FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 43
luglio/settembre 2016

Fughe

 

L'ANGOLO DI ED

a cura di Giuseppe Ierolli



Le vere poesie fuggono


J77-F144

I never hear the word "Escape"
Without a quicker blood!
A sudden expectation!
A flying attitude!

I never hear of prisons broad
By soldiers battered down -
But I tug, childish, at my bars
Only to fail again!

    Non sento mai la parola "Fuga"
Senza un ribollire del sangue!
Un'improvvisa aspettativa!
Un dispormi a volare!

Non sento mai di vaste prigioni
Da soldati abbattute -
Senza scuotere, infantilmente, le mie sbarre
Solo per fallire di nuovo!

La fantasia può accendersi al solo udire una parola di libertà, ma la realtà è fatta di sbarre che rifiutano di aprirsi per farci volare via.
Il "childish" del penultimo verso sintetizza l'inutilità della lotta contro le sbarre della vita: quando tentiamo di forzarle sembriamo come bambini che provano a fare qualcosa di molto più grande di loro.

 

J344-F376

'Twas the old - road - through pain -
That unfrequented - One -
With many a turn - and thorn -
That stops - at Heaven -

This - was the Town - she passed -
There - where she - rested - last -
Then - stepped more fast -
The little tracks - close prest -
Then - not so swift -
Slow - slow - as feet did weary - grow -
Then - stopped - no other track!

Wait! Look! Her little Book -
The leaf - at love - turned back -
Her very Hat -
And this worn shoe just fits the track -
Herself - though - fled!

Another bed - a short one -
Women make - tonight -
In Chambers bright -
Too out of sight - though -
For our hoarse Good Night -
To touch her Head!

    Era la vecchia - strada - attraverso la pena -
Quella - poco battuta -
Con molte svolte - e spine -
Che termina - in Cielo -

Questa - fu la Città - che ella attraversò -
Là - dove - si riposò - alla fine -
Poi - s'incamminò più veloce -
Le piccole impronte - fittamente impresse -
Poi - non così rapida -
Lenta - lenta - come piedi stancamente - cresciuti -
Poi - si fermò - niente più traccia!

Aspetta! Guarda! Il suo piccolo Libro -
La pagina - all'amore - riaperta -
Proprio il suo Cappello -
E questa scarpa che portava si adatta all'impronta -
Sebbene - lei - sia fuggita!

Un altro letto - uno più corto -
Prepararono le donne - questa sera -
In Stanze luminose -
Troppo fuori di vista - tuttavia -
Perché la nostra fioca Buona Notte -
Raggiunga il suo Capo!

Il racconto di un avviarsi verso la morte, verso un luogo invisibile e misterioso, irraggiungibile dalla nostra "buona notte" ma pervaso dalla luce dell'immortalità, dove basterà un giaciglio minimo per accogliere un'anima incorporea che non occupa spazio.

 

J475-F710

Doom is the House without the Door -
'Tis entered from the Sun -
And then the Ladder's thrown away,
Because Escape - is done -

'Tis varied by the Dream
Of what they do outside -
Where Squirrels play - and Berries dye -
And Hemlocks - bow - to God -

    La Condanna è la Casa senza Porta -
Ci si entra dal Sole -
E poi la Scala è gettata via,
Perché la Fuga - è preclusa -

È variata dal Sogno
Di ciò che si fa all'esterno -
Dove gli Scoiattoli giocano - le Bacche si colorano -
E gli Abeti - si inchinano - a Dio -

Nell'edizione Johnson la parte finale del verso 7 è "and Berries die" ("le Bacche muoiono"). Ho scelto la lezione dell'edizione Franklin sia perché il senso della frase mi sembra più adeguato, sia perché nel manoscritto (1) appare più plausibile la lezione "dye", soprattutto se confrontata con un "die" certo e dello stesso periodo, quello del primo verso della quarta strofa della poesia J474-F708 (2). Nell'immagine (1) si vede chiaramente che la lettera è posta sensibilmente più in basso rispetto alle altre; inoltre non appare il puntino, sempre presente nelle "i" della Dickinson.

(1)            (2)

La condanna, intesa come condanna finale-morte, è immaginata come una casa senza porta. Ci si entra dal sole (ancora una volta simbolo della vita) e si butta la scala, ogni via di fuga è preclusa. A indorare la pillola solo il sogno (o il sogno di sognare), ovvero di avere ancora un qualche contatto con quello che rimane al di là, la natura, la vita che continua e si rinnova.


 

J507-F351

She sights a Bird - she chuckles -
She flattens - then she crawls -
She runs without the look of feet -
Her eyes increase to Balls -

Her Mouth stirs - longing - hungry -
Her Teeth can hardly stand -
She leaps, but Robin leaped the first -
Ah, Pussy, of the Sand,

The Hopes so juicy ripening -
You almost bathed your Tongue -
When Bliss disclosed a hundred Wings -
And fled with every one -

    Punta un Uccello - sogghigna -
S'acquatta - poi avanza felpata -
Corre senza parvenza di piedi -
Gli occhi dilatati come Palloni -

La Bocca si eccita - bramosa - famelica -
I Denti riesce a stento a trattenere -
Si lancia, ma il Pettirosso si è lanciato per primo -
Ah, Micetta, della Sabbia,

Le Speranze così succose maturavano -
Quasi vi immergesti la Lingua -
Quando la Beatitudine tirò fuori cento Ali -
E con tutte fuggì -

La felicità è là, a portata di mano, ci sembra ormai raggiunta, ma ecco che, quasi sempre, ci sfugge, lasciandoci a bocca asciutta, come la micia che punta l'uccello, si acquatta, ha l'acquolina in bocca, trattiene i denti per non far rumore, si slancia, ormai sicura di aver conquistato la preda, che invece è più veloce di lei, sembra avere cento ali e fugge via, insieme a quella beatitudine, quella felicità perfetta, che le (ci) sembrava un frutto ormai maturo, pronto per immergerci la lingua.
Ho scelto due varianti: al quinto verso: "Her mouth stirs - longing - hungry -" al posto di "Her Jaws stir - twitching - hungry -" ("Le Mascelle si muovono - a scatti - affamate -"); al penultimo "Wings" al posto di "Toes" ("toes" significa "dita dei piedi o delle zampe", avrei potuto tradurre "piedi, zampe", ma al terzo verso già c'era "feet" e così ho preferito la variante, che fra l'altro non stona con il pettirosso che fugge via).

 

J661-F1056

Could I but ride indefinite
As doth the Meadow Bee
And visit only where I liked
And No one visit me

And flirt all Day with Buttercups
And marry whom I may
And dwell a little everywhere
Or better, run away

With no Police to follow
Or chase Him if He do
Till He should jump Peninsulas
To get away from me -

I said "But just to be a Bee"
Upon a Raft of Air
And row in Nowhere all Day long
And anchor "off the Bar"

What Liberty! So Captives deem
Who tight in Dungeons are.

    Potessi cavalcare alla ventura
Come fa l'Ape sul Prato
E far visita solo dove mi piace
E Nessuno far visita a me

E civettare tutto il Giorno coi Ranuncoli
E sposarmi con chi voglio
E soffermarmi un poco qua e là
O meglio ancora, scappar via

Senza nessun Poliziotto che m'insegua
O corrergli dietro io se lo fa -
Fino a fargli scavalcare Penisole
Per fuggire via da me -

Ho detto "Non essere che un'Ape"
Su una Zattera d'Aria
E remare a Zonzo per tutto il Giorno
E ancorare "oltre la Sbarra"

Che Libertà! Cosi la immaginano i Prigionieri
Che stanno ben chiusi nelle Segrete.

ED lascia briglia sciolta alla sua fantasia, immaginando cavalcate infinite, visite senza costrizioni, matrimoni liberi, improbabili fughe con poliziotti che da inseguitori diventano inseguiti, impalpabili zattere aeree sulle quali remare senza meta, per poi ancorare al di là di quelle sbarre che chiudono la vita all'interno delle convenzioni, dei doveri, della rassicurante ma noiosa abitudine. Nella chiusa, come nella poesia precedente, c'è l'inevitabile ritorno alla realtà: là l'infantile scuotere delle sbarre "solo per fallire di nuovo", qui gli amari due versi finali: questi sono solo sogni di libertà, i sogni che fanno i prigionieri saldamente serrati in prigioni sotterranee.
Mi sono permesso qualche libertà nella traduzione ("alla ventura" nel primo verso, "qua e là" al verso 7, "a zonzo" al verso 15), per rendere il più possibile il carattere giocoso e fantasioso, anche se con uno sfondo amaro, dei versi.

 

J867-F969

Escaping backward to perceive
The Sea upon our place -
Escaping forward, to confront
His glittering Embrace -

Retreating up, a Billow's hight
Retreating blinded down
Our undermining feet to meet
Instructs to the Divine.

    Fuggire all'indietro per percepire
Il Mare al nostro posto -
Fuggire in avanti, per confrontarsi
Col suo luccicante Abbraccio -

Ritirarsi in alto, in vetta ad un'Onda
Ritirarsi accecati in basso
I nostri piedi erosi a incontrare
Istruisce al Divino.

Nella nostra vita tendiamo a fuggire, a ritirarci di fronte a ciò che ci appare nuovo, diverso, misterioso. Eppure possiamo usare questo istinto anche per prepararci al divino, ovvero al nuovo, al diverso, al misterioso che ci aspetta dopo la morte. Per farlo dobbiamo essere capaci di fuggire indietro, riuscendo però a percepire la presenza del mare, qui metafora della fantasia, della libertà, dell'immaginazione, che prende subito il nostro posto, per poi fuggire di nuovo, stavolta in avanti, per godere del suo luccicante abbraccio. Così come dobbiamo essere capaci di ritirarci (nel senso di guardare in noi stessi) in alto, fino in cima a un'onda di quel mare, e poi saper anche guardare in basso, fino all'estremità di noi stessi, a quei piedi erosi dalla fatica di vivere.
Molto bello il contrasto fra le due strofe. In entrambe ED usa verbi che danno il senso di una fuga, di un ritrarsi, come un fuggire dall'ingrata fatica di vivere. Ma poi nella prima strofa il fuggire diventa consapevolezza della splendente bellezza della nostra mente, un mare che luccica di curiosità e voglia di vivere. Nella seconda il cammino è inverso: la mente può contemplare le sue vette ma deve anche saper guardare in basso, alla propria concretezza, al proprio essere legata ad un corpo inevitabilmente eroso dal tempo. Solo se siamo in grado di saper vivere queste contraddittorie esperienze possiamo dire di esserci istruiti a dovere per affrontare il divino.

 

J1242-F1343

To flee from memory
Had we the Wings
Many would fly
Inured to slower things
Birds with dismay
Would scan the mighty Van
Of men escaping
From the mind of man
    Per fuggire dalla memoria
Avessimo le Ali
Molti volerebbero
Avvezzi a cose più lente
Gli uccelli con sgomento
Scruterebbero la possente Schiera
Degli uomini in fuga
Dalla mente dell'uomo

Se fosse possibile molti fuggirebbero dalla loro memoria, quasi sempre costellata di dolori e infelicità.
Il quarto verso può essere letto in relazione agli uomini che lo precedono o agli uccelli che lo seguono. A prima vista sembrerebbe più logica la prima lettura, visto che gli uccelli sono avvezzi al volo e alla velocità. Io però preferisco la seconda, perché spiega meglio lo sgomento del quinto verso, e può essere letta come: gli uccelli, avvezzi a vedere gli uomini muoversi molto più lentamente di loro, sarebbero sgomenti...".
Per "mighty" al verso 6 ci sono sei varianti nel manoscritto: eager, breathless, hurrying, thrilling, fluttering, cowering (veemente, ansante, affannosa, eccitata, fluttuante, tremebonda).

 

J1347-F1364

Escape is such a thankful Word
I often in the Night
Consider it unto myself
No spectacle in sight

Escape - it is the Basket
In which the Heart is caught
When down some awful Battlement
The rest of Life is dropt -

'Tis not to sight the savior -
It is to be the saved -
And that is why I lay my Head
Upon this trusty word -

    Fuga è una Parola talmente grata
Che spesso di Notte
La considero dentro di me
Nessuno spettacolo in vista

Fuga - è la Cesta
In cui il Cuore è trattenuto
Quando giù da qualche orrido Bastione
Il resto della Vita è caduto -

Non è avvistare il salvatore -
È essere il salvato -
Ed è per questo che appoggio la Testa
Su questa fidata parola -

La fuga dentro se stessi è talvolta l'unico mezzo per contrastare il dolore e la sofferenza, perché non è cercare un ipotetico salvatore esterno ma confidare nella forza della propria mente per combattere le battaglie della vita.

 

J1472-F1491

To see the Summer Sky
Is Poetry, though never in a Book it lie -
True Poems flee -
    Vedere il Cielo d'Estate
È Poesia, anche se mai in un Libro costretta -
Le vere Poesie fuggono -

La visione della natura è la vera poesia: quella che leggiamo nei libri è soltanto la pallida eco di una bellezza intraducibile.

 


Le poesie di Emily Dickinson non hanno un titolo, a parte rarissime eccezioni. I numeri che le precedono si riferiscono alla numerazione attribuita nelle due edizioni critiche, curate rispettivamente da Thomas H. Johnson nel 1955 ("J") e da R. W. Franklin nel 1998 ("F").


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