FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 68
novembre 2024

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ISOLE D'INVERNO

di Andrea Ventura



PREQUEL

Fu dopo l’ultima bolletta,
che tuo padre decise di mettere
il lucchetto al telefono
(fu esagerato, credo, il commiato
da Tarcisio, il pesciolino
del luna park o la paura
per la mole dei tuoi compiti inevasi):
quando riesci, insomma,
chiamami tu, concludevi.
Questa premura, così precisa,
ci lascia intatti nelle abitudini
(sotto il banco poche righe
appuntate promettono che mai
smarriremo la corrispondenza).
Il mondo che narriamo qui ha forse
un cielo che addestra la luce
alla scomparsa; ma so che saprò sempre
trovare la prima parola: solo
quando smontiamo un cuore capiamo
come era stato costruito.


IL CATASTO

Quando Maria Teresa d’Austria
riuscì a coronare la poderosa
riforma, mai avrebbe pensato
che, da lì a qualche anno, la tua
borsa di studio, per ostinazione,
sarebbe andata nella stessa direzione.
Nel vicinato, l’impresa non poteva
che passare per i perimetri ostili
dei residenti che non riconobbero
nelle poche scomode domande
l’orgogliosa affermazione
della tua indipendenza.
Riga per riga gli errori del passato
riscrivevano il futuro:
non senza di noi, ci interrogammo,
scoprendoci gli unici rimasti
che non avevano nulla da dichiarare.


NOTA TESTUALE

Valutato da tutti un portento
dell’obiettivo, fu il signor Capuano,
se ricordi, che si premurò di scattarci
una foto in occasione della
comunione dei bambini.
Anche se tra le mura di un santuario,
perfino i mattoni dispensano
buoni consigli, lui non seppe cogliere
la sequenza dei nostri destini:
una parabola che approviamo
con poche scuse per non perder tempo
dietro a certe occasioni della vita
cui non par vero di voltar le spalle.


IL SOLE A MELEGNANO

Tuo padre attraversa una strada
smarrita nel freddo; lì, accanto
a lui, legato a quelle braccia
che hanno stretto anche me,
eppur lieve in cielo,
con una disperazione
soffocante, si apre un crocevia
di raggi che sfoltiscono
l’ultima nebbia a mezzogiorno:
siamo solo persone raccolte.

(Pubblicata nell’antologia Quindici anni, puntoacapo Editrice)


L’ESECUZIONE DEI SOGNI

Un freddo tumulo di stanchezza
ci esonera dall’impegno,
benché minimo, di venirne
a capo: e la questione rimane
sospesa come in assenza di aria.

Certo il tempo, che è sempre meno
il nostro, ci saprà consigliare,
fino a quando, in nome di una
regalata e precaria esistenza,
forse arriveremo al giusto ristoro
sul canapè di qualche speranza fuorilegge.

Non rimarrà molto, lo sappiamo,
nonostante la pena e la meraviglia
di ritrovarci sempre fratelli
in ambasce, per un miracolo mai visto.


LISTA D’ATTESA

Di questi giorni la strada ti respira,
c’è poco da mentire ai segreti, ripeteva
l’oracolo: tutti ne hanno e non siamo ancora
arrivati al tuo (una mattinata in coda
sull’Aurelia è comunque una buona
occasione per vuotare il sacco).

Intanto sono qui, mentre riacquisti
la fede e i nostri schemi sembrano
collimare. È un lavoro infernale,
lo so, ma rimane intatta in noi una
lezione indecente ma necessaria,
in una storia che ormai più non ci segue.


TU ACCANTO

Il tuo ricordo rimarrà
a guardare
la storia davanti,
illeso
come un bimbo: tu accanto.

Le persone hanno sguardi;
le vite sono segni;
non si ferma il vento
con le mani.


CASA

Mi sento protetto da questi
spigoli di casa fermi
nelle memorie.

Sembra che siano solo stanze.

Un ristagno di vita
diviene spazio finito
per ascoltarti in queste
stelle ora filigrana
di primavera.

Soltanto qui posso fermarmi:
qui, accanto;
qui, accanto a te.


NESSUNO ECCETTO TE

Nessuno eccetto te conosceva
i segreti delle pompe idrauliche
dell’impianto di riscaldamento
della vecchia casa in campagna.
Un frastuono di ferraglia
ci faceva sobbalzare
e tu con un lumino
stanavi l’ingorgo
nelle notti fredde di neve e vento.
Luccicava la polvere di ghiaccio,
fischiavano i traballanti infissi;
poi il tepore e le tue braccia.


ISOLE D’INVERNO

Non si scansa il buio, quando passiamo
tra le fredde strade in bilico sull’alba.
Predestinando un’impiattata
di involtini primavera alla
ristorazione degli anni Novanta,
Milano diventa lo schienale
per i tuoi progetti: è la città che amo
- ti illuminavi – e qui voglio vivere.
In prossimità della tua felicità,
intanto, anche questa notte rifiuta
il mio respiro. Mi spiace per quello
che non posso conoscere: ciò che fai sarà.
Riscaldo tra le mani le tue parole
e aspetto il primo colore poroso del giorno.



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