FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 33
gennaio/marzo 2014

Perdóno?

 

LE TUE CIGLIA SONO LUNGHE E SOTTILI
COME ZAMPE DI RAGNI

di Annarita Verzola



Nascosto tra gli alberi Jacopo pensava, come sempre, ma almeno i pensieri avevano assunto un corso diverso, dal momento che aveva appena preso una decisione. Non si accorse di frate Lorenzo che occhieggiava compiaciuto e continuò a sellare il cavallo. Ogni volta che il messaggero era tornato dal borgo scotendo la testa, dicendo di non essere neppure riuscito a oltrepassare il portone, secondo gli ordini del barone Vieri, Jacopo si era sentito giustificato agli occhi della coscienza, rappresentata in modo tangibile da quelli scuri e vivaci di frate Lorenzo. Sollievo che però aveva avuto vita breve perché ben presto vi si era insinuato il tarlo dell’insoddisfazione.

Non ne aveva parlato apertamente col giovane religioso, ma era certo che avesse già capito tutto, così quella mattina aveva deciso di recarsi personalmente al borgo per incontrare Vieri a qualunque costo. Lungo la strada bianca e polverosa Jacopo non cessava d’interrogarsi mentre i ricordi attraversavano il cammino dei suoi pensieri. Quante volte hai percorso questa strada? Mille, e l’unica in cui fosti davvero felice l’avevi rubata, la felicità. Ladro e traditore pur di averla per una volta sola. È questo che hai fatto della tua vita? Con lo stomaco stretto dall’ansia, la via gli parve un soffio e quando fu sotto la mole del castello per un istante pensò di voltare il cavallo e fuggire, poteva farlo finché nessuno si fosse accorto di lui. Il pensiero si esaurì come una fiammella nel vento. Si stupì di non incontrare nessuno e di trovare il salone deserto. Si avvicinò a una finestra e gli giunse distintamente l’eco delle campane. Mezzogiorno. Secondo l’abitudine presa in convento Jacopo s’inginocchiò e si segnò, poi pregò la Vergine Maria con maggior intensità di quanto fosse solito fare. Aveva paura. Beata Madre di Dio, dammi tu la forza di compiere sino in fondo il mio dovere. Si alzò e un rumore di passi gli rimbombò in cuore. Avanzò e si fermò al centro del salone mentre Vieri dalla soglia lo guardava stupito.

“Tu qui?”

Non ebbe modo di accorgersi della mestizia nello sguardo e nella voce del vecchio compagno di giochi. Doveva pensare soltanto a ciò che stava per dire, per fare.

“So bene che non desideri vedermi mai più in questa casa dopo che ho portato il disonore con il mio comportamento. Sono qui per chiederti di ascoltarmi nonostante tutto, per dirti che sono sincero. Ho vissuto fino a oggi nel rimorso e non voglio continuare così, ignorando il mio dovere. Ho riflettuto a lungo e ora ho deciso. Mi rimetto definitivamente al tuo giudizio, puoi accusarmi di qualsiasi crimine senza che Viviana venga sfiorata dal minimo sospetto. Qualsiasi cosa, te lo ripeto, ma tu torna da lei. Non ti chiedo di perdonarmi, ma solo di riprenderla con te ed essere di nuovo felice.”

Jacopo si accorse che la tensione gli rendeva impacciati i movimenti. Faticò a sciogliere la fibbia della cintura, ma finalmente riuscì a levare la spada, che depose ai piedi del giovane, inginocchiandosi davanti a lui come all’indiscusso signore e giudice del borgo, non più all’amico di un tempo. Chiuse gli occhi mentre il sudore gli scivolava tra i capelli, lungo le tempie e le guance. Non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse trascorso quando sentì le mani di Vieri riaffibbiargli la spada ai fianchi. Aprì gli occhi e lo trovò chino accanto a sé.

“Che significa? Non vuoi accettare?” gli chiese confuso.

“Non posso accettare, è diverso.”

Con le mani abbandonate sulle ginocchia Vieri fissava il pavimento.

“Sei venuto da me, hai fatto il tuo dovere anche se era penoso e umiliante, io no. Mi sono nascosto dietro le mie idee, accumulando errori su errori e ripetendomi invece di essere nel giusto. Ti ho odiato, ti ho punito in quel modo che mi riempie di vergogna, ma non ho ritrovato la tranquillità. L’orgoglio è una belva insaziabile. L’amore di una donna e l’amicizia di un compagno d’infanzia non hanno prezzo. A che mi servirebbe la vendetta? A trovarmi più solo e più disperato di prima.”

Vieri passò un braccio intorno alle spalle dell’amico e appoggiò la testa alla sua.

“Ti ricordi il giuramento che facemmo tanti anni fa? Mi è tornato alla mente in questi giorni. Giuriamo di stare sempre insieme, di diventare cavalieri leali...”

“... e coraggiosi, pronti a difendere la giustizia e la pace... Sì che lo ricordo, quante volte lo abbiamo infranto?”

Risero sommessamente e si guardarono, di nuovo seri.

“Devo tornare da Viviana e poi spiegare tutto ai vostri genitori.”

Un guizzo di dolore alterò i lineamenti di Jacopo. “Lascia che sia io a farlo, poi me ne andrò senza rivederla.”

“Che cosa farai, Jacopo?”

“Ho ricevuto un messaggio di Vanni. Mi aspetta al nord, i suoi genitori sono ansiosi di conoscermi. Forse troverò la pace che desidero.”

“Te lo auguro con tutto il cuore.”

Non fecero altro che parlare, di mille cose, per tutto il tragitto fino a Torrechiara. Il loro arrivo gettò nello scompiglio il castello.

“Messere... messere!” urlò un famiglio, entrando di corsa nel salone e incespicando. Lupo lo fulminò con uno sguardo.

“Che diavolo hai da urlare così? Satana ha forse visitato il tuo letto, anima dannata? Mi hai fatto rovesciare il vino!”

“Perdonate, ma messer Jacopo e il barone Vieri sono nel cortile del castello!”

Lupo scaraventò a terra il calice e imprecò, quindi afferrò per la collottola il servo e gli gridò sul viso:”Ti si è sciolto il poco cervello che avevi in testa? Scimunito! Jacopo e Vieri insieme, corpo di Cristo! Isa, corri! Bada, se è uno scherzo giuro che ti strappo le budella e ne faccio una collana!”

“Per l’amor di Dio, messere!” piagnucolò il famiglio segnandosi frenetico, “Come potete credere che oserei scherzare su una cosa simile?”

Isa arrivò, trafelata e preoccupata dalle urla del marito, e rimase sulla soglia a bocca aperta mentre Lupo lasciava andare il servo, che cadde a terra come un sacco vuoto. Jacopo e Vieri erano entrati dal lato opposto e li guardavano impacciati.

“Perdonateci per questo trambusto, Jacopo vi spiegherà tutto, io devo fare una cosa molto importante.”

“Viviana è in giardino” mormorò Isa, chinando il viso.

Saltando gli scalini a tre a tre, Vieri raggiunse il prato senza più respiro in gola, e non solo per la corsa. Rivederla all’im-provviso sotto il salice fu come ricominciare a vivere. Non volle neppure pensare che potesse essere troppo tardi.

“Le tue ciglia sono lunghe e sottili come zampe di ragni” mormorò, inginocchiandosi nell’erba accanto a lei.

“L’ho sempre saputo.”

“Che le tue ciglia sono così o che sarei tornato a chiederti di perdonarmi?”

“Nessuna delle due cose. Ho sempre saputo che noi due saremmo stati rimasti insieme. Non ho più nulla da perdonarti, tu sei la più bella risposta alle mie preghiere.”

Lo abbracciò e non si vergognò di piangere, anche se Vieri la guardava.



Brano tratto da:
Annarita Verzola, Quando l’usignolo, Edizioni Fili d’aquilone, 2012, cap. XV – pagg. 205-208


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