FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 44
ottobre/dicembre 2016

Varchi & Barriere

 

NON SI PUÒ DECIDERE DOVE MORIRE

di Paolo Polvani



Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito a infiniti servizi televisivi, letto inchieste giornalistiche, ascoltato anche a volte la voce di migranti intervistati, e certamente ci siamo immedesimati, preoccupati, appassionati, indignati, sperimentato l’ampio spettro delle possibilità emotive, ma sempre relazionandoci col mezzo, giornale, televisione, cioè attraverso una specie di filtro, costituito dall’intervistatore, dal suo modo di porsi, dalla situazione circostante, insomma una sorta di libertà condizionata, a prescindere dalla serietà o buona fede del giornalista. I servizi televisivi e le inchieste giornalistiche hanno indagato, ascoltato, cercato, fatto certamente in maniera degna il loro mestiere.

L’antologia poetica Muovi menti, segnali da un mondo viandante, ci mette davanti alla parola nuda, sgorgata senza mediazioni, senza le sollecitazioni di un intervistatore. Si potrà obiettare, a ragion veduta: anche il libro è un mezzo, una mediazione, e niente è più artificioso della parola poetica. Tutto vero. Ma è la poesia che sintetizza e accelera, evidenzia, sottolinea, restituisce le vibrazioni emotive in maniera incomparabile, soprattutto si cala nelle situazioni, partecipa con gli oggetti, col corpo, con le descrizioni minute degli accadimenti molto più di un qualsiasi filmato. Possiede una spontaneità che ha il sapore della verità. È dotata di un’intensità capace di restituirci la realtà in maniera fedele, nonostante, o forse proprio a cagione, del suo artificio tecnico. Per esempio questa poesia di Tahani Fajer, poetessa del Kuwait:

      Desideri

      Se mi avessi baciato prima d’uscire
      non sarebbero passati tutti questi aerei
      sopra le nostre teste
      Se tu non avessi lasciato “Fairuz”
      sul balcone
      non avrebbe trovato la nostra casa
      quel missile
      se tu avessi dimenticato il tuo desiderio
      sul tavolo quella sera
      la guerra non avrebbe dato un calcio
      sul mio fianco crudo.

In questa, come in tutte o molte delle poesie che compongono l’antologia, si dispiega il ventaglio di tutte le possibili esperienze, una sorta di inventario, di elenco di quanto il migrante ha patito e patisce.

Amplificato dalla capacità di sintesi della parola poetica, capace di illuminare un singolo dettaglio, di caricare di significato, di intensificare la volontà di comunicare. Questo fanno le voci che compongono l’antologia: ci comunicano il terrore, la disperazione, le tragedie di cui sono stati attori o testimoni. Ed è la testimonianza l’aspetto più interessante, la possibilità di ascoltare la voce di esseri umani raccontarci quello che hanno vissuto e stanno vivendo, quello che noi apprendiamo attraverso la televisione, i giornali, qui diventa voce appassionata e diretta. Altro aspetto rilevante, accanto al tono drammatico di chi mette in scena una tragedia, è la bellezza dei versi. Sono presenti infatti molti poeti di indubbio valore e riconosciuti tali, come il poeta palestinese Mahmoud Darwish, considerato come uno dei maggiori poeti del mondo arabo.

Gli autori appartengono al mondo migrante, quello che fugge dalla guerra, dalla povertà, dalle carestie, dalle discriminazioni etniche, che attraversa i mari sui barconi, e a volte vi annega senza misericordia, quello che attraversa i deserti e ha conosciuto i campi di prigionia, le vessazioni, le torture, quindi Siria, Iraq, Mali, Eritrea, Albania, Palestina, Messico, Egitto, cui si sono affiancati autori italiani, spagnoli, inglesi, greci, per offrire sostegno e amicizia, testimonianza e partecipazione.

L’antologia è strutturata in quattro sezioni, i poeti sono raggruppati in base alle tematiche affrontate, ma prima ancora dello sviluppo dei temi vengono proposte poesie in cui la crudezza della guerra ha la valenza di un antefatto, una premessa necessaria per accostarsi all’urgenza che spinge alla fuga. Nella prima sezione vengono affrontati il tema della preparazione al viaggio, con tutte le nebulose incertezze che l’accompagnano. Nella seconda sezione viene messo in scena il sentimento di spaesamento di cui il migrante si trova pervaso all’arrivo in una terra nuova, sconosciuta, dove ostilità e diffidenza si presentano come inevitabile benvenuto. Nella terza sono pubblicati scritti pieni di consapevolezza, una sorta di atto d’accusa nei confronti della nostra società intrisa di ipocrisia, versi e scritti di denuncia civile e di ribellione nei confronti delle politiche di respingimento dei governi. Nell’ultima sezione sono presenti le voci di chi si interroga su un modo nuovo di stare al mondo, di chi cerca una strada, una via d’uscita, una soluzione che contemperi umanità, solidarietà, responsabilità.

Un primo segnale di utilità e di bellezza l’antologia lo possiede già nel titolo, Muovi menti, programmatico e pragmatico: muovere le menti non può che fare bene, la calma piatta intorpidisce e una mente torpida è facile che si intorbidisca!
Dunque il libro si occupa del movimento, delle migrazioni, anzi degli effetti, terribili, catastrofici, che le migrazioni comportano. Di migrazioni si occupa già la Bibbia, ma di certo le sono preesistenti, perché rispondono a precise leggi di fisica elementare, dal freddo al caldo, dall’arido al fertile. E di fisica sociale: dalla povertà alla ricchezza, dalla fame all’abbondanza, dalla guerra alla stabilità. In che senso dovrebbe smuovere le menti? Prima di tutto nella direzione di un’assunzione di responsabilità da parte dei paesi cosiddetti evoluti, occidentali. Quando fu chiesto al Dalai Lama di pregare per una soluzione del problema migratorio, molto saggiamente rispose: “Non c’è niente da pregare, è un problema che ha creato l’uomo e soltanto l’uomo ha la responsabilità di trovare un rimedio”.

E certamente barricare i propri confini, alzare muri, o espellere tre milioni di clandestini crea l’illusione di curare il sintomo, ma non fa che acutizzare il male. Le testimonianze presenti nel libro ci obbligano a una riflessione: a chi giovano le profonde ingiustizie che il mondo porta come piaghe aperte?
La consapevolezza che la gran parte delle ricchezze della terra siano possedute nelle mani di pochi a discapito dell’umanità, della tranquillità di una parte preponderante degli esseri umani dovrebbe spingerci a meditare sulla verità contenuta nell’assioma che la proprietà privata dei mezzi di produzione è davvero un furto perpetrato ai danni della maggior parte degli esseri umani, e che una società che si pone come obiettivo principale il profitto, e non il benessere di ogni singola persona crea fratture insanabili e ferite profonde. Altro merito da sottolineare è che il libro sia stato pubblicato da un editore pugliese, Terra d’ulivi. La Puglia è sempre stata terra di transiti, di migrazioni e di emigrazioni. Sono pochi i popoli che non hanno attraversato la Puglia. Scommettere su di un libro così importante dimostra sensibilità e coraggio.


Muovi menti, segnali da un mondo viandante, a cura di Bartolomeo Bellanova, Pina Piccolo, Gassid Mohammed, Lucia Cupertino, Terra d’ulivi edizioni, ottobre 2016, pp. 184, euro 15.




SELEZIONE POETICA
da Muovi menti, segnali da un mondo viandante


Tahani Fajer

Casa

- Passami i tuoi pastelli di legno
- Che cosa ne vuoi fare?
- Dipingerò una casa per noi
- E non vi entrerà la guerra?
- No … dipingerò un’ottima serratura per la porta!


Desiderio

Se mi avessi baciato prima d’uscire
non sarebbero passati tutti questi aerei
sopra le nostre teste
Se tu non avessi lasciato “Fairuz”
sul balcone
non avrebbe trovato la nostra casa
quel missile
se tu avessi dimenticato il tuo desiderio
sul tavolo quella sera
la guerra non avrebbe dato un calcio
sul mio fianco crudo.


* * *


Iris De Anda

È così che si attraversano i confini

Prometti ai tuoi cari che ritornerai
lasciati dietro tutto
accendi ceri pregando il cielo
segui il sentiero delle ossa
cammina per giorni nel deserto
inventati un nuovo nome
impara un inglese stentato
non hai altra scelta
dipingi il tuo futuro sulla volta del cielo stellato
canta il tuo passato sulla sponda del fiume
fatti crescere ali per i momenti di disperazione
bevi acqua quanto te ne basta per tutta la vita
evita di essere notato dalla polizia che pattuglia la frontiera
paga al coyote contrabbandiere un bel gruzzoletto
non ti fare sequestrare
se fallisci provaci ancora e ancora una volta
il deserto non ti perdonerà qualunque sia la tua età
il comitato di benvenuto è in vacanza
l’insegna ‘vietato entrare ai messicani’ è invisibile ma c’è ancora
la scritta ‘vietato entrare ai palestinesi’ è cucita sulla loro pelle
il vietato a chi non è noi nascosto sotto la lingua
quel no no no
in quanti modi lo possono dire
vietato agli sporchi messicani
vietato ai clandestini
non avete il diritto di stare qui
non avete diritto di asilo
non vogliamo rifugiati
non vogliamo bambini
non vogliamo madri
non vogliamo esseri umani
dimenticatevi che questa è la terra degli immigrati
perché è tutto esaurito
ma continuiamo lo stesso a venire
continuiamo a fuggire
le case che avete bombardato
le guerre che avete creato in me
la migrazione è un diritto umano
ogni minuto nascono farfalle
e continuano a vagare seguendo il loro destino.


* * *


Ahmed Massoud

La sua risata

“Promettimi, figlio, che ritornerai
non potrò sopportare la tua assenza.
Abbi pietà di un cuore che è a malapena riuscito a eludere
i dolori di tutti questi anni.”
Disse questo, stringendosi il velo, la voce rotta
Mi abbracciò, ma non pianse
Però piansi io.
Non è che spesso mi desse il bacio della buonanotte o
mi leggesse le favole
Non è che spesso mi facesse il bagno
o giocasse con me a nascondino
o mi spingesse sull’altalena
o mi accompagnasse a scuola
Le sue dita erano sempre ruvide
gli aghi lasciavano segni eterni
tutte le notti passate a rammendare i calzini
dopo aver sistemato i materassi sul pavimento
per far dormire tutti e otto noi fratelli
Questo non appena aveva finito di raccogliere il bucato
non appena aveva finito di scrivere quanto aveva speso
appena dopo aver lasciato la porta aperta caso mai ritornasse mio padre
Dopo aver trovato qualcosa da bruciare perché mancava l’elettricità
dopo aver scrutato il cielo per vedere se ci fossero droni
dopo aver trovato un angolo tranquillo in casa per poter piangere
dopo aver riempito i barili d’acqua per il giorno dopo
aver recitato le preghiere della notte
mentre mi guardava, ci guardava tutti
pregando di poter fare lo stesso anche la sera dopo.
Non mi dava il bacio della buonanotte
spesso
ma a volte giocavo a carte con lei
spesso vinceva
e rideva
e io la guardavo
Non voglio morire prima di vederla ridere di nuovo.


* * *


Mahmoud Darwish

Profugo

Hanno incatenato la sua bocca
e legato le sue mani alla pietra dei morti.
Hanno detto: “Assassino!”,
gli hanno tolto il cibo, le vesti, le bandiere
e lo hanno gettato nella cella dei morti.
Hanno detto: “Ladro!”,
lo hanno rifiutato in tutti i porti,
hanno portato via il suo piccolo amore,
poi hanno detto: “Profugo!”.
Tu che hai piedi e mani insanguinati,
la notte è effimera,
né gli anelli delle catene sono indistruttibili,
perché i chicchi della mia spiga che va seccando
riempiranno la valle di grano.


* * *


Wafai Laila

Freddo

Triste come un salice tremante
Triste come una spiaggia buia
Triste come una voce che si spezza in lontananza
Triste come una vedova
Come una patria su cui si sono avventate le sue ingannevoli minoranze
Triste … ed è pesante questa esistenza
Ci fosse un cappotto per occultarmi
Ci fosse un inverno in cui celarmi!


* * *


Doumbia

Cara mamma

Ti scrivo questa lettera per raccontarti qualche novità. Sono andato via di casa senza nemmeno salutarti e sono arrivato in Italia, un altro mondo, un’altra terra che è diversa dalla nostra. Anche gli abitanti sono diversi perché sono bianchi!
Mi trovo abbastanza bene in questa mia nuova vita, ma all’inizio ho avuto difficoltà perché non capivo la lingua, la cultura e tutto il resto. Mi sono dato da fare e ora capisco molto meglio. Ho anche avuto la fortuna di conoscere delle persone che mi vogliono bene e che mi aiutano, mi danno una mano a recuperare la strada perduta e raggiungere il mio sogno: diventare calciatore.
Dal centro di accoglienza sono stato portato a fare un provino e poi a giocare in una squadra per due stagioni. Mi ero anche iscritto a scuola e per un anno la mattina e il pomeriggio giocavo a pallone e la sera studiavo. Ho preso la licenza media e poi non sono più andato a scuola anche se spero di tornarci presto.
Sono tante le persone che mi aiutano e mi vogliono bene. Io lotto per andare avanti. Mi trovo abbastanza bene qui in Italia, ma la mia Terra mi manca, mia sorella mi manca, mio fratello e voi… voi genitori, mi mancate. Mi manca la vita a casa con le nostre abitudini.
Posso immaginare la tua sofferenza perché non sono con te, ma per il momento c’è poco da fare. Una cosa è sicura: un giorno tornerò da te e ci riabbracceremo.


* * *


Hassan Blasim

Un rifugiato in quel paradiso che è l’Europa

Sfuggi alla morte.
Alla frontiera ti picchiano
Nei giornali razzisti ti insultano.
Alla televisione analizzano il corpo del tuo bambino morto.
Si riuniscono e discutono il tuo passato e il tuo futuro.
Nei loro disegni ti rappresentano mentre anneghi.
Ti mettono nei loro musei e applaudono.
Decidono di smettere di picchiarti e organizzano un’unità militare
per affrontarti.
Gli accademici ricevono borse di studio e finanziamenti per fare ricerche
sul tuo corpo e la tua anima.
I politici bevono vino rosso alla riunione d’emergenza per discutere
il tuo destino.
Studiano la storia alla ricerca di una risposta per tua figlia che sta
morendo di freddo nella foresta.
Versano lacrime di coccodrillo sul tuo dolore.
Formano cortei contro di te e costruiscono muri.
Gli attivisti verdi mettono tue fotografie per strada.
Altri seduti sul divano commentano stanchi sulla tua foto in Facebook
e poi vanno a dormire.
Ti spogliano della tua umanità in dibattiti che sono arguti e affilati
come coltelli.
Oggi scrivono di te e poi, con la gomma da cancellare dell’egoismo, ti
fanno sparire la mattina dopo.
Si aspettano di imbattersi nella propria umanità attraverso la tua tragedia.
Ti ammettono dentro il loro paradiso, poi ti frustano giorno e notte col
loro orrore per i tuoi occhi, raggianti di paura e di speranza.
Il passato va a dormire e si sveglia in te.
Il presente ti avvolge.
Produci figli e invecchi.
Poi muori.


* * *


Mahmoud Darwish

Pensa agli altri

Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,
non dimenticare il cibo delle colombe.
Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri,
non dimenticare coloro che chiedono la pace.
Mentre paghi la bolletta dell’acqua, pensa agli altri,
coloro che mungono le nuvole.
Mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli altri,
non dimenticare i popoli delle tende.
Mentre dormi contando i pianeti, pensa agli altri,
coloro che non trovano un posto dove dormire.
Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa agli altri,
coloro che hanno perso il diritto di esprimersi.
Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso,
e dì: magari fossi una candela in mezzo al buio.


p.polvani@libero.it