FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 33
gennaio/marzo 2014

Perdóno?

 

IL PERDONO COME RITORNO ALL'EDEN

di Daniela Malini



Ogni cosa ha in se stessa il suo opposto; senza non sarebbe definibile. Nel male c'è il bene, nell'amore l'odio, nella pace la guerra, nella malattia la guarigione, nella morte la vita e nella vita la morte.
Nella colpa il perdono.
Il perdono riguarda noi stessi e solo noi; perdonare l'altro significa perdonare il nostro lato buio e, in ultima analisi, la “caduta”, l'ingresso nella storia, l'abbandono del Tutto originario. Poiché aspiriamo al mondo eterno e perfetto e “panico” da cui proveniamo, privo della percezione del tempo, la sola possibilità che abbiamo per tentare questo ritorno all'Eden originario è perdonare noi stessi di esserne usciti.
Perdonare significa ricostruire l'unità, tornare nel liquido amniotico del mondo originario, perfetto, senza tempo.
Il perdono non assolve, accoglie, semmai, in un gesto d'amore, il nostro lato oscuro mentre restituisce all'altro una nuova possibilità.

“Ci deve essere un perdono già presente nelle cose, un perdono celato”.

Io che penso
Ogni volta che incontro la bellezza,
in una semplice pietra o in una stella,
vedo l'Eterno sconfinare nell'oggi
e lo sguardo e il cuore si addormentano
sulla spiaggia del Tempo
e sento per un istante
il mio nulla
partecipare al Mistero.


Io che sento
Crescono primule
selvatiche
nel fango del disgelo
per svelare
i nostri sguardi
increduli
crederci
per una volta
ancora.


“Ci deve essere un perdono che viaggia silenzioso nel vento, che non usa parole”.

Io che penso
Quando osservo un fiore di prato,
la semplicità e la perfezione
racchiuse in un mondo così piccolo
da esser sostenuto da uno stelo sottilissimo,
penso che l'Universo sia inesprimibile
a parole.
L'Universo vive nel ritmo musicale.


Io che sento
Se la margherita potesse cantare
avrebbe la voce bianca
di un coro di campagna
quando all'alba
la terra sembra riposare
e la nebbia
toglie l’eco a ogni rumore.

Se potesse cantare
- anche una volta sola -
gli storni farebbero pace
col vento
e l’operosità del giorno
si inchinerebbe
alla poesia di un ritmo nuovo.


“Ci deve essere un perdono - ovunque - che non sappiamo ascoltare”.

Io che penso
Per riconoscerne il suono
ci vogliono i poeti.

Io che sento
Solo i poeti sentono
il respiro delle foglie.

Quando vedi il loro sguardo
distrarsi a osservare
la forma di un ramo
o di una nuvola
o non tenere il filo
quando parlano
è perché hanno intorno
un'orchestra di luci
e di suoni
a cui non possono rinunciare.


“Ci deve essere un perdono che crediamo di non meritare”

Io che penso
Quando incontriamo la bellezza
che è eterna e contiene di ogni cosa il suo opposto,
pensiamo sia troppo grande il dono,
crediamo che non sia per noi e
ci ubriachiamo allora di rumori
e anneghiamo nel sonno il dolore.

Io che sento
Sono il tuo silenzio
la parola chiusa
nella conchiglia
l’eco
che si disperde nella tempesta
come un urlo afono in gola.
Sono il naufrago
che scivola dalla mano
che salva
la nota che scivola sulla nota
e delude.
Sono la disarmonia di un’onda
che si spegne
nella sabbia.


“Ci deve essere un perdono regalato”

Io che penso
Se dovessimo meritarci il perdono,
allora non sarebbe un perdono universale,
eterno, già scritto nelle cose.
Vorrebbe dire che l'eterno non c'è
e il mondo non nascerebbe da un
principio di bellezza.
Io che sento
Se ci fosse un osservatore amorevole
laggiù, oltre la curva dell’orizzonte
oltre le strettoie delle strade in salita
oltre il tramonto dietro la collina
quando la sfera arancione sembra
la testa di un burattino
che scompare e riappare
per aumentare l’attesa
del piccolo uditorio in festa

se ci osservasse a gomiti larghi
disteso sulla spiaggia del Tempo
e la pioggia fosse le sue lacrime
e il mare il loro eterno accumularsi

se le sue carezze del dopo fossero
il vento dell’oggi, la tempesta,
la rabbia del mare e delle parole pronunciate,

se tutto questo movimento
sgorgasse da una fonte amorevole
anche le ali spezzate di un passero
allora, o le mie, le tue
sarebbero una goccia
che tracima da un crinale
d’amore.



(Foto di Lino Cannizzaro)


daniela.malini@libero.it