:

Venuta la sera, mi ritorno in casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali, e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui uomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo, che solum è mio, e che io nacqui per lui, dove io non mi vergogno parlare con loro e domandargli della ragione delle loro azioni.

Lo scrittore fiorentino era esiliato all'Albergaccio, tra gente "rozza e zotica", e confida all'amico di riuscire a trovare una grande consolazione di sera quando, smessi gli abiti della giornata, si rifugiava nel suo studio in abiti "reali e curiali", per scrivere e leggere di antichi uomini illustri. Sta componendo Il Principe e trova nella letteratura quella via di fuga dalla triste e dura realtà dell'esilio che stava vivendo. Inoltre, col suo libro, tenta di porre le fondamenta per un mondo diverso, una nuova nazione dominata da una figura forte e prestigiosa, capace di mettere ordine nella situazione politica (frammentaria e caotica) del tempo.

Potremmo fare un'infinità di esempi di autori che, scontenti della loro esistenza reale, si sono rifugiati in un mondo artistico tutto loro. Basterebbe parlare di Dante Alighieri che, deluso dalla politica e condannato all'esilio, decide di far suo quel mondo teorizzato da San Bonaventura in cui la vita non era altro che un Itinerarium mentis in Deum, e inventare letteralmente "un altro mondo", ovvero quello della Commedia
Oppure analizzare Giovanni Boccaccio e leggere il suo Decamerone come una specie di rifondazione d'una società devastata dalla peste del 1348.

È interessante, però, mettere a fuoco un altro aspetto di queste fughe: quella ricerca di mondi dionisiaci in cui annullarsi o attraverso i quali riacquisire l'armonia con tutte le cose del creato. Dioniso, il dio greco dell'ebbrezza e della fertilità, risulta un'attraente calamita per chi sente il disagio di vivere in un'epoca non sua. Però Dioniso rappresenta anche l'estremo pericolo di chi si annulla in lui: è la madre terra che richiama i suoi figli per ritrasformarli in polvere.
Friedrich Nietzsche, nella sua opera Nascita della tragedia, pubblicata nel 1876, afferma che la tragedia greca nasce dall'unione tra apollineo e dionisiaco. In parole povere per lui il teatro nasce come rito dionisiaco, come magia sciamanica per propiziarsi gli dei, come cerimonia religiosa per la fertilità dei campi e degli animali. Poi arriva Socrate, l'antigreco per eccellenza, che introduce il ragionamento, il dialogo, la filosofia, l'apollineo. E dall'unione tra rito dionisiaco e ragionamento apollineo nasce la tragedia antica. Gli scrittori di tragedie, infatti, non volevano evadere dalla realtà, non cercavano né rifugio né protezione in altri mondi abitati da divinità, o da eroi leggendari: volevano capire il presente (il proprio mondo) trasponendo gli esempi della mitologia e della storia del periodo. Avevano perso totalmente il contatto con le forze magiche e dionisiache della natura, non c'era più nulla di religioso. Era lo stesso spirito greco ad essere accantonato, ecco perché per Nietzsche Socrate è l'inizio della fine per i Greci.

Gli esseri umani possono essere dionisiaci, irrazionali, fecondi, irruenti e ubriachi di vita. Ma possono anche essere apollinei, razionali, oscuri, meditabondi e "troppo" seri. L'arte invece deve essere, per Nietzsche, solo dionisiaca in quanto spetta alla filosofia essere soltanto apollinea. E la forma dionisiaca per eccellenza è secondo Nietzsche la poesia. Lui stesso, nel 1889 si cimenta a scrivere una raccolta di poesie intitolate ovviamente Ditirambi di Dioniso:

Soltanto pazzo! Soltanto poeta!
Che parla in modo variopinto,
che dalle maschere di pazzo parla confusamente,
arrampicandosi su menzogneri ponti di parole,
aggirandosi, strisciando
su arcobaleni di menzogne
tra falsi cieli -
Soltanto pazzo! Soltanto poeta!

Non fu certo un caso che di lì a poco Nietzsche perse totalmente il controllo sulla sua vita e fu rinchiuso in un manicomio. La fuga nel mondo dionisiaco, per un filosofo apollineo, si rivelò mortale.
Prima di lui nessuno era arrivato a tanto. La fuga dalla realtà significava crearsi un mondo tranquillo in cui rifugiarsi, un'oasi di pace in cui poter sfogare tutte le delusioni che offriva la vita quotidiana.

Ai tempi della Rivoluzione francese molti furono gli intellettuali che cercarono "altri mondi" per fuggire dalla deludente realtà. Erano gli anni delle speranze in un cambiamento radicale che migliorasse il mondo e della delusione per i risultati ottenuti. I rivoluzionari volevano giustizia, libertà, fratellanza e uguaglianza. Hanno ottenuto soltanto terrore, guerre e una dittatura. E gli intellettuali del periodo non potevano restare indifferenti a questa grande delusione. Sognavano un "Altro mondo", fatto di giustizia e di benessere, di libertà e uguaglianza. Un altro mondo che stava nascendo in quegli anni oltre l'oceano e che già qualcuno (v. Tocqueville) teorizzava essere vincente. Gli ideologi illuministi alla fine si ritrovarono in mano (o nelle ceste) centinaia di teste ghigliottinate e la percezione che quel nuovo mondo creato non era poi così bello.

Il veneziano Ugo Foscolo, da seguace prima della rivoluzione e poi di Napoleone, vede traditi inequivocabilmente i suoi ideali col trattato di Campoformio del 1796 (e Napoleone diventa il "mercante di popoli"). Così è anche lui costretto a rifugiarsi in un mondo tutto suo, un mondo che i critici chiameranno poi "Religione delle illusioni", che ha come valori fondanti la poesia, la bellezza classica e la tomba. È una specie di rifugio pagano, un universo panteista che trova la sua celebrazione nei Sepolcri e, soprattutto, nelle Grazie:

Le Grazie a' piedi suoi destano fiori,
a fiorir sue ghirlande; e quando il biondo
crin t'abbandoni e perderai 'l tuo nome,
vivran quei fiori, o giovinezza, e intorno
l'urna funerea spireranno odore.

È il tentativo di crearsi un mondo su misura, dominato dall'arte e dalla bellezza contemplativa, un universo dominato da una superiore armonia morale e spirituale. La dea Pallade trasporta le Grazie sull'isola di Atlantide, Foscolo vorrebbe trasferirsi lì con loro a tessere il velo, e lo può fare attraverso la poesia che gli permette di elevarsi rispetto agli altri uomini. Ma questo mondo immaginario nulla ha a che vedere con la possente energia di Dioniso.

Ai mondi dionisiaci si avvicina in un certo senso il più grande visionario di quei tempi: William Blake. Nato nel 1757 a Londra, Blake è forse l'autore che ha maggiormente influenzato il modo di fare poesia del secondo Novecento e non solo. La sua attività di incisore lo rende importante anche nelle arti pittoriche. E i suoi quadri, vere e proprie visioni oniriche, fanno della pittura uno strumento per penetrare nella psiche umana.

Le sue liriche sono ricche di allusioni al mondo concreto, ma la realtà si smaterializza e si ricompone mostrando quello che c'è oltre. Non si cerca l'annullamento in Dioniso ma si vuole andare oltre la percezione dei propri sensi. Non è un caso che nel 1954 lo scrittore Aldous Huxley scrisse un libro il cui titolo si rifà proprio ad un verso di Blake: "The doors of perception". E quando il musicista Jim Morrison decise di dare un nome al gruppo con cui suonava, pensò di chiamarli proprio "Doors", in onore a Blake. Infatti nella raccolta The marriage of heaven and hell Blake spiega:

If the doors of perception were cleansed, everything
Would appear to man as it is, infinite.

Se le porte della percezione fossero cancellate,
tutte le cose apparirebbero all'uomo così come sono, infinite.

È il grande fraintendimento della generazione del secondo dopoguerra, l'illusione che la vittoria di Dioniso debba passare attraverso l'annullamento della propria identità: la giustificazione dell'uso di droghe e alcolici.

Il secondo dopoguerra è un periodo non casualmente analogo a quello in cui è vissuto Blake. Se Blake è deluso dalla Rivoluzione francese, gli intellettuali del secondo dopoguerra, a fronte di tante promesse fatte durante il tragico periodo della guerra e delle deportazioni, si trovarono (soprattutto negli Stati Uniti) a vivere una realtà profondamente diversa. Sebbene vincitori, gli Stati Uniti non riuscirono a dare subito quel benessere e quella fratellanza, quella pace e quella uguaglianza che si favoleggiava ai tempi in cui occorreva fermare Hitler e il nazismo. Soprattutto i giovani non trovarono quella realtà che immaginavano dopo la tempesta della guerra. Mancava la libertà, la possibilità di esprimersi, la creatività. Tutto era soffocato dal perbenismo, dalla morale comune, dal welfare imposto a tutti come unico obiettivo da raggiungere. E gli intellettuali si ribellarono.

Jack Kerouac scrisse il suo capolavoro, Sulla strada, con cui incitava i giovani a ribellarsi, a fuggire dalle tranquille e comode prigioni offerte dalla loro famiglia e andare a vivere sulla strada, a cercarsi un "altra terra".
Fare esperienza era l'unica vera cosa importante per un giovane intellettuale del periodo.

Aldous Huxley indicò la strada per provare nuove sensazioni a migliaia di giovani. Nel libro sopra citato invitava a usare la mescalina, una potente droga in grado di provocare allucinazioni, e in tanti cercarono le cosiddette "droghe psichedeliche" in grado di suscitare "visioni". Quelle visioni che fuoriuscivano in modo naturale dalla mente di Blake venivano ora create artificialmente dalla droga; le porte della percezione si valicavano solamente attraverso l'uso di allucinogeni, e non era la stessa cosa. Eppure Blake li aveva avvertiti con i suoi versi più famosi:

Tiger! Tiger! Burning bright
In the forests of the night,
What immortal hand or eye
Could frame thy fearful symmetry?

Tigre! Luce scintillante
nelle foreste della notte,
quale mano od occhio immortale
ha potuto forgiare la tua agghiacciante simmetria?

La tigre è affascinante, certo, ma estremamente pericolosa: è una visione che può uccidere. Così come ha ucciso Jim Morrison.
Il 3 luglio 1971, a soli 27 anni, Jim Morrison fu trovato morto a Parigi probabilmente per un mix di farmaci ed alcolici. Era il logico epilogo di chi si era totalmente identificato in Dioniso tanto da dover scappare via dalle baccanti pronte a farlo in mille pezzi. In pochi anni era riuscito a portare un gruppo di studenti universitari di Los Angeles ai vertici del rock mondiale. I suoi concerti erano un vero e proprio rito dionisiaco dove lui, reincarnazione del dio, si offriva al suo pubblico per essere sbranato dalle donne baccanti che lo osannavano.

Intorno alla seconda metà degli anni sessanta la musica non era più sinonimo di contestazione. Lo stesso Bob Dylan, poeta icona della contestazione giovanile, aveva rifiutato il suo ruolo di guru abbandonando la sua chitarra acustica per una potente chitarra elettrica trasformandosi in rockstar. Gli anni di Kerouak e della beat generation, di Ginsberg, Corso e Ferlinghetti, volgevano ormai verso il tramonto. I giovani avevano recepito il messaggio:

Ho visto le menti migliori della mia generazione
distrutte dalla pazzia, affamate nude isteriche,
trascinarsi per strade di negri all'alba in cerca di
droga rabbiosa...

(A.Ginsberg, Urlo, trad. it. di Fernanda Pivano)

Avevano capito che la rivoluzione era fallita ancor prima di cominciare e quei tempi che, secondo Bob Dylan, stavano cambiando non sarebbero mai stati come loro avrebbero voluto. Nel gennaio del 1964 Dylan cantava così:

There's a battle
outside raging
it'll soon shake your windows
and rattle your walls
for the times they are a-changin'

(C'è una battaglia fuori che infuria e presto scuoterà le vostre finestre e farà tremare i vostri muri, perché i tempi stanno cambiando)

Solo pochi mesi dopo la battaglia era già perduta e i giovani statunitensi andavano a morire nel Vietnam senza più sogni per un nuovo mondo. A Jim Morrison e al suo gruppo non rimaneva altro che immaginarselo quel nuovo mondo tanto desiderato, magari attraverso gli allucinogeni e una mistica sciamanica indiana molto simile allo spirito dionisiaco degli antichi greci. E nel loro primo disco troviamo subito la sublime "The End", un inno alla morte "Tanatos" intesa come vera e propria alternativa all'Eros fecondatore, come un disciogliersi dionisiaco nell'universo per rifiutare tutto l'orrore che ci circonda. Non è un caso che Coppola abbia scelto questo brano come colonna sonora del suo "Apocalypse now".

This is the end, beautiful friend.
This is the end, my only friend, the end,
Of our elaborate plans, the end,
Of everything that stands, the end,
No safety or surprise, the end.
I'll never look into your eye again...

(Questa è la fine, bellissima amica. Questa è la fine, la mia sola amica, la fine, dei nostri piani elaborati, la fine, di tutto ciò che c'è, la fine, né garanzia né sorpresa, la fine. In fondo agli occhi non ti potrò più guardare...)

Siamo alla fine della rivoluzione, infatti. Non resta che una tragica fine dionisiaca per consolare una generazione nuovamente tradita.

 

o.palamenga@tin.it