FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 7
luglio/settembre 2007

Altre terre

QUANTE TERRE NEL CUORE?
La poesia di Rami Saari

a cura di Sara Pagnini


La sensibilità è un grande dono; di un dono così bello e prezioso se ne possono fare tanti usi. Quando esso è posto al servizio della poesia, come nel caso di Rami Saari, si riesce a raggiungere l'anima delle persone e a dare una visione delle cose e del mondo in maniera più sottile ma anche più veritiera. Rami Saari è dotato di una sensibilità particolare e di uno sguardo limpido e aperto sul mondo, caratteristiche che costituiscono il cardine della sua opera poetica. La sua capacità di scoprire, comprendere e fare sue tante terre diverse tra loro, così come tanti punti di vista differenti, si può facilmente ricollegare all'esperienza straordinaria di un'esistenza errabonda che da sempre ha contraddistinto la sua vita.

Di fatto Rami Saari è nato nella cittadina israeliana di Petah Tikvà nel 1963, ma giovanissimo si è trasferito in Finlandia e attualmente vive ad Atene. Voler rapportare le sue qualità di poeta e di uomo al mero aspetto cosmopolita della sua esperienza di vita personale, sarebbe però piuttosto riduttivo, perché, per quanto sia impossibile ignorare un tale aspetto, è altrettanto vero che il grande merito di Rami Saari sta proprio nella determinazione, non priva di rischi, di allargare i suoi orizzonti alla comprensione profonda dell'altro.
Saari infatti non si tira indietro neanche di fronte agli orrori della vita di questo nostro mondo e anzi, li chiama per nome senza paura, come nel caso delle poesie intitolate Povertà e Quanta, quanta guerra. Nella sua poesia c'è la volontà e la capacità (dolorosissima) di mettersi in gioco, di vivere e sentire dentro di sé ogni esperienza, bella o brutta, buona o cattiva che sia. Rami Saari non manca mai di denunciare l'orrenda crudeltà dell'essere umano: guerre e prepotenze, disagi sociali, sfruttamento, ingiustizia. Riesce a esprimere tutto questo con un sapiente intreccio di dolcezza e durezza che emerge dalla musicalità dei suoi testi - tratto distintivo fortemente riscontrabile nell'originale testo in ebraico - e dal sapiente lavoro sulla parola.




POESIE DI RAMI SAARI
da Voce alla notte

I testi proposti sono stati tradotti in italiano partendo dalla traduzione in spagnolo (qui riportata) di Iñaki Romojaro Aparicio, Javier de la Puerta e Raquel lozano García e poi confrontati con i testi originali in ebraico.


DINASTIA

Mi abuelo abandonó Polonia en 1937, refugiado de los jinetes malvados.
Mi padre abandonó Rumania en 1946, refugiado de la guerra y del frío.
Mi madre abandonó Argentina en 1961, refugiada del gran amor.

Y en el año 1982 me obligaron a abandonar Pétaj Tikvá
para vivir Finlandia, Grecia y Hungría:
callar en las nieves, temblar en los terremotos
y llevarme por el Danubio hacia el telón del infierno.
Algo ocurrió antes de todo esto, mas
ya es demasiado tarde para esclarecer lo acaecido.
A pesar de conocer las razones
y de comprender los motivos
el viaje frenético continuará.
Así es la sentencia:
ser fugitivo del enfrentamiento
por los resultados de la objeción,
saber que algún día cambiarán los gobiernos y los ejércitos
y que la palabra permanecerá para siempre -
permanecerá en el deseo de la hermosura,
se diluirá en la memoria del sendero.

Y no voy a tener un hijo, un hijo no le va a nacer a Caín.
El semítico semen se va anónimamente por el mundo,
su cuerpo es su casa.


DINASTIA

Mio nonno abbandonò la Polonia nel 1937, rifugiato dei cavalieri malvagi.
Mio padre abbandonò la Romania nel 1946 , rifugiato della guerra e del freddo.
Mia madre abbandonò l'Argentina nel 1961, rifugiata del grande amore.

E nell'anno 1982 mi obbligarono ad abbandonare PetaH Tikvá
per vivere in Finlandia, Grecia e Ungheria:
tacere nelle nevi, tremare nei terremoti
e condurmi per il Danubio verso il sipario dell' inferno.
Accadde qualcosa prima di tutto questo, ma
ormai è troppo tardi per chiarire l'accaduto.
Nonostante si conoscano le ragioni
e comprendano i motivi
il viaggio frenetico continuerà.
Così è la sentenza:
schivare lo scontro
per gli effetti dell'obiezione,
sapere che un giorno cambieranno i governi e gli eserciti
e che la parola perdurerà per sempre -
perdurerà nel desiderio di bellezza,
si diluirà nella memoria del sentiero.

E non avrò un figlio, a Caino non nascerà un figlio.
Il semitico seme se ne va anonimamente per il mondo,
il suo corpo è la sua casa.

Da Gvarìm Ba-Tzòmet, (Uomini al bivio), 1991.


PETAH TIKVÁ

Mira, he encontrado mi casa: la cueva
adonde podré volver después de la muerte.
Allí consagrará al final sin cuernos y sin guadaña
cada eminente rabino. Pues, alegraros, amigos,
versos de oro, poemas y paisajes:
mis días pasaban en una playa báltica, pero
mi mejor parte sigue siendo un lugar de miel cítrica.


PETAH TIKVÁ

Ecco, ho trovato la mia casa: il buco
dove potrò tornare dopo la morte.
Lì consacrerò alla fine senza corni e senza falce
ogni eminente rabbino. Quindi rallegratevi, amici,
versi d'oro, poesie e paesaggi:
i miei giorni trascorrevano in una spiaggia baltica, ma
la mia parte migliore continua ad essere un luogo
di miele e agrumeti.

Da Hinnè, Matzàh et Beyt, (Ecco, ho trovato la mia casa), 1988.


LOS DECLARADOS

Siempre con esta mirada en los ojos, la mirada que lo dice todo
en los autobuses, los mercados, los patios, las calles.
Está en los ruidosos cruces, la mirada que tantea
revelando a los declarados: a los que se condena a la horca
en Teherán, a tortura en Oradea, al exilio en otras partes.
Pero la búsqueda continúa a pesar de todo.
En general no dan vida, ellos o vosotros o nosotros,
tal vez sólo poemas: ellos, pues, son jóvenes declarados,
y ellas, jóvenes declaradas. Siempre nacen más y más,
la raza no se extingue: nacen con la mirada en los ojos,
con el hambre morada en el corazón.


I DICHIARATI

Sempre con questo sguardo negli occhi, questo che dice tutto
negli autobus, nei mercati, nei cortili, nelle strade.
È negli incroci rumorosi, lo sguardo vacillante
rivelando i dichiarati: coloro che si condannano alla forca
a Teheran, alla tortura a Oradea, all'esilio in altre parti.
Ma la ricerca continua nonostante tutto.
In generale non donano la vita, essi o voi o noi,
forse solo poesie: essi sono giovani dichiarati,
esse giovani dichiarate. Ne nascono sempre di più
la razza non si estingue: nascono con lo sguardo negli occhi,
con la fame viola nel cuore.

Da Gvarìm Ba-Tzòmet, (Uomini al bivio), 1991.


PUEBLO

Nuestros poemas son bellos y tristes:
en vano ahuyentamos de nuestras fiestas la oscuridad.
Comemos frutas secas en memoria
de las verdes colinas que perdimos.

Azul y blanco es el cielo semítico,
y nuestra tierra es negra y roja
como la historia que seguimos viviendo,
como la ropa de una reina desnuda.


POPOLO

I nostri poemi sono belli e tristi:
invano allontaniamo dalle nostre feste l'oscurità.
Mangiamo frutta secca in memoria
delle verdi colline che abbiamo perso.

Azzurro e bianco è il cielo semitico,
e la nostra terra è nera e rossa
come la storia che stiamo ancora vivendo,
come i vestiti di una nuda regina.

Da Kàmma, Kàmma Milchamà, (Quanta, quanta guerra), 2002.


SOBRE EL LUGAR Y EL HOMBRE

Cuando los perros de los vecinos bajan al patio
y los gatos se desbandan,
"¡La Nación está con el Golán!"
y yo con mi mal humor.
Aún tenemos nuestra tierra
de la cual formeremos parte.
Todas las tierras que no son nuestras
son prados de los rebaños de Dios.

Toma una piedra y ponla aquí.
Cualquier lugar es adecuado para una tumba.
Porque cuando llega la Grande, la Última, la Esperada,
llega imprevistamente.


SUL LUOGO E L'UOMO

Quando i cani dei vicini scendono nel patio
e i gatti scappano,
«La Nazione è col Golan!»
ed io col mio malumore.
Abbiamo ancora la nostra terra
della quale formeremo parte.
Tutte le terre che non sono nostre
sono pascoli dei greggi di Dio.

Prendi una pietra e mettila qui.
Qualsiasi luogo è adeguato per una tomba.
Perché quando arriva la Grande, l'Ultima, l'Attesa,
giunge senza preavviso.

Da Maslul ha-keev ha-nò' az, (La strada del dolore coraggioso), 1997.


CÚANTA, CÚANTA GUERRA

Lo que fue escrito en la muralla
yace ahora bajo tierra,
en el mismo monte,
con el mismo pino.
Cuánta, cuánta guerra.

Tanto nos importa,
tanto nos movemos:
ni nos mudaremos de aquí,
ni nos mudaremos de allí.
Ni dejaremos de mudarnos ni dejaremos de cantar:
al principio disparamos y lloramos,
luego nos calmamos
y seguimos disparando.


QUANTA, QUANTA GUERRA

Quel che fu scritto nella muraglia
giace ora sottoterra,
nello stesso monte,
con lo stesso pino.
Quanta, quanta guerra.

Tanto ci importa,
tanto ci muoviamo:
né ci trasferiremo da qui,
né ci trasferiremo da lì.
Né smetteremo di trasferirci né smetteremo di cantare:
all'inizio spariamo e piangiamo,
poi ci calmiamo
e continuiamo a sparare.

Da Kàmma, Kàmma Milchamà, (Quanta, quanta guerra), 2002.


FLOR ORIENTAL

Se contaba que la sangre fluyó de tus ojos
debajo del ciprés en la montaña de enfrente,
que un río rojo serpenteaba en el valle
como un correazo sobre las costillas del sueño.
Naciste campesino ágil y duro,
asaltaste los cuerpos en pozos y pajas
exaltando con tu olor a desnudas especias
de sol moreno y de piel lluviosa.
Tus noches ya no pasan por los surcos,
la luna cosecha en la vía real.
Pronto, cuando el ejército te dispare,
te arraigarás en mi hagiografía.


FIORE ORIENTALE

Si racconta che il sangue sgorgò dai tuoi occhi
sotto al cipresso nella montagna di fronte,
che un fiume rosso serpeggiava nella valle
come cintura sulle costole del sogno.
Sei nato contadino agile e duro,
hai assaltato corpi nei pozzi e nella paglia
esaltando col tuo odore di nuda specie
di sole scuro e di pelle piovana.
Le tue notti non passano più per i solchi,
la luna coltiva nella via reale.
Presto, quando l'esercito ti sparerà,
ti radicherai nella mia agiografia.

Da Kàmma, Kàmma Milchamà, (Quanta, quanta guerra), 2002.


POBREZA

Hay sitios donde la intimidad
cuesta igual que las patatas,
el tacto vale lo que un tomate,
y el precio del sexo sube allí de una hora a otra,
de un valor a otro, entre hombre y sangre,
con cada moneda y en cada billete.

En este sitios viven poco
los muchos que nacen y mueren sin saber
sobre otro mundo que se exalta
por sus hijos que siguen queriendo tocar
lo lejano que siempre los quema.

Por lo tanto viajan allí los malditos
que pueden permitirse la intimidad
y el precio de su tacto es la congoja,
la angustia de su sexo, más barato que un naranjo,
mientras eyaculan recuerdos de sus sueños.


POVERTÀ

Ci sono luoghi dove l'intimità
costa quanto le patate,
il tatto vale quanto un pomodoro,
e lì il prezzo del sesso sale da un'ora all'altra,
da un valore all'altro, tra l'uomo e il sangue,
con ogni moneta e in ogni banconota.

In questi luoghi vivono poco
i tanti che nascono e muoiono senza sapere
di un altro mondo che si esalta
per i suoi figli che continuano voler toccare
il remoto che sempre li brucia.

Pertanto è lì che i maledetti viaggiano
che possono permettersi l'intimità
e il prezzo del suo tocco è l'angoscia,
la grettezza del suo sesso, più economico di un'arancia,
mentre dai loro sogni eiaculano ricordi.

(Originariamente,la prima di una serie di quattro poesie intitolata POBREZA).
Da Ha-Séfer Ha-Chay, (Il libro vivo), 2001.


ALBANIA

Y los más pobres de ellos
eran más miserables que los más pobres,
y las pocas veces que trabajaban - siempre provisionalmente -
nunca conseguían mantenerse ni a sí mismos,
pero su miseria la llevaban orgullosamente como una corona,
como un halo sobre cabezaas santas en las iglesias levantinas.

Mientras tanto sus años pasaban de una cama a otra
en una realidad que parecía insoportablemente difícil,
pero ahora el tiempo acerca ya
el arco iris al borde del horizonte.

Destino mío, bendícelos a todos,
a los que una vez amé.


ALBANIA

E i più poveri di loro
erano più miserabili dei più poveri,
e le poche volte che lavoravano - sempre provvisoriamente -
non riuscivano a mantenere neanche se stessi,
però la loro miseria la portavano con orgoglio, come una corona,
come un'aureola sopra le sante teste delle chiese levantine.

Nel frattempo i loro anni passavano da un letto all'altro
in una realtà che sembrava insopportabilmente ardua,
però adesso il tempo avvicina già
l'arcobaleno al bordo dell'orizzonte.

Destino mio, benedicili tutti,
quelli che un tempo amai.

(Tirana, luglio 1996)

(Originariamente,la quarta di una serie di quattro poesie intitolata "Povertà").
Da Ha-Séfer Ha-Chay, (Il libro vivo), 2001.


IDENTIDAD

Cuando todos me dejaron, el hebreo se quedó conmigo.
La gran fantasía de las palabras no cesó.
La persecución de las frases continuó.
Y así no dejo de corretear por los lugares perdidos que me señala la vida:
oscilación por todas partes, raíces dispersas en existencia vagabunda.
Mi único pasaporte me persigue dentro de los oídos:
Soy para siempre ciudadano de mi idioma.


IDENTITÁ

Quando tutti mi lasciarono, l'ebraico rimase in me.
La grande fantasia delle parole non si fermò.
L'incalzare delle frasi continuò.
E così non smetto di scorrazzare per luoghi perduti che
la vita mi segnala:
oscillazione da ogni parte, radici disperse in un'esistenza vagabonda.
Il mio unico passaporto mi perseguita nelle orecchie:
sarò per sempre cittadino del mio idioma.

Da Gvarìm Ba-Tzòmet, (Uomini al bivio), 1991.


A VECES HELSINKI

A veces Helsinki es una ciudad que cansa.
Está cansado el cuerpo. Ya se cansó la vida.
Ahora está dispuesta a que la quiten, igual que un pelo
caído por casualidad en la masa: que la echen
a un mundo delicioso, al hotel de un sinfin de estrellas.
Porque la tristeza es un anhelo que pica
yendo a un abstracto lugar inexistente,
a una región que tenga pocos lemas y muchos pájaros,
a una ciudad cuya pluma azul vuele, siempre preciosa,
no se canse, vaya más allá


A VOLTE HELSINKI

A volte Helsinki è come una città che stanca.
Debole è il corpo. E si stancò la vita.
Adesso è disposta a che la tolgano, come un capello
caduto per caso dalla massa: che la scaglino
in un mondo delizioso, nell'hotel di un'infinità di stelle.
Perché la tristezza è un anelito che punge
andando verso un luogo astratto, inesistente,
verso una regione che abbia pochi argomenti e molti uccelli,
verso una città la cui piuma azzurra voli, sempre leggiadra,
non si stanchi, vada più in là,
e sempre moltiplicandosi.

(Originariamente la prima di una serie di tre poesie chiamata
"Due poesie su Helsinki e una sulla vita").
Da Gvarìm Ba-Tzòmet, (Uomini al bivio), 1991.


YO

No soy el camino, soy el viaje
desde los balcones de la muerte
hacia la pared anónima.
No soy el verdadero mesías
ni la maldición de los falsos profetas.
Soy las palabras necesarias
y el poema inconcluso.
Soy el que grita,
el que pasa por el camino lamentando
con sabor a almidón en la boca
y enfrente, densa niebla húngara


IO

Non sono il cammino, sono il viaggio
dai balconi della morte
verso la parete anonima.
Non sono il vero messia
né la maledizione dei falsi profeti.
Io sono le parole necessarie
e il poema inconcluso.
Sono colui che grida,
colui che passa per il sentiero lamentando
con sapore di amido in bocca
e davanti: densa nebbia ungherese.

Da Gvarìm Ba-Tzòmet, (Uomini al bivio), 1991.


CUARENTENA

        En memoria de Moshé Zinger
Una estrella azul va por el margen del cielo,
las palabras duelen en el vientre
y la vena del poma late.
Estos días nos caen
como chorros de lluvia
y aún seguimos clavados en el mundo,
flechas disparadas del destino caprichoso.
¿A dónde te fuiste, ya que el tiempo todavía
se disponía de cariño?
Los cipreses arrancan el pelo de la nube
en la ventana del salón
que llegaste a conocer,
y la tarde aterriza en la oscuridad
largos chubascos de droga otoñal.
Frente a nosotros pasan despacio
amigos sabios en silencio,
y tú ya llevas cuarenta días
con nosotros. Pero lejos, más allá.


QUARANTENA

        In memoria de Moshé Zinger
Una stella azzurra se ne va per il bordo del cielo,
le parole dolgono nel ventre
e batte la vena del poeta.
Questi giorni ci cadono addosso
come schizzi di pioggia
e ancora siamo inchiodati al mondo,
frecce scagliate dal destino capriccioso.
Dove te ne sei andato, ora che il tempo di nuovo
si prepara all'affetto?
I cipressi strappano i capelli alla nube
nella finestra del salone
che riuscisti a conoscere,
e la sera atterra nell'oscurità
lunghi temporali di droga autunnale.
Di fronte a noi passano adagio
amici saggi in silenzio,
da quaranta giorni ormai tu sei
con noi. Però lontano, al di là.

Da Ha-Séfer Ha-Chay, (Il libro vivo), 2001.


VAGABUNDEO

Toda la noche en estaciones ajenas -
entre locutores indiferentes
al destino de los refugiados kosovares
y las oraciones estremecedoras
del imán desaparecido,
entre voces que intepretan
la carrera de cincuenta pies
y el silbido que se transmite
desde cerca del ecuador -
cada noche toda la noche
para acordarme de todas mis lenguas,
para volver con alas de alba
a mi casa, a tu corazón.


VAGABONDAGGIO

Tutta la notte in stazioni sconosciute -
tra annunciatori indifferenti
al destino dei rifugiati kosovari
e le pietose orazioni
dell' imam scomparso,
tra voci che interpretano
la corsa di cinquanta piedi
e il fischio che si trasmette
dalle vicinanze dell'equatore -
ogni notte tutta la notte
per ricordarmi di tutte le mie lingue,
per tornare con ali di alba
alla mia casa, al tuo cuore.

Da Ha-Séfer Ha-Chay, (Il libro vivo), 2001.


EL TURCOMANO

Señor mío, estoy despidiéndome de Ashjabad
y salgo como una larva a la Ruta de la Seda.
Desde siempre estaba condenado
a seguirte a cualquier lugar, por remoto que fuera.
No tengo ningún bello país tropical, sólo
estos desiertos infinitos
en la mitad de ninguna parte
con los lagos salados que agonizan en el vacío.
Así es desde que los soviéticos trasvasaron los ríos
y canalizaron los venenos industriales
al tóxico estercolero
que es hoy en día mi patria.
Por lo tanto te sigo, señor mío,
en terrenos yermos, sediento de tu esperma,
del tacto de tus pies como un pan de higo sobre mi rostro,
del sabor de tus órganos como dátiles humedecidos en mi boca.
Es largo el camino a Beijing
y yo me arrastro detrás de ti igual que un camello, siendo capullo,
sabiendo que para producir un único hilo
tendré que quemarme en agua hirviendo,
que absorber toda la profundidad aborrecida
para convertir un grano de arena en una perla.


IL TURCOMANNO

Mio signore, mi sto accomiatando da Ashkhabad
e parto come una larva per la Via della Seta.
Da sempre condannato
a seguirti in ogni luogo, per remoto che fosse.
Non possiedo nessun bel paese tropicale, solo
questi deserti infiniti
nel mezzo di nessun luogo
con laghi salati che agonizzano nel vuoto.
Così è da quando i sovietici travasarono i fiumi
e incanalarono i veleni industriali
verso il tossico letamaio
che oggi è la mia patria.
Pertanto ti seguo, mio signore,
nei terreni incolti, assetato del tuo sperma,
del tocco dei tuoi piedi come pane di fichi sul mio volto,
del sapore dei tuoi organi come datteri umidi nella mia bocca.
È lungo il cammino per Pechino
e io mi trascino dietro di te come un cammello, essendo bozzolo,
sapendo che per produrre un unico filo
dovrò bruciarmi nell'acqua bollente,
assorbire tutta l'odiata profondità
per tramutare un granello di sabbia in una perla.

Inedito.




EN UN CENTRO DE ACOGIDA

Va a haber más. Va a haber otros.
¿Cuántas veces ya te lo he dicho,
y cuántas más tendré que repetirte?
Además de él hay niños y flores,
tiestos, amores, amigas, vecinos,
hay una labor importante, hay tareas de casa,
y si todavía no hay, luego va a haber.
Hay un sol bueno y una muerte tranquilizante,
mejor que la muerte con la cual te mata cada día,
hay un sueño y una esperanza, hay descanso y bonanza,
y si no tienes otra opción, hay también otros hombres.
Si no eres capaz de ahijar nada más que a su recuerdo,
acuérdate por lo menos qué mal lo pasaste con él.
Muchos perros querrán gozar de tu companía.
Pero ¿qué quieres que te diga
si en vez de ser
la dueña de un perro
prefieres tener
a un marido perro?
Un perro no se hubiera comportado contigo así.


IN UN CENTRO DI ACCOGLIENZA

Ce ne sarà ancora. Ce ne saranno altri.
Quante volte te l'ho già detto,
e quante volte dovrò ripetertelo?
Oltre a lui ci sono bambini e alberi,
fiori, vasi, amiche e vicini,
c'è un lavoro importante e c'è una casa,
e se ancora non ci sono ci saranno poi.
C'è un sole buono e una morte rassicurante,
non come questa che lui ti infligge giorno dopo giorno,
c'è un sogno, c'è una speranza, c'è libertà e vacanza,
e se non hai altra scelta - ci sono anche altri uomini.
Se non sei capace di adottare nient'altro che il suo ricordo
ricorda almeno che non era buono.
Molti cani vorranno compiacersi della tua compagnia.
Ma cosa vuoi che dica
se invece di essere la padrona d'un cane,
preferisci avere un marito cane?
Un cane non si sarebbe mai comportato così con te.

Inedito.


Traduzione dallo spagnolo e dall'ebraico di Sara Pagnini




QUATTRO DOMANDE A RAMI SAARI

Nelle tue poesie parli di molti paesi, di molti mondi diversi, di "altre terre". Sembra davvero che tutta la tua opera sia aperta all'altro con grande generosità. Da dove nasce questo sguardo così particolare e come si è sviluppato?

Forse questo sguardo è nato con la mia stessa vita, che si riflette in maniera piuttosto chiara nella mia opera. La mia vita e il mio proprio io sono stati aperti all'altro, per meglio dire agli altri, a volte addirittura a tutti. Ciò è durato molto tempo prima che capissi che non si trattava sempre di generosità, ma molte volte di mancanza di protezione, di assenza di limiti, di una pelle troppo sottile che permetteva al mondo esterno di attraversare facilmente le frontiere, penetrando senza permesso e lasciando le sue orme nella parte più profonda dell'anima. Questo ha a che vedere con la pericolosa incapacità di riconoscere il pericolo al momento adeguato per difendersi giustamente, senza dover poi sopportarne le conseguenze negative, della virtù positiva che tu qui chiami "generosità". Sembra che il proverbio "meglio prevenire che curare" non sia mai stato parte integrante del mio mondo interiore nel quale ogni esperienza possedeva il suo valore e valeva la pena sopportare uno schiaffo per sapere che sapore aveva.
Meno male che gli anni e le esperienze mi hanno aperto nuovi cammini verso la coscienza umana, e ci sono cose che ormai non ho voglia di provare, però possiedo una curiosità vera verso tutto ciò che è differente, e pertanto ciò si riflette in quel che scrivo.

Israele è un paese estremamente affascinante, capace di suscitare passioni forti e conflittuali. Tu come affronti la sensazione di vivere in un paese che, secondo la tua stessa opinione, appartiene anche a un altro popolo?

Ho vissuto in Israele una gran parte della mia vita, però ho passato anche lunghi periodi lontano da questo paese. Della mia vita adulta posso annotare concretamente dieci anni di permanenza in Finlandia e gli ultimi cinque anni, dei quali ho trascorso la maggior parte del tempo in Grecia.
Non penso tanto in termini di "popoli" perché le persone mi interessano molto più dei gruppi che formano. Non considero nemmeno me stesso rappresentante di un popolo o l'altro. Adesso è ormai chiaro: se questo è quel che posso raccontare riguardo il mio concetto di etnia, non sarà strano aspettarsi lo stesso riguardo ciò che "appartiene" a un popolo piuttosto che a un altro. Vedo il mondo come una stella dove niente e nessuno permane eternamente, pertanto non sento la necessità di appartenere solo a una classe. Credo che non siamo solo uomini o donne, o solo ebrei o arabi, o solo poeti o contadini, o solo una cosa o l'altra...
Riconoscere che tu stesso sei un insieme di molte identità e di moltissimi volti differenti ti aiuta sempre a capire meglio le necessità dell'altro, e questo sì che ti appoggia nel difficile ma necessario compito di rispettare sempre i diritti degli altri, senza lasciare - ovviamente - che i tuoi propri diritti siano calpestati da gente che non percepisce la vita nella stessa maniera.

Guerra, discriminazioni, povertà, violenza: in alcune delle tue poesie la tua voce diventa testimone dei mali oscuri dell'umanità. Pensi che la poesia possa essere uno strumento efficace contro questi stessi mali?

Credo che la parola sia l'unica arma - e a volte sì, un'arma potente, sebbene io non sia capace di dare il valore adeguato alla sua efficacia - di coloro che, come me, non vogliono utilizzare armi vere e proprie. La poesia è un buono strumento per toccare l'altro, anche in altri tempi e in altri luoghi, ma nella poesia il poeta pone solo i suoi semi. Quale tipo di frutto crescerà o marcirà da questo seme, dipenderà solo dal tipo di destino che tale poesia avrà.

Israele, Finlandia, Grecia, Argentina, Albania, Ungheria, questi sono solo alcuni dei paesi che nella tua vita hanno significato tanto. Quanta ispirazione rappresentano i luoghi dove hai vissuto e viaggiato?

Molta, però il luogo in sé è più che altro un concetto: per me, disgraziatamente o no, il pino non è solo un albero che amo, ma anche, e a volte prima di tutto, la parola che lo rappresenta. È vero che ho vissuto e viaggiato nei paesi che menzioni, e che ognuno di essi giocava e continua a giocare un ruolo molto importante nel mio sviluppo di persona che pensa e che tenta di utilizzare la sua capacità mentale e intellettuale per il beneficio di tutti, però ogni luogo ha il suo valore anche senza la prospettiva personale della persona che lo guarda. Ecco che, per esempio, la mia poesia sul turcomanno ha a che vedere con la mia profonda curiosità verso il mondo intero, ossia con un interesse verso l'idioma, il sesso, la politica, il paesaggio, l'avventura del viaggio, l'arte e la sua creazione. Pertanto non deve essere interpretato come mera riflessione della mia supposta vita ad Ashkhabad o delle mie fantasie erotiche su di un turcomanno. I sogni e la creazione letteraria sono una bevanda forte, e le esperienze che vivi tra le tue due orecchie e che poi passi su carta sono spesso più reali e più veritiere di ciò che siamo soliti chiamare "realtà".




Rami Saari RAMI SAARI

È nato a Petah Tikvà (Israele) nel 1963. È poeta, traduttore, editore e linguista. Si è laureato in filologia semitica e ugro-finnica all'università di Helsinki e ha conseguito il dottorato in lettere e filosofia alla Hebrew University of Jerusalem. Dal 2002 ha lavorato come capo redattore delle pagine letterarie sulla poesia israeliana nel sito web di Poetry International. Oltre ai suoi libri di poesia, pubblicati in ebraico, dal 1988 ha tradotto oltre quaranta opere di letteratura albanese, catalana, spagnola, estone, greca, ungherese e portoghese. Dal 2005 edita una collana intitolata Tzafòn ("Nord" in ebraico), dedicata alla promozione e alla pubblicazione della letteratura dei paesi baltici scandinavi in Israele. Alcune delle sue poesie sono state tradotte in italiano da Martha L. Canfield, Ariel Rathaus e Arnold De Vos. Ram Saari ha ottenuto numerosi premi per la sua opera poetica, tra i quali il premio del Primo Ministro, nel 1996 e nel 2003. Per le sue traduzioni nel 2006 ha vinto il premio Saul Chernikhovsky.

BIBLIOGRAFIA
  • Hinné, matzáh et beytí - Ecco, ho trovato la mia casa (1988)
  • Gvarím ba-tzómet - Uomini al bivio (1991)
  • Maslul ha-keév ha-no' az - La strada del dolore coraggioso (1997)
  • Ha-sefer ha-chay - Il libro vivo (2001)
  • Kama, kama milchamà - Quanta, quanta guerra (2002)
  • Ha-shogun ha-chamishì - Il quinto shogun (2005)

 

sarapagnini@gmail.com